15 agosto. L’Assunzione di Maria: cosa significa

Franceco Coghetti: Assunzione della Vergine

Ogni anno il 15 agosto la Chiesa cattolica ci invita a guardare con maggiore attenzione alla Madonna, a conoscerla meglio, a pregarla di più. Si festeggia infatti la solennità dell’Assunzione della Vergine Maria. Fu Pio XII con la Costituzione apostolica “Munificentissimus Deus” a proclamare «dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».

Cosa vuol dire dogma

Folla in Piazza San Pietro per il 50° di proclamazione del dogma

Folla in Piazza San Pietro per il 50° di proclamazione del dogma – Siciliani

Il dogma, come noto, è una verità di fede insegnata dalla Chiesa come rivelata da Dio. I dogmi mariani della Chiesa cattolica sono quattro. Oltre all’Assunzione, quello proclamato dal Concilio di Efeso (431) che attesta che «Maria è la Madre di Dio, visto che ha dato alla luce la Seconda Persona della Trinità, che si è fatta uomo per il nostro bene». Poi la perenne verginità di Maria (Concilio di Costantinopoli del 553) e l’Immacolata Concezione. A proclamare questo dogma fu l’8 dicembre 1854 Pio IX con la Costituzione apostolica “Ineffabilis Deus”, che spiega: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale».

Perché il 15 agosto

Folla in Piazza San Pietro per il 50° di proclamazione del dogma

Folla in Piazza San Pietro per il 50° di proclamazione del dogma – Siciliani

La scelta della data del 15 agosto per la solennità delll’Assunta ha un’origine piuttosto complessa. «Sembra dipenda – spiega il biblista e mariologo padre Alberto Valentini – dal fatto che a Gerusalemme, il 15 agosto – a partire dal V secolo – si celebrava il giorno di Maria madre di Dio. Verso l’inizio del VI secolo, anche sotto l’influsso degli apocrifi che cercavano di raccontare gli ultimi giorni della vita di Maria sulla terra, la festa del 15 agosto cambiò nome e significato, e fu designata con appellativi diversi: Assunzione, Transito e in particolare Dormizione, titolo che si imporrà in Oriente a partire dall’VIII secolo».

Il riposo di Augusto

Benedetto Diana: L'Assunzione della Vergine

Benedetto Diana: L’Assunzione della Vergine – Foto Mariga

Abbiamo detto che il dogma dell’Assunta risale al 1950 ma, spiega ancora padre Valentini,tale «proclamazione del dogma dell’Assunzione è il punto d’arrivo di un lungo cammino di fede, pietà e ricerca teologica, non solo della Chiesa cattolica, ma ancor prima dell’antica tradizione bizantina. Ne sono particolare testimonianza, in Oriente, le solenni e vibranti omelie sulla koímesis o dormizione della “Theotókos” (Madre di Dio) e, in Occidente, le tante chiese e cattedrali dedicate, nei secoli, alla Vergine assunta».
Il 15 agosto è naturalmente conosciuto anche come ferragosto, parola che deriva dalle Feriae Augusti, istituite a Roma nel 18 a.C.. Richiamavano il riposo di Augusto in onore dell’imperatore. In realtà veniva chiamata così la prima parte del mese di agosto tradizionalmente dedicata al relax e alle feste .Il 15 agosto come lo intendiamo adesso risale invece al ventennio fascista quando, dal 13 al 15 agosto venivano organizzate gite popolari attraverso treni speciali, inizialmente solo di 3ª classe, con prezzi molto scontati.

L’Angelus del Papa

Papa Francesco all'Angelus

Papa Francesco all’Angelus – Ansa

Il 15 agosto, solennità dell’Assunta, è, come si dice popolarmente, festa di precetto, con obbligo di partecipazione alla Messa. Il Papa reciterà la preghiera mariana dell’Angelus a Mezzogirono.

Santa Rita da Cascia 22 Maggio

Il suo santuario a Cascia, in Umbria, è meta ogni anno di migliaia di pellegrini. Moltissimi i miracoli che l’hanno vista protagonista. Mistica agostiniana, prima di entrare nel monastero di Santa Maria Maddalena era sposata con un uomo violento, del quale sopportò con pazienza i suoi maltrattamenti, riconciliandolo con Dio. Negli ultimi quindici anni della sua vita, portò sulla fronte il segno della sua profonda unione con Gesù Crocifisso

La figura di Santa Rita da Cascia è molto nota ma difficoltosa quando se ne vuole delineare un profilo che soddisfi lo storico e il devoto, perché le testimonianze letterarie sono più tardive rispetto a quelle iconografiche. A ciò bisogna aggiungere che la sua devozione ha provocato attorno a sé molta simbologia riguardante la vita umana, in particolare i simboli della spina sulla fronte e della rosa. L’una e l’altra insieme assommano simbolicamente il vissuto esistenziale di tante persone, costellato da ferite a guisa di spine che l’accompagnano, ma anche dalla speranza di poterle risanare rappresentata dal petalo della rosa fiorita. Tale fenomeno d’insieme, coagulatosi nella santa di Cascia, da una parte spinge il devoto a recarsi davanti alla sua urna, dall’altra spinge lo studioso e il sociologo religioso a rendere in qualche modo ragione della sua devozione attestata in tutto il mondo. Ad essa infatti ricorre gente afflitta da molti problemi, soprattutto familiari. Un sondaggio di Datamedia su i santi e la religiosità degli italiani, indica santa Rita invocata al secondo posto dopo sant’Antonio di Padova.
La letteratura su santa Rita dal canto suo la presenta come “una rosa che non appassisce mai”, “la santa dei casi impossibili”, costellata “più da spine che da rose”, come “la storia d’amore e di sangue, di vendetta e di perdono”, “l’esempio di santa Rita”. I profili biografici dell’Enciclopedia Treccani la qualificano come “la mistica agostiniana”.

