Cipro: il nuovo arcivescovo

È Georgios il nuovo arcivescovo di Cipro | Terrasanta.net

Il 24 dicembre il sinodo della Chiesa di Cipro ha eletto il nuovo arcivescovo: il metropolita Giorgio di Pafos. Dei 16 sinodali, 11 gli hanno dato il voto. Quattro hanno votato Atanasio di Limassol, una scheda bianca.

È il 95° successore di una Chiesa, fondata da Paolo e Barnaba, riconosciuta al concilio di Efeso nel 431 e resa autonoma in quello di Trullo nel 692. Filo-occidentale, ecumenico, convinto sostenitore della Chiesa autocefala in Ucraina, disponibile al rinnovamento della pastorale in un contesto progressivamente secolarizzato, Giorgio di Pafos condivide con l’intero sinodo la volontà della riunificazione dell’isola per ora, in parte, occupata dalle truppe e dal potere turco.

Laureato in chimica e poi in teologia, fu arrestato e maltrattato dalle truppe turche. Il suo caso arrivò al Consiglio d’Europa che condannò la Turchia per violazione dei diritti umani. Il suo predecessore, Crisostomo, morto l’11 novembre, lo aveva auspicato come successore. Era stato di fatto il suo “ministro degli esteri” sia all’interno dell’Ortodossia (in particolare nella preparazione del concilio di Creta nel 2016), sia nel dialogo con la Chiesa cattolica e le Chiese luterane e protestanti.

Ha rappresentato la sua Chiesa nelle conferenze pan-ortodosse e nelle celebrazioni del 1025 anniversario della Chiesa russa nel 2013. Al sinodo che lo ha eletto ha proposto una griglia di 11 punti per il rinnovamento della pastorale, fra cui la riapertura di un’emittente televisiva e radiofonica.

Immediatamente appoggiato dal governo, ha ricevuto calorosi saluti da Bartolomeo di Costantinopoli, dal patriarca di Alessandria e dal primate di Atene. I consensi ottenuti disegnano la geografia ecclesiastica e politica nell’attuale spaccatura dell’Ortodossia sulla questione ucraina.

Giorgio di Pafos e Atanasio di Limassol
Il suo competitore nell’elezione, il metropolita Atanasio di Limassol, illumina l’altra faccia della Chiesa di Cipro. È il classico “frutto” del Monte Athos dove ha ottenuto il più alto riconoscimento nella scala dell’ascetismo atonista. Monaco a Vatopedi, è stato per un anno “governatore” della penisola per diventare, a 39 anni, vescovo a Limassol.

Prolifico scrittore spirituale, si è apposto fieramente alla decisione di Crisostomo di riconoscere l’autocefalia ucraina e, pur ammettendo recentemente di dover rispettare la decisione sinodale che confermava la scelta dell’arcivescovo Crisostomo, non ha mai smentito la sua posizione.

A Mosca, dove speravano nella sua elezione, è molto stimato e tradotto. Persegue un rinnovamento spirituale secondo le istanze monastiche. Restio alle disposizioni anti-Covid, è rigoroso nella difesa della liturgia della tradizione, si è opposto alla visita cipriota di Benedetto XVI e di papa Francesco ed è poco interessato al dialogo ecumenico.

Il processo elettorale sull’insieme della popolazione dell’isola aveva dato un risultato opposto: il 36% ad Atanasio, il 18% a Giorgio. La forma dell’elezione dell’arcivescovo è scandita in due tempi. Dapprima si procede a un’elezione generale per indicare i tre nomi da consegnare ai vescovi. Poi il sinodo sceglie fra questi.

Alle elezioni, avvenute il 18 dicembre, aveva partecipato il 30% del corpo elettorale (160.000 su 548.000). Erano stati esclusi gli elettori russi recentemente arrivati sull’isola in ragione delle difficoltà tecniche per le liste elettorali, in realtà per il timore che condizionassero eccessivamente il risultato a favore del candidato filo-russo.

