I Vescovi dell’Emilia – Romagna in San Pietro

Lunedì 26 febbraio 2024, Messa nelle Grotte della Basilica Vaticana alla «Confessione di San Pietro» (foto: © Vatican Media)

Lunedì 26 febbraio 2024, Messa nelle Grotte della Basilica Vaticana alla «Confessione di San Pietro» (foto: © Vatican Media)

Nella mattinata di lunedì 26 febbraio i Vescovi della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna (Ceer) hanno celebrato una Messa nelle Grotte della Basilica vaticana alla «Confessione di San Pietro»  in occasione della «Visita ad limina apostolorum» che li vedrà impegnati a Roma fino a sabato 2 marzo. La Messa è stata presieduta del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, accanto a lui monsignor Giacomo Morandi, presidente della Ceer e vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, e monsignor Adriano Cevolotto vicepresidente della Ceer e Vescovo di Piacenza-Bobbio. I Vescovi non hanno incontrato Papa Francesco, come da programma della Visita ad limina, perché, come comunicato dalla Sala Stampa della Santa Sede, nella mattinata del 26 febbraio per il Santo Padre «persistono i lievi sintomi influenzali, senza febbre. Per precauzione sono comunque sospese le udienze di questa mattina».

Credit foto: @ Vatican Media

laliberta.info

Pastorale. «Siamo andati a convivere e ora preghiamo di più»

L’Ufficio Cei di pastorale familiare ha avviato una ricognizione delle proposte attive nelle diocesi per le coppie di conviventi e per le giovani coppie. L’analisi del teologo Francesco Pesce

«Siamo andati a convivere e ora preghiamo di più»

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avvenire.it

“Adesso che siamo andati a convivere, preghiamo insieme ogni giorno e ci sentiamo più vicini anche nella fede”. Non è una frase inventata. L’hanno detta due fidanzati a don Francesco Pesce, direttore del Centro Famiglia della diocesi di Treviso. E don Francesco, docente di teologia, l’ha raccontata in forma anonima ieri sera nel corso dell’incontro periodico tra i responsabili diocesani di pastorale familiare coordinati dal direttore nazionale dell’Ufficio Cei, padre Marco Vianelli.

Al centro del confronto il tema dell’accompagnamento delle coppie conviventi e delle giovani coppie, una questione complessa, con diverse angolazioni, su cui l’Ufficio Cei di pastorale familiare ha sentito il bisogno di mettere a confronto le diverse esperienze avviate nelle comunità. Dovrebbe uscirne un quadro esauriente per una riflessione più mirata, ma anche una serie di spunti legati alle esperienze locali, per capire qual è l’oggi l’atteggiamento del giovani – e meno giovani – che chiedono alla Chiesa di essere accompagnati nelle loro storie d’amore. Dai primi risultati si delinea una diffusione di questi percorsi – che sono diversi da quelli tradizionali di preparazione al sacramento del matrimonio – in oltre il 50% delle diocesi.

Don Francesco Pesce, che studia da tempo queste dinamiche di antropologia pastorale, ha messo in luce come il desiderio di accompagnamento, di confronto e di accoglienza delle coppie conviventi assuma diverse forme, quasi impossibili da definire con uno sguardo univoco. “Spesso, durante questi incontri – ha riferito l’esperto – mi chiedono se le coppie conviventi possono fare la comunione. La mia risposta è “dipende”, perché la varietà delle situazioni impedisce le chiusure troppo nette, ma anche la tolleranza generalizzata”. Difficile, per esempio, nel caso della coppia di cui si diceva all’inizio, quella che prega insieme con più fervore proprio grazie all’avvio della convivenza, capire se deve prevalere la considerazione positiva per il rinnovamento impegno nella fede oppure il dato problematico legato alla convivenza.

“A rigore di dottrina – ha aggiunto don Pesce – dovremmo dire che le coppie impegnate a vivere come fratello e sorella possono accedere ai sacramenti, le altre no”. Ma, ha argomentato ancora il teologo, cosa significa vivere “come fratello e sorella”? Non si tratta di uno sguardo che impoverisce il concetto di fraternità? E ancora – diciamo noi – perché per le coppie conviventi non può valere l’apertura previste dal capitolo VIII di Amoris laetitia? Don Francesco ieri sera ha citato il punto 304 dell’Esortazione postsinodale: “… meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano”.

Più che la norma, serve allora un confronto sereno ed autentico sulla “qualità cristiana” della vita di coppia dei conviventi. Stanno percorrendo un cammino di fede? Pregano insieme? Affrontano insieme, con un dialogo non banale, le questioni fondamentali della vita? Esprimono il desiderio di aprirsi alla vita? Si pongono il problema di avvicinarsi al sacramento del matrimonio? “Ci sono coppie di conviventi che dopo dieci anni di vita in comune – ha riferito ancora il teologo – sono ferme, anche umanamente, all’ABC della relazione e mostrano anche scarso interesse a condividere la vita quotidiana, per esempio hanno il contocorrente rigorosamente separato. E altre, invece, che vivono con pienezza umana e cristiana la loro unione”. Evidentemente la considerazione, anche sotto il profilo pastorale, non può che essere diversa. Anche di fronte a una coppia convivente lo strumento di valutazione si chiama discernimento.

