Tendenze. Così si attirano i talenti in azienda

Oltre otto lavoratori su dieci (82%) si dicono più propensi a scegliere un datore che offra opportunità di formazione e sviluppo costanti. Il nuovo Patto per il lavoro della Regione Toscana
Un premio a chi attira giovani talenti

Un premio a chi attira giovani talenti – Radar Academy

avvenire.it
L’attuale contesto storico che vede l’economia italiana in fase post-Covid, con l’inflazione in aumento e la prospettiva di una ulteriore flessione economica, spinge molte aziende a preservare il proprio personale, anche a causa della carenza di nuovi talenti in molti settori e del blocco delle assunzioni. In questo scenario in cui molte imprese tentano di sopravvivere e non sono in grado di aumentare i salari ai loro dipendenti per far fronte al caro-vita, investire in attività di formazione potrebbe essere tra i migliori strumenti per fidelizzare e trattenere le persone, generando un ritorno positivo, come rivela la ricerca condotta da Docebo. In particolare, in Italia oltre otto lavoratori su dieci (82%) si dicono più propensi a scegliere un datore che offra opportunità di formazione e sviluppo costanti. Inoltre, sei lavoratori su dieci (61%) dichiarano di essere disposti a cambiare il proprio lavoro entro 12 mesi, se l’attuale datore di lavoro tagliasse (o non offrisse) opportunità di apprendimento o di formazione essenziali per la crescita e lo sviluppo della loro carriera. Complessivamente, alle domande relative alle possibili motivazioni per le quali sarebbero disposti ad abbandonare l’attuale posto di lavoro, i dipendenti hanno indicato come principali cause: la retribuzione insufficiente (78%), una cattiva gestione aziendale (52%) e le scarse opportunità di crescita professionale (45%). Se, da un lato, la retribuzione resta un fattore fondamentale, dall’altro, la mancanza di manager preparati, la carenza di nuovi talenti e la conseguente insufficienza di personale mettono sotto pressione i team, portando a possibili fughe dall’azienda. Inoltre, un quarto dei lavoratori intervistati (25%) ha indicato la “cultura aziendale debole” come ulteriore fattore che li spingerebbe a cambiare lavoro. Implementare, quindi, una cultura aziendale basata sulla formazione continua potrebbe essere una valida strategia per ridurre il turnover del personale, anche quando l’aumento salariale non è possibile. Dalla ricerca, inoltre, emerge che i millennial siano molto attenti alle politiche formative: otto intervistati su dieci (83%) affermano di essere più propensi a scegliere un datore di lavoro che offra opportunità di sviluppo e apprendimento continue, rispetto al 79% dei Gen z. Un altro dato interessante è la risposta dei Gen z (per il 66%) e dei millennial (per il 65%) che si dichiarano maggiormente favorevoli, rispetto ai lavoratori baby boomer (per il 55%), a prendere in considerazione il licenziamento nel caso in cui il datore di lavoro tagliasse gli investimenti in formazione. Anche secondo la III edizione della ricerca Global Workforce of the Future di The Adecco Group, oltre un quarto (27%) dei lavoratori cercherà di cambiare lavoro nei prossimi 12 mesi. Tra le cause di questo fenomeno, lo stipendio rappresenta il principale motivo per cui i lavoratori decidono di cambiare occupazione. In Italia, il 61% dei dipendenti ritiene infatti che il proprio salario non sia sufficiente per affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione. Una situazione comune in tutto il mondo, che comporta, in diversi casi, il ricorso ai pagamenti in nero (35%), la ricerca di un secondo lavoro (51%) o di un nuovo lavoro che abbia uno stipendio più alto (49%). Per trattenere i talenti nel 2023 e oltre, però, lo stipendio da solo non basta: le aziende devono mettere al centro le persone e garantire regimi di lavoro flessibili, offrendo ai lavoratori un equilibrio più sano tra lavoro e vita privata. I dipendenti italiani, in particolare, sono propensi a rimanere in azienda quando si sentono soddisfatti del proprio lavoro (40%), percepiscono una certa stabilità (38%) o un buon equilibrio tra vita lavorativa e privata (35%). Infatti, a svolgere un ruolo importante anche nella ricerca di un nuovo lavoro è proprio la richiesta di maggiore benessere: il 75% dei rispondenti predilige datori di lavoro interessati a questo aspetto. I dati dell’analisi hanno inoltre evidenziato che, tra chi prevede di mantenere il proprio impiego, quasi la metà lo farebbe a patto di ottenere una progressione di carriera. Malgrado ciò, quasi un quarto della forza lavoro (il 23%) non ha mai ottenuto un confronto su questo tema con il proprio datore di lavoro. L’indagine evidenzia anche l’ascesa dei quitfluencer. Più di due terzi dei lavoratori (70%) prendono in considerazione l’idea di licenziarsi se vedono altri farlo, mentre il 50% si dimette effettivamente. Tali iniziative permetterebbero, inoltre, di contenere il cosiddetto “effetto domino” che colpisce in maggior misura le giovani generazioni, che hanno il 25% di probabilità in più di essere influenzate dai colleghi ad abbandonare il posto di lavoro. Le aziende devono perciò concentrarsi sempre di più su soluzioni valide di fronte a questa situazione di forte instabilità: investire in iniziative di formazione e avviare percorsi di upskilling e reskilling diventa importante per incrementare la competitività sul mercato e, al contempo, favorire la crescita professionale dei dipendenti, contenendo così il tasso di dimissioni. Le grandi dimissioni hanno portato alla luce anche il fenomeno del quiet quitting, letteralmente, in italiano, “dimissioni silenziose”, un’espressione diventata virale sui social network che sta a indicare il distacco mentale ed emotivo dal proprio lavoro. Il quiet quitting, la scelta consapevole di fare il minimo sindacale, non compare in alcuna statistica relativa ai tassi di abbandono del posto di lavoro, ma se non viene individuato può alimentare una cultura tossica in cui i lavoratori sentono di non potersi esprimere liberamente e, quindi, scelgono di non impegnarsi. Le aziende devono prestare attenzione a questa tendenza, creando una cultura proattiva basata sulla fiducia e sul dialogo e fornendo alle proprie persone spazi e strumenti adeguati grazie a cui sentirsi realmente ascoltati e coinvolti. Processi mirati, coaching e incentivi sono necessari per creare una cultura aziendale aperta all’ascolto e proattiva nei confronti della salute mentale e del benessere: solo attraverso conversazioni frequenti sarà possibile prevenire questo fenomeno. La necessità di incentivare questi sistemi di formazione e aggiornamento professionale nel nostro Paese è resa ancora più evidente dal fatto che, rispetto al 61% della media globale, solo il 46% della forza lavoro ritiene di essere in grado di trovare un nuovo impiego nell’arco di sei mesi. Siamo penultimi in questa statistica, molto lontani anche dagli altri Paesi europei: in Germania sono al 70%, in Spagna al 55% e in Francia al 53%. In questo senso il McKinsey Global Institute ha identificato tre strategie ottimali con cui le aziende possono coltivare i talenti:

1. Non trascurare le persone all’interno dell’organizzazione che hanno le potenzialità per un salto di qualità.

Le persone che vogliono reinventarsi spesso devono andare in un nuovo ambiente di lavoro per poterlo fare. Rispetto a coloro che già ricoprono ruoli tech, i lavoratori con un background non tech hanno quasi il 30% di probabilità in più di lasciare il loro attuale datore di lavoro per diventare system software developer. Dato che le aziende di solito pagano un premio per i talenti esterni e non possono sempre sapere se un candidato sarà adatto alla propria cultura interno, è ragionevole eseguire un reale inventario delle capacità già disponibili internamente, prima di cercare candidati esterni. I datori di lavoro possono trarre vantaggio da spostamenti più fluidi all’interno delle loro organizzazioni. Il posto migliore dove cercare persone con aspirazioni e potenziale non sfruttato è spesso all’interno. Investire in opportunità di apprendimento e sviluppo per persone che già conoscono l’azienda e che hanno dimostrato di essere brillanti e affidabili può essere una scommessa più sicura. L’elemento più importante è aiutare le persone ad acquisire un’esperienza più varia e creare una mobilità interna che consenta ai dipendenti di aggiungere nuove competenze e di cambiare rotta, così da mantenerne intatto l’entusiasmo e arginare il fenomeno del logoramento.

2. Avere più coraggio nelle assunzioni

È comune che le persone che assumono ruoli tech per la prima volta espandano il proprio set di competenze del 50%, per questo i datori di lavoro devono saper selezionare i candidati in base al loro potenziale, oltre che al loro passato. Dal momento che le competenze tecniche possono essere insegnate, ha senso ricercare il tipo di mentalità e le soft skills richieste dal ruolo. Gli strumenti digitali, comprese le opzioni gamificate per i test pre-assunzione, possono aiutare in questo tipo di valutazioni. I datori di lavoro possono anche utilizzare i dati sui predittori di successo, compresi i fattori che vanno oltre l’attuale lavoro del candidato. L’analisi dei profili dei candidati in relazione alla performance può aiutare un’organizzazione a perfezionare i criteri di assunzione.