Crocifisso dinanzi al quale, secondo una tradizione, santa Rita si ritrovò stimmatizzata

Crocifisso dinanzi al quale, secondo una tradizione, santa Rita si ritrovò stimmatizzata

LA SPIRITUALITÀ DEL CUORE

Rita, beatificata da Urbano VII nel 1627, canonizzata da Leone XIII il 20 maggio 1900, nell’anno 2000 è entrata far parte del calendario universale dei santi della Chiesa cattolica.
Rita visse negli anni 1381-1447/1457, nella cittadina di Cascia allora repubblica di circa sedicimila abitanti che rappresentava, per la sua situazione geografica, una convergenza commerciale e culturale di centri importanti, quali Firenze, Roma e Napoli. Le radici spirituali di santa Rita vanno cercate nella teologia affettiva o theologia cordis medievale di tradizione agostiniana che, con il primato del cuore, portava al desiderio dell’imitazione dell’umanità di Cristo Salvatore in tutto il proprio essere. Entro tale devozione, comune nel basso Medioevo, vanno capiti Francesco d’Assisi, Angela da Foligno, come altri santi stigmatizzati, quali, ad esempio, le agostiniane Chiara da Montefalco e la nostra Rita da Cascia. Bernardino da Siena, coetaneo di Rita (era nato appena un anno prima, nel 1380), aveva reso estremamente popolare tale devozione con il trigramma IHS (Gesù o Iesus hominum Salvator), che ancora campeggia come fregio prezioso sul palazzo municipale di Siena a piazza del Campo. Quel trigramma deve essere stato caro a quelli di Cascia (lo si trova ancora su tanti portali) in particolare a Rita, dato che l’anonimo pittore del suo sarcofago amò disegnarvelo sopra ben tre volte, alternandolo con quello di KPISTOS, a testimonianza della polemica allora in corso tra i teologi devoti dell’umanità di Cristo e quelli della sua divinità.
Alla predicazione del francescano Giovanni della Marca, cui viene collegata la stigmatizzazione della spina sulla fronte di  santa Rita, va aggiunto l’apporto teologico spirituale dell’agostiniano di Cascia, Simone Fidati (1295-1348), le cui spoglie mortali riposano nella basilica inferiore di santa Rita, assieme al miracolo eucaristico di cui fu confidente (un sacerdote portò a lui, impregnata di sangue, la pagina di un breviario che nascondeva un’ostia consacrata). Egli fu fondatore e padre spirituale di molti monasteri femminili e inoltre, con la sua opera De gestis Domini Salvatoris (Le azioni del Signore Salvatore), fece della devozione all’umanità di Cristo una chiave di lettura delle sacre Scritture e una categoria per far teologia, che allora si faceva con le categorie di Aristotele.

La più antica immagine conosciuta della Santa (1457)

La più antica immagine conosciuta della Santa (1457)

LA MORTE DEL MARITO VIOLENTO E L’ENTRATA IN MONASTERO

Rita (forse abbreviativo di Margherita), nata a Roccaporena, frazione di Cascia, all’età di diciotto anni andò sposa ad un giovane locale di nome Ferdinando Mancini, dal quale ebbe due figli. Rita non ne fu entusiasta, perché altre erano le sue aspirazioni, ma in quell’epoca il matrimonio non era tanto stabilito dalla scelta dei fidanzati, quando dagli interessi delle famiglie, pertanto ella dovette cedere alle insistenze dei genitori e andò sposa a quel giovane ufficiale che comandava la guarnigione di Collegiacone, del quale “fu vittima e moglie”, come fu poi detto. Da lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la nascita di due gemelli e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e renderlo più docile; fu un cambiamento che fece gioire tutta Roccaporena, che per anni ne aveva dovuto subire le angherie. Lui morì di morte violenta: gli venne teso un agguato vicino al mulino di loro proprietà presso il castello di Collegiacone, a metà strada tra Cascia e Roccaporena (in loco esistono ancora dei ruderi). Si trattò di un assassinio forse dovuto alle lotte politiche del tempo, ma molto più probabilmente per ritorsione verso di lui, perché convinto dalla moglie a tirarsi fuori da qualche clan cui aveva aderito.
Il prezzo pagato, per lui come per la famiglia, fu altissimo. La faida familiare locale, già con i figli che volevano vendicare l’assassinio del padre, tentò quell’escalation che non ha altre vie di uscita se non quella di altre morti. I figli morirono, forse di peste, prima che ciò accadesse, e Rita, rimasta sola, chiese di entrare nel monastero delle monache agostiniane di Santa Maria Maddalena in Cascia. Non fu facile assecondare il suo desiderio perché molto probabilmente dentro il monastero vi erano monache congiunte degli assassini del marito e non venne accettata. Rita tuttavia bussò ancora alla porta del monastero e, di fronte alle sue reiterate insistenze, le venne chiesto, come condizione per entrarvi, di prima riappacificare la sua famiglia con quelle degli assassini del marito. Da quel momento iniziò per lei un nuovo cammino di comprensione della strada della croce del Signore. Lei dovette avvicinare gli assassini del marito, cercarli e incontrarli per un reciproco perdonarsi.

Il 27 giugno 2010 nelle vicinanze della città di Santa Cruz, in Brasile, è stata inaugurata la statua religiosa cattolica più grande al mondo; è dedicata alla santa umbra Rita da Cascia. È alta 56 metri, 18 in più del Cristo redentore del Corcovado di Rio de Janeiro, che in precedenza deteneva il record d'altezza

Il 27 giugno 2010 nelle vicinanze della città di Santa Cruz, in Brasile, è stata inaugurata la statua religiosa cattolica più grande al mondo; è dedicata alla santa umbra Rita da Cascia. È alta 56 metri, 18 in più del Cristo redentore del Corcovado di Rio de Janeiro, che in precedenza deteneva il record d’altezza

LA “PACIERA DI CRISTO” CHE ENTRÒ IN MONASTERO A PORTE CHIUSE

Era la strada della pace che, aprendosi, chiudeva quella dell’assassinio e Rita la imboccò, divenendo nella storia delle famiglie una donna simbolo, capace di pace, disposta anche a pagarne il prezzo. La capacità di paciera l’aveva imparata certamente dalla sua famiglia Lotti-Mancini. Suo padre era infatti paciere (il nostro giudice di pace). La sua casa era visitata continuamente, e spesso di notte, da gente che chiedeva giustizia ma anche pace familiare e di vicinato, evitando di spargere sangue. L’ansia della pace segnò per sempre la vita della giovane Rita. L’iconografia l’ha immortalata in tanti miracoli di pace grazie alla sua intercessione, in particolare negli ex voto.