Don Pesce ha parlato per la maggior parte delle coppie di un percorso che sempre più spesso segue una sorta di “cammino a tappe”. E, con un pizzico di ironia, ha elencato i vari momenti: conoscenza, innamoramento, week end insieme, poi vacanze estive, poi trasferimenti periodici l’uno nella casa dell’altra e viceversa, poi convivenza, adozione di un cane (“giusto per provare che sono in grado di prendersi cura insieme di un altro essere vivente”) e infine – quando le cose vanno bene – la grande decisione, un figlio. Al termine, se tutto ha funzionato al meglio, arriva il matrimonio. “Inutile scandalizzarsi o rimpiangere i “bei tempi andati”, anche i nostri ragazzi sono immersi in questa cultura. Cosa facciano? Prendiamo le distanze o poniamo il massimo impegno per non far sentire sole queste coppie? Perché non mostrare loro che vita quotidiana insieme è un’opportunità per crescere anche nella vita spirituale?”.

La grande sfida – ha concluso il teologo – è quella di tenere insieme l’annuncio del matrimonio sacramento e l’invito a integrare tutti. “Integrare tutti – ha argomentato – non significa oscurare il significato del matrimonio sacramento. Ma mettere al cento il matrimonio non significa neppure svalutare tutte le altre situazioni”. Che, come spiegato, sono davvero tante e comprendono persone che non vogliono o non possono in quel determinato momento della loro vita puntare al matrimonio sacramento. La Chiesa continua ad annunciare che il matrimonio è la via fondamentale per vivere l’amore in pienezza, ma tutte le altre situazioni non sono da demonizzare. Anche se non sono l’ideale della proposta cristiana per la vita di coppia, hanno in sé quei semina Verbi che una pastorale attenta e prudente ha il dovere di accogliere e di far maturare con strumenti nuovi e atteggiamenti attenti alle trasformazioni socio-culturali.

Su questa strada, i coniugi Barbara Baffetti e Stefano Rossi, collaboratori del direttore nazionale dell’Ufficio Cei, hanno illustrato le diverse esperienze avviate nei territori la cui varietà dimostra l’ampiezza della richiesta: dai percorsi per chi convive e chiede il matrimonio, ad altri finalizzati ad approfondire soltanto il legame affettivo, oppure che, a partire dalla preparazione per il battesimo dei figli, invitano a riflettere sugli snodi della vita di coppia, sugli strumenti per il discernimento, sui momenti di preghiera e di festa. Una bella e opportuna ricognizione quella avviata dall’Ufficio Cei per la pastorale familiare che continuerà nei prossimi mesi e si preannuncia densa di spunti e di proposte innovative.

A fine aprile l’Incontro mondiale dei parroci a Roma

A fine aprile l'Incontro mondiale dei parroci a Roma

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Trecento parroci individuati dalle Conferenze episcopali e dalle Chiese Orientali Cattoliche parteciperanno a un incontro mondiale di ascolto, preghiera e discernimento promosso dalla Segreteria Generale del Sinodo e dal Dicastero per il Clero dal titolo “I Parroci per il Sinodo. Un incontro internazionale”, con l’obiettivo di ascoltare e valorizzare l’esperienza che vivono nelle rispettive Chiese locali e di offrire loro una occasione per sperimentare il dinamismo del lavoro sinodale a livello universale.

L’iniziativa risponde all’indicazione espressa dai partecipanti alla Prima Sessione della XVI

Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4-29 ottobre 2023) che nella Relazione di Sintesi avevano individuato la necessità di «sviluppare modalità per un più attivo coinvolgimento di diaconi, presbiteri e Vescovi nel processo sinodale durante il prossimo anno. Una Chiesa sinodale non può fare a meno delle loro voci, delle loro esperienze e del loro contributo». L’incontro richiederà il coinvolgimento attivo dei partecipanti con tavoli di condivisione di buone pratiche, laboratori di proposte pastorali, dialogo con esperti, celebrazioni liturgiche.

L’incontro si svolgerà da domenica 28 aprile a giovedì 2 maggio 2024 presso la Fraterna Domus a Sacrofano, nei pressi di Roma. Giovedì 2 maggio, il Santo Padre riceverà in udienza i partecipanti.

Il numero dei partecipanti è stato determinato con un criterio simile a quello utilizzato per l’elezione dei membri dell’Assemblea sinodale. Per la Chiesa di rito latino – in base al numero dei membri di ciascuna Conferenza Episcopale: 1 rappresentante per le Conferenze Episcopali con non più di 25 membri; 2 rappresentanti per le Conferenze Episcopali che hanno da 26 a 50 membri; 3 per le Conferenze Episcopali che hanno da 51 a 100 membri; 4 per le Conferenze Episcopali con oltre 100 membri. Inoltre, 1 Parroco per ciascun continente in rappresentanza delle Circoscrizioni ecclesiastiche sprovviste di Conferenza Episcopale. Per le Chiese Orientali Cattoliche: 1 rappresentante per ogni Sinodo dei Vescovi o Consiglio

dei Gerarchi delle Chiese Cattoliche Orientali con non più di 25 membri; 2 rappresentanti per ogni Sinodo o Consiglio che abbia da 26 a 50 membri; 3 rappresentanti per ogni Sinodo o Consiglio con più di 50 membri.

Per la scelta dei partecipanti, è stato richiesto alle Conferenze episcopali e alle Chiese Orientali Cattoliche di considerare, nella misura del possibile, i seguenti criteri: dare preferenza a parroci che abbiano esperienze significative nella prospettiva di una Chiesa

sinodale; favorire una certa varietà dei contesti pastorali di provenienza (ambiente rurale, urbano, contesti socioculturali specifici, ecc.).

Ai parroci che saranno indicati dalle Conferenze episcopali/Chiese Orientali Cattoliche entro il 15 marzo 2024, verrà inviato il programma definitivo dell’incontro (in fase di elaborazione) che prevede anche un tempo di dialogo con il pontefice.

I risultati dell’incontro contribuiranno alla redazione dell’Instrumentum laboris, il documento di lavoro per la Seconda Sessione dell’Assemblea sinodale di ottobre 2024.