3. Formare per trattenere talenti

Data la mobilità dei lavoratori del settore tecnologico, i datori di lavoro devono valutare la totalità di ciò che offrono ai dipendenti, e una delle componenti più importanti è l’opportunità di imparare. Approfondire ed espandere le competenze digitali dell’intera forza lavoro si traduce in produttività, innovazione e fidelizzazione. L’apprendimento può assumere la forma di corsi strutturati in presenza, adattati a specifiche gruppi di dipendenti, o di moduli di contenuti digitali a cui i dipendenti possono accedere autonomamente.

Partendo da queste considerazioni, la business school Radar Academy ha deciso di istituire il premio Company for generation Z per dare risalto alle aziende che stanno investendo attraverso politiche e pratiche a favore dei giovani della generazione Z. Lo scorso 21 ottobre sono state premiate a Milano le prime 47 aziende (classificate prima, seconda e terza per ciascuna della categorie individuate) che si sono distinte per aver realizzato piani concreti di valorizzazione dei giovani in dieci ambiti: il numero di assunzioni di giovani nati dopo il 1995; numero di stage attivati; percorsi e prospettive di carriera; welfare aziendale e benessere della persona; smart working e lavoro ibrido; percorsi di formazione; politiche di talent retaining; progetti con scuole, Università e business school; diversità e inclusione; responsabilità sociale e sostenibilità.

Il nuovo Patto per il lavoro della Regione Toscana

La Regione Toscana vara il nuovo Patto per il lavoro da 53,8 milioni di euro. Un pacchetto di nove misure di politica attiva finalizzate a favorire l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro, oltre che nuova occupazione: dagli assegni per l’impiego ad azioni a sostegno della fase di start up di impresa e voucher di conciliazione, da misure destinate a lavoratrici e lavoratori coinvolti in crisi aziendali a veri e propri incentivi all’occupazione. Questo pacchetto di misure è stato predisposto attraverso il metodo della concertazione, ampia e approfondita, con le parti sociali regionali e i soggetti presenti nella Commissione regionale permanente tripartita (organismo di rappresentanza previsto dalla legge regionale 32/2002). Il confronto si è inoltre allargato ai territori, attraverso tavoli provinciali che hanno visto il coinvolgimento delle parti sociali e la presenza del presidente di ciascuna Provincia. Il Patto fa tesoro della precedente esperienza del Piano Integrato per l’Occupazione, si integra con Gol – Garanzia Occupabilità Lavoratori – il programma nazionale di riforma delle politiche attive, ed il Piano Nuove Competenze, previsti dal Pnrr, con il Pon “Giovani Donne e Lavoro” e con la programmazione regionale Fse+ 2021/2027, ampliando quindi i possibili strumenti di politica attiva e le tipologie di destinatari raggiungibili. Le destinatarie e i destinatari degli strumenti previsti nel Patto sono prevalentemente persone iscritte allo stato di disoccupazione, residenti in tutto il territorio toscano, ed una particolare attenzione è stata rivolte a donne, giovani e soggetti vulnerabili, coloro che, in questa crisi, rischiano di restare ancora più indietro sul fronte occupazionale. Il piano include anche specifici interventi per alcune tipologie di occupati. La Regione punta a coinvolgere almeno 10mila persone. Entro la fine di dicembre sarà emanato il primo avviso che riguarderà gli incentivi per l’occupazione. Il Patto prevede di ripartire e assegnare risorse ad ogni territorio su base provinciale, tenendo conto della situazione economica, sociale e occupazionale dei territori e dell’eventuale presenza di aree di crisi complessa e non complessa e delle aree interne, secondo un modello definito da Irpet. Alle aree di crisi industriale complessa (Livorno e Piombino), non complessa (Massa Carrara) e regionale è stata assegnata una quota di risorse pari complessivamente al 25% dell’intero budget. In prima battuta è previsto lo stanziamento del 50% delle risorse totali disponibili, per consentire monitoraggi e valutazioni su riparti territoriali ed efficacia delle misure. Una sorta, quindi, di prima fase di sperimentazione, durante la quale assessorato al lavoro e Commissione regionale permanente tripartita potranno mettere in campo, se necessario, eventuali correttivi, superare, implementare o introdurre altre misure, anche alla luce dell’attuazione degli strumenti previsti dal Pnrr, della nuova programmazione Fse+ 2021/2027 e del mutato scenario socio-economico.