Il primo miracolo riguardò lei stessa: entrò a porte chiuse nella chiesa del monastero delle monache  agostiniane di Santa Maria Maddalena, aiutata – racconta l’iconografia – dai suoi tre santi protettori, sant’Agostino, san Giovanni Battista e san Nicola da Tolentino. Quando al mattino presto le monache, come di solito, si recarono in coro per l’ufficiatura divina, trovarono Rita in preghiera dentro la chiesa. Davanti a quel miracolo le monache che più si opponevano si arresero. Nel monastero, il suo animo si aprì alla partecipazione del vissuto di Cristo Salvatore, del suo dolore, sino a riceverne una spina che portò per quindici anni (da ciò è nata la devozione dei quindici giovedì di santa Rita).
Rita morì nel 1457. Alcuni studiosi tentano di spostarne la data dieci anni prima, vale a dire nel 1447, perché  così si ha nella vita di santa Rita scritta dall’agostiniano Agostino Cavallucci da Foligno, pubblicata a Siena nel 1610. Egli dice infatti che Rita morì il 22 maggio del 1447 nel giorno di sabato, anche se quell’anno il 22 maggio ricorreva di lunedi. Dal punto di vista delle fonti letterarie non si possiede una biografia della santa prima di quella del Cavallucci, anche se abbiamo notizie di una precedente, scritta da Giovanni Giorgio Amici nel 1552. Di fatto la biografia del Cavallucci costituì la base delle susseguenti biografie ritiane.

L’EREDITA SPIRITUALE

Rita, immortalata con la spina in mano nella celebre effigie dipinta sul suo sarcofago, è nell’atteggiamento di un maestro che chiede attenzione, anzi silenzio assoluto prima d’iniziare: lei conosce la scienza dell’imitazione di Gesù Salvatore e la trasmette ai suoi devoti. Sta in ciò l’essenza della devozione a santa Rita. Se la storia circa la conversione e l’uccisione del marito, come la morte dei figli, nasconde certamente un frammento delle violenze politiche e sociali del suo tempo, la sua azione di riappacificazione tra la sua famiglia e le altre che vi erano coinvolte, ha fatto di Rita da Cascia la santa dell’implorazione della pace familiare e di quella sociale. All’inizio del terzo millennio si è maturi al passaggio dalla devozione popolare alla santa di Cascia – spesso limitata alla gentile suggestione del rito della benedizione delle rose – alla devozione a Cristo Salvatore, fonte della riconciliazione con Dio e tra gli uomini, nella scia del vissuto di fede di Rita da Cascia.

Il corpo di santa Rita a Cascia nell'urna

Il corpo di santa Rita a Cascia nell’urna

I RESTI MORTALI

I resti della santa sono conservati a Cascia (Perugia), all’interno della basilica di Santa Rita, facente parte dell’omonimo santuario e fatta erigere tra il 1937 e il 1947 meta ogni anno di migliaia di pellegrini. Il corpo è rivestito dall’abito agostiniano cucito dalle monache del monastero, come voluto dalla badessa Maria Teresa Fasce, e posto in una teca all’interno della cappella in stile neobizantino.
Ricognizioni mediche effettuate nel 1972 e nel 1997 hanno confermato la presenza, sulla zona frontale sinistra, di tracce di una lesione ossea aperta (forse osteomielite)
, mentre il piede destro mostra segni di una malattia sofferta negli ultimi anni di vita, forse associata ad una sciatalgia. Era alta 1 metro e 57 cm. Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, il resto del corpo, coperto dall’abito agostiniano, è in forma di semplice scheletro.

Famiglia Cristiana

 

25 GENNAIO 2023 Messa del Giorno CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO – FESTA

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Colore Liturgico Bianco
Antifona
So in chi ho posto la mia fede
e sono convinto che egli, giusto giudice,
è capace di custodire fino a quel giorno
ciò che mi è stato affidato. (Cf. 2Tm 1,12; 4,8)

Si dice il Gloria.

Colletta
O Dio, che hai illuminato tutte le genti
con la predicazione del beato apostolo Paolo,
dona a noi, che oggi celebriamo la sua conversione,
di camminare verso te seguendo i suoi esempi,
per testimoniare la tua verità dinanzi al mondo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Prima Lettura
Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il nome di Gesù.
Dagli Atti degli Apostoli
At 22,3-16

In quei giorni, Paolo disse al popolo:
«Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti.
Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.
Un certo Ananìa, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”».

Parola di Dio.

Oppure:

Ti sarà detto ciò che devi fare.

Dagli Atti degli Apostoli
At 9,1-22

In quei giorni, Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via.
E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».
Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.
C’era a Damasco un discepolo di nome Ananìa. Il Signore in una visione gli disse: «Ananìa!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando, e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Ananìa: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome».
Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: «Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?».
Saulo frattanto si rinfrancava sempre di più e gettava confusione tra i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 116 (117)
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. R.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre. R.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga. (Cf. Gv 15,16)

Alleluia.

Vangelo
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 16,15-18

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Parola del Signore.

Sulle offerte
Accogli, o Padre, il nostro sacrificio,
e fa’ che lo Spirito Santo illumini la tua Chiesa
con quella fede che animò san Paolo
e lo fece missionario e apostolo delle genti.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione
Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato
e ha consegnato se stesso per me. (Gal 2,20)

Dopo la comunione
I sacramenti che abbiamo ricevuto, Signore Dio nostro,
accendano in noi l’ardore di carità del beato apostolo Paolo,
che portava nel cuore la sollecitudine per tutte le Chiese.
Per Cristo nostro Signore.