I risultati erano stati favorevoli ad Atanasio ma non travolgenti. L’alleanza fra tutti gli altri ha orientato diversamente il sinodo e ha giustificato il commento di uno dei candidati, Isaia, che parla di una “rappresentanza popolare” per il nuovo eletto sull’ordine del 65%.

Il respiro di sollievo a Costantinopoli e Atene (Bartolomeo aveva celebrato i funerali di Crisostomo con la presenza della presidente della Repubblica greca) non rimuove le sfide pastorali per un rinnovamento considerato urgente e necessario.
settimananews.it

Russia: la caduta di Kirill, il patriarca russo scivola sull’acqua santa e finisce a terra durante la funzione religiosa (video e notizia)


(askanews – tiscali.it) Il patriarca Kirill è scivolato nel tempio di Novorossijsk ed è caduto mentre scendeva dal pulpito durante la messa. Secondo il capo della chiesa ortodossa russa “il pavimento era bagnato”, ha detto citato dai media russi.”Il fatto che io sia caduto oggi non significa nulla”, ha detto, reduce dalle fortissime polemiche sul suo schierarsi dalla parte del Cremlino nella guerra con l’Ucraina. “Il pavimento è bellissimo, puoi specchiarti, è così lucido e liscio. Ma quando l’acqua cade su di lui, anche se è acqua santa, sono le leggi della fisica a funzionare. Su questo bel pavimento sono caduto così purtroppo. Ma per grazia di Dio, senza alcuna conseguenza” ha detto Kirill della sua caduta. L’incidente è stato catturato dalle telecamere durante la registrazione della trasmissione, sul sito web della Chiesa ortodossa russa. Altri sacerdoti e guardie sono venuti in aiuto del primate della Chiesa russa ma non sono riusciti ad afferrarlo per tempo. Il protodiacono Andrei Kuraev ha scritto nel suo blog che il fatto che nessuno abbia fatto in tempo a raccogliere Kirill mentre stava cadendo era “a causa delle restrizioni per il coronavirus, per le quali il patriarca non può essere toccato e sostenuto sui gradini”. Insomma nessuno ha fatto in tempo a raccoglierlo, ma la colpa è del Covid.

Media Gb, ‘Putin verso annuncio guerra totale a Kiev’

 © EPA

Vladimir Putin potrebbe abbandonare il termine “operazione speciale” per indicare l’invasione dell’Ucraina e parlare di ‘guerra totale’ a Kiev.

Lo riporta l’Independent citando indiscrezioni di funzionari russi e occidentali.

In cerca di una “rivincita” per i fallimenti militari, gli alti ufficiali dell’esercito russo – riporta il media britannico – starebbero spingendo il presidente russo ad annunciare il cambiamento durante la parata annuale del Giorno della Vittoria il 9 maggio. La mossa permetterebbe al Cremlino di attivare la legge marziale, coinvolgere i suoi alleati in un aiuto militare e proclamare la mobilitazione di massa. (ANSA).

I due ecumenismi

di: Riccardo Cristiano settimananews

ecumenismi

Le affermazioni e le scelte del patriarca di Mosca sono inequivocabili, soprattutto se interpretate non solo nella tragica contingenza dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, bensì nel più ampio e complesso mondo dei rapporti tra le religioni e la geopolitica.

Riguardano e impattano il mondo ortodosso, ma hanno grande rilievo nella connessione di pensieri dalle origini, di per sé, molto lontane: in Occidente – negli stessi Stati Uniti, ad esempio – ovvero nel Medio Oriente. Sino ad imbastire una sorta di ecumenismo dei fondamentalismi religiosi.

Il punto cruciale è il tempo: in quale tempo della storia si colloca il baricentro o la casa di questi pensieri?