Digital Recruiting Week, pubblicato il calendario 2023

Pubblicato il 𝒄𝒂𝒍𝒆𝒏𝒅𝒂𝒓𝒊𝒐 𝟐𝟎𝟐𝟑 di 𝑫𝒊𝒈𝒊𝒕𝒂𝒍 𝑹𝒆𝒄𝒓𝒖𝒊𝒕𝒊𝒏𝒈 𝑾𝒆𝒆𝒌: i migliori eventi di recruiting ed employer branding per incontrare i giovani talenti a target dalle Università di tutta Italia. Sono tornati anche gli 𝙚𝙫𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙞𝙣 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙚𝙣𝙯𝙖, garantendo così un mix flessibile ed efficace per raggiungere gli obiettivi Hr.

Ecco gli eventi in presenza:

Milano: 22 marzo
Padova: 19 aprile
Napoli: 10 maggio
Roma Sapienza: 11 ottobre
Bologna: 8 novembre

E quelli digitali:

· Digital Recruiting Week Sales&Marketing: 6-10 marzo, 2-6 ottobre

· Digital Recruiting Week STEM: 20-24 marzo, 6-10 novembre

· Coding Challenge Week: 27-31 marzo, 3-7 luglio, 4-8 dicembre

· Coding Challenge Week SENIOR: 3-7 aprile, 10-14 luglio, 11-15 dicembre

· Digital Diversity Week: 17-21 aprile, 27 novembre-1 dicembre

· Digital Recruiting Week ENGINEERING: 22-26 maggio, 20-24 novembre

· Digital Recruiting Week LEGAL: 5-9 giugno

· Digital Recruiting Week EMPOWER GIRLS: STEM 19-23 giugno, open 23-27 ottobre.

Banca Ifis e Coni, borse di studio a giovani talenti

Per il secondo anno consecutivo Banca Ifis è a fianco del Coni per sostenere il percorso di crescita dei giovani campioni dello sport azzurro attraverso la donazione di borse di studio per un valore complessivo pari a 160mila euro. «Tutto nasce da un rapporto personale tra me e il presidente Ernesto Fürstenberg Fassio: è incredibile la sua attenzione verso il mondo dello sport. Ricordo ancora la sua chiamata dello scorso anno, mi chiese cosa avremmo potuto fare insieme avendo a disposizione dei fondi per lo
sport. Nacque l’idea di dare una borsa di studio a tutte le atlete e agli atleti che hanno vinto una medaglia mondiale under 18. Potrebbe sembrare la cosa più ovvia, ma non ci aveva mai pensato nessuno. Ernesto ha accolto con grande entusiasmo l’idea. Quest’anno la borsa di studio è di poco inferiore, un pochino mi spiace ma la ragione è semplice: nel 2022 abbiamo vinto più medaglie. Credo che tutte le ragazze e i ragazzi debbano essere grati per questa iniziativa: grazie Banca Ifis, da parte
nostra c’è riconoscenza assoluta», ha dichiarato il presidente del Coni Giovanni Malagò. «Siamo felici di proseguire il percorso iniziato lo scorso anno a fianco del Coni a sostegno dello sport italiano, aiutando i giovani atleti nel coniugare al meglio gli aspetti formativi e agonistici. Lo sport rappresenta un tratto distintivo del Dna di Banca Ifis che ci porta a sostenere iniziative meritevoli, sia in campo professionistico che amatoriale e giovanile. Proprio per questo motivo, consapevoli del nostro ruolo all’interno delle comunità in cui operiamo, abbiamo voluto presentare un approfondimento del nostro Osservatorio sullo Sport System italiano, che fa luce sulla straordinaria capacità che il settore giovanile ha di creare valore, economico e sociale, per il nostro Paese. Un futuro più sostenibile passa soprattutto dai giovani ed è nostro dovere sostenerli, insieme, attraverso partnership come queste in grado
di coinvolgere con successo realtà pubbliche e private», ha concluso Ernesto Fürstenberg Fassio, presidente di Banca Ifis.