Fu Giovanni XXIII a indire 64 anni fa il Concilio Ecumenico Vaticano II

Concilio Vaticano II - Nel 60° anniversario dell'inizio un approfondimento su "L'Eco di Bergamo" - Diocesi di Bergamo

Accadde oggi, 25 gennaio 1959: il Papa indice il Concilio Vaticano. Fu Giovanni XXIII a indire 64 anni fa il Concilio Ecumenico Vaticano II. La sua convocazione fu annunciata dal Pontefice presso la sala capitolare del Monastero di San Paolo di Roma, al termine della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
I lavori conciliari ebbero luogo nel corso di quattro sessioni. Lingua ufficiale: il latino. Nella storia ecclesiastica, il Concilio Ecumenico Vaticano II fu quello che in assoluto diede rappresentanza alla maggior varietà di lingue ed etnie. Furono invitati ad assistere all’evento anche alcuni esponenti delle altre confessioni cristiane.
La prima sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II
La prima sessione iniziò nell’ottobre del 1962 e si interruppe a seguito della morte di Giovanni XXIII il 3 giugno del 1963. Pertanto, le altre tre sessioni furono convocate e presiedute dal suo successore Papa Paolo VI, fino al termine dei lavori: l’8 dicembre 1965, solennità dell’Immacolata Concezione.

Il ruolo dei vescovi
I vescovi cattolici discussero gli argomenti riguardanti la vita della Chiesa e la sua apertura alle istanze nel mondo moderno e contemporaneo. Il Vaticano promulgò quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti.

L’importanza del Concilio Vaticano II
L’importanza del Concilio Vaticano II è stata paragonata a quella del Concilio di Trento, ed il suo ruolo nel XX secolo e nel futuro della Chiesa è ancora oggetto di dibattito storico e dottrinale. Per questo, come il Concilio di Trento è stato il concilio della Controriforma (o “prima riforma cattolica”), il Concilio Vaticano II è stato ribattezzato il concilio della “seconda riforma cattolica”.
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17 gennaio Sant’Antonio Abate: gli animali nel cuore di Dio

Sant'Antonio Abate, sec. XVIII

Ascesi e preghiera
La sua vita è stata scandita dalla solitudine, dal digiuno e dal lavoro. Rimasto orfano a 20 anni, da giovane ha donato tutti i suoi beni ai poveri e si è ritirato nel deserto, dove ha anche combattuto contro le tentazioni del demonio, scegliendo la via dell’ascesi e della preghiera. Ad Antonio si deve la costituzione di famiglie di monaci che, sotto la guida di un padre spirituale, si consacrarono al servizio di Dio.

Sant’Antonio e la benedizione degli animali
E’ solitamente raffigurato con accanto un maiale con al collo una campanella. Tale rappresentazione iconografica è legata al fatto che l’antico Ordine ospedaliero degli “Antoniani” allevava maiali all’interno dei centri abitati poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dall’ergotismo. Tale morbo venne poi chiamato “il fuoco di Sant’ Antonio”. Nel giorno della sua festa liturgica, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici. Nell’iconografia è associato a Sant’Antonio anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau”, ultima lettera dell’alfabeto ebraico.

Un dono di Dio
Nella biografia “Vita Antonii”, Sant’ Atanasio scrive queste parole riferite a Sant’Antonio: “Che fosse dappertutto conosciuto, da tutti ammirato e desiderato, anche da quelli che non l’avevano visto, è un segno della sua virtù e della sua anima amica di Dio. Infatti non per gli scritti né per una sapienza profana né per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio. E nessuno potrebbe negare che questo sia un dono di Dio. Come infatti si sarebbe sentito parlare in Spagna e in Gallia, a Roma e in Africa di quest’uomo, che viveva ritirato tra i monti, se non l’avesse fatto conoscere dappertutto Dio stesso, come egli fa con quanti gli appartengono, e come aveva annunciato ad Antonio fin dal principio? E anche se questi agiscono nel segreto e vogliono restare nascosti, il Signore li mostra a tutti come una lucerna, perché quanti sentono parlare di loro sappiano che è possibile seguire i comandamenti e prendano coraggio nel percorrere il cammino della virtù”.

I fondamenti biblici del Primato

Un importante contributo esegetico al dibattito sul ministero di Pietro, anche nel quadro della ricerca ecumenica.
Che cosa dice la Scrittura sul ministero di Pietro? Quali sono, secondo il Nuovo Testamento, i fondamenti su cui si fonda il Primato dei successori di Pietro? che cosa è necessario, che cosa è mutevole? Recentemente è stato proprio papa Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ut Unum Sint, a sollevare la domanda e a spingere i teologi cattolici in questa ricerca. Per dare una risposta a questi interrogativi interviene anche Rudolf Pesch in questo suo studio, documentato e essenziale, suggerito dal card. Ratzinger.
L’Autore, che concentra la sua attenzione sull’esegesi canonica della Scrittura (quella del “testo finale”,conclusivo), descrive qui i tratti del Primato nella vita di Pietro, nei diversi strati degli scritti neotestamentari e nei suoi primi sviluppi all’interno della giovane Chiesa. La sua tesi suona: «Ciò che già si intravedeva in Pietro è poi entrato a far parte del Primato».
Pesch tratta con diffusione le questioni controverse della trasmissione del Primato e caratterizza il ministero petrino in riferimento all’autorità che gli si attribuisce, alla struttura sacramentale nella quale esso si iscrive e al rapporto fra Primato e collegialità.
Un importante contributo esegetico al dibattito sul ministero di Pietro, anche nel quadro della ricerca ecumenica.

I fondamenti biblici del primato : Pesch, Rudolf C., Pezzetta, D.:  Amazon.it: Libri

Rudolf Pesch
I fondamenti biblici del Primato
Collana: Giornale di teologia 291
ISBN: 978-88-399-0791-2
Formato: 12,3 x 19,5 cm
Pagine: 184
Titolo originale: Die biblischen Grundlagen des Primats
© 2002
queriniana.it

Le parrocchie del futuro

La trasformazione della parrocchia “classica” implica, non da ultimo, nuove ministerialità e nuove forme di collaborazione: unità pastorali, raggruppamenti di parrocchie, comunità pastorali. Su entrambi i versanti occorre ragionare, sperimentare e… investire convintamente le proprie energie.

