Ortodossia russa: Hilarion dimesso e Crimea accorpata

destituzione

La destituzione di Hilarion Alfeev da responsabile del Dipartimento per i rapporti internazionali del patriarcato di Mosca e l’acquisizione delle diocesi della Crimea sotto la diretta responsabilità della Chiesa russa sono le decisioni maggiori del sinodo dei vescovi del 7 giugno.

Ambedue sembrano motivate dalla guerra in Ucraina. Hilarion non sarebbe stato abbastanza convinto nel sostenerla, i vescovi della Chiesa ucraina filo-russa hanno deciso il 27 maggio di tagliare i ponti con la “Chiesa madre”, isolando Cirillo e frantumando il sogno del Russky mir (mondo russo), il contenitore ideologico della spinta imperiale di Putin.

Il nuovo responsabile del dipartimento sarà il metropolita Antonio di Korsun (Sevryuk), che manterrà la direzione dell’esarcato dell’Europa occidentale e la carica di capo-ufficio del patriarcato per le istituzioni estere. Sostituirà Hilarion nei ruoli fondamentali di presidente del dipartimento, membro permanente del sinodo, membro del consiglio supremo della Chiesa. Hilarion cederà anche la carica di rettore degli studi post-laurea a vantaggio dell’arciprete Maxim Kozlov.

«Cirillo e Hilarion non si sono mai davvero intesi e quest’ultimo spera di ereditare la carica del primo. Nell’attuale contesto il numero due del patriarcato poteva sembrare troppo timoroso a Cirillo» (J.-F. Colosimo). «Evidentemente (Cirillo) ha ritenuto che Hilarion fosse andato un po’ troppo per la sua strada, ma è difficile dire che cosa l’abbia disturbato in particolare. Forse non ha sostenuto abbastanza la linea di Cirillo sull’Ucraina esagerando nei suoi tentativi di dialogo, di mantenere aperte le relazioni con le altre Chiese» (S. Caprio). «Cirillo ha deposto Hilarion. Il trasferimento in Ungheria è una retrocessione da ministro degli esteri a vescovo regionale. È anche un segno di mancanza di fiducia. Cirillo sembra essere in uno stato di emergenza: sta perdendo i pezzi. La Chiesa ucraina (filo-russa) si allontana. Fatta eccezione per l’Ungheria, la maggioranza degli altri paesi sta prendendo distanza» (R. Elsner).

Efi Efthimiou (Orthodox times) ha sottolineato i segni di smarcamento di Hilarion: poco presente nella difesa della guerra, in dialogo con Crisostomo di Cipro (scomunicato da Mosca), firmatario di un appello contro tutte le guerre uscito dalla pre-assemblea ortodossa in preparazione alla conferenza del Consiglio ecumenico delle Chiese, in dialogo con il card. Erdȍ di Budapest pochi giorni prima della decisione del sinodo. La sede ungherese è tuttavia rilevante negli attuali equilibri internazionali della Russia. È stato Orban a impedire che Cirillo finisse nella lista degli oligarchi da censurare e l’episcopato locale, assieme a quelli di Visegrad, è un aperto sostenitore dell’anti-occidentalismo e anti-europeismo.

Riempito di onorificenze da parte di Putin, Hilarion avrà ora il tempo di tessere la sua tela e coltivare le sue passioni musicali e saggistiche. Nel comunicato del sinodo manca ogni parola di ringraziamento per tutti i ruoli finora rivestiti. Della sua lunga carriera si ricorda l’opera di normalizzazione nei confronti dell’Ortodossia inglese (A. Bloom) e il rafforzamento degli istituti teologici e del loro riconoscimento istituzionale. Come anche la dura polemica con gli ortodossi greci che ha, di fatto, bloccato il dialogo cattolico-ortodosso. P. Anderson sottolinea anche la sua giovanile difesa dei manifestanti lituani repressi in forma violenta dalle truppe scelte russe nel 1991.

Un nuovo scisma?
Il clima di emergenza nell’ortodossia russa è stato sottolineato dal patriarca Crisostomo di Cipro in un’intervista del 6 giugno: «Cirillo ha messo sotto pressione tutti i metropoliti. È molto autoreferenziale e i metropoliti hanno paura di avvicinarsi». Come nel passato comunista il partito era il riferimento, così ora: «Il comunismo è morto, ma la mentalità comunista rimane».

I territori acquisiti dalla Russia venivano “occupati” dai metropoliti russi.

La seconda decisione del sinodo del 7 giugno va un po’ in questa linea. Si decide infatti «di accettare le diocesi di Dzhankoy, Simferopol e Feodosiya in diretta subordinazione canonica e amministrativa al patriarcato di Mosca e di tutta la Russia e al santo sinodo della Chiesa ortodossa russa». La Crimea, finora appannaggio della Chiesa ortodossa ucraina filo-russa, viene sottratta alla direzione del metropolita Onufrio per trasferirla a Mosca.

Premessa per quanto potrà succedere ai territori del Donbass se l’occupazione russa diventasse definitiva. La scelta moscovita è in relazione alla decisione del concilio (laici e vescovi) della Chiesa di Onufrio (27 maggio) di prendere le distanze da Mosca e, conseguentemente, di modificare i propri statuti. Il sinodo moscovita fa presente che «ogni discussione sulla vita della Chiesa ortodossa ucraina deve avvenire nei limiti della normativa canonica». E aggiunge, a premonizione di un possibile nuovo scisma, «per evitare nuove divisioni nella Chiesa».
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