Il luogo del tempo
Secondo il grande scrittore siriano Yassin al-Haj Saleh, dobbiamo cogliere il tempo, capire dove abita. Sì, dobbiamo stabilire dove sia più saggio ubicare la casa del tempo: nel presente o nel passato. Compiendo la seconda scelta, si vive rintanati in piccoli mondi, tribali, contrapposti, mitologici.

L’antica Odissea ci parla di un tempo che ha la sua casa, appunto, nel passato. Ulisse vuole tornare ad Itaca. La meta del viaggio è il ritorno. Mentre nella contemporaneità – a noi più prossima – è arrivato uno come Keruac a dirci che siamo su una strada che passa sulla soglia di casa, su cui immetterci, non per tornare indietro ma per andare avanti, incontro al domani, perché ci sia domani.

La tendenza a riportare la casa del tempo nel passato l’abbiamo vista diffondersi tra noi, in questi anni, coi sovranismi. La tendenza più rischiosa è stata colta alla perfezione da una religiosa orientale cattolica che, in un’intervista a un quotidiano italiano, ha detto: “Il presidente, il popolo e l’esercito sono la nostra Santissima Trinità”.

Patriarcato e nazionalismo
Il nazionalismo è patriarcale, perché concepisce il passato come il padre del presente e rifiuta di pensare il presente come il tempo dei fratelli. Uscire dal passato è quindi impossibile per chiunque usi il passato quale strumento di legittimazione del potere.

Così collocano la casa del tempo – nel passato – molti fondamentalisti islamici. È infatti evidente quanto l’esportazione della rivoluzione khomeinista abbia mirato e miri a ri-fare l’impero persiano, ossia a tornare a quel tempo. Che dire poi della scelta del regno saudita di fare del Corano la Costituzione ove collocare la casa del proprio tempo?

Per certi versi, gli unici che vogliono cancellare il passato e ri-fare la storia sono gli ultraestremisti islamici dell’Isis, ma a loro modo, cioè con un nuovo punto di inizio posto nella scelta del presunto califfo di chiamarsi Abu Bakhr, come il primo successore di Maometto: nuova origine del tempo e uso della gomma abrasiva sulla storia islamica, da riscrivere dalle origini guardando indietro.

Nazionalismo, insieme a piccolo o grande impero, è il concetto chiave per interpretare il pensiero politico dei fondamentalisti.

Il mondo russo di Cirillo
Kirill – da quando è stato eletto patriarca di Mosca e di tutte le Russia – insiste sul concetto di mondo russo, equivalente a Santa Russia. Il suo patriarcato, dunque, non riconosce gli attuali confini politici della Federazione Russa: non sono i confini fisici a delimitare le sue competenze territoriali. Il patriarca vuole avere piena giurisdizione su tutto ciò che appartiene al supposto mondo russo, cioè su Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia e persino Kazakistan. Almeno.

Senza un minimo accenno alle vicende di un passato prossimo dolorosissimo – ad esempio, lo sterminio dei kulaki ucraini da parte di Stalin -, Kirill torna al passato remoto del battesimo della Rus’ – il mitologico rito collettivo con cui il re Vlad unì le tribù slave nell’860 – per là collocare la sua casa del tempo, evocando, con ciò, un idealismo spiritualistico che dominerebbe il corpo unitario del popolo russo.

Ma il patriarca non ricorda o non vuole ricordare le lezioni di grandi autori – scrittori, filosofi e teologi russi -, quali Nikolai Berdjaev, che, dall’esilio di Parigi, ormai diversi decenni fa, scriveva della libertà quale valore supremo dovuto al prossimo.

Il dovere verso l’altro
Mentre la libertà – quale dovere verso il prossimo -, altro da sé, mi sembra una caratteristica – questa sì – santa (perché da Dio) e perciò posta in evidenza nel Documento sulla fratellanza umana firmato da Francesco e dall’imam di al Azhar ad Abu Dhabi! “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani”.

