Italia. Messaggio dei Vescovi per la Festa dei lavoratori (1° maggio 2023): “Giovani e lavoro per nutrire la speranza”

Pubblichiamo il Messaggio dei Vescovi per la Festa dei lavoratori (1° maggio 2023) dal titolo: “Giovani e lavoro per nutrire la speranza”.

I dati sull’occupazione in Italia mettono in luce un fatto assai preoccupante: circa un quarto della popolazione giovanile del nostro Paese non trova lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno. Il quadro ci deve interrogare su quanto la nostra società, le nostre istituzioni, le nostre comunità investono per dare prospettive di presente e di futuro ai giovani. Essi pagano anche il conto di un modello culturale che non promuove a sufficienza la formazione, fatica ad accompagnarli nei passi decisivi della vita e non riesce a offrire motivi di speranza. Come sottolinea papa Francesco nell’esortazione apostolica Christus vivit: «Il mondo del lavoro è un ambito in cui i giovani sperimentano forme di esclusione ed emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti. Oltre a renderli poveri, la mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società» (n. 270). Conosciamo molto bene l’impatto sulla vita ordinaria di tale situazione: vengono rimandate le scelte di vita e si rimuove dall’orizzonte futuro la generazione di figli.
La crisi demografica in corso nel nostro Paese aggrava la situazione. I giovani diventano sempre più marginali. Le giovani donne conoscono un ulteriore peggioramento delle opportunità lavorative e sociali. Preoccupa anche il numero elevato di giovani che lasciano il Sud, le Isole e le aree interne per cercare fortuna nelle aree metropolitane del Nord Italia o che addirittura abbandonano per sempre la terra di origine. Un’attenzione particolare merita la situazione di precarietà lavorativa che vivono molti giovani: dove scarseggia la domanda di lavoro i giovani sono sottopagati, vedono frustrate le loro capacità e competenze e perciò interpellano la coscienza dei credenti in tutti gli ambiti lavorativi e professionali. Si avverte la fatica di far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, per cui molte professionalità non trovano accoglienza nei giovani. Desta preoccupazione anche il tasso dei giovani che non studiano né lavorano (NEET), quelli che finiscono nelle reti della criminalità, del gioco d’azzardo, del lavoro nero e sfruttato, del mondo della droga e dell’alcolismo.
Papa Francesco, in relazione al tema dei giovani, ha più volte parlato di un’«unzione», di un dono di grazia, manifestazione dell’intrinseca dignità della persona, fonte e strumento di gratuità. Senza il lavoro non viene infatti a mancare solamente una fonte di reddito – peraltro importantissima – ma i giovani disoccupati «crescono senza dignità, perché non sono “unti” dal lavoro che è quello che dà la dignità» (Visita pastorale a Genova, Incontro con il mondo del lavoro, 27 maggio 2017).
Per porre rimedio a questa crisi epocale, nello spirito del Cammino sinodale, desideriamo condividere percorsi di vera dignità con tutti. Vorremmo che le comunità cristiane fossero sempre più luoghi di incontro e di ascolto, soprattutto dei giovani e delle loro aspirazioni, dei loro sogni, come anche delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare. Ci impegniamo a condividere la bellezza e la fatica del lavoro, la gioia di poterci prendere davvero cura gli uni degli altri, la fatica dei momenti in cui gli ostacoli rischiano di far perdere la speranza, i legami profondi di chi collabora al bene in uno sforzo comune. Sollecitiamo la politica nazionale e territoriale a favorire l’occupazione giovanile e facciamo sì che il rapporto scuola-lavoro, garantito nella sua sicurezza, aiuti a frenare l’esodo e lo spopolamento, soprattutto nei territori con maggiore tasso di disoccupazione.
Su questo cammino ci mettiamo in dialogo e in ascolto di quelle esperienze cariche di novità e di speranza, come Economy of Francesco, il Progetto Policoro, le cooperative sociali, le Fondazioni di Comunità, le buone pratiche in campo economico, lavorativo e di microcredito, che sono state censite anche in occasione dell’ultima Settimana Sociale di Taranto.
Ascoltare questi giovani ci aiuta ad incontrarli, assieme a tanti altri che hanno sicuramente molto da dire, ai quali ci offriamo come compagni di viaggio. Vogliamo trovare il modo ed il tempo per sognare il loro stesso sogno di un’economia di pace e non di guerra; un’economia che si prende cura del creato, a servizio della persona, della famiglia e della vita; un’economia che sa prendersi cura di tutti e non lascia indietro nessuno. Desideriamo un’economia custode delle culture e delle tradizioni dei popoli, di tutte le specie viventi e delle risorse naturali della Terra, «un’economia che combatte la miseria in tutte le sue forme, riduce le diseguaglianze e sa dire, con Gesù e con Francesco, “beati i poveri”» (Patto tra il Papa e i giovani di Economy of Francesco, Assisi 24 settembre 2022).
Oggi siamo chiamati a condividere passi e contributi di tanti, perché questa «economia di Vangelo» non rimanga solamente un sogno. Prendiamo sul serio le aspirazioni dei giovani, le loro critiche all’esistente ed i loro progetti di futuro. Portiamo il nostro contributo ovunque si disegnino e si realizzino le politiche del lavoro, le contrattazioni collettive ed aziendali, le molteplici forme dell’imprenditorialità e della finanza. Una nuova visione dell’economia attenta al grido dei poveri e della Terra, dei giovani che rischiano di essere «impoveriti» del loro futuro, trovi spazio nel mondo culturale ed accademico, e alimenti le prospettive della politica a tutti i livelli. Valorizziamo anche i beni della Chiesa con lo scopo di favorire opportunità lavorative per i giovani nella logica dell’ecologia integrale di Laudato si’. Scommettiamo sulla capacità di futuro dei giovani. Abbiamo bisogno dell’alleanza tra l’economia, la finanza, la politica, la cultura per costruire reti di accompagnamento per i giovani.
Questi germogli saranno i segni sicuri di una nuova primavera fatta di relazioni buone tra le persone, di famiglie capaci di aprirsi alla vita con coraggiosa speranza, di una società della solidarietà e della cura reciproca. Siamo certi che l’azione dello Spirito sta suscitando nel mondo germogli di novità grazie anche alle future generazioni. Si sta già realizzando sotto i nostri occhi la profezia di Gioele: «Diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie» (Gl 3,1).

Roma, 20 marzo 2023
Solennità di san Giuseppe

La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro,
la giustizia e la pace

La professione. Crearsi un lavoro con l’aiuto della Rete

In Italia sono oltre mezzo milione i lavoratori attivi nel network marketing. Cresce anche il coworking. Rifinanziato il Fondo nuove competenze. Opportunità di borse di studio e assunzioni
In Italia il network marketing è ancora vittima di pregiudizi