«Esisterà ancora la parrocchia?»: questo interrogativo, che apre la serie dei contributi raccolti nel volume, interpreta una preoccupazione comune sul destino delle comunità cristiane e delle prassi pastorali legate al cristianesimo sociale.
Nella Chiesa italiana (e non solo) si stanno delineando nuovi scenari, che vanno criticamente pensati: è in atto una trasformazione della parrocchia classica, che ne chiama in causa la forma, i tempi e gli spazi di azione. Non si tratta di avviare un’operazione di “ingegneria pastorale”, quanto di disporsi a un’autentica “ecclesiogenesi”, a partire da alcune coordinate fondamentali: la pastoralità come tensione all’ascolto di Dio e dell’umano, la sinodalità, il dinamismo di riforma, la vocazione alla fraternità e sororità, l’ospitalità e il servizio, il dialogo con la realtà contemporanea. Queste e altre dimensioni, consapevolmente assunte, strutturano una pastorale in conversione missionaria, capace di misurarsi con le sfide della città e di rimodularsi valorizzando una ministerialità plurale – maschile e femminile, individuale e familiare – attraverso cui dare forma a una nuova presenza della Chiesa sul territorio, più corrispondente al sogno di Dio.

Le parrocchie del futuro

Andrea Toniolo, Assunta Steccanella (edd.)
Le parrocchie del futuro
Nuove presenze di Chiesa
Collana: Giornale di teologia 445
ISBN: 978-88-399-3445-1
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 240
© 2022

Fonte: queriniana.it

Benedetto, Francesco e la via aperta. Storia e Chiesa da vivere ora

La luce del Re ha vinto le tenebre – Chiesacattolica.it

Si è chiusa con Benedetto XVI un’epoca della Chiesa. La partecipazione di molti alle celebrazioni in sua memoria (più nelle diocesi che nell’affluire a Roma) ha mostrato il cordoglio per la scomparsa del Papa, seppure ritiratosi da quasi dieci anni. Una memoria e un affetto che non sono apparsi limitati, come qualcuno vorrebbe, al mondo tradizionalista.

Ricordare Benedetto non è stata una manifestazione “non simpatizzante” verso Francesco. Molta gente l’ha ricordato semplicemente come Papa. Don Mazzolari, un prete che ha avuto difficoltà con Roma, intitolava un piccolo libro, pieno di affetto: “Anch’io voglio bene al Papa”. Aggiungeva però: «Per volergli bene ho bisogno di dare un volto al pastore, un cuore alla Pietra. Così per capirlo… ».

In tempi lontani, il Papa era solo un nome, pronunciato in latino. Invece, fin dall’Ottocento e, poi, sempre più, è diventato un compagno per la Chiesa e le generazioni che si susseguono. I media lo hanno avvicinato alla gente. Ne hanno inquadrato il volto e talvolta il dolore. Il Papa è un uomo pubblico in modo differente dai politici. Gli si chiede pastoralità, paternità e vicinanza. Il senso dei fedeli spinge a cercare in lui il pastore e l’uomo. La sensibilità della gente (anche mutevole) incontra un uomo con la sua storia e il suo modo di essere. In vari Papi si è notato come cambino con l’elezione, ma evidentemente resta l’impronta di una vita.

Benedetto XVI si è mosso nella continuità con Giovanni Paolo II. Ricordiamo tutti gli applausi scroscianti ogni volta che citava «il mio amato predecessore». Lui stesso confessò: «Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II!». Era la sensazione di buona parte dei cardinali che l’avevano eletto, considerandolo il più vicino al Papa defunto. Ma quant’era diverso dal Papa messianico e carismatico! Nonostante la consuetudine di più di vent’anni e un sentire teologico prossimo. Joseph Ratzinger non avrebbe nemmeno sognato il cambiamento dell’Est. Si contentava di essere «umile lavoratore della vigna del Signore». Ha scritto nella Deus Caritas est: il cristiano «in umiltà farà quello che è possibile fare e in umiltà affiderà il resto al Signore. È Dio che governa il nostro mondo, non noi».

Chi aveva vissuto drammaticamente e accanto alle vittime la Seconda guerra mondiale, come Karol Wojtyla, sapeva che, per affrontare il male nella storia e trovare le vie del bene, bisogna esagerare. Ratzinger è stato profondo, equilibrato, serio, onesto, non carismatico. Il suo contributo è stato soprattutto una “fede pensata” con ragionevolezza, passione intellettuale, finezza. Lo si è detto giustamente in questi giorni. Wojtyla volle incarnare l’estroversione della Chiesa oltre tutti i limiti (anche del suo corpo). Ratzinger aveva la misura e la solidità dell’europeo d’Occidente.

C’è chi l’ha visto, o voluto, simbolo del tradizionalismo, del conservatorismo teologico, del rigore nel governo. Aspettative per lo più fallite. Ora, con la morte, lo si vuole – in qualche settore – come una bandiera tradizionale, capace di andare controcorrente rispetto allo spirito del mondo, ben distinta dalla Chiesa «in uscita» di Francesco. Benedetto XVI non l’avrebbe voluto. Ha amato il silenzio, che non sempre gli hanno concesso. Ora che è scomparso, non può essere un simbolo, se non costruito in maniera mitica. Non fosse che per il suo senso profondo della continuità del servizio petrino, nella diversità delle umanità e delle opzioni. Ma anche per la complessità del suo pensiero teologico.

Papa Bergoglio è stato una scelta diversa dei cardinali rispetto ai Papi europei. Ha alle spalle un vissuto ecclesiale e un pensiero legato alla Chiesa latinoamericana, pur nella continuità già espressa nella Lumen fidei, in cui Francesco scrive rispetto al predecessore: «assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi».

Oggi la continuità è resa più complessa anche dalla sfida del confronto con mondi nuovi fuori dall’Europa.

Quella odierna è una Chiesa globale in tutti i sensi, sia per dimensioni culturali e geografiche, sia per spaesamento delle persone e delle comunità. Oggi la morte di papa Benedetto non apre nella Chiesa a chi sa quali scenari conflittuali, analizzati e forse auspicati da alcuni, ma rinvia il discorso al cattolicesimo europeo in affanno, di cui il defunto è stato l’ultimo grande esponente. Francesco ha parlato della (e alla) stanchezza europea in varie occasioni. La risposta non può essere solo la laboriosità degli episcopati e dei vari soggetti ecclesiali. Occorre una visione, senza cui ci si omologa lentamente al livello rassegnato di tanta coscienza europea. E la guerra in Ucraina è una grande sfida alla coscienza cristiana: un cristianesimo europeo, che non si consegni alla nostalgia del passato, ma che non accetti nemmeno l’irrilevanza.