La libertà è un dono di Dio e, nello stesso tempo, un dovere nei confronti dell’altro. Come, dunque, l’idea di mondo russo – così come pure altre idee che hanno circolato e circolano anche nel mondo cattolico collegando l’altare all’impero – può conciliarsi con la libertà nella comunione ecclesiale?

Il professor Antoine Courban, in un suo recente articolo sulla questione moscovita, ha riassunto brillantemente l’incompatibilità dei due modelli di Chiesa: da una parte sta la Chiesa che si pone in funzione dell’assemblea dei fedeli del luogo in cui questa vive – come da tradizione apostolica -, dall’altra sta la Chiesa etno-nazionale, fondata sull’identità dei suoi membri che inevitabilmente piomba nel filetismo, o etno-filetismo, cioè nella predilezione di un gruppo etnico, ossia nell’eresia condannata dal Grande Concilio ortodosso del 1872.

Il filetismo – molto diffuso, ad esempio, anche nella cultura e nella realtà del cattolicesimo medio-orientale – affonda, per me, le sue radici nella questione della protezione, così come conosciuta dai cristiani sotto il governo ottomano.

La protezione ottenuta dai musulmani – nel momento in cui arrivò Napoleone e portò con sé il concetto di nazione – indusse a tradurre il termine sino ad allora usato per indicare le comunità di fede – millet – con “nazione”. “Nazione cristiana” è divenuto il modo di dire che non esiste un mondo che non conosca le nazioni su base etnica e religiosa. Ma non è sempre stato così. E non detto che debba essere così.

Fondamentalismi: il nemico necessario
La mia sensazione – forse esagerata – è che l’idea del mondo russo richieda dei nemici per autosostenersi. Nella Quarta Teoria Politica di Aleksandr Dugin, – quella del mondo russo contro l’Occidente – l’idea diviene “metafisica”. “Metafisica” è la parola che il patriarca ha pronunciato nella sua omelia del 6 marzo scorso, tracciando un muro tra il mondo russo e il potere mondiale che vuole imporre il peccato contro Dio quale opzione disponibile all’uomo.

“I gay pride sono progettati per dimostrare che il peccato è una delle variabili del comportamento umano. Ciò significa che si vuole imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio, e quindi imporre con la forza alle persone la negazione di Dio e della sua verità. […]. Intorno a questo argomento oggi c’è una vera guerra. Stiamo parlando di qualcosa di diverso e molto più importante della politica. Stiamo parlando della salvezza umana, di come finirà l’umanità, da quale parte, a destra o sinistra, di Dio Salvatore che viene nel mondo come Giudice […]. Quanto affermato indica che siamo entrati in una lotta che non ha un senso fisico, ma un significato metafisico”.

Non è esattamente quanto scriveva il padre del fondamentalismo islamico, Sayyd Qutb? Per Qutb la questione con l’Occidente è soprattutto “stabilire per legge le norme del comportamento collettivo e scegliere qualsiasi modo di vita senza tener conto di quanto prescritto da Dio”.

È importante cogliere la convergenza rintracciabile grazie al saggio pubblicato da La Civiltà Cattolica di padre Antonio Spadaro e Marcello Figueroa a proposito dei fondamentalisti americani, cattolici e protestanti: nella loro narrativa “ciò che spinge al conflitto non è bandito. Non si considera il legame esistente tra capitale e profitti e la vendita di armi. Al contrario: spesso la guerra stessa è assimilata alle eroiche imprese di conquista del Dio degli eserciti, di Gedeone e di Davide. In questa visione manichea, le armi possono dunque assumere una giustificazione di carattere teologico, e non mancano anche oggi pastori che cercano per questo un fondamento biblico, usando brani della Sacra Scrittura come pretesti fuori contesto”.

