Jet privato si schianta in Russia, “il capo della Wagner Prigozhin nella lista dei passeggeri”

La Tass: morte tutte e dieci le persone a bordo. L’aereo era in volo tra Mosca e San Pietroburgo. Recuperati quattro corpi. I mercenari: abbattuto dai russi; con lui anche il n.2 Dmitri Utkin

Jet privato si schianta in Russia, "il capo della Wagner Prigozhin nella lista dei passeggeri"

AGI – Un jet privato Embraer si è schiantato nella regione di Tver, in Russia. Nella lista dei passeggeri a bordo c’era anche il capo della società di mercenari Wagner, Evgheni PrigozhinTutte e 10 le persone a bordo sono morte. Lo ha riferito l’Agenzia federale per il trasporto aereo che ha avviato un’indagine sull’incidente, secondo quanto riporta la Tass.

“L’aereo Embraer stava volando dall’aeroporto di Mosca Sheremetyevo verso San Pietroburgo. A bordo c’erano tre piloti e sette passeggeri. Sono morti tutti”, riporta la Tass secondo la quale l’incidente è avvenuto vicino al villaggio di Kuzhenkino.
Telegram Wagner, a bordo jet anche braccio destro Prigozhin
A bordo dell’Embraer precipitato in Russia, nella regione di Tver, c’era anche il numero due del fondatore della società di mercenari Wagner, Dmitri Utkin. Lo riportano diversi canali telegram legati alla stessa Wagner, tra cui Vck-Ogpu.

A loro volta, i servizi di emergenza hanno riferito che sono stati ritrovati i corpi di quattro persone. L’aereo è bruciato quando ha toccato il suolo, era in volo da meno di mezz’ora. Uno dei canali Telegram legati alla Wagner sostiene che il jet sia stato abbattutto dalla contraerea russa.

Ucraina-Russia: i droni e le tonache

Nell’aggressione russa all’Ucraina si sperimentano da ambo le parti le armi più moderne di cui sono esempio i droni, ma riemergono anche correnti religiose di lunga durata espresse dal personale ecclesiastico. Tecnica militare e riferimenti religiosi ancorati nei secoli si intrecciano.

Gli elementi di cronaca delle recenti settimane vanno rapportati alla coscienza religiosa e si possono ricondurre a tre elementi: la condizione delle popolazioni nelle aree occupate dai russi (Donbass e Crimea), l’acceso dibattito sul collaborazionismo o meno della Chiesa ortodossa non autocefala in Ucraina (essa fa riferimento al metropolita Onufrio) e il peso della giustificazione alla guerra d’aggressione da parte del patriarca Cirillo di Mosca.

Deportazione dei bambini
Un decreto presidenziale di Putin (27 aprile) impone agli abitanti dei territori annessi di prendere la nazionalità russa e il passaporto della federazione prima del prossimo luglio. Quelli che non lo faranno saranno considerati stranieri e passibili di espulsione.

L’ordine riguarda la Crimea, occupata dal 2014, ma anche i nuovi territori del Donbass. Qui un milione circa ha già provveduto, ma non mancano i refrattari. In ogni caso, anche coloro che accettano la cittadinanza russa sono soggetti a pene come la deportazione se vengono riconosciuti come una minaccia per la sicurezza nazionale.

Per l’arcivescovo greco-cattolico Borys Gudziak l’insostenibile giustificazione spirituale della Chiesa ortodossa russa copre la deportazione di migliaia di bambini (il Consiglio d’Europa ha formulato l’imputazione di genocidio), l’accusa ai non ortodossi di essere nemici del popolo e spie americane, l’arresto e tortura dei preti greco-cattolici, la chiusura delle chiese. Numerosi battisti, mormoni, testimoni di Geova, cattolici «hanno visto i loro membri arrestati, incarcerati o deportati».

Nel Donbass 29 responsabili religiosi sono stati arrestati e in Ucraina 500 chiese sono state bombardate. Il bilancio da parte del patriarcato di Mosca è diverso. Sono state consegnate 2.850 tonnellate di aiuti, organizzati corsi per le suore con funzione di infermiere, attivati 200 volontari per la ricostruzione delle case a Mariupol. La nostra priorità? «Il completo ripristino della vita religiosa parrocchiale… attraverso il dialogo con le autorità locali».

La lavra e i collaborazionisti
La soluzione del contratto con la Chiesa non autocefala per l’uso della lavra delle grotte a Kiev da parte dell’amministrazione ha scatenato l’attenzione locale e internazionale (primo articolo: qui; secondo: qui; terzo: qui). Alcune chiese del complesso monastico sono già state destinate alla Chiesa autocefala (di Epifanio), ma i monaci (circa 200) sono rimasti. Sono stati avviati diversi processi coi tribunali civili e amministrativi. Per ora un solo monaco è passato dall’obbedienza a Onufrio a quella di Epifanio, subito interdetto dal primo.

