Più di 12 milioni italiani in viaggio per ponte 8 dicembre


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Se non fosse per l’inflazione, il caro bollette e la tragedia della guerra in Ucraina si potrebbe finalmente dire che il turismo italiano sta riprendendo lo slancio del periodo pre pandemia ma questi tre spettri pesano su industria che sta dimostrando ancora una volta resilienza e vitalità.

A parlare sono i numeri dell’indagine di Federalberghi sul ponte del 8 dicembre: saranno 12 milioni 183 mila gli italiani che si metteranno in viaggio. Il 94.1% di loro (contro il 92.3% del 2021) resterà entro i confini nazionali mentre solo il 5.9% andrà all’estero (contro il 7.7%).

Il 70.2% di chi sceglierà il Belpaese si muoverà nella regione di residenza. Le mete più gettonate saranno in montagna (28.5%), nelle località d’arte (27.8%) e di mare (13.1%). Seguono i laghi (5.3%) e le terme (5%). All’estero le mete più ambite saranno le grandi capitali europee (76.5%). Il giro di affari complessivo si attesta su 4,14 miliardi di euro.

La prima a plaudere è la ministra del turismo Daniela Santanchè: “I dati mettono in luce, ancora una volta, quanto il turismo sia trainante per l’economia italiana e sottolineano un importante driver nelle scelte degli italiani: la maggioranza, infatti, sceglie proprio il Belpaese per trascorrere le proprie vacanze. Optare per il turismo interno, quello di prossimità, – spiega ancora – significa non solo (ri)scoprire l’Italia più autentica, più vera, fatta di tanti luoghi meravigliosi che stanno proprio qui, dietro l’angolo, e che troppo spesso sono stati trascurati in favore di mete in apparenza più vistose e attraenti; significa anche, e soprattutto, alimentare le tante realtà, piccole e grandi, che contribuiscono sensibilmente allo sviluppo dell’intera industria nazionale del turismo. Significa creare lavoro e occupazione, generare valore per l’Italia, per la nostra economia, e sostenere quella che dobbiamo e vogliamo impegnarci a rendere la prima azienda della nostra nazione: il turismo”.

Secondo il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca “grazie a un calendario favorevole, con la festività dell’8 dicembre che cade nella giornata di giovedì, molti italiani potranno concedersi una meritata vacanza. Ma il ponte dell’Immacolata è importante per tutta la comunità, perché genera un contributo importante per lo sviluppo del pil e dell’occupazione”. E avverte: “Non saremo altrettanto fortunati invece in occasione delle festività natalizie – ha aggiunto Bocca – Sia il 25 dicembre che il 1 gennaio 2023 infatti, coincidono con la domenica. Da questo punto di vista, seppure soddisfatti della performance di questo ponte lungo, siamo prudenti nel cantar vittoria, in attesa di verificare che cosa accadrà in occasione del Natale”. Il presidente degli albergatori italiani non nasconde le criticità: “Certo ancora una volta abbiamo dovuto guardare in faccia la realtà, e cioè che la stragrande maggioranza delle scelte sono state fortemente condizionate dal proseguire del conflitto in Ucraina e dai conseguenti e drammatici rincari energetici che stiamo tutti vivendo sulla nostra pelle. Si tratta di una criticità che grava enormemente sul sistema turistico ricettivo e richiede soluzioni tempestive per il bene di tutto il Paese”.

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I percorsi di un turismo responsabile e a basso impatto L’idea delle vacanze in cammino per meditare e ritrovare la strada

Anche nei primi mesi di quest’anno sono aumentati i turisti con lo zaino in spalla Un modo di viaggiare che riflette uno stile di vita e permette di scoprire un’altra Italia

