Dal 22 al 26 giugno si terrà il decimo Incontro mondiale delle famiglie. Facciamo il punto su cosa rende speciale una famiglia

La società post-familiare. È a dir poco eloquente il titolo dell’ultimo rapporto del CISF (Centro Internazionale Studi Famiglia), datato 2020. Francesco Belletti, che ne è il direttore, spiega: «Assistiamo a una grande trasformazione in corso da anni: l’affermarsi di una tendenza culturale – della gente comune e non solo degli intellettuali – per cui si pensa di poter fare a meno della famiglia come luogo di regolazione delle relazioni. Ciò si traduce in un processo di “privatizzazione” della famiglia, che diventa un ambito dove si giocano solo la libertà e l’affettività dei soggetti, mentre resta sullo sfondo tutto quanto ha a che fare con la dimensione istituzionale, ossia con l’impegno e il progetto di vita». Il nostro è un tempo nel quale sembra prevalere la soddisfazione di esigenze e bisogni immediati, senza prospettive di lungo termine. Sottolinea Belletti: «L’appiattimento sul presente è uno dei problemi principali: di conseguenza sta vacillando l’idea che dentro la famiglia si costruiscano i progetti futuri di vita. E ciò espone la famiglia a grande vulnerabilità».

CIÒ CHE RENDE TALE UNA FAMIGLIA
Sfogliando il Rapporto CISF 2020 si incontrano differenti tipologie di realtà familiari: da un lato una famiglia “quasi tradizionale”, più anziana, meno istruita, meno tecnologica, più centrata sui legami; dall’altro una famiglia “quasi-liquida”, di giovani e adulti, più istruiti e smart, più centrata sull’autorealizzazione degli individui. In mezzo: “famiglie aperte e pro-sociali”, «che potrebbero prendere il meglio dei due poli (centralità dei legami, attenzione alla persona), evitandone i rischi (rigidità moralistica o evaporazione dei legami)». Ma se questi sono alcuni dei nuovi volti della famiglia di oggi, quali possiamo individuare, invece, come “invarianti” fondamentali della famiglia? «Le qualità che rendono tale la famiglia umana – è la risposta – sono innanzitutto la conciliazione delle differenze radicali della persona: l’altro da me, il maschile e femminile, generante-generato. Tutto questo», sottolinea Belletti, «è sfidato dalla mentalità contemporanea, quando ad esempio considera famiglie tout court anche le relazioni affettive fra persone dello stesso sesso».

EDUCARSI ALLA RESPONSABILITÀ

C’è una parola che andrebbe riscoperta, per rilanciare il ruolo della famiglia ed è “responsabilità”. «Se una coppia decide di generare un figlio è, anche, perché è consapevole del proprio ruolo all’interno della società. Del resto, questo è il medesimo motivo per il quale i genitori si fanno carico dell’educazione dei figli, in quanto avvertono la missione di formare cittadini orientati al bene comune». Come, allora, generare nelle persone e nelle coppie un desiderio di bene comune, attenzione ai bisogni degli altri e non solo ai propri interessi? «È una delle sfide più calde oggi, in un tempo in cui sono enfatizzati i diritti, spesso mettendo tra parentesi i doveri. Tant’è che oggi assistiamo al paradosso di genitori che chiamano l’avvocato per protesta contro il voto negativo assegnato da un prof al figlio».

Allargando ulteriormente lo sguardo, ci accorgiamo che la famiglia oggi viene interpellata anche dal confronto con altre culture e altre religioni. «Da un lato, in Italia, ci dobbiamo necessariamente misurare con persone provenienti da altri Paesi e modelli culturali, che hanno valori di riferimento diversi, ad esempio un’immagine della donna o dei diritti dei bambini differente: il che comporta un cammino, se vogliamo un’integrazione effettiva degli stranieri nel nostro Paese. Dall’altra parte, siamo oggettivamente provocati quando, ad esempio, taluni di loro ci propongono forti valori di solidarietà intrafamiliare, quando ci “rinfacciano” che spesso affidiamo a persone pagate, quali le badanti, i nostri anziani anziché accudirli di persona, perché ci costa troppo tempo e fatica».
L’ALLARME DENATALITÀ E LE SFIDE CULTURALI

Tra i fenomeni cui oggi assistiamo – descritti anche nel Rapporto CISF – allarmano la forte riduzione della natalità e lo spostamento notevole, in avanti, dell’età in cui si cerca il primo figlio. Tutto questo, a monte, ha ragioni specifiche (culturali ed economiche) e provoca conseguenze sociali non da poco. Commenta Belletti: «Una funzione naturale come la procreazione, da sempre gestita in autonomia dalla famiglia, è in crisi: se alcune coppie mettono al mondo un figlio in più, la loro situazione economica ne risente, in qualche caso facendo scivolare la famiglia al di sotto della linea della povertà. Tuttavia sarebbe riduttivo leggere la denatalità in chiave meramente economica e noi cattolici, per primi, dovremmo condurre una battaglia differente su questo. Il punto vero è educare al bene comune. Per dirla con una battuta: se uno sceglie di metter su famiglia deve mettere in conto dei sacrifici e quindi, ad esempio, non potrà più fare – che so? – l’happy hour tutte le sere come quando era single». Aggiunge Belletti: «La famiglia, quando “funziona”, rappresenta il punto di incontro fra la libertà delle persone e la “sostenibilità” di un popolo. La questione è che oggi la società ha scelto una mappa di valori diversi dal passato: se un tempo la donna senza figli era quasi stigmatizzata, oggi una mamma con tre figli passa per essere “strana” e si sente chiedere “Ma chi te lo fa fare?”».

IL CAMBIAMENTO PASTORALE IN ATTO
Rispetto al mutamento in atto nel tessuto familiare, come si sta ponendo la Chiesa? «Il magistero e lo stile pastorale di papa Francesco parlano di accoglienza, vicinanza, ascolto e dialogo. Bergoglio propone una Chiesa di famiglie e non una Chiesa che si occupa della famiglia: una conversione che non è partita da zero. Basti pensare ai tanti movimenti di spiritualità coniugale e familiare sorti negli ultimi decenni.

Per la Chiesa la famiglia è una “buona notizia” e questo la sta portando sempre di più a farsi compagna di viaggio nei suoi confronti. Tant’è che anche i consacrati e le consacrate cominciano ad alimentarsi dalle relazioni di amicizia con coppie e famiglie». Puntualizza Belletti: «Va detto però che, parlando di valorizzazione della famiglia dentro la Chiesa, siamo in presenza di un processo lungo e che procede a macchia di leopardo. Senza dimenticare che già i pastori precedenti (su tutti Giovanni Paolo II) avevano dedicato un’attenzione pastorale specifica alla famiglia, rilanciandone con forza la dimensione spirituale».

Conclude il direttore del CISF: «Fare famiglia, ossia voler bene a un uomo o una donna per sempre, decidere di mettere al mondo un figlio per dare un futuro all’umanità sono elementi che fanno diventare l’uomo più uomo e più felice. Il richiamo della Chiesa sulla dimensione sacramentale della famiglia si innesta su questa base profondamente umana, così che la famiglia è davvero buona notizia per ogni uomo e donna sulla terra»
Famiglia Cristiana