Un caso a parte è quello del vescovo Paolo (Lebed), responsabile della lavra e molto chiacchierato per uno stile di vita lussuoso, proprietario di case e amante di autovetture di pregio. Già privato di alcuni diritti è stato messo ai domiciliari in una delle sue dimore. Ha detto ai monaci: «Non abbandonate la lavra, non diventate traditori».

L’accusa ripetuta ad alcuni responsabili della Chiesa non autocefala è di collaborare col nemico russo, mentre ogni giorno muoiono un centinaio di soldati ucraini in prima linea. Per il deputato ucraino V. Storozhuk troppi collaborazionisti «in talare» hanno benedetto i «liberatori» russi cooperando attivamente con loro con attività di spionaggio. Il già citato vescovo Paolo ha esaltato pubblicamente l’occupazione di Kherson da parte delle truppe di Putin. Un diacono, l’oligarca russo-ucraino V. Novinsky, ha negato che il patriarca Cirillo sostenga la guerra di aggressione.

Per il teologo russo dissidente, C. Hovurum, il metropolita Onufrio sa del collaborazionismo di alcuni suoi vescovi, ma non ha fatto nulla per impedirlo. Eppure, nel caso del vescovo Antonio di Kmelnytskyi, è bastato un sospetto di trasferimento alla Chiesa autocefala per sostituirlo. Il capo dei servizi segreti ucraino V. Malyuk ha detto di avere scambiato alcuni pope con prigionieri ucraini perché il «nemico apprezza molto in suoi agenti in tonaca».

Fra i vescovi, i collaborazionisti sarebbero una ventina su un centinaio. Il vescovo Serafino di Frankivsk, dopo l’invasione, è fuggito in Russia al servizio di Cirillo senza più tornare. Il suo sostituto, Nikita, è stato accusato di condotte immorali. Il vescovo Teodosio si Cherkassy è stato per alcuni mesi agli arresti domiciliari. Dopo la lavra di Kiev, anche il complesso monastico di Potchaȉev verrà probabilmente sottratto alla Chiesa autocefala.

Dubbi sulla libertà religiosa
Lo stesso Onufrio, molto rispettato per il suo equilibrio e la vita austera, è stato coinvolto nell’accusa di possedere un passaporto russo. Ha dovuto darne una lunga e circostanziata spiegazione affermando di aver abbandonato la cittadinanza russa da anni. «Non ho un passaporto russo… mi considero un cittadino ucraino».

Ai monaci e alla monache arriva la sollecitazione ad abbandonare la Chiesa non autocefala: ha testimoniato l’igumena (superiora) del monastero Sant’Arcangelo di Odessa. Il rettore dell’Accademia collocata nella Lavra delle grotte ha scritto a Bartolomeo di Costantinopoli per denunciare l’attiva partecipazione della Chiesa autocefala alle violenze contro chiese e monasteri che fanno riferimento a Onufrio.

Una voce a parte è quella della Chiesa greco-cattolica. L’arcivescovo maggiore, Svitoslav Shevchuk, ha messo in guardia le autorità dal «creare dei martiri», illudendosi di spegnere una comunità credente. È però consapevole delle ambiguità che abitano la Chiesa non autocefala, il cui comportamento richiama quello degli oligarchi. Quando lo stato «esige il rispetto delle leggi, diventa chiaro che quanti non le hanno mai rispettate possano sentirsi perseguitati», sentirsi offesi perché invitati a rispettarle. È legittimo che lo stato intervenga quando una Chiesa diventa pericolosa per la sicurezza di tutti. Purtroppo, ciò penalizza tutte le comunità credenti perché tutte perdono di credibilità agli occhi della popolazione.

La spinta dei politici e dei media a penalizzare la Chiesa non autocefala solleva qualche dubbio sulla correttezza formale delle decisioni. Di queste ambiguità si alimentano le molte denunce, interne ed esterne, che reclamano il rispetto dei diritti di libertà di religione e di pensiero: dal patriarca ortodosso copto, Tawadros, a quello serbo, Porfirio, dall’istituto San Sergio (Parigi) al metropolita del Montenegro, Giovanni, dalla KEK (consiglio delle Chiese d’Europa) ad alcune istituzioni politiche. Le sentenze dei tribunali forniranno una indicazione importante.