C’è chi pensa che il cammino si possa vivere come una lunga preghiera a Dio, recitata con lo stupore sempre negli occhi; c’è anche chi, più laicamente, sostiene che sia simile a un’intensa seduta di psicoterapia con sé stessi. E ancora c’è chi vede nel camminare l’arte di togliere: togliere peso ai pensieri e liberarsi della zavorra che ci lega alla vita di tutti i giorni. Citando lo scrittore Mario Rigoni Stern, «basterebbe una passeggiata in mezzo alla natura, fermarsi un momento ad ascoltare, spogliarsi del superfluo per comprendere che non occorre poi molto per vivere bene». In tanti, in effetti, sembrano aver ritrovato quest’essenzialità, questa bellezza del passo lento: in Italia si è tornati a camminare, e più di quanto si facesse prima della pandemia. I l numero delle credenziali distribuite, vale a dire quel documento personale che attesta le tappe del proprio pellegrinaggio, è in crescita. Ma anche i tracciati stessi sono in aumento, e diventano più strutturati e meglio attrezzati. L’editore Terre di mezzo fornisce, con il suo annuale dossier “Italia, Paese di Cammini”, uno scenario fatto di cifre contattando le associazioni e gli enti impegnati nella gestione e valorizzazione dei 79 cammini presenti solo in Italia. Nel 2021 le credenziali distribuite sono state 59.538 (su 49 cammini; perché gli altri non prevedono il documento di viaggio o la sua registrazione) contro le 45.472 del 2019. Nel 2020, con la primavera duramente segnata dal Covid, le credenziali rilasciate erano state 38.624. Se a questo si aggiunge che il 24% di chi fa un cammino non chiede la credenziale, si possono arrivare a conteggiare solo nel 2021 80mila persone in moto (con o senza credenziale). Soprattutto nei mesi estivi che rimangono i più gettonati, complice la pandemia che anche l’anno scorso ha di fatto “ristretto” l’arco temporale in cui era possibile viaggiare con una relativa tranquillità. cresciuto il numero delle persone che hanno camminato più di 15 giorni (in due anni dal 10% al 18%), o meno di 5 (in due anni dal 10% al 23%); mentre il 31% viaggia da solo, il 34% in coppia, l’8% in gruppi di 10-30 persone (spesso accompagnati da guide ambientali). Il 66% parte con una guida in tasca, il 41% con le tracce Gps sul cellulare; ma più spesso i due strumenti vengono usati assieme. Se il 2021 viene considerato l’anno della ripartenza del turismo lento sia in Italia, sia in Spagna, dove 180mila pelle-È grini hanno ritirato la Compostela nella cattedrale dedicata a san Giacomo, anche i primi mesi del 2022 sembrano avere lo stesso passo: a Santiago i numeri sono tornati ai livelli del 2019 (anno record con poco meno di 350mila arrivi); per esempio, a marzo di quest’anno si sono contati 7.389 pellegrini, mentre tre anni prima erano stati 7.474. S e questa tendenza si manterrà costante, il 2022 potrebbe rivelarsi a sorpresa un nuovo anno record. In Italia il turismo religioso rappresenta il 2,5% del totale dei turismi, il 70% dei pellegrini sono italiani e tra gli stranieri 3 su 10 sono tedeschi; dunque non mancano le proposte per chi sospinto dalla fede vuole provare a mettersi in cammino. Se l’itinerario ispirato alla figura di papa Luciani stenta a trovare una spinta concreta dalle istituzioni del Veneto, tanti sono comunque i cammini possibili ispirati alla spiritualità e al carisma di santi e beati. È il caso del cammino di sant’Antonio, oltre 400 chilometri dai santuari Antoniani di Camposampiero in Veneto attraverso la Basilica di Sant’Antonio di Padova fino al Santuario della Verna in Toscana attraversando l’Emilia-Romagna e gli Appennini; di grande ispirazione anche il cammino in Puglia, sulle orme di don Tonino Bello per scoprire (o riscoprire) quel “prete con il grembiule” che alle parole ha sempre accompagnato gesti concreti e umani. Una curiosità: nella guida edita da Terre di Mezzo le mappe e le indicazioni pratiche sono accompagnate da alcuni testi densi e poetici, scritti dallo stesso vescovo beato. I l 2022 rappresenta un anno clou anche per il cammino di san Benedetto che compie i suoi primi 10 anni. Il suo in- ventore, Simone Frignani, insegnante di religione alle elementari, camminatore esperto, cicloturista nonché autore di diverse guide per Terre di Mezzo, tredici anni fa ebbe l’occasione di viaggiare tanto per il mondo, e dopo un pellegrinaggio, in Grecia, sul Monte Athos, nei luoghi del monachesimo ortodosso, gli venne l’ispirazione di un cammino che ripercorresse i passi di san Benedetto e permettesse a chiunque di immergersi nello spirito benedettino, «ad esempio vivendo quotidianamente la dimensione del silenzio». «Ci sono voluti tre anni di studio cartografico intensissimo – continua Frignani – e decine e decine di ricognizioni nei luoghi fisici della vita del santo per arrivare al tracciato odierno» che comprende 16 tappe, tra cui Norcia, dove san Benedetto nacque; Subiaco, dove pose le basi della sua Regola; e Montecassino, dove visse gli ultimi anni della sua vita e fondò l’abbazia che ha saputo resistere e rinascere nonostante quattro distruzioni. «La guida è arrivata alla quinta edizione, viene pubblicata anche in inglese e tedesco; ma c’è anche un sito dedicato dove si trovano moltissimi consigli» spiega ancora Frignani, mentre si appresta a raggiungere Montecassino: a piedi, ovviamente. Passo dopo passo quella che si mostra «è la riscoperta di un’Italia minore, meno nota, ma non meno bella e capace di accogliere i pellegrini con una gentilezza e ospitalità d’altri tempi, letteralmente aprendo le porte della propria casa». A nche a detta del suo inventore, il cammino di san Benedetto con i suoi dislivelli di 600 metri giornalieri non è adattissimo a chi è alla sua prima esperienza a piedi. Dunque, chi non ha ancora molto allenamento nelle gambe può ragionevolmente orientarsi su un’altra scelta: ad esempio, l’antica via Francigena, nelle sue tappe collinari, da San Miniato a Siena. E su quella che è la più nota via nel Paese, e in particolare le ultime 13 tappe da San Gimignano a Roma, lavorano anche i volontari di Bir, associazione nata nel 1999 a Milano, per iniziativa di don Gino Rigoldi e di un gruppo di cittadini. L’associazione milanese, da cinque anni, ha introdotto, accanto alle attività di volontariato in Romania e Moldavia, «la proposta dei cammini inclusivi, aperti a tutti, perché camminare fa bene a chiunque si metta in testa di provarci – racconta Sandra, una delle volontarie che da più tempo tiene le fila del gruppo dei camminatori –. Ci si può concentrare sul tempo, sul corpo, sulla natura, sull’ascolto e sul contatto con sé stessi». In gruppo, poi, non si è mai soli: alcuni volontari di Bir, tra cui tantissimi ragazzi poco più che ventenni, si trasformano a turno in compagni di viaggio, si mettono in gioco, anzi in strada: ai piedi le scarpe da trekking, addosso le loro emozioni, il senso critico e la voglia di stare assieme con cui immediatamente contagiano qualunque altro camminatore, anche alla sua primissima esperienza. N ei cammini inclusivi di Bir la paura della solitudine termina dopo il primo chilometro a piedi e molto più forte è la sensazione di mettersi in viaggio non tanto per sé stessi, ma per continuare a costruire – esattamente come avviene da 23 anni nei campi di volontariato in Romania e Moldavia – nuove relazioni inclusive che si basano su rispetto, diversità e giustizia sociale. Perché il camminare, per dirla con Calvino, «presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi» e probabilmente anche in chi ci sta intorno.