La via della rilevanza non è quella del potere, bensì dell’amore per un mondo che soffre, che appassisce o che è povero. E, nel 1967, il quarantenne Joseph Ratzinger scriveva: «Il concetto conciliare contrario a “conservatore” non è “progressista”, ma “missionario”».

avvenire.it

La Liturgia di DOMENICA 8 Gennaio 2023 Battesimo di Gesù

Per scaricare e ascoltare il Salmo Responsoriale Cantato visita il Canale Salmi Responsoriali: link >>> https://www.youtube.com/@SalmiResponsoriali

DOMENICA 8  Gennaio 2023 Battesimo del Signore (Anno A)  – Festa

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Antifona
Battezzato il Signore, si aprirono i cieli
e come una colomba lo Spirito discese su di lui,
e la voce del Padre disse:
«Questi è il mio Figlio, l’amato:
in lui ho posto il mio compiacimento». (Cf. Mt 3,16-17)

Si dice il Gloria.

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che dopo il battesimo nel fiume Giordano
proclamasti il Cristo tuo amato Figlio
mentre discendeva su di lui lo Spirito Santo,
concedi ai tuoi figli di adozione,
rinati dall’acqua e dallo Spirito,
di vivere sempre nel tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Oppure:

O Padre, il tuo Figlio unigenito
si è manifestato nella nostra carne mortale:
concedi a noi,
che lo abbiamo conosciuto come vero uomo,
di essere interiormente rinnovati a sua immagine.
Egli è Dio, e vive e regna con te.

Prima Lettura
Ecco il mio servo di cui mi compiaccio.
Dal libro del profeta Isaìa
Is 42,1-4.6-7

Così dice il Signore:
«Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.

Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà il diritto con verità.
Non verrà meno e non si abbatterà,
finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,
e le isole attendono il suo insegnamento.

Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e ti ho stabilito
come alleanza del popolo
e luce delle nazioni,
perché tu apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 28 (29)
R. Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.
Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. R.

La voce del Signore è sopra le acque,
il Signore sulle grandi acque.
La voce del Signore è forza,
la voce del Signore è potenza. R.

Tuona il Dio della gloria,
nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,
il Signore siede re per sempre. R.

Seconda Lettura
Dio consacrò in Spirito Santo Gesù di Nazaret.
Dagli Atti degli Apostoli
At 10,34-38

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga.
Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.
Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Si aprirono i cieli e la voce del Padre disse:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». (Mc 9,6)

Alleluia.

Vangelo
Appena battezzato, Gesù vide lo Spirito di Dio venire su di lui.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 3,13-17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore.

Sulle offerte
Accogli, o Padre, i doni che la Chiesa ti offre
celebrando la manifestazione del tuo amato Figlio,
e trasformali per noi nel sacrificio perfetto
che ha lavato il mondo da ogni colpa.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione
Questa è la testimonianza di Giovanni:
«Ho contemplato lo Spirito discendere e rimanere su di lui:
egli è il Figlio di Dio». (Gv 1, 32.34)

* A
Giovanni disse:
«Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te,
e tu vieni da me?».
«Lascia fare per ora – rispose Gesù –
perché conviene che adempiamo ogni giustizia». (Mt 3,14-15)

Dopo la comunione
Padre misericordioso,
che ci hai saziati con il tuo dono,
concedi a noi di ascoltare fedelmente
il tuo Figlio unigenito,
per chiamarci ed essere realmente tuoi figli.
Per Cristo nostro Signore.
Fonte CEI

I funerali di Ratzinger, il timing e le presenze

Attività di controllo e sicurezza in piazza San Pietro in vista dei funerali del Papa Emerito © ANSA

Dal Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e quello tedesco Frank-Walter Steinmeier, che guideranno le due delegazioni ufficiali, passando per diverse case reali e ministri e rappresentanti istituzionali di molti Paesi, domani il mondo sarà rappresentato ad altissimi livelli ai funerali di Benedetto XVI.

Per l’Italia è attesa anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Ci saranno anche alcune migliaia di concelebranti: 3.700 sacerdoti oltre ai cardinali e ai vescovi. In piazza anche i rappresentanti delle altre Chiese cristiane, compreso il Patriarcato di Mosca, e anche leader delle altre fedi, dai musulmani agli ebrei.

Il funerale sarà preceduto dalla cerimonia con la quale, alle 8.45, la bara sarà trasportata dalla basilica al sagrato in Piazza San Pietro.

Seguirà la recita del rosario e alle 9.30 ci sarà la messa presieduta da Papa Francesco.

Quindi il rito della Ultima Commendatio e Valedictio.

L’ultimo atto sarà il trasporto della bara, attraverso la Basilica, alle Grotte vaticane per la tumulazione. Dai reali del Belgio ai presidenti di Ungheria e Polonia, saranno dunque numerose le personalità politiche che prenderanno parte ai funerali di Ratzinger.

Si tratta di partecipazioni “a titolo personale” in quanto le uniche delegazioni ufficiali previste dal cerimoniale sono quella italiana e quella tedesca.

Hanno confermato la loro presenza la madre del Re di Spagna, la Regina Sofia, il Re e la Regina del Belgio, Filippo e Mathilde, il presidente polacco Andrzej Duda, quello portoghese Marcelo Nuno Duarte Rebelo de Sousa, che ha anche decretato per domani un giorno di lutto nazionale nel suo Paese, quello ungherese Katalin Novak e il governatore della Baviera Markus Söder.

Ci sarà anche la Real Casa Savoia rappresentata da Clotilde e Vittoria.

Numerosi anche i leader religiosi che renderanno omaggio al Papa emerito. Tra questi hanno confermato la loro presenza il metropolita della Chiesa russa Antonij di Volokolamsk e una delegazione del Patriarcato ortodosso di Costantinopoli.

Alle esequie del Papa Emerito Benedetto XVI in Vaticano, sarà presente anche una delegazione della comunità ebraica di Roma.

Per i musulmani il presidente dell’Ucoi Yassine Lafram e il vicepresidente della Coreis Yahya Pallavicini.

