Il poderoso volume scritto da mons. Tiziano Ghirelli, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali di Reggio Emilia, compie un’interessante e illuminante analisi delle tipologie degli edifici ecclesiali, dai primi secoli fino a un’attenta riflessione su quanto indicato dopo il concilio Vaticano II dagli episcopati di diverse nazioni europee e americane, in relazione ai luoghi della celebrazione.
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Titolo | Ierotopi cristiani. Le chiese secondo il magistero | |
Autore | Ghirelli Tiziano | |
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€ 93,50 (Prezzo di copertina € 110,00 Risparmio € 16,50) |
Il libro è introdotto da un Prologo del card. Giovanni Lajolo e da una Prefazione di Albert Gerhards, docente di Scienza liturgica alla Facoltà teologica cattolica dell’Università di Bonn, che lo definisce «un compendio d’importanza internazionale circa il tema dello spazio liturgico della Chiesa cattolica dopo il Concilio, nel contesto della storia delle varie Chiese e della loro riflessione teologica», con «criteri per una corretta valutazione della celebrazione e degli spazi liturgici adeguati». E continua: «Lo studio di Tiziano Ghirelli serve pertanto a tracciare un percorso per la comprensione teorica e pratica dello spazio sacro come espressione essenziale della Chiesa e segno della presenza di Dio nel mondo».
Nell’Introduzione del libro, Tiziano Ghirelli sottolinea come, dopo oltre quarant’anni, la riforma liturgica, punto decisivo del Vaticano II, è ancora oggi oggetto di un ampio dibattito, tra strenui difensori della riforma e suoi accaniti contestatori.
Tuttavia, l’autore ben mette in rilievo come il problema non si esaurisca semplicemente nella dimensione liturgica. Lo spirito che anima la riforma conciliare fa infatti emergere aspetti ecclesiologici che sono oggi ben lontani dall’essere condivisi, soprattutto in relazione alla comprensione dell’assemblea liturgica come soggetto celebrante.
In questo senso, Ghirelli mette in rilievo le molteplici carenze che si evidenziano nel modo con cui sono progettati gli spazi cultuali, troppo spesso luoghi d’improvvisazione e di sciatteria, che non favoriscono la partecipazione alla celebrazione liturgica. A questo riguardo, l’autore esemplifica, anche grazie a una serie di immagini di grande efficacia, le situazioni di particolare incertezza e sofferenza, mostrando poli celebrativi realizzati all’insegna della mediocrità e del cattivo gusto, quando non suggeriscono messaggi del tutto distorti e scorretti.
Tra questi casi, l’autore inserisce significativamente un’immagine che mostra una celebrazione che si svolge secondo il messale di Pio V, voluto da papa Benedetto XVI, all’altare tridentino, quando in primo piano è posizionato un altare alla «moderna». In breve, la riforma liturgica conseguente alla Sacrosantum concilium è ben lontana dall’essere compiuta. Troppo spesso, infatti, se ne riducono le istanze all’aspetto più superficiale del prete rivolto al popolo.
Le realizzazioni postconciliari che l’autore prende in esame come modelli, di fatto, mostrano un clima di grande smarrimento e disagio, progettati con forte approssimazione nell’articolazione dei poli liturgici; per non parlare poi delle varie manifestazioni di «arte sacra», purtroppo troppo spesso decaduta a una sorta di discutibile galleria del trionfo dell’amatorialità e del dilettantismo.
Dopo un interessante percorso di carattere storico sugli edifici per il culto, dalle origini del cristianesimo al Vaticano II, Ghirelli parla poi di «ierotopi» e di spazi celebrativi nei documenti di conferenze episcopali nazionali, in quanto cerca di verificare criticamente quanto gli episcopati delle diverse nazioni hanno prodotto negli ultimi decenni nell’ambito dei luoghi per la celebrazione liturgica. In questo senso, risulta di grande interesse esaminare le posizioni degli episcopati di Francia, Spagna, Inghilterra e Galles, Stati Uniti, Italia, Canada e Irlanda.
Occorre una nuova mentalità del celebrare, come afferma lo stesso autore: «La nostra esperienza deve riferirsi prioritariamente all’arte del celebrare, orizzonte senza il quale i poli liturgici ben poco possono significare, anche se eccellenti per collocazione spaziale e per realizzazione artistica. I manufatti e le opere nascono per essere vissuti all’interno dell’azione liturgica rinnovata, costruita su relazioni significative e animata dall’amore verso Dio e le persone, altrimenti diventano oggetti museali. Perché ciò non avvenga occorre la consapevolezza coraggiosa di non fare mescolanze tra la liturgia pre e post Concilio, ossia non celebrare la nuova liturgia con la mentalità della vecchia». (256).
Dobbiamo dunque ripensare lo spazio per la liturgia, grazie a una nuova consapevolezza che veda una sinergia tra committenza, progettista, artista e liturgista: «Per questo – sottolinea l’autore – si tratta di non inventare nulla, ma di riandare alla genuinità delle fonti dello spazio liturgico cristiano e, in una fedeltà creativa, dar vita a nuovi canoni per l’architettura e l’arte liturgica contemporanea» (276).
Grande spazio è poi dedicato al lungo restauro e alla ristrutturazione dei poli liturgici della cattedrale di Reggio Emilia, condotti sotto la guida del vescovo (oggi emerito) mons. Adriano Caprioli e il coordinamento dello stesso Ghirelli. Il vescovo Caprioli ha voluto infatti ridisegnare gli spazi liturgici con l’introduzione di una nuova cattedra episcopale, progettato dal celebre artista dell’arte povera di origine greca Jannis Kounellis; una croce moderna sospesa, del giapponese Hidetoshi Nagasawa, che riprende antichi temi paleocristiani; un nuovo altare realizzato con marmo romano di recupero appena sbozzato di Claudio Parmiggiani; un candelabro per il cero pasquale che richiama le dimensioni dei grandi candelabri di origine medioevale di Ettore Spalletti (cf. Regno-att. 22,2011,732ss).
L’autore fa ben emergere il fatto che se la risistemazione dei poli e le opere realizzate dopo un lungo cammino liturgico e biblico con la committenza hanno provocato notevoli e aspre polemiche molto accese, in città e non solo, il dibattito è tutt’altro che chiaro e definito. Se la croce dorata di Nagasawa non è mai stata (inspiegabilmente) esposta dal vescovo Caprioli – invece che in cattedrale sarà collocata al museo diocesano –, la nuova cattedra episcopale, prevista sul lato della navata, è stata smontata «per motivi di spazio» in occasione dell’ingresso del nuovo vescovo mons. Massimo Camisasca, senza che nessuno l’abbia più rivista. In che modo è possibile comprendere queste «cancellazioni»?
Molto chiaro è lo spirito di rinnovamento dello spazio celebrativo auspicato dall’autore. Non a caso, Ghirelli cita il testo della CEI L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, del 1996, nei termini di «un’importante iniziativa di inculturazione della fede nel suo momento celebrativo, in armonia con le esigenze di conservazione del patrimonio storico e artistico, nell’ambito del progetto di nuova evangelizzazione che la Chiesa si propone di realizzare nel terzo millennio» (124). Come attuare oggi questo progetto? Questa sembra essere la sfida suggerita da Ghirelli – tutt’altro che scontata – per il futuro.
Andrea Dall’Asta in Regno-att. n.4, 2013, p.104