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Se la tendenza in corso venisse confermata il 2022 potrebbe essere un anno record. Nuove vie accanto ai percorsi più noti come l’itinerario di san Benedetto, sant’Antonio o la Francigena Sono ormai 79 i percorsi certificati nel nostro Paese, oltre 80mila le persone in movimento Il 31% viaggia da solo, il 34% si muove in coppia

Padre Enzo Fortunato è la guida di “In Cammino”

rai padre enzo fortunato e la guida di in cammino

A partire dal 15 agosto ogni lunedì alle 15.05, e per tre settimane, su Rai 3 Padre Enzo Fortunato e Giulia Nannini condurranno il telespettatore lungo strade e sentieri che portano a Mont-Saint Michel, Santiago de Compostela, la via Francigena con Roma e la via di Francesco con Assisi

AGI – Arriva “In Cammino”, nuovo programma – in onda su Rai 3 ogni lunedì alle 15.05 per tre settimane a partire dal 15 agosto – in cui Padre Enzo Fortunato e Giulia Nannini conducono il telespettatore lungo strade e sentieri che portano a Mont-Saint Michel, Santiago de Compostela, la via Francigena con Roma e la via di Francesco con Assisi.

Sempre più persone d’estate e non solo, per turismo o per fede, intraprendono i cammini che, da secoli, attraversano l’Europa e il nostro Paese.

Nel programma non mancano incontri speciali: il Cardinale Mauro Gambetti, Arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano; Monsignor Paolo Giulietti, Vescovo di Lucca; la cantante Patti Smith; lo storico Franco Cardini; il conduttore Rai Massimiliano Ossini e il presidente di Symbola Ermete Realacci.

Padre Enzo Fortunato, giornalista, editorialista è stato direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi per 27 anni.

Frate francescano è stato professore presso la Pontificia Università Antonianum, l’Istituto Teologico di Assisi e la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura.