Forte la presenza degli ecclesiastici arrivati dal Paese di Benedetto. La Chiesa tedesca vedrà tra i concelebranti alle esequie almeno dieci vescovi, tra i quali il presidente della Conferenza episcopale monsignor Georg Baetzing, il cardinale arcivescovo di Monaco Reinhard Marx e il cardinale dell’arcidiocesi di Colonia Rainer Maria Woelki. Non mancheranno rappresentanti degli atenei cattolici, come il rettore della Cattolica Franco Anelli.

La liturgia dei funerali, Benedetto e i suoi ricordi

I preparativi del funerale di Benedetto XVI © ANSA

Nell’addio alla vita terrena Benedetto XVI porterà con sé i ‘ricordi’ del suo Pontificato, dalle monete coniate durante i suoi otto anni al soglio di Pietro ai pallii, i paramenti liturgici che hanno accompagnato la sua carriera ecclesiale.

All’interno del feretro sarà posto un cilindro metallico contenente il ‘rogito’, un testo che ripercorre le tappe principali del suo Pontificato, segnato dalle storiche dimissioni a sorpresa del 2013.
Prima della sepoltura, però, gli sarà reso l’ultimo omaggio durante i funerali che si svolgeranno in piazza San Pietro, al termine dei tre giorni di camera ardente all’interno della Basilica. Un rito che sarà presieduto da papa Francesco e che, con ogni probabilità, sarà celebrato dal decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re.
L’inedita cerimonia, la prima organizzata per un papa Emerito, seguirà una liturgia particolare, sulla quale per giorni ha lavorato il cerimoniale vaticano. L’obiettivo è stato quello di garantire tutti gli onori che si devono ad un ex Pontefice, ma con qualche accorgimento per limare i passaggi dedicati al papa regnante, come avviene tradizionalmente. E così il rito, per esempio, sarà orfano delle suppliche finali, della supplica della diocesi di Roma e delle Chiese orientali che – come ha spiegato il direttore della sala stampa della Santa Sede – “sono molto specifiche del papa ‘attivo'”.
Il feretro con la salma di Benedetto XVI lascerà la Basilica giovedì mattina alle 8.50 per raggiungere il sagrato e consentire ai fedeli di recitare il Rosario. Alle 9.30 prevista la messa, presieduta da Bergoglio che successivamente dedicherà al papa Emerito la sua omelia. Infine, al termine del rito della ‘Ultima Commendatio et Valedictio’, il feretro sarà trasportato nelle grotte vaticane. Lì sarà tumulato, durante una cerimonia privata, all’interno della nicchia che prima era appartenuta a san Giovanni XXIII e Giovanni II, le cui spoglie sono state traslate all’interno della Basilica di San Pietro in seguito alle rispettive canonizzazioni.
All’interno della bara, che sarà in cipresso, zinco e rovere, saranno deposte le monete e le medaglie coniate durante il suo Pontificato e i pallii vestiti durante la carriera ecclesiale.
All’esterno saranno infine apposti i sigilli della prefettura della Casa pontificia, quello dell’ufficio celebrazioni liturgiche e del capitolo vaticano di San Pietro. Attese in piazza San Pietro decine di migliaia di fedeli, oltre a delegazioni e rappresentanti dei governi e delle confessioni religiose di tutto il mondo.
A seguire l’evento ci saranno, infine, oltre 600 giornalisti accreditati per quella che sarà, senza dubbio, una cerimonia del tutto inedita.

Il 1º gennaio si celebra la Giornata mondiale della pace. Il messaggio di Papa Francesco per la 56esima edizione della celebrazione

Le più belle frasi sulla Pace di Papa Francesco - Holyblog

“Nessuno può salvarsi da solo”. Nel testo del pontefice anche un riferimento al periodo buio del Covid e una riflessione sulla guerra in Ucraina.
“Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace”. Ripercorre uno dei periodi più bui della storia recente il messaggio che Papa Francesco ha letto in occasione della presentazione della 56esima edizione della Giornata mondiale della pace. L’evento si è svolto lo scorso 16 dicembre nella Sala San Pio X. All’appuntamento anche il cantautore italiano Simone Cristicchi.

La Giornata mondiale della pace viene istituita nel 1967
La Giornata mondiale della pace è stata istituita l’8 dicembre del 1967 e celebrata il 1º gennaio dell’anno successivo. A volere questa ricorrenza, con lo scopo di dedicare il primo giorno dell’anno alla riflessione e alla preghiera, è stato Papa Paolo VI. “Sarebbe Nostro desiderio che poi, ogni anno, questa celebrazione si ripetesse come augurio e come promessa – all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo – che sia la pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire” erano le parole del pontefice all’epoca.

Nel corso degli anni, tanti i temi raccontati in questa giornata. Ne citiamo alcuni: “Ogni uomo è mio fratello” del 1971, “Se vuoi la pace, difendi la vita” del ’77 e ancora, per ricordarne tra i più recenti: “Nel rispetto dei diritti umani il segreto della pace vera” (1999) e “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace” (2018).

Il messaggio del Papa per la pace
Un messaggio forte e intenso quello di Papa Francesco che non dimentica gli ultimi e pone l’accento sulla solidarietà. Dal testo integrale, come riporta Vatican News, alcuni stralci. “Assieme alle manifestazioni fisiche il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà”. Inoltre, “Non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri”.

Un riferimento anche al conflitto ancora in corso: “La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali, basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante”.

All’evento anche il cantautore Simone Cristicchi
“Ho avuto il grande privilegio di commentare il messaggio per la Pace scritto da Papa Francesco, e di realizzare il sogno di cantare per lui “Abbi cura di me”, canzone che amo profondamente. Grazie a Mauricio Lopez, Suor Alessandra Smerilli e al cardinale Czerny per avermi voluto con loro in una giornata così importante, che porterò nel cuore. Nessuno può salvarsi da solo”. È questo il commento che Simone Cristicchi, cantautore italiano ha scritto sulle sue pagine Facebook a margine dell’evento in Vaticano. Cristicchi è noto per essere da tempo vicino alle tematiche sociali.