Dedagroup Digital Academy, al via la Cyber & Operative Systems Edition​​

Si amplia l’offerta formativa della Dedagroup Digital Academy, la scuola di impresa rivolta a giovani di talento con età massima di 28 anni, creata da Dedagroup, polo di aggregazione delle eccellenze italiane del Software e delle Soluzioni As a Service (SaaS). Sono aperte le iscrizioni alla prima edizione della Cyber & Operative Systems Edition, programma pensato per favorire lo sviluppo dei professionisti di domani in ambito IT e Cloud, preparando i partecipanti ad affrontare con competenza e visione il sempre più strategico segmento della cybersecurity aziendale. Secondo il Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, nei primi sei mesi del 2022 sono stati oltre 1.100 gli attacchi cyber gravi, in crescita del’8,4% rispetto all’anno precedente per una media complessiva di 190 attacchi al mese – uno ogni quattro ore – e con un picco di 225 attacchi a marzo (conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina), il valore più alto mai verificato. Un problema questo, acuito anche dall’importante carenza di professionisti della cybersecurity. Secondo l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, infatti, a fronte di una grande richiesta da parte delle imprese, in Italia mancano 100.000 esperti. Da qui la volontà di Dedagroup di rispondere alle nuove esigenze del mercato, ampliando il proprio programma di Academy con un percorso di studi verticalizzato sui temi della Cybersecurity e degli Operative Systems. Cyber & Operative Systems Edition è un percorso di formazione full time e di training on the job della durata complessiva di sei mesi, rivolto a diplomati, laureandi e neolaureati in percorsi tecnico-scientifici o informatici con un buon livello di conoscenza della lingua inglese. Il programma, che prenderà il via il 9 gennaio 2023 e che offre ai partecipanti una concreta opportunità di inserimento all’interno del Gruppo, è declinato su aree specifiche – sicurezza informatica e sistemi operativi – e ha l’obiettivo di formare due figure professionali: i Cybersecurity Engineer, che supporteranno la costruzione e il perfezionamento della strategia di sicurezza, per instaurare un ciclo di azioni continuative per il suo miglioramento e per ottimizzare gli investimenti, e i System Engineer, che affronteranno temi relativi ai servizi, al supporto per la gestione, al monitoraggio, all’ottimizzazione dei sistemi IT infrastrutturali e dei principali database, sistemi operativi e virtual machine. La formazione in aula – erogata sia in modalità digital che fisica – sarà suddivisa in due fasi: la prima comune a tutti i partecipanti con focus legati al Project Management, alle Soft Skills e agli Economics aziendali. La seconda vedrà Cybersecurity Engineer e System Engineer coinvolti in due diversi percorsi di specializzazione professionale nei mondi del Networking e della Security By Design e nell’ambito dei sistemi operativi, come Windows Server e Linux. Cuore e valore aggiunto della Dedagroup Digital Academy è il percorso di training on the job, durante il quale i partecipanti potranno sperimentare sul campo la realtà lavorativa, interagendo con i colleghi nel quotidiano e scoprendo come nascono e si sviluppano le soluzioni software e i servizi Made in Italy di Dedagroup. Un ruolo chiave, in questo percorso, è svolto dalle Deda People che saranno coinvolte sia durante le sessioni teoriche, sia in qualità di coach nella fase di training on the job, promuovendo il trasferimento di know-how e la diffusione di valori, cultura ed esperienze: tutti elementi importanti per conoscere al meglio il proprio ruolo e assolverlo con passione, perché il successo di un’organizzazione si misura anche sulla soddisfazione delle sue risorse. I giovani che prenderanno parte alla Dedagroup Digital Academy – Cyber & Operative Systems Edition entreranno infatti a fare parte di un Gruppo che, oltre alla crescita delle proprie persone, ha a cuore il loro benessere e che è consapevole del proprio ruolo nel migliorare la società in cui opera. Durante il suo percorso di sviluppo, Dedagroup ha perseguito l’obiettivo dell’impegno sociale, proprio nella convinzione che la competitività si debba indissolubilmente accompagnare alla sensibilità etica e alla crescita sostenibile: principi, questi, che fanno saldamente parte della sua cultura aziendale. Recentemente, Dedagroup ha ottenuto la certificazione etica SA8000, la prima norma riconosciuta a livello mondiale che attesta l’implementazione di un’efficace Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale nell’ambito dei diritti dei lavoratori e del loro benessere in azienda. Il Gruppo si impegna così a rispettare i più rigorosi standard di condotta etica e professionale nei confronti dei propri dipendenti, collaboratori e di tutti i referenti.