Padre spirituale dei giovani postulanti dal 1995 al 2004. Ha ideato la collana “Orientamenti formativi francescani” edita dal Messaggero.

Nel marzo 2012 con il volume “Siate amabili”, prefazione del Cardinale Gianfranco Ravasi, riceve il premio internazionale di giornalismo “Biagio Agnes”.

Per le edizioni Mondadori nel 2014 pubblica “Vado da Francesco” 2019 La Tunica e la Tonaca; e Francesco il ribelle che entra tra gli Oscar. Dirige dal 2005 al 2021 la rivista “San Francesco patrono d’Italia”, che in pochi anni di lavoro passa da 29.000 a 100.000.

È stato collaboratore dell’Osservatore Romano e scrive per Avvenire, Corriere della Sera.

Da giugno 2011 tiene una rubrica che va in onda ogni sabato mattina alle 8.20 su Rai1 dal titolo “Tg1 Dialogo”.

Delicate e significative le sue missioni per progetti umanitari e di solidarietà nella ricerca della pace e del bene comune in: Brasile, Cina, Colombia, Cuba, Egitto, Giordania, India, Iraq, Kenya, Messico, Norvegia, ONU, Palestina, Perù, Russia, Stati Uniti America, Sri Lanka e Tibet.

Lo spettro di Omicron minaccia di fermare di nuovo le crociere. Una sessantina di navi sono sotto osservazione delle autorità sanitarie americane dopo che si sono sviluppati focolai di Covid. Impedito ai turisti lo sbarco in alcuni porti

Omicron minaccia fermare crociere

AGI – Più di 60 navi da crociera sono oggetto di attenzione da parte delle autorità sanitarie statunitensi dopo che casi di Covid-19 sono apparsi a bordo, lo scrive il sito web del CDC, la principale agenzia di salute pubblica degli Stati Uniti.

Queste 60 navi hanno raggiunto la “soglia” stabilita dai Centers for Disease Control and Prevention per essere sottoposte a una tale indagine. Secondo il Washington Post, a diverse navi è stato rifiutato l’ingresso in diversi porti dei Caraibi. Una di esse, la Carnival Freedom, non ha potuto attraccare sull’isola olandese di Bonaire.

“Stiamo navigando in una capsula di Petri”, il contenitore usato nei laboratori per far crescere i batteri, ha detto al Washington Post Ashley Peterson, un passeggero di 34 anni sulla Carnival Freedom.

In una dichiarazione all’AFP, Carnival Cruises ha confermato che un “piccolo numero a bordo è stato isolato a causa di un test Covid positivo”. “Se diventa necessario cancellare un porto di scalo, faremo del nostro meglio per trovare una destinazione alternativa”. La Carnival Freedom è arrivata a Miami domenica mattina, ha sbarcato tutti i suoi passeggeri e “partirà per il suo prossimo viaggio come previsto”, ha detto la compagnia.

Mercoledì, un’altra compagnia, Royal Caribbean International, aveva indicato che cinquantacinque persone erano risultate positive al Covid-19 a bordo di una delle sue navi partite dalla Florida il 18 dicembre.

Tra i contagiati, sia passeggeri che membri dell’equipaggio, anche se il 95% di quelli a bordo erano vaccinati contro il coronavirus. La nave non era autorizzata a fermarsi a Curacao e Aruba, isole delle Antille Olandesi. Doveva rimanere in mare fino al suo ritorno a Fort Lauderdale, in Florida, domenica.

È stato il secondo focolaio di coronavirus identificato su una nave Royal Caribbean in meno di una settimana. Il coronavirus aveva causato la sospensione delle attività di crociera per oltre un anno. Hanno ripreso a giugno con una serie di misure per cercare di tenere a bada il virus, come la vaccinazione obbligatoria per i dipendenti e i passeggeri sopra i 12 anni per Royal Caribbean. Ma la variante Omicron, altamente contagiosa, presenta una nuova sfida.

48 ore a Reggio Emilia, la città dal grande passato e dal presente vivace

Reggio Emilia Stazione AV di Santiago Calatrava 2 (Foto Kai-Uwe Schulte-Bunert)

Chiusa tra due vicine ingombranti come Parma e Modena, la più discreta Reggio Emilia regala al visitatore molto più di quel che si aspetterebbe. La meraviglia va ben oltre la scontata fama gastronomica della patria del Parmigiano Reggiano, del locale aceto balsamico, dei salumi reggiani (prosciutto crudo e cotto, coppa, mortadella, salami e cotechini) accompagnati dal gnocco fritto, dei cappelletti, dell’erbazzone.