Cosa aggiungono gli 800 teologi ortodossi che hanno contestato Kirill? Se i fondamentalisti americani parlano di Stati Uniti come nazione benedetta da Dio, i teologi ortodossi ricordano al patriarca russo che parlare in questi termini è eresia, perché se la Chiesa fosse etnica non sarebbe più la Chiesa di Cristo, del Vangelo, degli Apostoli.

Dalla Chiesa etnica filtra un approccio messianico – in senso politico – che a prima vista può sfuggire. Voler edificare il Regno di Dio, pretendere di possederlo nel mondo russo, o altrove, è molto pericoloso.

Nel citato saggio di padre Antonio Spadaro e del pastore Marcelo Figueroa sul fondamentalismo americano, si scrive: “Il termine fondamentalismo evangelico, che oggi si può assimilare a destra evangelicale o teoconservatorismo, ha le sue origini negli anni 1910-15.

A quell’epoca un milionario del Sud della California, Lyman Stewart, pubblicò 12 volumi intitolati I fondamentali (Fundamentals). L’autore cercava di rispondere alla minaccia delle idee moderniste dell’epoca, riassumendo il pensiero degli autori di cui apprezzava l’appoggio dottrinale. […]. Furono suoi estimatori vari esponenti politici e anche due presidenti recenti come Ronald Reagan e George W. Bush. Il pensiero delle collettività sociali religiose ispirate da autori come Stewart considera gli Stati Uniti una nazione benedetta da Dio, e non esita a basare la crescita economica del Paese sull’adesione letterale alla Bibbia”.

Non sorprende allora che il professor Massimo Borghesi abbia scritto sul fondamentalismo islamico parole che possiamo riferire anche a Kirill come ai fondamentalisti americani: “Non si tratta di una mera espressione di tradizionalismo, ma di una modernità reazionaria che prende forma nell’imitazione dell’antioccidentalismo ideologico marxista che dilaga nell’Europa e nel mondo a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta. La critica all’Occidente, che è propria del fondamentalismo, è del tutto analoga a quella che il marxismo rivolgeva al sistema capitalistico, egoista e corrotto”.

La leadership di Francesco
Qui emerge un altro punto che unisce i fondamentalisti ma pure i pan-arabisti e buona parte dei marxisti sovietici e post-sovietici: porsi contro il mondo egoista e corrotto. E dunque bisogna combattere contro questo mondo, corrotto e corruttore.

Il timore è fortemente fondato anche in America. Padre Spadaro e il pastore Figueroa ancora scrivono: “(questi vogliono) combattere le minacce ai valori cristiani americani e attendere l’imminente giustizia di un Armageddon: una resa dei conti finale tra il Bene e il Male, tra Dio e Satana”.

Ecco perché, per me, solo Francesco emerge come il leader morale globale, perché il suo ecumenismo unisce nella fratellanza tutti coloro che pongono la casa del tempo nel presente, quale tempo dei fratelli. Unisce credenti e non credenti per il mondo, non contro il mondo, per cambiarlo, non per distruggerlo.

È un ecumenismo – quello di Francesco – che richiede l’impegno esigente e il sostegno di tutti, diversamente fratelli. Ci ricorda che non può esserci un fondamentalismo anti-fondamentalista. 

Malgrado le sollecitazioni “ecumeniche” a prendere le distanze da Putin, a dispetto di una critica interna che pur timidamente cresce, Kirill non cambia strategia

Forse in Medio Oriente a giugno incontro con Papa. Ma cresce il fronte del no, anche interno, al patriarca di Mosca. 191 sacerdoti ortodossi firmano per fargli causa
Il patriarca di Mosca Kirill

Il patriarca di Mosca Kirill – Patriarchal Press Service / Oleg Varaov / Reuters

Malgrado le sollecitazioni “ecumeniche” a prendere le distanze da Putin, a dispetto di una critica interna che pur timidamente cresce, Kirill non cambia strategia. Anzi ribadisce la legittimità dell’azione armata contro l’Ucraina, nel segno di un legittimo meccanismo di difesa della Russia a suo dire minacciata nella propria sicurezza. Molto chiaro in proposito il sermone di domenica scorsa. Nella Chiesa dell’Intercessione in Fili, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie ha richiamato i fedeli all’unità. «In questo periodo difficile per la nostra patria – ha detto Kirill – possa il Signore aiutare ognuno di noi a unirci, anche attorno al potere. Così – ha continuato – emergerà la vera solidarietà nel nostro popolo, così come la capacità di respingere i nemici esterni e interni e di costruire una vita con più bene, verità e amore».