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Intervista. Benedetto XVI, Miano (Ac): «La notte in cui “anticipò” le sue dimissioni»

Franco Miano
Franco Miano – .
L’ex presidente di Ac ricorda la fiaccolata a 50 anni dal Concilio: «Parole amare, solo dopo le abbiamo capite». La gioia nell’incontro con i ragazzi. Ai laici: «Corresponsabili e non collaboratori»

avvenire.it

«Ha amato profondamente e completamente la Chiesa. Nelle sue parole, specie nei mesi che hanno preceduto le dimissioni, si coglieva la sua tribolazione, la preoccupazione che la Chiesa fosse sempre fedele a Gesù e al Vangelo. Nel gesto delle dimissioni, questo amore per la Chiesa è diventato testimonianza di vita per tutti: non conta la nostra persona, la nostra visibilità, conta solo il bene della Chiesa». Franco Miano, ex presidente nazionale di Azione cattolica, ha prestato il suo servizio negli anni che furono il cuore del pontificato di papa Benedetto XVI. Molti i ricordi, ma Miano parte dalla notte dell’11 ottobre 2012, cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II. L’Ac organizzò una fiaccolata in ricordo di quella, storica, di cinquant’anni prima. E Benedetto XVI, come il suo predecessore Giovanni XXIII, portò il suo saluto dalla finestra del Palazzo apostolico.

Perché quel momento le è rimasto impresso?

Era una notte di festa, e Benedetto XVIsi unì al clima di gioia dei partecipanti con la consueta cordialità e discrezione. Tuttavia, rileggendo in seguito le sue parole, vi ho ritrovato, nei fatti, l’anticipazione di quello che sarebbe accaduto pochi mesi dopo con le dimissioni. Il papa ci invitò ad una «gioia sobria, umile», perché era un momento in cui, cito a memoria, «il peccato originale si traduce in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato». Fece riferimento alla «zizzania» nel campo del Signore e a «pesci cattivi» che possono trovarsi nella «rete di Pietro». Parlò di una Chiesa che «sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave». Rimanemmo certamente impressionati. Solo dopo abbiamo capito.

I momenti di incontro personali e “istituzionali” sono stati molti. C’è un filo rosso che li unisce?

Sicuramente l’attenzione educativa. Nel suo stile, nel suo registro, papa Benedetto XVI amava molto i giovani e i ragazzi e aveva molto a cuore i formatori.

In un importante raduno del 2010 in piazza San Pietro accettò anche un’interlocuzione diretta con adolescenti e ragazzi…

È uno dei ricordi più belli, forse il più bello in assoluto. C’erano 100mila bambini, ragazzi, adolescenti e il papa rispose alle loro domande con una semplicità disarmante. Propose loro verità profonde ma con un linguaggio accessibile e un sorriso indimenticabile. Ci sembrò felice di incontrare quella parte del popolo di Dio che probabilmente ascoltiamo di meno.

Cosa raccomandava agli educatori?

Di non diventare padroni dei ragazzi. Di avere a cuore la loro libertà. Di non aver paura di fare proposte di vita esigenti, ma sempre con dolcezza e senso dell’accoglienza. Raccomandava sempre, poi, di fare rete con le famiglie e con la scuola, di non sentirsi eroi individuali e salvatori del mondo. Penso che questa lezione sia rimasta a una generazione di formatori ed educatori. D’altra parte papa Benedetto XVI ha messo al centro del suo magistero la trasmissione della fede in tempi complessi. E questa sua attenzione guardava alle nuove generazioni più di quanto si è soliti pensare.

Nella stagione di Benedetto XVI, quale è stato il ruolo dei laici?

Negli incontri personali ho avuto sempre la percezione di un ascolto vero e sincero, attento, curioso, oltre che cordiale. Ma fa fede, più della mia esperienza personale, soprattutto ciò che papa Benedetto ha scritto sul laicato, che è molto impegnativo. Ricordo che in un’assemblea del Forum internazionale di Azione cattolica, che si tenne in Romania, fece arrivare un messaggio molto corposo e chiaro sull’atteggiamento della Chiesa verso i laici. Il papa ci disse che è necessario un «cambiamento di mentalità» nella Chiesa perché i laici non vengano più considerati «collaboratori del clero», ma come persone realmente «corresponsabili dell’essere e dell’agire della Chiesa». Penso che questa sia una sfida ancora aperta.

Benedetto XVI, il 3 gennaio 2023 Messa di suffragio a Reggio Emilia

La Chiesa diocesana celebrerà una Santa Messa di suffragio, presieduta dall’Arcivescovo Giacomo Morandi, alle ore 19 nella Cattedrale di Reggio Emilia

stampareggiana.it

funerali di Benedetto XVI si svolgeranno giovedì 5 gennaio 2023 alle 9.30 in piazza San Pietro, in Vaticano, presieduti da Papa Francesco: “Assecondando il desiderio del Papa emerito, i funerali si svolgeranno nel segno della semplicità”, ha precisato la Santa Sede, e saranno “solenni ma sobri”. Le spoglie del Papa emerito riposeranno presso il Monastero Mater Ecclesiae fino alla prima mattina di lunedì 2 gennaio; non sono previste visite ufficiali o preghiere pubbliche. La salma verrà esposta per la visita dei fedeli nella basilica di San Pietro, che lunedì resterà aperta dalle 9 alle 19, martedì e mercoledì dalle 7 alle 19.
Seguendo l’invito giunto dalla Presidenza della CEI, già accolto dal vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, la Chiesa diocesana celebrerà la Santa Messa di suffragio, presieduta dall’Arcivescovo Giacomo Morandi, martedì 3 gennaio 2023 alle ore 19 nella Cattedrale di Reggio Emilia. 

Ratzinger nel suo testamento, ‘rimanete saldi nella fede’

 © ANSA

“La Chiesa con tutte le sue insufficienze è il Corpo di Cristo”

– “Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!…

Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.” Questo è uno dei lasciti spirituali che il Papa emerito Benedetto XVI affida ai fedeli nel suo testamento, che viene pubblicato nel libro ‘Nient’altro che la verità’ scritto dall’Arcivescovo Georg Gänswein, suo segretario particolare, con Saverio Gaeta, per le edizioni Piemme e in uscita agli inizi di gennaio.

ansa.it

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