 

48 ore a Reggio Emilia, la città dal grande passato e dal presente vivace

 

Senza dimenticare il Lambrusco reggiano: l’area vitivinicola della sua provincia è più estesa di quella più nota di Modena. Ma Reggio Emilia è anche arte, architettura, musica, teatro, senso civico e i resti di una passione politica che, tra miti della Resistenza e lotte sociali, ha influenzato la toponomastica più che in qualunque altro capoluogo italiano. È la città di pittori come Correggio, Antonio Fontanesi, Antonio Ligabue e Marco Gerra. Del poeta Ludovico Ariosto. Di Nilde Iotti, prima Presidente donna della Camera dei deputati. Di giganti dello spettacolo come Cesare Zavattini e Romolo Valli. E ha sfornato nel Novecento un’impressionante serie di cantati: Iva Zanicchi, Zucchero, I Nomadi e Luciano Ligabue. Senza dimenticare il genio industriale Max Mara con i vecchi impianti trasformati in museo d’arte contemporanea. E il Tricolore che Reggio ha regalato all’Unità d’Italia. Una città dove palazzi, chiese e teatri testimoniano un grande passato. E dove i colori delle facciate delle case – gialle, rosse, arancio, verdi, azzurre – raccontano la vivacità dei suoi abitanti.

 

PRIMO GIORNO
MATTINA

La vista inizia nell’immensa piazza Martiri del 7 luglio 1960 con i contigui piazza della Vittoria e Parco del Popolo. Probabilmente l’unica spianata urbana italiana che ospita tre teatri: l’Ariosto, il Cesare Zavattini e il Municipale Romolo Valli. Quest’ultimo è un tipico teatro d’opera italiano di metà Ottocento con facciata neoclassica e interno barocco. La sala ellittica, colorata di bianco e oro, racchiude quattro ordini di palchetti, il palco reale e la loggia.

 

 

Reggio Emilia, Teatro Romolo Valli (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, Teatro Romolo Valli (foto Marco Moretti)

 

Visite guidate permettono di ammirare i dipinti allegorici del soffitto, da cui pende il grande lampadario di cristallo, i tre sipari affrescati e, nel sottotetto, una straordinaria collezione di macchine teatrali. A sinistra del teatro, c’è il Palazzo dei Musei con esposizioni che spaziano dalle scienze naturali all’arte, dall’etnografia all’archeologia. Sul lato opposto della spianata, un edificio eclettico ospita la Galleria Parmeggiani, una casa museo con una collezione di falsi d’autore con in ballo pittori come Velasquez, Van Eyck e El Greco.

POMERIGGIO
Da piazza Martiri, via Crispi porta in piazza Del Monte dominato dal cinquecentesco Hotel Posta, da dove in pochi passi si raggiunge piazza Prampolini, il cuore di Reggio, chiusa su tre lati dal Palazzo del Monte di Pietà dominato dalla Torre dell’Orologio, dal Duomo e dal Municipio. La Cattedrale con la facciata romanica ospita all’interno una pala d’altare del Guercino nella cappella Fiordibelli.

 

Reggio Emilia, Municipio  (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, Municipio  (foto Marco Moretti)

 

Il Municipio comprende Museo e sala del Tricolore: racconta come nacque la bandiera nazionale e la storia risorgimentale di Reggio. Tra Duomo e Municipio s’apre il vicolo del Broletto, un sottopasso situato dove nel Quattrocento c’era il cimitero della Cattedrale: ospita botteghe gastronomiche come l’Antica Salumeria Pancaldi e la Casa del Miele (vende latticini di mucca rossa reggiana e ripieno per i cappelletti). Il Broletto collega piazza Prampolini a piazza San Prospero, sede del mercato e dell’omonima basilica, la più preziosa di Reggio: fondata nel 997, fu arricchita all’esterno nel Cinquecento con sei leoni in marmo rosso di Verona, venne poi barocchizzata nel Settecento, all’interno s’ammirano gli affreschi di Camillo Procaccini e Bernardino Campi nel presbiterio e nell’abside che domina uno stupendo coro il legno del Quattrocento. Da qui, seguendo via San Carlo, si raggiunge l’elegante piazza Fontanesi, una spianata rettangolare ingentilita da decine di tigli: è il fulcro della movida reggiana.