Cirillo: mai preso ordini
Privo di ogni incertezza e ambiguità è il sostegno del patriarca Cirillo di Mosca alla guerra contro l’Ucraina. Anche a costo di smentire le sue affermazioni. Nell’intervento che fece all’assemblea ecumenica di Basilea (15-21 maggio 1989) esaltava la democratizzazione interna di Gorbaciov e anzi auspicava una «democratizzazione interna profonda» per l’intera società. E citava Ef 6,12 (la lotta non contro le creature ma contro i Principati e le Potestà) non applicandola all’Occidente come fa ora, ma come impegno «morale comune a tutti».

Un appoggio alla guerra anche a costo di smentire un magistero da lui stesso approvato, come un passaggio de I fondamenti della concezione sociale (concilio russo 2000) in cui al capitolo terzo, n. 5 si esclude la giustificazione ecclesiale per «una guerra civile o una guerra di aggressione esterna». Il 18 aprile proclama: «l’isola della libertà è il nostro paese e la nostra Chiesa».

E reagisce con forza davanti alle accuse di prendere ordini da Putin. «Davanti a Dio vi dico: il presidente non ha mai dato ordini al patriarca, non li sta dando e, ne sono certo, non li darà». Ed esalta la “sinfonia” Chiesa-politica che neppure a Bisanzio «fu mai pienamente realizzata».

Il 21 aprile trasforma l’aggressore in aggredito. La «difesa della patria è il più grande dovere e un atto santo… Invito tutti voi ad elevare oggi una preghiera speciale per il nostro presidente, per le autorità e il nostro esercito, e per tutto il popolo, affinché nessuna forza malvagia esterna possa dividerci e quindi indebolirci».

Il 30 aprile irride quanti «percepiscono ancora il cosiddetto mondo occidentale come ideale. Ma questo non è ideale, è la fine, è la morte della civiltà! Matrimoni tra persone dello stesso sesso, pedofilia, “libertà” che distrugge completamente la personalità: tutto ciò che ferisce la persona, la sua autenticità, la sua natura. E qualsiasi politico pensante deve capire: non c’è prospettiva di vita dall’altra parte (Occidente), perché tutto ciò che oggi viene presentato lì come ideale, viene dall’Anticristo, dal demone. Contro Gesù Cristo».

E attribuisce le diverse posizioni delle Chiese d’Occidente alla paura: «Sì, hanno paura! Noi, anche nell’Unione Sovietica, non avevamo paura di andare controcorrente!».

Paura di chi?
Eppure, nello stesso giorno, in un’omelia durante l’ordinazione di un vescovo, mette in guardia l’eletto dalla paura: «È molto importante che il timore di Dio ti aiuti a superare la tua paura terrena e quotidiana. Chi ha paura non sa gestire efficacemente la Chiesa e guidare il popolo. La sua parola non sarà autorevole per chi ascolta. Come un capitano che ha paura di una tempesta non può guidare la nave sulla giusta rotta con mano ferma».

Il 18 aprile denuncia un pericoloso «nemico interno» e, qualche giorno dopo, specifica: «Oggi la nostra preghiera è per la nostra patria, affinché il Signore la protegga dai nemici esterni e interni, da tutti coloro che non associano la propria vita alla Russia, che sono pronti a fare soldi in Russia, ma non sono mai stati pronti a servire la patria. Dobbiamo educare le persone, anche attraverso la predicazione, all’amore per la patria che è la virtù più grande».

La cecità dell’Occidente
Dai dati di cronaca prende figura una riflessione critica di Jean-François Colosimo verso l’Occidente sul peso della fede nell’attuale contesto bellico internazionale. Senza questo non si comprende che «Vladimir Putin, in nome di una religione reinventata (Ortodossia russa o russismo ortodosso), ma con uno zelo indiscutibilmente religioso, attacchi l’Ucraina non senza disprezzare la nostra supposta a-religione e burlandosi dell’Occidente anatematizzato come decadente nei suoi costumi perché declinante nel suo credo. Che cosa ci è successo? Abbiamo castrato la storia e la geografia che la religione ha plasmato molto più che qualsiasi altra istanza ed esse sono diventate per noi come lingue straniere. Abbiamo omesso che il fatto religioso è prioritario, che appartiene al codice genetico, che struttura le mentalità collettive e che non ha bisogno di essere manipolato per influire. Abbiamo mal-giudicato che, se c’è una divisione del mondo in aree e blocchi, essa risiede anzitutto nell’immaginario. Le rappresentazioni simboliche istruiscono le istituzioni politiche, economiche e sociali. Non il contrario. Abbiamo rimosso che la cultura procede sempre dal culto. Nessuna frontiera d’ordine fisico ha mai impedito uno scontro dalle pretese metafisiche. E, infine, abbiamo occultato che il sacrificio supremo si compie tanto meglio quando viene comandato da una figura invisibile e non dimostrabile» (La crocifixion de l’Ucraine, Parigi 2022, p. 206).
settimananews.it