Una posizione in linea con i precedenti interventi, a partire dall’omelia del 6 marzo quando Kirill aveva evocato una natura metafisica della lotta contro l’occidente delle false libertà e del peccato ridotto a semplice variazione del comportamento umano, come dimostrano «le parate gay». Dichiarazioni che hanno creato sconcerto anche all’interno del mondo ortodosso legato a Mosca. In particolare un gruppo di sacerdoti della Chiesa ucraina rimasta fedele al patriarcato russo dopo l’autocefalia dell’altra comunità ucraina nel 2018, vorrebbe intentare causa contro il patriarca presso il Consiglio dei primati delle antiche Chiese orientali. Al momento, secondo l’agenzia l’Ukrainska Pravda, l’appello sarebbe stato sottoscritto da 191 presbiteri ma il numero è destinato a crescere. Caldo anche il fronte del “no interconfessionale” in cui avanza l’ipotesi di un’espulsione del Patriarcato di Mosca dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), organismo di cui fanno parte 349 membri, in particolare di tradizione protestante, anglicana e ortodossa.
«Ci sentiamo tutti arrabbiati, frustrati, delusi e, umanamente ed emotivamente, tendiamo a prendere decisioni immediate e radicali – ha detto all’agenzia Sir il reverendo Ioan Sauca segretario generale ad interim del Cec –. Tuttavia, come seguaci di Cristo, ci è stato affidato il ministero della riconciliazione e dell’unità. Come Cec siamo chiamati a essere una piattaforma di incontro, dialogo e ascolto anche se e quando non siamo d’accordo». Una decisione è comunque demandata al Comitato centrale che si riunirà dal 15 al 18 giugno per preparare la XI Assemblea generale, in programma a Karlsruhe dal 31 agosto all’8 settembre. Sullo sfondo, a conferma dell’intenzione di non tagliare il filo del dialogo, il possibile incontro tra il Papa e Kirill. Di ritorno da Malta il Pontefice aveva evocato come sede il Medio Oriente, ipotesi rilanciata domenica dal metropolita Hilarion.
Durante il programma tv “Chiesa e Mondo”, sul canale Russia 24 il capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca ha infatti sottolineato che per il colloquio si pensa a un territorio in cui «la popolazione cristiana abbia bisogno di sostegno. Quindi, ovviamente, il Medio Oriente è una delle aree prioritarie», ma non si può ancora parlare di date e località «perché il tutto è in fase di elaborazione». Sul versante cattolico, fonti non ufficiali indicano come luogo Gerusalemme, che il Papa raggiungerebbe dal Libano a conclusione della sua visita, ancora non ufficializzata, nel Paese dei cedri e come giorno il 14 giugno.
Avvenire

L’Arcivescovo di Kiev: “Torturate persone nella chiesa ortodossa di Lukashivka

Rai news

”In questi giorni in Ucraina sono stati  scoperti terribili crimini commessi dagli occupanti. E proprio  domenica vorrei ricordare una circostanza che ha sconvolto tutti i  credenti. Nella regione di Chernihiv, e precisamente nel villaggio  Lukashivka, nella chiesa ortodossa dell’Ascensione del Signore –  monumento di architettura – gli occupanti hanno dislocato la loro  sede, profanando la chiesa ortodossa. Vi hanno interrogato e torturato le persone”. Lo denuncia l’arcivescovo di Kiev nel videomessaggio nel 46 esimo giorno di guerra in Ucraina.