 

Reggio Emilia, case su via Emilia San Pietro  (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, case su via Emilia San Pietro  (foto Marco Moretti)

 

CENA
Il ristorante A Mangiare (viale Monte Grappa 3) è una riuscita contaminazione tra tradizione reggiana e cucina basca, frutto dell’incontro tra lo chef Olatz Agoues e la sommelier Donatella Donati. I cappellacci all’alga spirulina ripieni di crostacei, con crema di fave, capperi e crudo di gambero rosso riassumono al meglio il mix creativo di questa coppia di ristoratori.

SECONDO GIORNO
MATTINA

La via Emilia è la strada dello shopping sui due lati. Percorrendo quello porticato a San Pietro, al numero 27 s’incontra il quattrocentesco Palazzo Sacrati: è privato ma merita di entrare nell’androne per gettare lo sguardo sul meraviglioso  patio. Poco oltre, la chiesa di San Pietro annuncia gli omonimi chiostri – un colossale complesso monastico del Cinquecento – impiegati per spettacoli all’aperto e per mostre di fotografia e arte contemporanea.

 

Reggio Emilia, Chiostri di San Pietro (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, Chiostri di San Pietro (foto Marco Moretti)

 

 

Reggio Emilia, Palazzo Sacrati  (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, Palazzo Sacrati  (foto Marco Moretti)

 

POMERIGGIO
Sul versante opposto dell’arteria, a 2 chilometri dal termine della via Emilia Santo Stefano, in via Fratelli Cervi 66, si raggiunge la Collezione Maramotti, l’ex fabbrica di Max Mara costruita nel 1951. Achille Maramotti, il creatore della famosa casa di moda era un grande collezionista d’arte. Negli spazi ridisegnabili dello stabilimento dismesso, nel 2007 ha aperto un museo d’arte contemporanea ricco di centinaia di opere create dopo il 1945: tele e sculture dei maggiori artisti, da Francis Bacon a Lucio Fontana, e dei più importanti movimenti, dall’Arte povera alla Transavanguardia. La permanente comprende 200 opere, a cui si sommano le mostre temporanee. Le visite accompagnate sono gratuite: è obbligatoria la prenotazione. Dall’arte all’architettura contemporanea, una breve corsa in auto (5 km dal centro) porta alla Stazione Mediopadana dell’Alta Velocità progettata da Santiago Calatrava come un’onda lunga 483 metri nell’inseguirsi di 457 portali in acciaio bianco.

 

Reggio Emilia, case nel Centro Storico  (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, case nel Centro Storico  (foto Marco Moretti)

 

CENA
Trattoria La Morina (C.so Garibaldi n. 24/D) serve ricette reggiane tradizionali a prezzi contenuti: cappelletti in brodo, tortelli verdi o di zucca, erbazzone, polenta con porcini dell’Appennino, spongata reggiana.

 

Reggio Emilia, in bici nel Centro Storico (foto Marco Moretti)
Reggio Emilia, in bici nel Centro Storico (foto Marco Moretti)

 

REGGIO IN BICICLETTA
Reggio Emilia è la città più ciclabile d’Italia con una rete di 178 chilometri di ciclovie. Si basa su 12 piste, lunghe da 5 a 12 chilometri, e su di un anello ciclabile di 4,5 chilometri che circonda il centro storico.

lastampa.it

Dai pascoli ai boschi variopinti, è momento foliage a Cortina. Gli itinerari in bosco Larieto, e ai laghi Pianozes, Ajal, Federa

(ANSA) – BELLUNO, 17 SET – E’ una montagna piena di colori, dai pascoli d’alta quota ai boschi variopinti, quella delll’autunno a Cortina, dove il foliage dipinge il paesaggio di mille tinte e sfumature. Le giornate in quota acquisiscono il ritmo dell’andatura delle greggi e delle mandrie di ritorno dagli alpeggi estivi, in attesa della tradizionale Festa del Desmonteà, che celebra proprio il rientro del bestiame dai pascoli.
L’autunno è la stagione ideale per passeggiate ed escursioni all’interno del Parco Naturale delle Dolomiti. Lo scenario è caldo, una tavolozza di rossi, arancioni, gialli e colori più bruni, ed è forse il periodo migliore per visitare luoghi come il Lago di Federa, Croda da Lago, il bosco di larici di Larieto.
O, per i più allenati, l’escursione dei Tre Laghi, un giro ad anello di circa 5 ore per ammirare il Lago Pianozes, il Lago d’Ajal e il Lago Federa. La partenza è presso il meraviglioso Lago Pianozes, dall’acceso colore verde, circondato da un fitto bosco e sul quale si affaccia lo chalet di un un rinomato ristorante. Il clima è ancora mite, e in attesa del primo freddo si può camminare suoi pascoli e verso le malghe godendo dello spettacolo del foliage, fino a sera, quando il tramonto tinge di rosa le Dolomiti ampezzane. (ANSA).