‘Giovane donna russa arrestata per attentato a San Pietroburgo’

 © EPA
(ANSA) – ROMA, 03 APR – Le forze di sicurezza russe hanno arrestato una ragazza di 26 anni, Daria Trepova, residente a San Pietroburgo, sospettata dell’omicidio del propagandista Vladlen Tatarsky avvenuto ieri.
Lo riporta Ukrainska Pravda citando alcuni media russi tra cui Interfax, che a sua volta cita una “fonte informata”.
Secondo la fonte, la donna avrebbe portato al caffè una scatola con un busto di Tatarsky, in cui era montato un ordigno esplosivo. Non c’è ancora una conferma ufficiale di queste informazioni.
Secondo altri media Daria Trepova era stata precedentemente arrestata il 24 febbraio durante una manifestazione contro la guerra.

Scongiurare il rischio di armi nucleari

 © ANSA
– Sull’Ucraina si deve “cercare di convincere la Russia a venire a più miti consigli e sedersi ad una tavolo per trattare una soluzione pacifica della crisi in Ucraina.

Naturalmente la pace, per quanto ci riguarda, significa una pace che preveda non la sconfitta dell’Ucraina, ma il ritiro delle truppe russe”.

Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tgcom24.
“Tutti quanti lavoriamo per raggiungere l’obiettivo della pace – ha aggiunto -. Vogliamo scongiurare assolutamente qualsiasi rischio, anche ipotetico, di utilizzo di armi nucleari, seppur tattiche, quindi limitate ad alcune zone, perché sarebbe una sciagura”. (ANSA).

Perugia-Assisi, la notte della marcia: «La politica può fermare la guerra»

La marcia si concluderà con una preghiera per la pace sulla tomba di san Francesco

La lunga notte della pace inizierà questa sera alle ore 21 a Perugia e si concluderà domani mattina ad Assisi, alle ore 6, quando è atteso l’arrivo della marcia straordinaria, convocata dal mondo pacifista in corrispondenza del primo anniversario del conflitto in Ucraina. Nove ore ininterrotte per discutere, confrontarsi, camminare e testimoniare, con i fatti, la scelta profetica della nonviolenza.

«Ecco cosa può fare la politica» dicono i promotori della mobilitazione, nell’appello condiviso sui social. Bastano i primi tre punti per chiarire che cosa si aspetta la società civile. «La politica deve riconoscere che è interesse degli ucraini, ma anche dei russi e nostro, che la guerra finisca al più presto e che si cominci a costruire la pace con “soluzioni concordate, giuste e stabili”». In secondo luogo, è necessario ammettere che « la “guerra alla guerra” di Putin non lo sta fermando» e che, punto numero tre, «l’invio nel campo di battaglia di armi sempre più potenti e sofisticate alimenta l’escalation militare, moltiplica gli orrori e innalza il livello dello scontro».

Il prologo e il cammino

Alle ore 21, i partecipanti alla marcia straordinaria Perugia-Assisi si incontreranno nella Sala dei Notari del Palazzo dei Priori per un” incontro di riflessione e proposta” contro tutte le guerre. Tra gli altri, interverranno l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Ivan Maffeis, Mario Giro, della Comunità di Sant’Egidio, Stefania Proietti, sindaca di Assisi e presidente della Provincia di Perugia, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire e Flavio Lotti, coordinatore della Marcia.

È proprio Lotti a raccontare le ore che precedono la mobilitazione, che comincerà a mezzanotte. «Si tratta di un’assoluta prima volta – spiega -. Perché abbiamo deciso di testimoniare il nostro “sì” alla pace nel buio della notte: è un gesto radicale, in una fase storica che richiede gesti simbolici radicali». Anche logisticamente, organizzare il percorso in notturna tra i borghi umbri non è cosa banale, ma è significativo che più di 700 persone si siano già iscritte alla marcia, pagandosi il viaggio e le altre spese. «Colpisce che due partecipanti su tre, tra quanti verranno, non fanno parte di associazioni coinvolte nella mobilitazione iniziale – continua Lotti -. È semplicemente gente preoccupata per l’abisso in cui stiamo cadendo, nel silenzio del mondo».

Per il resto, il variegato mondo pacifista, riunito ancora una volta sotto il cartello di Europe for peace, comprende il mondo laico e il mondo cattolico, «l’Anpi e i salesiani» esemplifica Lotti. Per ogni persona che sarà presente, stimano gli organizzatori, ce ne saranno «tante altre che avrebbero voluto esserci e non ci saranno, per ragioni contingenti. Marceremo anche per loro, ben sapendo che la maggioranza dell’opinione pubblica è stufa di bombe e carri armati».