In Italia il network marketing è ancora vittima di pregiudizi – Archivio

Il mondo del lavoro, in questi ultimi due anni, è cambiato significativamente: dalla concezione di ufficio allo smart working, fino alla diversa gestione dei tempi e degli obiettivi da raggiungere, non c’è ambito professionale che non sia stato toccato dagli effetti sociali della pandemia. L’insieme di questi processi – il lavoro ibrido, la nuova concezione di ufficio e l’accelerazione della digitalizzazione – ha ridisegnato anche le dinamiche degli incontri professionali e le modalità di networking, che hanno assunto caratteristiche diverse rispetto a qualche anno fa, in un inedito mix tra on line, coworking e in presenza. È proprio nel nostro Paese, oltre mezzo milione di lavoratori attivi nel network marketing alzano un grido di protesta contro il mancato riconoscimento di questa professione come seria, dignitosa e ricca di opportunità. Nato nel 1934 in California, il network marketing risponde alla definizione di vendita diretta tramite distributori indipendenti, in cui i venditori propongono i prodotti direttamente alla clientela interessata. Dal punto di vista occupazionale e di fatturato, il network marketing rappresenta cifre non indifferenti. Si stima che, dal 2009 a oggi, le aziende che operano nel comparto abbiano guadagnato 1,5 trilioni di dollari, mentre in Italia il valore annuo è di 2,6 miliardi di dollari. Numeri rilevanti che, soprattutto in seguito al Covid, rappresentano anche un’opportunità sotto il profilo professionale e della meritocrazia. In prima file per la rivalutazione del network marketing c’è Elena Setzu, consulente e imprenditrice a capo dell’agenzia Diamond Coaching, 26 collaboratori in tutto il mondo e un fatturato superiore al milione di euro nel 2022. L’esperta spiega che «la cattiva reputazione del network marketing in Italia è legata a dinamiche vecchie, che nemmeno esistono più. La convinzione che si debba lavorare con chiamate a freddo, coinvolgendo amici e parenti nella prova di prodotti di scarsa qualità, è soltanto un vecchio mito già dissipato nel resto del mondo, ma che continua a perdurare in Italia. Associare il network marketing a sistemi piramidali, schemi Ponzi o catene di sant’Antonio è una concezione falsa e fuorviante. Questa professione si è molto evoluta negli ultimi anni, e i metodi sono molto cambiati, più orientati verso l’on line. A oggi esistono migliaia di aziende nel mondo estremamente valide; ciò non toglie che, come in tutti i settori, possano esserci delle realtà che non operano in buona fede. Un’esemplificazione classica di questo assunto sono le sponsorizzate social, che possono essere impiegate per portare all’attenzione del pubblico delle novità in maniera genuina, o dare vita a promesse false, poco etiche e fondate sul nulla». «Il network marketing – prosegue la consulente e imprenditrice – non è altro che una modalità di commercializzare i propri prodotti o servizi. Le aziende che se ne servono sono tantissime, esistono da anni, sono solide e generano lavoro. Alcune di esse hanno premi Nobel per la medicina all’interno del proprio staff, altre ancora sono riconosciute dai ministeri della Salute dei rispettivi Paesi, e promuovono uno stile di vita salutare grazie a superfood con determinate caratteristiche organolettiche o, per fare un altro esempio, si occupano di ringiovanimento cellulare. Il fatto che, per veicolare messaggi attraverso cui incrementare le vendite, vengano scelte persone normali, dovrebbe essere visto come un fattore molto positivo. Sempre più imprese sposano questo sistema di business perché intelligente e funzionale, basandosi sul passaparola e generando una dinamica molto simile a quella dell’influencer marketing». «Molte persone che hanno perso il lavoro e attraversato periodi di grande difficoltà in questi ultimi anni – sottolinea Setzu – hanno potuto reinventarsi grazie alla possibilità di crearsi un’entrata economica stabile. Inoltre più internet cresce, più il network marketing sarà destinato a evolversi in maniera capillare. Si tratta di un lavoro estremamente futuribile, ma che prima di essere visto come tale andrebbe considerato a livello sociale come una professione seria a tutti gli effetti, abbandonando dicerie, falsi miti e vecchie informazioni, ormai datate e che non rispecchiano più la realtà dei fatti. Questo settore non differisce in nulla dal lavoro a casa in smart working, facendo chiamate per conto di un’impresa o prendendo appuntamenti. Non è da sottovalutare anche la fascia di età e la presenza di entrambi i sessi coinvolta nel network marketing: oltre a coprire tutte le età, a cominciare dai giovanissimi, accoglie anche 50enni o 60enni che riescono a ricostruire la propria vita all’interno di un mercato di lavoro che spesso li ignora. E lo fanno in modo etico e meritocratico».

Dove va il networking secondo gli esperti
Tuttavia i fondatori di Zwap – la start up tutta italiana che sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale per aiutare i professionisti a fare rete – hanno delineato le cinque tendenze che caratterizzeranno il networking professionale.
1. Networking ibrido: i meeting one-to-one diventano sempre più strategici
«Fortunatamente abbiamo superato il distanziamento sociale, ma le priorità e le abitudini dei lavoratori sono state fortemente plasmate da questi due anni di pandemia, la presenza in ufficio non è più un obbligo, si preferisce ottimizzare i tempi e la ricerca del work-life balance è sempre più importante – precisa Federico Pedron –. Inevitabilmente, il potenziale dei mezzi di comunicazione digitale ricopre un ruolo sempre più importante ed è sempre più sfruttato: se prima si dava per scontato che un business meeting dovesse essere in presenza, ora si è consapevoli che anche i meeting online consentono di costruire rapporti basati sull’empatia e sull’affinità di intenti e ambizioni. Anche dalla nostra esperienza, possiamo dire che le videochiamate tra due persone si rivelano essere il mezzo di comunicazione digitale tramite il quale è più facile entrare in confidenza: sapere di avere del tempo a disposizione dedicato e di avere un interlocutore interessato porta le persone a sentirsi a proprio agio e a lasciarsi andare».

2. Ridefinizione della geografia del lavoro e degli incontri
«Con l’avvento dello smart working abbiamo imparato a collaborare da remoto, spesso scegliendo liberamente dove passare la nostra giornata lavorativa. La geografia degli spazi di lavoro si è così completamente ridisegnata: la distanza fisica ha ormai smesso di essere un ostacolo, per diventare un’opportunità. Questo paradosso fa sì che oggi sia possibile entrare in contatto con persone molto lontane con la stessa naturalezza con cui incontriamo chi prima incontravamo nel nostro luogo di lavoro – afferma Pedron –. L’abitudine che abbiamo sviluppato verso la comunicazione online ci permette di partecipare con disinvoltura a meeting, talk e altri eventi di networking online e di abbattere le barriere fisiche, così da cogliere possibilità che prima sarebbero state fuori dalla nostra portata. Il vero vantaggio competitivo per i professionisti del futuro sarà proprio quello di coltivare le capacità di costruire e mantenere nel tempo relazioni di valore sia on che offline».

3. L’importanza delle community verticali
«È e sarà sempre più importante entrare a far parte delle cosiddette community verticali, community più ristrette dove però è più facile per il professionista generare connessioni realmente autentiche e di valore all’interno di un ecosistema per lui rappresentativo – dichiara Pedron -. La vecchia generazione di social app si è concentrata sulla costruzione di reti le più ampie possibili e sulla generazione di competizione attraverso i follower e lo status: ora il paradigma, però, è cambiato. Ai numeri si preferisce la tipologia di contatti e di riscontri: la cultura ossessionata dal narcisismo e dall’apparenza ha lasciato – fortunatamente, dico io – il posto a una cultura basata sull’autenticità dei legami e all’inclusione».

4. Tecnologia sempre più protagonista
L’uso efficace degli strumenti entrati a far parte della quotidianità permette di trasformare le sfide portate dal lavoro da remoto e dalla carenza di eventi di networking in opportunità. «La trasformazione digitale che ha travolto il mondo del lavoro ha portato con sé un insieme di cambiamenti tecnologici, culturali, organizzativi, sociali e manageriali significativi. Questo processo integra e coinvolge l’intero ecosistema, portando trasparenza, condivisione e inclusione di tutti i partecipanti. Si tratta di uno strumento democratico, che porta maggiore efficienza, migliore operatività e riduzione dei costi», specifica Pedron.