Lavoro / Personale nel settore dei viaggi

Personale nel settore dei viaggi

Weroad, avventure e viaggi per millennial del tour operator di One Day Group, è alla ricerca di personale. Attualmente sono tre le posizioni aperte: un product manager, un commerciale e un addetto allo sviluppo del prodotto. Le candidature spontanee sono comunque sempre ben accette. Entro l’estate sono previsti altri 60 coordinatori (per arrivare a un totale di 90 in tutto). L’obiettivo sarebbe quello di averne 250 per il 2019.

A livello di personale in ufficio, invece, i collaboratori sono diventati già 12 rispetto ai nove iniziali dopo un anno di attività. E, sempre prima dell’estate, si prevede che si arrivi a una squadra di 15 in totale. Inoltre, verranno introdotti sei super-coordinatori. La loro sarà principalmente una funzione di formazione dei nuovi coordinatori.

Per quanto riguarda il tipo di contratto l’offerta è commisurata all’esperienza pregressa. Se si tratta di giovani prevale l’apprendistato, ma è possibile anche quello a tempo indeterminato.

Per maggiori informazioni: https://www.weroad.it/lavora-con-noi.

Per inviare la candidatura: vistupiro@weroad.it.

da Avvenire

Camaldoli, un’oasi di silenzio, preghiera e ospitalità

Ospitalità e accoglienza, ma anche silenzio, preghiera, condivisione della liturgia, approfondimento culturale, dialogo. È il mix vincente di Camaldoli che ogni anno accoglie nelle sue foresterie più di tremila persone. Ricco il calendario delle iniziative proposte anche per quest’estate 2017 tra esercizi spirituali, convegni, settimane teologiche e di studio, corsi di lingue bibliche. «C’è un risveglio di attenzione per i temi monastici e l’approfondimento della spiritualità monastica pur nella diversità dei cammini di fede» ci spiega il priore, padre Alessandro Barban.

Padre Barban, sono tutti «cercatori di Dio» quelli che vengono da voi?

«No certamente.
Oggi le ricerche personali e i cammini di fede sono molto plurali. 
La maggioranza cerca Dio ed ha bisogno di silenzio e preghiera. Chi cerca esercizi spirituali e corsi biblici o teologici di approfondimento, chi viene a Camaldoli per le celebrazioni liturgiche annuali come l’Avvento, il Natale, la Quaresima e la Settimana Santa della Pasqua. Ci sono coloro che sono interessati al colloquio annuale ebraico-cristiano che si tiene in dicembre. Altri vengono e partecipano ai weekend interreligiosi o ai temi di frontiera. Quest’anno abbiamo offerto diversi incontri sulla Riforma di Lutero».

Tra le diverse proposte estive anche dei corsi di ebraico biblico e di greco neotestamentario. Chi li frequenta e perché?

«Sono persone di diversa provenienza geografica e culturale, uomini e donne, direi più laici/che che religiosi/e o preti, che hanno compreso come sia importante conoscere le lingue originarie in cui sono stati scritti i testi biblici. Se uno impara l’ebraico può veramente entrare nel Primo testamento e scoprire tutta la ricchezza di un testo di Isaia, del libro dell’Esodo o i Salmi. Così pure se uno padroneggia il greco biblico può leggere e approfondire i Vangeli o le Lettere di S. Paolo dall’originale dentro la lingua nella quale sono stati scritti. È un mondo inaspettato che si apre… Sono persone che studiano queste lingue antiche non solo per aumentare la loro cultura biblica. Più spesso lo fanno per dare maggiore spessore alla loro esperienza di fede».

La domanda di senso e il bisogno di felicità abitano il cuore di ogni uomo, credente e non. Che risposte o che strumenti di ricerca offrite?

«Oggi l’esistenza delle persone è alquanto impegnativa per cominciare dalla famiglia e dal lavoro. La fede cristiana che ognuno cerca di coltivare e maturare chiede certamente una risposta di bene e comunione. Di pace e di realizzazione personale. Bisogna aiutare a fare un certo discernimento: non confondere o sovrapporre la felicità secolare che spesso si identifica col possesso di cose e di denaro, con la felicità che proviene da un cammino di fede. Come monaci crediamo che sia soprattutto la lettura e la meditazione della Parola di Dio – attraverso la proposta della Lectio divina – a far comprendere e gustare la felicità che giunge come grazia nella vita di un credente. Poi offriamo corsi di meditazione silenziosa, percorsi di accompagnamento spirituale…



».