La conclusione, la mattina presto ad Assisi, sarà ancora più simbolica, con la preghiera per la pace sulla tomba di san Francesco, la lettura di un brano della “Pacem in Terris” e la ripresa dell’appello per il cessate il fuoco pronunciato dal Papa lo scorso 2 ottobre.

Le condizioni per la tregua

La giornata di riflessione prevede nella mattinata odierna anche un incontro pubblico organizzato da Articolo 21 sull’informazione di guerra. Il peso della propaganda bellica e la necessità di cambiare linguaggio sono tra i punti-chiave della svolta in senso diplomatico richiesta dai manifestanti. «Ottenere il cessate il fuoco vuol dire fermare i combattimenti e promuovere la de-escalation militare. Sappiamo che è difficile, ma è necessario. Per questo dobbiamo fare ogni sforzo per ottenerlo – si legge nella piattaforma di proposta alla politica -. Servono autorità, visione, volontà di collaborare e potere persuasivo. Sarà necessaria la pressione di molti».

In questo senso, la notte della marcia è un altro passo, il più emblematico forse, del lungo cammino intrapreso quasi un anno fa. Un segnale rivolto all’Italia e all’Europa, in attesa dell’alba.

avvenire.it

Mosca ammassa aerei al confine. Timori per nuove offensive

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AGI – Le forze russe avanzano su diversi fronti nel Donbass, ma non conquisteranno facilmente la città di Bakhmut, come ha riconosciuto oggi il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin. Nel frattempo starebbero comunque ammassando aerei da guerra al confine con l’Ucraina per un attacco a sostegno dell’offensiva terrestre in stallo, secondo fonti di intelligence occidentali citate dal Financial Times.

La notizia non è stata tuttavia confermata dal segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, nella conferenza stampa a conclusione della riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. “Attualmente non li vediamo ancora, ma sappiamo che la Russia ha un numero considerevole di aerei nella sua disponibilità. Per questo enfatizziamo il fatto che dobbiamo fare tutto il possibile perché l’Ucraina abbia le capacità di difesa aerea”, ha detto Austin.
Nel suo aggiornamento quotidiano sul conflitto, l’intelligence britannica ha spiegato che i russi stanno facendo progressi, ma non sono decisivi a causa della insufficiente “potenza di combattimento offensivo” su ogni asse. “Negli ultimi tre giorni, le forze del Gruppo Wagner hanno quasi certamente compiuto ulteriori piccoli guadagni intorno alla periferia settentrionale della città contesa di Bakhmut”, in particolare nel villaggio di Krasna Hora. Tuttavia, hanno osservato gli analisti britannici, “la difesa ucraina organizzata continua nella zona”.
“Bakhmut non verrà presa domani, perché c’é una forte resistenza e il tritacarne funziona”, ha detto su Telegram Yevgeniy Prigozhin, capo della Wagner, la famosa organizzazione militare russa privata. “Non ci saranno festeggiamenti a breve”, ha aggiunto Prigozhin.
Ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha affermato che “stiamo già assistendo alla nuova offensiva” russa con “Mosca che sta mandando migliaia e migliaia di soldati, accettando tante perdite, perché Putin cerca di rimpiazzare ciò che manca nella qualità con la quantità”.

Oslo, Russia dispiega navi con armi nucleari nel Baltico

 © EPA

– La Russia ha iniziato a dispiegare navi tattiche con armi nucleari nel Mar Baltico, per la prima volta negli ultimi 30 anni, ha affermato il servizio di intelligence norvegese nel suo rapporto annuale citato da Politico. “La parte fondamentale del potenziale nucleare è sui sottomarini e sulle navi di superficie della Flotta del Nord”, hanno osservato gli 007 di Oslo aggiungendo che le armi nucleari tattiche sono “una minaccia particolarmente seria in diversi scenari operativi in ;;cui i Paesi della Nato potrebbero essere coinvolti”. Le navi da guerra della Flotta del Nord andavano regolarmente in mare con armi nucleari durante l’era della Guerra Fredda, ma questa è la prima volta che Federazione Russa fa la stessa cosa, osserva il report. L’intelligence norvegese ha anche sottolineato che non si può escludere un’escalation di una guerra localizzata in un conflitto più ampio che coinvolga gli Stati Uniti, la Nato e la Norvegia. L’agenzia ha valutato che mentre la Russia manterrà, modernizzerà e svilupperà il suo arsenale nucleare, nei prossimi anni non sono previsti cambiamenti significativi nella dottrina nucleare russa. (ANSA).