5. Team e uffici diffusi: l’importanza del networking interno
«Ormai siamo tutti parte di team diffusi: entriamo in contatto con persone vicine e lontane con la stessa facilità, quello che prima era il nostro vicino di scrivania può essere diventato un nomade digitale trasferitosi dall’altra parte del mondo. Davanti al processo di dematerializzazione dello spazio fisico dell’ufficio inteso in senso classico, sarà sempre più importante mantenere e consolidare i rapporti con quei colleghi che ora si incontrano meno di frequente, almeno in presenza – evidenzia Pedron -. E così, la comunicazione interna spesso trascurata, attraverso l’utilizzo di tutti quegli strumenti tecnologici a disposizione delle aziende e dei professionisti, avrà un ruolo fondamentale per mantenere viva e ampliare la rete di contatti interni, tra dipendenti, manager e collaboratori».

Nasce Cowopro.it, l’agenzia diffusa dei coworker in tutta Italia
È il primo network digitale nazionale di professionisti. Il grande valore di questo progetto sta in particolare nel dare visibilità e opportunità anche a professionisti locati in piccoli centri periferici d’Italia. L’idea si sviluppa a partire dai coworking della rete Cowo, più di 100 diffusi in tutta Italia con degli spazi anche in Svizzera. Cowo fornisce così un servizio ai suoi associati e permette agli interessati di aderire. L’affidabilità dell’iniziativa viene così garantita dai coworking manager con cui si relazionano. che si appoggiano a uno dei coworking della rete. Sono ben 71, infatti, quelli locati fuori dalle grandi città. Non basta più solo una scrivania condivisa: il coworking deve proporre il network. Una tendenza che, secondo Massimo Carraro, fondatore della rete Cowo, distinguerà sempre di più gli spazi di lavoro condivisi nel prossimo futuro: «Più di tutto infatti a fare la differenza nella scelta di un coworking oggi è la capacità di offrire una rete potenziale di opportunità professionali agli abitanti dello spazio di lavoro. Per questo, dopo questi anni di pandemia e di rivoluzione profonda del modo di lavorare, abbiamo deciso di sviluppare ulteriormente con un’attività di comunicazione mirata il progetto Cowopro. Si tratta di una vera e propria vetrina gratuita per tutti gli affiliati al fine di favorire relazioni, diffusione delle competenze, occasioni di business capillarizzate in tutta Italia; anche nei piccoli centri: basta che vi sia lì ubicato un nostro coworking». Il coworking, insomma, diventa una rete di possibilità relazionali fisiche e digitali. Con lo sviluppo del nuovo trend della “città a 15 minuti” e dell’esigenza di prossimità del luogo di lavoro dalla propria abitazione, che solo gli spazi di lavoro condivisi sembrano poter soddisfare a pieno, sono diverse le professionalità che si incontrano in un coworking. Oltre ai freelance e alle start up, anche i dipendenti di aziende più strutturate manifestano il desiderio di ricevere nuovi stimoli e creatività evitando di lavorare da soli a casa e si avvalgono della possibilità di applicare il “near working”. Questo porta con sé opportunità nuove di condivisione, collaborazione professionale e contaminazione di idee vantaggioso per tutti. Il coworking diventa così un potenziale spazio professionale ad ampio spettro e di possibilità di collaborazioni non solo tra freelance, ma anche tra liberi professionisti e aziende disclocate in tutta Italia.

Fondo nuove competenze rifinanziato

In concomitanza con l’approvazione parlamentare della legge di conversione del Milleproroghe, che ha esteso al 2023 la possibilità da parte del Fnc-Fondo nuove competenze di finanziare accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro finalizzati alla realizzazione di percorsi formativi, l’Anpal ha emanato il decreto di rifinanziamento del Fondo, per un ammontare pari a 180 milioni di euro. In tal modo si apre una prima finestra per il finanziamento di tali intese nell’ambito dell’avviso pubblico ancora aperto. La somma proviene dai residui della precedente edizione del Fondo dovute a rinunce, minori rendicontazioni ovvero tagli in sede istruttoria. Sono stati pertanto riaperti i termini di presentazione delle domande da parte dei datori di lavoro, portando la data finale al 27 marzo 2023. Il nuovo termine è stato fissato considerando le tempistiche legate all’ammissibilità delle spese (a valere sulla programmazione 2014-20 del Fondo sociale europeo) e ai tempi di realizzazione dei progetti. L’intera somma iniziale di un miliardo di euro, a disposizione di questa edizione del Fnc, è stata appena esaurita in sede di prenotazione con le domande finora presentate, ferme comunque restando le risultanze della fase istruttoria ancora in corso.

Opportunità di borse di studio e di assunzioni nel digitale, nel retail e nel turismo