Di fronte all’odierna povertà materiale, relazionale e di speranza, in che modo un’esperienza di fede condivisa con chi ha scelto una vita di silenzio e preghiera nel celibato e nella dimensione comunitaria può «parlare» all’uomo d’oggi?

«La nostra vita monastica suscita sempre molta attenzione. Già venendo a Camaldoli, in questo posto circondato da una foresta secolare, si percepisce e si entra in una atmosfera di silenzio e di pace che aiuta molto a ritrovare se stessi. Oggi c’è un grande bisogno di fermarsi: di decelerare i ritmi di vita, famigliari e di lavoro, di ascoltare se stessi facendo silenzio, di fare il punto della situazione del proprio cammino esistenziale, di ritornare alle domande di fondo e di trovare delle risposte autentiche e profonde.
Ma la nostra vita monastica “parla” soprattutto con la preghiera e nella preghiera.
Tutti coloro che arrivano a Camaldoli – sia all’eremo, sia al monastero – chiedono se possono partecipare alla nostra preghiera comunitaria nelle diverse ore della giornata. È questa l’esperienza di fede maggiormente condivisa che, dopo alcuni giorni, comincia a segnare una traccia nella coscienza e nella propria interiorità».

«Alla scuola di Gesù» è il titolo del corso di esercizi spirituali da lei guidato qualche settimana fa. Che senso e che valore ha oggi parlare di umiltà e mitezza?

«Gesù si presenta nel Vangelo di Matteo come colui che è mite e umile di cuore. Questo non significa remissività o neutralità. Anzi, Gesù è in qualche modo la sintesi delle stesse Beatitudini. Gesù era presente con un temperamento e una fisionomia molto precisi e direi significativi a cominciare dalla sua preghiera, dallo stile della sua accoglienza verso tutti, dalla proposta dei suoi discorsi che orientavano al regno di Dio. Ma tutto era vissuto e condiviso con una mitezza che esprimeva la bontà e la misericordia di Dio; tutta la sua persona doveva esprimere umiltà, cioè la semplicità/bellezza della terra, della relazione umana, del sensibile e della tenerezza. Ma egli sa anche presentare una parola forte in merito alla povertà, al perdono, alla giustizia. Ogni cristiano dovrebbe tenere uniti dentro di sé la mitezza e l’umiltà evangelica, e allo stesso tempo il riverbero significativo di coerenza delle scelte a cui impegna la fede pasquale».

Sono in corso le Settimane teologiche della Fuci; tra qualche settimana si svolgerà la Settimana teologica del Meic. Il vostro monastero ha visto la nascita del Codice di Camaldoli: in che modo la ricerca di spiritualità e la riflessione sulla fede può orientare l’impegno civile e politico?

«Credo che una fede e una spiritualità che non diventino Politica con la maiuscola, rischiano di cadere in un’estraneità dalla storia degli uomini, che trasforma la fede in superstizione e devozione, e la spiritualità in spiritualismo. Nei decenni sono passate a Camaldoli generazioni di giovani che hanno capito quanto fosse importante impegnarsi in politica per il bene comune di tutti… e come fosse la carità più grande, il servizio discepolare più cruciale. Quando Papa Francesco ci invita ad uscire, a vivere con gli altri condividendo la nostra fede cristiana ci dice di imparare a vedere e ad aiutare i poveri, coloro che sono scartati dalla nostra società, a tenere presente i giovani e gli anziani spesso ridotti ai margini, ci dice che è possibile in nome della nostra fede di impegnarci per un mondo più umano e più giusto.
Io credo che una fede non declinata con la giustizia finisca poi per diventare insignificante. Si svuoti e non sia più attrattiva.
Il problema è duplice: per quanto riguarda la fede bisogna ritrovare la sorgente del Vangelo e tutta la sua forza profetica; per quanto riguarda la politica, abbiamo bisogno di un nuovo impegno che nasca dal bene comune, che non tema di ipotizzare modelli alternativi di economia, di scuola e di formazione, di cura ecologica del nostro mondo.
Oggi la politica è solo politicante… deve ritornare ad essere pensiero, visione, progetto
per i molti che abitano e vivono nel nostro Paese e in Europa, in un rapporto di collaborazione e di sviluppo di una nuova umanità tra Nord e Sud del mondo».

Fonte: Sir