Sanremo. Tananai, un Tango di guerra per cantare la pace

Tananai, un Tango di guerra per cantare la pace

Nel video del brano di Tananai i filmati scambiati da una coppia ucraina, con una figlia, separata dal conflitto. E la canzone decolla sui social «Lancio un messaggio di umanità e di amore»

«Amore tra le palazzine a fuoco / la tua voce riconosco / noi non siamo come loro» canta Tananai mentre le bombe colpiscono i palazzi in Ucraina e si vede un uomo al fronte che carica un mitra, «è quello che sono, e non volevo esserlo». Lascia a bocca aperta il video di Tango, il brano che il cantante 27enne, vero nome Alberto Cotta Ramusino, ha portato in gara al Festival di Sanremo e che alla luce di queste immagini rivela tutto un altro significato, commuovendo davvero. E punta dritto al podio nella finalissima di stasera l’outsider che non ti aspettavi, arrivato ultimo l’anno scorso al Festival con la giocosa Sesso occasionale per poi diventare invece presto una star delle classifiche (lo vedremo da maggio in tour nei palazzetti). Dall’anno scorso ha messo la testa a posto, ha preso lezioni di canto e ha deciso di affrontare questo mestiere in modo più professionale, come dimostra questo brano che vede tra gli autori, oltre a Tananai, Paolo Antonacci e Davide Simonetta. Diretto da Olmo Parenti per la produzione di A Thing By, il video racconta la storia a distanza di Olga e Maxim, due ragazzi di 35 anni provenienti da Smolino, una cittadina in Ucraina nella provincia di Kirovohrag, che insieme hanno una figlia di 14 anni, Liza. Ed è già diventato virale sui social. Immagini girate dai protagonisti stessi con il loro cellulare e inviate l’uno all’altra raccontano nel video la nuova realtà della coppia e della famiglia separata dalla guerra. Prima dell’inizio del conflitto, Olga faceva la segretaria in una clinica, Maxim è un militare e combatte al fronte fin dal febbraio 2022. Olga e la figlia Liza sono scappate in Italia il 28 marzo 2022, circa un mese dopo l’inizio dell’invasione russa.

Scusi Alberto, come mai sino ad ora non aveva mai rivelato il contenuto reale del suo brano?
Non volevo banalizzare o strumentalizzare la loro storia. Volevo che arrivasse prima la canzone sul palco, ma ora ci tengo a raccontare questa storia e al messaggio. Era difficile veicolarlo nel modo corretto senza avere visto prima il video che è uscito due giorni fa.

Come è venuto a conoscenza della storia di Olga e Maxim?
Ero impegnato nella scrittura di Tango quando mi è stata raccontata dal mio amico Olmo, il regista del video, la storia di Olga e Maxim e sono stato subito travolto da emozioni forti e contrastanti. Mi sono reso conto che il brano su un amore a distanza parla anche di loro e ho continuato a scriverlo pensando alla loro storia. Olmo poi si è fatto dare da loro i video girati coi telefonini, da quando erano felici ai video toccanti che si scambiano oggi dal fronte.

Lei ha avuto occasione di conoscere Olga e parlarle?
Purtroppo no. Olga e sua figlia quando sono arrivate in Italia hanno passato qualche giorno nelle strutture statali di prima accoglienza ma dopo poco hanno dovuto cercarsi una stanza dove stare, trovando ospitalità nella casa di un signore italiano nel quartiere Isola di Milano. Lei ora è dovuta tornare in Ucraina perché non ce la faceva a restare. Ma lei e suo marito sono ancora divisi perché lui è al fronte.

Quale messaggio vuole fare passare attraverso questo brano e video?
L’obiettivo della mia musica è sempre stato quello di arrivare a più persone possibili e mi sembrava giusto, visto il tema della canzone, dare voce e immagini alla testimonianza di questi due ragazzi ucraini, rappresentando una delle tipologie di relazione a distanza, quella a cui non penseremmo mai: la separazione forzata a causa di una guerra. È passato un anno dall’inizio di questo conflitto e forse ci siamo dimenticati che non si tratta solo di strategia e politica ma di quotidianità che si sfaldano e si riadattano per non far svanire ogni traccia di umanità, di amore.

Un messaggio di pace inaspettato all’Ariston, soprattutto da un cantante noto per la sua immagine allegra e scanzonata.
A Sanremo ho portato un altro lato di me e questo momento lo sto vivendo molto fieramente: sono sicuro che sto facendo una cosa bella che può veicolare un messaggio di pace e umanità. E’ chiaro che pochi possono cambiare la situazione, ma questo video nel suo piccolo forse può aiutare a cambiare qualcosa. A ricordarci quanto siamo fortunati, ad essere grati di quello che abbiamo. Quando sei grato e soddisfatto sei portato più a fare del bene che del male.