Firmati due decreti ministeriali che assicurano 18.770 borse di dottorato, per un finanziamento di oltre 726 milioni di euro. Le borse di dottorato di ricerca saranno bandite per il prossimo anno accademico 2023-2024. Lo ha detto la ministra dell’Università e la Ricerca Anna Maria Bernini rispondendo al question time in aula al Senato. «Al tempo stesso – ha proseguito la ministra – stiamo lavorando per accrescere l’attrattività di questi percorsi in relazione alle prospettive occupazionali, mettendoli in stretta relazione con il mondo produttivo. In questa direzione, con il decreto legge numero 13 del 2023, sono stati introdotti benefici contributivi a favore delle imprese che partecipano al cofinanziamento delle borse di dottorato innovativo, e che puntano a un innalzamento delle qualifiche del personale. Potranno infatti giovarsi del taglio del cuneo fiscale per l’assunzione di dottori di ricerca, per un investimento complessivo pari a 150 milioni di euro, messi a disposizione dal Pnrr, per agevolare un totale di 20mila assunzioni. Sono numeri reali. L’obiettivo è creare un circolo virtuoso, che abbia a monte esperienze di cofinanziamento tra pubblico e privato e, a valle, incentivi all’assunzione di personale altamente qualificato. È così che puntiamo a far emergere il legame imprescindibile tra ricerca e impresa. Investire nel capitale umano, creare un sistema nazionale della ricerca basato sulla capacità di fare rete tra Università, enti di ricerca e imprese: sarà nostro compito, con il vostro aiuto, fare in modo che non vi siano più occasioni mancate, e che l’Italia si allinei agli standard degli altri Paesi europei». Mentre sono dieci le borse di studio per donne disoccupate o inoccupate per avviare un percorso professionale nella sicurezza informatica. È il progetto Women in Cyber realizzato con Talent Garden e promosso in occasione dell’8 marzo da Groupama Assicurazioni e Softlab. Le dieci figure di cybersecurity analyst, attraverso il programma Deep – Cybersecurity Bootcamp potranno essere subito impiegate in lavori di base sulla sicurezza informatica. Il percorso formativo, che avrà inizio il 5 giugno, consiste in una full immersion di 13 settimane, per acquisire conoscenze pratiche e teoriche attraverso demo, tech-case del mondo reale, video, infografiche, quiz e giochi. Le iscrizioni sono aperte e per accedere alla selezione è necessario completare l’application al sito lp.deepcybersecurity/womenincyber. Le candidate selezionate saranno invitate a un colloquio tecnico e motivazionale per valutarne competenze e prospettive. Manpower Academy, in collaborazione con Aruba Academy, organizza invece un corso gratuito per formare addetti Facility Operation Center. Il corso si terrà presso il Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro (Bergamo) e prevede attività teoriche in aula e on the job per un totale di 56 ore. La data di partenza del progetto formativo è il 3 aprile e si rivolge a persone non occupate, siano essi giovani alla prima esperienza o lavoratori in cerca di un nuovo lavoro e con la necessità di formazione per un riposizionamento professionale. Ai candidati è richiesto diploma di scuola superiore e passione per il mondo della manutenzione. I corsisti acquisiranno competenze relative agli impianti elettrici, elettronici, termici, speciali, acquisendo importanti e valide conoscenze sugli impianti tecnologici, costruendo le basi di una professionalità tra le più richieste del settore. Al termine dell’Academy, le persone formate che avranno superato con successo il corso entreranno a far parte dell’azienda, dove saranno inserite in un percorso di formazione ed apprendimento continuo. Per candidarsi: http://aru.ba/academycorsofoc. Minsait punta ad assumere più di 300 nuovi professionisti in Italia e un totale di 12mila in tutto il mondo entro il 2023 per continuare con i suoi piani di crescita ed espansione. Minsait si rivolge principalmente a laureati in Ingegneria Informatica, Telecomunicazioni e Matematica e di formazione professionale intermedia e avanzata, per soddisfare un’offerta tecnologica innovativa legata all’intelligenza artificiale (AI), agli Advanced Analytics, al metaverso, ai profili Sap o al low code. Minsait è tra i punti di riferimento per accelerare la transizione di aziende e istituzioni italiane verso modelli digitali più avanzati e sostenibili, con progetti ad alto impatto di portata globale e una visione innovativa dei nuovi formati di business, con un focus sul mondo phygital e sul metaverso. L’azienda si è inoltre posizionata nel campo dei servizi finanziari e dei mezzi di pagamento attraverso la sua controllata Minsait Payments, che elabora oltre 220 milioni di carte in tutto il mondo. Ha inoltre siglato accordi con Google Cloud, Amazon web services e Microsoft per far evolvere e trasformare le aziende attraverso progetti di migrazione al cloud pubblico, sfruttando le potenzialità dell’AI e dei big data, con una particolare attenzione alla cybersecurity. Codemotion ha aperto la caccia a 50 nuovi talenti, profili da inserire nelle sedi di Italia e Spagna per proseguire la crescita nazionale e acquisire le competenze necessarie a rafforzare la presenza nel mercato spagnolo. Le figure richieste sono soprattutto nel settore delle vendite, ma anche profili It, come sviluppatori front end e back end e developer specializzati in architettura dati, professionisti della formazione nel mondo tech, community manager, product specialist e addetti alla creazione di contenuti per i canali dell’azienda. Acquaworld, l’unico parco acquatico al coperto e all’aperto d’Italia, annuncia l’inizio della campagna di reclutamento del personale per la stagione 2023. Un programma ricchissimo di eventi, l’ampliamento dell’orario del Parco e la riapertura dell’area esterna richiedono, come ogni anno, il potenziamento della squadra di Acquaworld. Sono infatti circa 50 le nuove posizioni attualmente ricercate: 25 addetti alla ristorazione, 15 assistenti bagnanti, cinque persone dedicate all’accoglienza e tre manutentori. Le assunzioni richiedono per tutte le figure professionali alcuni requisiti di base: la residenza o il domicilio in zone limitrofe al Parco, un’ottima predisposizione a lavorare con il pubblico, un’attitudine al lavoro di squadra e la disponibilità a lavorare durante il periodo estivo. Le selezioni sono aperte e gli annunci sono rivolti a entrambi i sessi. Per candidarsi è possibile visitare il sito ufficiale del Parco alla pagina “Lavora con noi” (https://acquaworld.it/it/lavora-con-noi), dove sono elencate le offerte di lavoro attive. Opportunità nelle tre aziende della Digital Company – Studio Cappello, Adviva e Wmrh – per un totale di circa 20 posizioni aperte. Il link dove visionarle tutte è: https://inrecruiting.intervieweb.it/studiocappello/it/career. I ruoli attualmente prioritari a livello di ricerca sono:

· Digital Content Specialist Senior;

· Marketing PR & Communication Manager.

Oltre ad: Addetto/a alla Segreteria Generale, Digital Graphic Designer, Web Tracking Specialist, Digital Business Developer Manager, Seo Specialist, Digital Advertising Specialist, Web Developer, Revenue Specialist. Inoltre sono sempre attivi percorsi formativi di stage/tirocini. Mentre Retail Capital è alla ricerca di persone che hanno esperienza nel settore dell’intimo come responsabili vendite; è richiesta la conoscenza della lingua inglese. Successivamente, l’azienda si occuperà attivamente della parte di formazione del personale integrando la formazione da “commessa/store manager” con tutte le competenze che servono per la gestione digitale delle vendite, delle spedizioni e dei resi online; verranno, infatti, istituiti accordi di cooperazione con i marchi e operazione in co-branding e organizzate sessioni di formazione sul prodotto con le aziende per formare al meglio il personale degli store e offrire un approccio tailor-made e studiato su “misura” sulle specifiche esigenze del cliente finale. Inoltre, Retail Capital sta cercando tre addetti marketing (un content creator, un graphic designer e un digital marketing) che si occuperanno anche dei canali social. La selezione si basa sull’esperienza nel settore del Fashion & Retail; i contratti sono a tempo determinato, per poi passare a contratti a tempo indeterminato. Le candidature possono essere inviate alla mail: info@retailcapital.com. Infine Utravel, la corporate start up di viaggi dedicata ai giovani under30 del Gruppo Alpitour, ha deciso di rafforzare il proprio organico aprendo dieci nuove posizioni a coloro che vogliono investire in un modello di turismo creato da giovani per i giovani:

● Resident Guru (Marocco, Djerba, Grecia, Repubblica Dominicana, Egitto, Zanzibar e Messico): figure che saranno presenti in destinazione in maniera continuativa (dai due ai sei mesi) e si occuperanno sia del coinvolgimento, assistenza e consigli ai partecipanti, sia della ricerca di esperienze autentiche in loco da proporre ai viaggiatori ciascuno per il proprio paese di riferimento. Requisiti richiesti: il candidato ideale deve essere appassionato di viaggi, solare, intraprendente, motivato, flessibile e avere una buona capacità di problem solving. È richiesta la conoscenza della lingua inglese (scritto e orale livello B2) e di una seconda lingua, preferibilmente spagnolo o francese (livello B2). La persona deve essere inoltre munita di patente di guida B. È considerata un plus la conoscenza approfondita di una delle destinazioni sopra indicate e un’esperienza pregressa in animazione e/o assistenza.

● Graphic designer: questa figura lavorerà a stretto contatto con tutto il Team Utravel e si occuperà della gestione dei progetti creativi in tutte le loro fasi: dall’ideazione all’esecuzione. Nello specifico, sarà di supporto alla definizione della strategia e creerà grafiche statiche e dinamiche per social, sito, app, campagne digital e iniziative offline. L’inquadramento della persona scelta dipenderà dall’esperienza pregressa. Questa posizione è in smart working flessibile/ibrido, con possibili trasferte a Torino, sede di Utravel. Requisiti richiesti: il candidato ideale dovrà essere creativo, proattivo, preciso, e avere dimestichezza con tutti gli strumenti necessari per creare contenuti grafici: Creative Suite Adobe, app e software di video editing e motion graphic, Canva e Powerpoint.