Ucraina: Kirill, unità contro i nemici della Russia Patriarca ortodosso invita a riunirsi per combatterli

 © EPA

Il patriarca russo Kirill, stretto alleato del presidente Vladimir Putin, ha invitato i sostenitori a unirsi per combattere i “nemici interni ed esterni di Mosca”.

“In questo periodo difficile per la nostra patria, possa il Signore aiutare ognuno di noi a unirci, anche attorno al potere”, ha affermato.

“È così che emergerà la vera solidarietà nel nostro popolo, così come la capacità di respingere i nemici esterni e interni e di costruire una vita con più bene, verità e amore”. Lo riporta la Tass. Kirill, la cui chiesa conta circa 150 milioni di seguaci, nei suoi sermoni ha ripetutamente sostenuto l’operazione militare in Ucraina. (ANSA).

Comece e Kek. I leader delle Chiese europee invocano pace al confine polacco-ucraino

Messaggio pasquale congiunto del cardinale Hollerich (Comece) e del reverendo Krieger (Cec) in visita ad alcune delle strutture che accolgono e sostengono i profughi della guerra in Ucraina
Profughi ucraini nella biglietteria della stazione di Przemysl, nella Polonia orientale

Profughi ucraini nella biglietteria della stazione di Przemysl, nella Polonia orientale – Ansa

Avvenire

Il cardinale Jean Claude Hollerich e il reverendo Christian Krieger, rispettivamente presidenti della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Comece) e della Conferenza delle Chiese Europee (Kek), hanno rilasciato un messaggio pasquale congiunto dal confine tra Polonia e Ucraina, dove fino a oggi sono in visita ad alcune delle strutture che accolgono e sostengono i rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina.

 

“Il mistero pasquale di Cristo ci porta al cuore dell’ingiustizia, della violenza e della sofferenza – si legge nel messaggio, riportato da Vatican News -, la storia della passione e della morte di Cristo riecheggia la sofferenza umana e le tragedie vissute in molte parti del nostro mondo, non da ultimo dagli ucraini, nel loro Paese e ovunque le strade dell’esilio li abbiano portati”. “In Cristo, Dio si unisce alla nostra umanità, prendendo su di sé i nostri limiti e il nostro odio, trasformando – proseguono Hollerich e Krieger – le nostre impasse, la nostra indignazione, i nostri sentimenti di fatalità e disperazione in speranza attraverso la fiducia in lui. Questa trasformazione – concludono – avviene nell’essere umano e nel mondo che Dio ama”.

I due presidenti, profondamente colpiti dall’immane tragedia umana riflessa negli occhi dei rifugiati che stanno incontrando, hanno espresso una sincera gratitudine a tutti i professionisti e volontari, alle autorità nazionali e religiose per la solidarietà concreta messa in atto per accogliere e sostenere le persone che hanno perso tutto a causa della guerra.

Oltre due milioni di persone, in gran parte donne e bambini, hanno attraversato la frontiera polacco-ucraina dall’inizio della guerra. È da qui, dal valico di frontiera Dorohusk-Yahodyn tra Polonia e Ucraina, che, in vista delle festività pasquali, Hollerich e Krieger hanno invocato la preghiera e l’azione per la pace in Ucraina e negli altri Paesi vittime di conflitti. In vista della Santa Pasqua, i presidenti di Comece e Cec invitano tutti a “continuare a credere nell’orizzonte che la grazia di Dio, manifestata in Cristo, apre davanti ai nostri occhi”.

Durante la visita in Polonia, i due presidenti visitano anche chiese locali di diverse confessioni, apprezzando così i molteplici progetti umanitari e gli sforzi per accogliere i rifugiati ucraini nel Paese. Il porporato e il reverendo sono ospitati dal Consiglio ecumenico polacco e dal vescovo di Lodz, Grzegorz Rys.