Questo brano sarebbe perfetto per gareggiare ad Eurovision, che si terrà dal 9 all’11 maggio a Liverpool invece che in Ucraina. Le piacerebbe cantarlo là?
Innanzitutto in gara a Sanremo, che dà l’accesso a Eurovision, ci sono degli artisti tostissimi… Io porto sul palco che reputo migliore quello che desidero esprimere in quel momento. L’anno scorso ho portato al Festival l’allegria, quest’anno un messaggio di pace. Certo, andare a Eurovision sarebbe bellissimo soprattutto perché il mio sogno sarebbe portare il video di Tango a più persone nel mondo.

Questa sera, poco prima della proclamazione del vincitore, Amadeus leggerà una lettera del presidente ucraino Zelensky, dopoché vi erano state alcune polemiche sull’opportunità di trasmettere un videomessaggio al Festival. Che ne pensa?
Vorrei specificare che il mio messaggio è apolitico, è un puro parlare della storia di due ragazzi, delle avversità che affrontano e di quanto le guerre siano una schifezza. Non ho una idea sulla questione, so solo che io ho fatto il mio.

Anche questo brano fa parte della sua maturazione umana e artistica?
Nell’ultimo anno ho vissuto esperienze incredibili, ho fatto tanti concerti e conosciuto professionisti del settore. E ho capito che mi piace parlare di tutto quello che sento vicino a me oltre, parlando con più persone, aprendomi di più al mondo. E poi resta sempre anche la mia parte allegra. Nel tour vorrei venisse più gente possibile a cantare Tango e anche le altre canzoni, quelle che fanno ballare e divertire. Sarà una festa, una celebrazione pura della musica.
avvenire

Ucraina. «Fermiamo la guerra o saremo coinvolti. In marcia ad Assisi per la pace»

Lotti (Tavola per la pace) spiega la scelta di una Perugia-Assisi straordinaria il 24 febbraio: la situazione si è aggravata, va rilanciata urgentemente l’azione diplomatica
Per la pace in Ucraina e non solo

Per la pace in Ucraina e non solo – Siciliani

La guerra in Ucraina, senza una drastica sterzata verso la via diplomatica, rischia di dilagare. Allargandosi agli stati vicini, ma anche ai paesi europei fornitori di armi. A pochi giorni dal primo anniversario dell’invasione russa, il coordinatore della Perugia-Assisi Flavio Lotti mette in guardia: «Continuando così, il pericolo più grande è quello di essere costretti tra non molto a scegliere tra inviare i nostri soldati o lasciare che la Russia prosegua l’invasione». Per questo il 24 febbraio ci sarà una Marcia della pace straordinaria e in notturna: «Come il buio che angoscia i civili Ucraini. E in cui brancolano anche i leader politici»

Dopo le due manifestazioni nazionali a Roma, 5 marzo 2021 e 5 novembre 2022, e la Perugia Assisi straordinaria del 24 aprile scorso, il popolo della pace manifesta ancora.

C’è l’urgenza pressante di un rilancio dell’azione diplomatica. L’aggravarsi della situazione impone una nuova mobilitazione popolare. Il vortice della guerra sta risucchiando tutto, il problema non è più solo di quante armi inviare in Ucraina, ma di come scongiurare il coinvolgimento diretto dei nostri Paesi. Siamo vicini al punto di non ritorno.

Sul piano militare lo scontro è sempre più violento.

Quello che accadrà nelle prossime settimane sarà sempre meno controllabile. Il massacro delle persone aumenterà. L’Ucraina rischia moltissimo. Lo ripeto, siamo a un bivio. O fermiamo la guerra, o rischiamo di esserne coinvolti. Bisogna chiedere l’immediato cessate il fuoco, prima che Zelensky si trovi nella condizione di perdere tutto quello che ha difeso finora. Ci troviamo davanti all’angosciante dilemma di smettere di aiutare l’Ucraina o accettare di entrare materialmente nel campo di battaglia. Serve un’altra via.

Senza dimenticare che la Russia è una potenza nucleare. Un rischio che si sta sdoganando, con definizioni normalizzanti come “armi tattiche”. Cade anche il tabù della guerra atomica?

Il cammino della distruzione totale cammina di pari passo col pericolo di allargamento della guerra. Il potenziale militare usato finora dai russi è solo una parte di quello di cui dispongono. Prima del rischio del nucleare ce ne sono altri, col coinvolgimento nella guerra nostro malgrado. Il pericolo più grande è quello di essere costretti a scegliere: mandiamo i nostri soldati o lasciamo che la Russia prosegua l’invasione? Non possiamo permettercelo. È una follia.