● Copywriter: questa risorsa deve essere in grado di coinvolgere con le proprie parole e le proprie idee creative i viaggiatori. Nel dettaglio, la persona sarà di supporto alla strategia creativa, dovrà ideare e scrivere testi per il sito, la newsletter, i social, i video e per tutte le iniziative online e offline e sarà chiamato a contribuire alla stesura delle linee guida e dell’aggiornamento del tone of voice del brand. L’inquadramento della persona scelta dipenderà dall’esperienza pregressa. Questa posizione è in smart working flessibile/ibrido, con possibili trasferte a Torino, sede di Utravel. Requisiti richiesti: il candidato deve avere un’ottima capacità di scrittura, tanta creatività, curiosità e precisione. Attraverso lo storytelling deve essere capace di comunicare in maniera efficace e coinvolgente idee, concept e progetti. Deve inoltre saper ideare, interpretare e sviluppare il tone of voice di un brand in modo coerente e iconico; è richiesta inoltre una buona conoscenza della lingua inglese e la cura nel linguaggio inclusivo.

● Ui/Ux Designer: la figura, che farà parte del team Tech, verrà coinvolta nella creazione di interfacce e contenuti per il sito e altre piattaforme online. Sarà di supporto alla definizione dei progetti UI/UX e al design di piattaforme di Backoffice. Si occuperà inoltre della creazione di prototipi interattivi, della Landing Page e in generale della manutenzione del sito e del bug fixing settimanale. La persona scelta verrà inserita in stage curricolare. Requisiti richiesti: sono richieste competenze in Figma, la conoscenza di benchmarking, flussi utenti, wireframe e creazione di mockup e prototipi, uso di WordPress, conoscenza base dei linguaggi di programmazione Html e Css e dei principali software di grafica (Adobe Photoshop, Adobe Illustrator, Adobe Indesign, Canva). Per candidarsi: https://utravel.it/lavora-con-noi/.
avvenire.it

Tendenze. Così si attirano i talenti in azienda

Oltre otto lavoratori su dieci (82%) si dicono più propensi a scegliere un datore che offra opportunità di formazione e sviluppo costanti. Il nuovo Patto per il lavoro della Regione Toscana
Un premio a chi attira giovani talenti

Un premio a chi attira giovani talenti – Radar Academy

avvenire.it
L’attuale contesto storico che vede l’economia italiana in fase post-Covid, con l’inflazione in aumento e la prospettiva di una ulteriore flessione economica, spinge molte aziende a preservare il proprio personale, anche a causa della carenza di nuovi talenti in molti settori e del blocco delle assunzioni. In questo scenario in cui molte imprese tentano di sopravvivere e non sono in grado di aumentare i salari ai loro dipendenti per far fronte al caro-vita, investire in attività di formazione potrebbe essere tra i migliori strumenti per fidelizzare e trattenere le persone, generando un ritorno positivo, come rivela la ricerca condotta da Docebo. In particolare, in Italia oltre otto lavoratori su dieci (82%) si dicono più propensi a scegliere un datore che offra opportunità di formazione e sviluppo costanti. Inoltre, sei lavoratori su dieci (61%) dichiarano di essere disposti a cambiare il proprio lavoro entro 12 mesi, se l’attuale datore di lavoro tagliasse (o non offrisse) opportunità di apprendimento o di formazione essenziali per la crescita e lo sviluppo della loro carriera. Complessivamente, alle domande relative alle possibili motivazioni per le quali sarebbero disposti ad abbandonare l’attuale posto di lavoro, i dipendenti hanno indicato come principali cause: la retribuzione insufficiente (78%), una cattiva gestione aziendale (52%) e le scarse opportunità di crescita professionale (45%). Se, da un lato, la retribuzione resta un fattore fondamentale, dall’altro, la mancanza di manager preparati, la carenza di nuovi talenti e la conseguente insufficienza di personale mettono sotto pressione i team, portando a possibili fughe dall’azienda. Inoltre, un quarto dei lavoratori intervistati (25%) ha indicato la “cultura aziendale debole” come ulteriore fattore che li spingerebbe a cambiare lavoro. Implementare, quindi, una cultura aziendale basata sulla formazione continua potrebbe essere una valida strategia per ridurre il turnover del personale, anche quando l’aumento salariale non è possibile. Dalla ricerca, inoltre, emerge che i millennial siano molto attenti alle politiche formative: otto intervistati su dieci (83%) affermano di essere più propensi a scegliere un datore di lavoro che offra opportunità di sviluppo e apprendimento continue, rispetto al 79% dei Gen z. Un altro dato interessante è la risposta dei Gen z (per il 66%) e dei millennial (per il 65%) che si dichiarano maggiormente favorevoli, rispetto ai lavoratori baby boomer (per il 55%), a prendere in considerazione il licenziamento nel caso in cui il datore di lavoro tagliasse gli investimenti in formazione. Anche secondo la III edizione della ricerca Global Workforce of the Future di The Adecco Group, oltre un quarto (27%) dei lavoratori cercherà di cambiare lavoro nei prossimi 12 mesi. Tra le cause di questo fenomeno, lo stipendio rappresenta il principale motivo per cui i lavoratori decidono di cambiare occupazione. In Italia, il 61% dei dipendenti ritiene infatti che il proprio salario non sia sufficiente per affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione. Una situazione comune in tutto il mondo, che comporta, in diversi casi, il ricorso ai pagamenti in nero (35%), la ricerca di un secondo lavoro (51%) o di un nuovo lavoro che abbia uno stipendio più alto (49%). Per trattenere i talenti nel 2023 e oltre, però, lo stipendio da solo non basta: le aziende devono mettere al centro le persone e garantire regimi di lavoro flessibili, offrendo ai lavoratori un equilibrio più sano tra lavoro e vita privata. I dipendenti italiani, in particolare, sono propensi a rimanere in azienda quando si sentono soddisfatti del proprio lavoro (40%), percepiscono una certa stabilità (38%) o un buon equilibrio tra vita lavorativa e privata (35%). Infatti, a svolgere un ruolo importante anche nella ricerca di un nuovo lavoro è proprio la richiesta di maggiore benessere: il 75% dei rispondenti predilige datori di lavoro interessati a questo aspetto. I dati dell’analisi hanno inoltre evidenziato che, tra chi prevede di mantenere il proprio impiego, quasi la metà lo farebbe a patto di ottenere una progressione di carriera. Malgrado ciò, quasi un quarto della forza lavoro (il 23%) non ha mai ottenuto un confronto su questo tema con il proprio datore di lavoro. L’indagine evidenzia anche l’ascesa dei quitfluencer. Più di due terzi dei lavoratori (70%) prendono in considerazione l’idea di licenziarsi se vedono altri farlo, mentre il 50% si dimette effettivamente. Tali iniziative permetterebbero, inoltre, di contenere il cosiddetto “effetto domino” che colpisce in maggior misura le giovani generazioni, che hanno il 25% di probabilità in più di essere influenzate dai colleghi ad abbandonare il posto di lavoro. Le aziende devono perciò concentrarsi sempre di più su soluzioni valide di fronte a questa situazione di forte instabilità: investire in iniziative di formazione e avviare percorsi di upskilling e reskilling diventa importante per incrementare la competitività sul mercato e, al contempo, favorire la crescita professionale dei dipendenti, contenendo così il tasso di dimissioni. Le grandi dimissioni hanno portato alla luce anche il fenomeno del quiet quitting, letteralmente, in italiano, “dimissioni silenziose”, un’espressione diventata virale sui social network che sta a indicare il distacco mentale ed emotivo dal proprio lavoro. Il quiet quitting, la scelta consapevole di fare il minimo sindacale, non compare in alcuna statistica relativa ai tassi di abbandono del posto di lavoro, ma se non viene individuato può alimentare una cultura tossica in cui i lavoratori sentono di non potersi esprimere liberamente e, quindi, scelgono di non impegnarsi. Le aziende devono prestare attenzione a questa tendenza, creando una cultura proattiva basata sulla fiducia e sul dialogo e fornendo alle proprie persone spazi e strumenti adeguati grazie a cui sentirsi realmente ascoltati e coinvolti. Processi mirati, coaching e incentivi sono necessari per creare una cultura aziendale aperta all’ascolto e proattiva nei confronti della salute mentale e del benessere: solo attraverso conversazioni frequenti sarà possibile prevenire questo fenomeno. La necessità di incentivare questi sistemi di formazione e aggiornamento professionale nel nostro Paese è resa ancora più evidente dal fatto che, rispetto al 61% della media globale, solo il 46% della forza lavoro ritiene di essere in grado di trovare un nuovo impiego nell’arco di sei mesi. Siamo penultimi in questa statistica, molto lontani anche dagli altri Paesi europei: in Germania sono al 70%, in Spagna al 55% e in Francia al 53%. In questo senso il McKinsey Global Institute ha identificato tre strategie ottimali con cui le aziende possono coltivare i talenti:

1. Non trascurare le persone all’interno dell’organizzazione che hanno le potenzialità per un salto di qualità.

Le persone che vogliono reinventarsi spesso devono andare in un nuovo ambiente di lavoro per poterlo fare. Rispetto a coloro che già ricoprono ruoli tech, i lavoratori con un background non tech hanno quasi il 30% di probabilità in più di lasciare il loro attuale datore di lavoro per diventare system software developer. Dato che le aziende di solito pagano un premio per i talenti esterni e non possono sempre sapere se un candidato sarà adatto alla propria cultura interno, è ragionevole eseguire un reale inventario delle capacità già disponibili internamente, prima di cercare candidati esterni. I datori di lavoro possono trarre vantaggio da spostamenti più fluidi all’interno delle loro organizzazioni. Il posto migliore dove cercare persone con aspirazioni e potenziale non sfruttato è spesso all’interno. Investire in opportunità di apprendimento e sviluppo per persone che già conoscono l’azienda e che hanno dimostrato di essere brillanti e affidabili può essere una scommessa più sicura. L’elemento più importante è aiutare le persone ad acquisire un’esperienza più varia e creare una mobilità interna che consenta ai dipendenti di aggiungere nuove competenze e di cambiare rotta, così da mantenerne intatto l’entusiasmo e arginare il fenomeno del logoramento.

2. Avere più coraggio nelle assunzioni

È comune che le persone che assumono ruoli tech per la prima volta espandano il proprio set di competenze del 50%, per questo i datori di lavoro devono saper selezionare i candidati in base al loro potenziale, oltre che al loro passato. Dal momento che le competenze tecniche possono essere insegnate, ha senso ricercare il tipo di mentalità e le soft skills richieste dal ruolo. Gli strumenti digitali, comprese le opzioni gamificate per i test pre-assunzione, possono aiutare in questo tipo di valutazioni. I datori di lavoro possono anche utilizzare i dati sui predittori di successo, compresi i fattori che vanno oltre l’attuale lavoro del candidato. L’analisi dei profili dei candidati in relazione alla performance può aiutare un’organizzazione a perfezionare i criteri di assunzione.

3. Formare per trattenere talenti

Data la mobilità dei lavoratori del settore tecnologico, i datori di lavoro devono valutare la totalità di ciò che offrono ai dipendenti, e una delle componenti più importanti è l’opportunità di imparare. Approfondire ed espandere le competenze digitali dell’intera forza lavoro si traduce in produttività, innovazione e fidelizzazione. L’apprendimento può assumere la forma di corsi strutturati in presenza, adattati a specifiche gruppi di dipendenti, o di moduli di contenuti digitali a cui i dipendenti possono accedere autonomamente.

Partendo da queste considerazioni, la business school Radar Academy ha deciso di istituire il premio Company for generation Z per dare risalto alle aziende che stanno investendo attraverso politiche e pratiche a favore dei giovani della generazione Z. Lo scorso 21 ottobre sono state premiate a Milano le prime 47 aziende (classificate prima, seconda e terza per ciascuna della categorie individuate) che si sono distinte per aver realizzato piani concreti di valorizzazione dei giovani in dieci ambiti: il numero di assunzioni di giovani nati dopo il 1995; numero di stage attivati; percorsi e prospettive di carriera; welfare aziendale e benessere della persona; smart working e lavoro ibrido; percorsi di formazione; politiche di talent retaining; progetti con scuole, Università e business school; diversità e inclusione; responsabilità sociale e sostenibilità.

Il nuovo Patto per il lavoro della Regione Toscana

La Regione Toscana vara il nuovo Patto per il lavoro da 53,8 milioni di euro. Un pacchetto di nove misure di politica attiva finalizzate a favorire l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro, oltre che nuova occupazione: dagli assegni per l’impiego ad azioni a sostegno della fase di start up di impresa e voucher di conciliazione, da misure destinate a lavoratrici e lavoratori coinvolti in crisi aziendali a veri e propri incentivi all’occupazione. Questo pacchetto di misure è stato predisposto attraverso il metodo della concertazione, ampia e approfondita, con le parti sociali regionali e i soggetti presenti nella Commissione regionale permanente tripartita (organismo di rappresentanza previsto dalla legge regionale 32/2002). Il confronto si è inoltre allargato ai territori, attraverso tavoli provinciali che hanno visto il coinvolgimento delle parti sociali e la presenza del presidente di ciascuna Provincia. Il Patto fa tesoro della precedente esperienza del Piano Integrato per l’Occupazione, si integra con Gol – Garanzia Occupabilità Lavoratori – il programma nazionale di riforma delle politiche attive, ed il Piano Nuove Competenze, previsti dal Pnrr, con il Pon “Giovani Donne e Lavoro” e con la programmazione regionale Fse+ 2021/2027, ampliando quindi i possibili strumenti di politica attiva e le tipologie di destinatari raggiungibili. Le destinatarie e i destinatari degli strumenti previsti nel Patto sono prevalentemente persone iscritte allo stato di disoccupazione, residenti in tutto il territorio toscano, ed una particolare attenzione è stata rivolte a donne, giovani e soggetti vulnerabili, coloro che, in questa crisi, rischiano di restare ancora più indietro sul fronte occupazionale. Il piano include anche specifici interventi per alcune tipologie di occupati. La Regione punta a coinvolgere almeno 10mila persone. Entro la fine di dicembre sarà emanato il primo avviso che riguarderà gli incentivi per l’occupazione. Il Patto prevede di ripartire e assegnare risorse ad ogni territorio su base provinciale, tenendo conto della situazione economica, sociale e occupazionale dei territori e dell’eventuale presenza di aree di crisi complessa e non complessa e delle aree interne, secondo un modello definito da Irpet. Alle aree di crisi industriale complessa (Livorno e Piombino), non complessa (Massa Carrara) e regionale è stata assegnata una quota di risorse pari complessivamente al 25% dell’intero budget. In prima battuta è previsto lo stanziamento del 50% delle risorse totali disponibili, per consentire monitoraggi e valutazioni su riparti territoriali ed efficacia delle misure. Una sorta, quindi, di prima fase di sperimentazione, durante la quale assessorato al lavoro e Commissione regionale permanente tripartita potranno mettere in campo, se necessario, eventuali correttivi, superare, implementare o introdurre altre misure, anche alla luce dell’attuazione degli strumenti previsti dal Pnrr, della nuova programmazione Fse+ 2021/2027 e del mutato scenario socio-economico.

Digital Recruiting Week, pubblicato il calendario 2023

Pubblicato il 𝒄𝒂𝒍𝒆𝒏𝒅𝒂𝒓𝒊𝒐 𝟐𝟎𝟐𝟑 di 𝑫𝒊𝒈𝒊𝒕𝒂𝒍 𝑹𝒆𝒄𝒓𝒖𝒊𝒕𝒊𝒏𝒈 𝑾𝒆𝒆𝒌: i migliori eventi di recruiting ed employer branding per incontrare i giovani talenti a target dalle Università di tutta Italia. Sono tornati anche gli 𝙚𝙫𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙞𝙣 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙚𝙣𝙯𝙖, garantendo così un mix flessibile ed efficace per raggiungere gli obiettivi Hr.

Ecco gli eventi in presenza:

Milano: 22 marzo
Padova: 19 aprile
Napoli: 10 maggio
Roma Sapienza: 11 ottobre
Bologna: 8 novembre

E quelli digitali:

· Digital Recruiting Week Sales&Marketing: 6-10 marzo, 2-6 ottobre

· Digital Recruiting Week STEM: 20-24 marzo, 6-10 novembre

· Coding Challenge Week: 27-31 marzo, 3-7 luglio, 4-8 dicembre

· Coding Challenge Week SENIOR: 3-7 aprile, 10-14 luglio, 11-15 dicembre

· Digital Diversity Week: 17-21 aprile, 27 novembre-1 dicembre

· Digital Recruiting Week ENGINEERING: 22-26 maggio, 20-24 novembre

· Digital Recruiting Week LEGAL: 5-9 giugno

· Digital Recruiting Week EMPOWER GIRLS: STEM 19-23 giugno, open 23-27 ottobre.

Banca Ifis e Coni, borse di studio a giovani talenti

Per il secondo anno consecutivo Banca Ifis è a fianco del Coni per sostenere il percorso di crescita dei giovani campioni dello sport azzurro attraverso la donazione di borse di studio per un valore complessivo pari a 160mila euro. «Tutto nasce da un rapporto personale tra me e il presidente Ernesto Fürstenberg Fassio: è incredibile la sua attenzione verso il mondo dello sport. Ricordo ancora la sua chiamata dello scorso anno, mi chiese cosa avremmo potuto fare insieme avendo a disposizione dei fondi per lo
sport. Nacque l’idea di dare una borsa di studio a tutte le atlete e agli atleti che hanno vinto una medaglia mondiale under 18. Potrebbe sembrare la cosa più ovvia, ma non ci aveva mai pensato nessuno. Ernesto ha accolto con grande entusiasmo l’idea. Quest’anno la borsa di studio è di poco inferiore, un pochino mi spiace ma la ragione è semplice: nel 2022 abbiamo vinto più medaglie. Credo che tutte le ragazze e i ragazzi debbano essere grati per questa iniziativa: grazie Banca Ifis, da parte
nostra c’è riconoscenza assoluta», ha dichiarato il presidente del Coni Giovanni Malagò. «Siamo felici di proseguire il percorso iniziato lo scorso anno a fianco del Coni a sostegno dello sport italiano, aiutando i giovani atleti nel coniugare al meglio gli aspetti formativi e agonistici. Lo sport rappresenta un tratto distintivo del Dna di Banca Ifis che ci porta a sostenere iniziative meritevoli, sia in campo professionistico che amatoriale e giovanile. Proprio per questo motivo, consapevoli del nostro ruolo all’interno delle comunità in cui operiamo, abbiamo voluto presentare un approfondimento del nostro Osservatorio sullo Sport System italiano, che fa luce sulla straordinaria capacità che il settore giovanile ha di creare valore, economico e sociale, per il nostro Paese. Un futuro più sostenibile passa soprattutto dai giovani ed è nostro dovere sostenerli, insieme, attraverso partnership come queste in grado
di coinvolgere con successo realtà pubbliche e private», ha concluso Ernesto Fürstenberg Fassio, presidente di Banca Ifis.

Dedagroup Digital Academy, al via la Cyber & Operative Systems Edition​​

Si amplia l’offerta formativa della Dedagroup Digital Academy, la scuola di impresa rivolta a giovani di talento con età massima di 28 anni, creata da Dedagroup, polo di aggregazione delle eccellenze italiane del Software e delle Soluzioni As a Service (SaaS). Sono aperte le iscrizioni alla prima edizione della Cyber & Operative Systems Edition, programma pensato per favorire lo sviluppo dei professionisti di domani in ambito IT e Cloud, preparando i partecipanti ad affrontare con competenza e visione il sempre più strategico segmento della cybersecurity aziendale. Secondo il Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, nei primi sei mesi del 2022 sono stati oltre 1.100 gli attacchi cyber gravi, in crescita del’8,4% rispetto all’anno precedente per una media complessiva di 190 attacchi al mese – uno ogni quattro ore – e con un picco di 225 attacchi a marzo (conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina), il valore più alto mai verificato. Un problema questo, acuito anche dall’importante carenza di professionisti della cybersecurity. Secondo l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, infatti, a fronte di una grande richiesta da parte delle imprese, in Italia mancano 100.000 esperti. Da qui la volontà di Dedagroup di rispondere alle nuove esigenze del mercato, ampliando il proprio programma di Academy con un percorso di studi verticalizzato sui temi della Cybersecurity e degli Operative Systems. Cyber & Operative Systems Edition è un percorso di formazione full time e di training on the job della durata complessiva di sei mesi, rivolto a diplomati, laureandi e neolaureati in percorsi tecnico-scientifici o informatici con un buon livello di conoscenza della lingua inglese. Il programma, che prenderà il via il 9 gennaio 2023 e che offre ai partecipanti una concreta opportunità di inserimento all’interno del Gruppo, è declinato su aree specifiche – sicurezza informatica e sistemi operativi – e ha l’obiettivo di formare due figure professionali: i Cybersecurity Engineer, che supporteranno la costruzione e il perfezionamento della strategia di sicurezza, per instaurare un ciclo di azioni continuative per il suo miglioramento e per ottimizzare gli investimenti, e i System Engineer, che affronteranno temi relativi ai servizi, al supporto per la gestione, al monitoraggio, all’ottimizzazione dei sistemi IT infrastrutturali e dei principali database, sistemi operativi e virtual machine. La formazione in aula – erogata sia in modalità digital che fisica – sarà suddivisa in due fasi: la prima comune a tutti i partecipanti con focus legati al Project Management, alle Soft Skills e agli Economics aziendali. La seconda vedrà Cybersecurity Engineer e System Engineer coinvolti in due diversi percorsi di specializzazione professionale nei mondi del Networking e della Security By Design e nell’ambito dei sistemi operativi, come Windows Server e Linux. Cuore e valore aggiunto della Dedagroup Digital Academy è il percorso di training on the job, durante il quale i partecipanti potranno sperimentare sul campo la realtà lavorativa, interagendo con i colleghi nel quotidiano e scoprendo come nascono e si sviluppano le soluzioni software e i servizi Made in Italy di Dedagroup. Un ruolo chiave, in questo percorso, è svolto dalle Deda People che saranno coinvolte sia durante le sessioni teoriche, sia in qualità di coach nella fase di training on the job, promuovendo il trasferimento di know-how e la diffusione di valori, cultura ed esperienze: tutti elementi importanti per conoscere al meglio il proprio ruolo e assolverlo con passione, perché il successo di un’organizzazione si misura anche sulla soddisfazione delle sue risorse. I giovani che prenderanno parte alla Dedagroup Digital Academy – Cyber & Operative Systems Edition entreranno infatti a fare parte di un Gruppo che, oltre alla crescita delle proprie persone, ha a cuore il loro benessere e che è consapevole del proprio ruolo nel migliorare la società in cui opera. Durante il suo percorso di sviluppo, Dedagroup ha perseguito l’obiettivo dell’impegno sociale, proprio nella convinzione che la competitività si debba indissolubilmente accompagnare alla sensibilità etica e alla crescita sostenibile: principi, questi, che fanno saldamente parte della sua cultura aziendale. Recentemente, Dedagroup ha ottenuto la certificazione etica SA8000, la prima norma riconosciuta a livello mondiale che attesta l’implementazione di un’efficace Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale nell’ambito dei diritti dei lavoratori e del loro benessere in azienda. Il Gruppo si impegna così a rispettare i più rigorosi standard di condotta etica e professionale nei confronti dei propri dipendenti, collaboratori e di tutti i referenti.

Censis: ecco l’Italia di oggi, malinconica e con la paura della guerra

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AGI – Un’Italia malinconica, agitata dalla paura della guerra e dall’inflazione, che costringe a erodere i risparmi e pagare le bollette in ritardo. Questo il ritratto che emerge dal cinquantaseiesimo rapporto Censis sulla situazione sociale di un Paese che, si legge nel testo, “vive in uno stato di latenza”.

“Il nostro Paese, nonostante lo stratificarsi di crisi e difficoltà, non regredisce grazie allo sforzo individuale, ma non matura”, sottolinea l’istituto, osservando che “l’Italia non cresce abbastanza o non cresce affatto” e “la macchina amministrativa pubblica è andata fuori giri e così non sarà in grado di trainare la ripresa”.

Un italiano su quattro a rischio povertà o esclusione

Nel 2021 gli individui soggetti al rischio di povertà o di esclusione sociale sono pari al 25,4% della popolazione, ovvero oltre uno su quattro. Gli individui a rischio di povertà o esclusione sociale sono per il 41,2% residenti nel Mezzogiorno (a fronte del 21% nel Centro, del 17,1% nel Nord-Ovest e del 14,2% nel Nord-Est), per il 33,9% sono appartenenti a famiglie in cui il reddito principale è quello pensionistico (a fronte del 18,4% e del 22,4% appartenenti a famiglie con reddito principale da lavoro dipendente o da lavoro autonomo) e per il 64,3% sono membri di famiglie che percepiscono ‘altri redditi’, dei quali 56,6% si qualifica anche come individuo a bassa intensità lavorativa.

Infine viene nuovamente superata la soglia del 40% nel caso di individui appartenenti a famiglie dove almeno un componente non è italiano (42,2%) o dove vivono tre o più minori (41,6%).

Nel 2021 le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta sono più di 1,9 milioni, il 7,5% del totale: un milione in più rispetto al 2019.

L’inflazione aumenta le disuguaglianze

Gli italiani temono la corsa dell’inflazione: oltre il 64% sta già mettendo mano ai risparmi per far fronte all’impatto dei rincari dei prezzi.

La quasi totalità degli italiani, il 92,7%, è convinta che l’accelerata dell’inflazione durerà a lungo e che bisogna pensare subito a come difendersi. Il 76,4% pensa che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno, il 69,3% teme che nei prossimi mesi il proprio tenore di vita si abbasserà (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che già detengono redditi bassi) e ben il 64,4% sta ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l’inflazione.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, ricorda il Censis, è aumentato nel primo semestre del 2022 del 6,7% rispetto al primo semestre del 2021. Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali del lavoro dipendente a tempo pieno sono aumentate solo dello 0,7%. Ma l’inflazione non solo colpisce i redditi fissi o comunque tendenzialmente stabili nel medio periodo, aumenta anche la forbice della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali: le famiglie meno abbienti si confrontano con un incremento medio dei prezzi pari al 9,8%, mentre per le famiglie più agiate l’aumento è del 6,1%, quasi 4 punti percentuali in meno.

Questo divario discende dalla diversa dinamica dei prezzi dei beni (alimentari e per la casa su tutti) che pesano in particolare sul carrello della spesa delle famiglie meno abbienti. Nell’ultimo periodo, tra il 2012 e il 2021, l’andamento dei prezzi riflette le conseguenze di una fase tendenzialmente deflattiva per l’Italia (in media 0,7% annuo), caratterizzata soprattutto da una moderazione salariale che ha di fatto rimosso qualsiasi rischio di innesco della spirale prezzi-salari. Ma, secondo il Censis, gli attuali livelli di inflazione – con punte di rialzo dei prezzi dei beni alimentari intorno all’11%, senza contare gli incrementi del 50% dei beni energetici – potrebbero incidere profondamente sul potere d’acquisto delle famiglie.

Lo spettro della crisi energetica

La crisi energetica è la principale fonte di preoccupazione per le famiglie italiane, emerge ancora dal rapporto: per il 33,4%, e la percentuale arriva al 43% tra le famiglie in una bassa condizione socio-economica, le più colpite dall’aumento dei costi incomprimibili.

Il 6,5% delle famiglie italiane era in ritardo con il pagamento delle bollette (dato in linea con la media europea) nel 2021. Ancora più numerosi sono coloro che affermano di non riuscire a riscaldare adeguatamente la propria abitazione: l’8,1% delle famiglie, un dato superiore di 1,2 punti percentuali al dato europeo.

Il timore di una guerra mondiale

Il 61,1% degli italiani teme che possa scoppiare un conflitto mondiale e il 57,7% che l’Italia possa entrare in guerra, si legge nel rapporto, secondo il quale il 66,5% degli italiani, 10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid, si sente insicuro.

I principali rischi globali percepiti sono: per il 46,2% la guerra, per il 45,0% la crisi economica, per il 37,7% virus letali e nuove minacce biologiche alla salute, per il 26,6% l’instabilità dei mercati internazionali, dalla scarsità delle materie prime al boom dei prezzi dell’energia, per il 24,5% gli eventi atmosferici catastrofici, come temperature torride e precipitazioni intense, per il 9,4% gli attacchi informatici su vasta scala.

“Finita l’era delle sicurezze, prevale il nichilismo”

“La malinconia definisce il carattere degli italiani, il nichilismo. E’ la fine dell’era dell’abbondanza e delle sicurezze”, ha detto Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, nel corso della presentazione del rapporto. Una malinconia, ha spiegato, che “corrisponde alla coscienza della fine del dominio dell’Io sugli eventi del mondo, l’Io che è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando è costretto a relazionarsi con il mondo”. Situazione che deriva da questi ultimi 3 anni “straordinari” che hanno visto eventi eccezionali che vanno dalla pandemia alla siccità fino al caro bollette e alla guerra, “i grandi eventi della storia che si è rimessa in moto e con cui dobbiamo relazionarci”.

“Se quella del 2020 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi – ha concluso – oggi invece si paga un prezzo dell’irruzione della storia nelle nostre piccole storie e quei meccanismi proiettivi hanno perso presa sulla società e forza di orientamento nei comportamenti collettivi”.