Un altro scenario possibile è una “afganistanizzazione” dell’Ucraina, con un conflitto di decenni.

In Afghanistan la guerra restò circoscritta. In Ucraina rischia di espandersi, coinvolgendo Polonia, Finlandia, Moldavia, Lituania. E se le armi Nato dovessero colpire obiettivi in territorio russo, Putin si sentirebbe legittimato a colpire chi invia quelle armi. Una catena da fermare con urgenza.

Anche con una marcia Perugia-Assisi di notte, prima dell’alba del 24 febbraio.

Per dare il senso del dramma delle vittime, di questa come di tutte le altre guerre dimenticate. Ma è anche il buio in cui brancola la politica, paralizzata dagli invii continui di armi, l’unica cosa che i governi sembrano in grado di fare.

L’unico “leader politico” che ha una visione chiara dall’inizio sembra Papa Francesco.

Lo sta facendo da più di un anno, anche quando la guerra era confinata al Dombass. Ma la sua voce si scontra con la sordità della politica, prigioniera dello schema della guerra.

È un problema culturale, o di cinici interessi economici di alcuni settori produttivi?

Entrambi. La macchina della guerra è in grado condizionare tante cancellerie. Ma c’è anche una debolezza del pensiero politico che in questi anni ha perso capacità di visione. L’Europa è nata come progetto di pace ed è cresciuta quando quel progetto è stato coltivato. Da anni invece non si è perseguito il benessere e la sicurezza degli europei e non si è colta l’occasione data dalla caduta del Muro di Berlino. L’Europa è rimasta prigioniera di logiche di competizione economica. Adesso è tutto più difficile. Andava costruito allora un sistema di sicurezza dall’Atlantico agli Urali, includendo la Russia. Invece ha prevalso la miopia ed stata foraggiata la Russia comprando gas a buon prezzo.

avvenire.it

L’Orologio dell’Apocalisse, ‘a soli 90 secondi dalla mezzanotte’ Bollettino degli scienziati atomici in inglese, ucraino e russo

 © EPA

Il mondo è più vicino all’Armageddon.

L’Orologio dell’Apocalisse è a soli 90 secondi alla mezzanotte, ovvero dalla catastrofe.

Lo rende noto il Bollettino degli Scienziati Atomici che annualmente tiene il polso dei pericoli di un olocausto nucleare, pubblicando per la prima volta il comunicato stampa con la sua decisione in inglese, russo e ucraino. (ANSA).

Putin, da Russia dialogo se Kiev riconosce nuove regioni

 © ANSA

) – ROMA, 05 GEN – Il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito nella telefonata con l’omologo turco Erdogan che la Russia è aperta “a un dialogo serio” se Kiev “soddisfa le richieste note e tiene conto delle nuove realtà territoriali”.

Lo afferma il Cremlino, come riporta Interfax.

(ANSA). 

Russia Ucraina. Proseguono i tentativi diplomatici del presidente turco Erdogan

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AGI – “L”Italia non può fare da mediatore tra Russia e Ucraina perché appoggia il regime sanguinario di Kiev e prende una posizione aggressiva anti-russa”. Lo ha detto il ministero degli Esteri russo, secondo quanto riporta l’agenzia Ria Novosti.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan torna oggi a dialogare con il presidente russo Vladimir Putin e con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’ultimo atto, in ordine di tempo, di una mediazione che la Turchia ha cercato di imbastire ormai un anno fa, mantenendo una posizione sempre equilibrata tra i due Paesi in conflitto che, come anche nel recente passato, è passata attraverso telefonate a Putin e Zelensky nello stesso giorno, spesso a distanza di pochi minuti l’una dall’altra. “È un qualcosa che può fare solo la Turchia”, sono le parole con cui il consigliere capo di Erdogan, Ibrahim Kalin, ha rivelato delle telefonate di oggi. L’ultimo di una serie di ripetuti tentativi di Erdogan, il cui vero obiettivo è far sedere allo stesso tavolo i presidenti di Russia e Ucraina. Tentativi al momento tutti falliti.

“Continuiamo con un’intensa opera diplomatica nei confronti dei due Paesi – ha detto Kalin -. I nostri ministri della Difesa, degli Esteri e i nostri servizi di intelligence sono in costante contatto. Un’azione di questa ampiezza la possiamo mettere in campo solo noi”.

Già dall’inizio del conflitto Erdogan e il ministro degli Esteri Cavusoglu hanno subito messo in chiaro di avere un canale aperto sia con Kiev che con Mosca. Rispetto per gli impegni Nato, ma no alle sanzioni alla Russia. Difesa dell’integrità territoriale ucraina, ma nuovi accordi sul gas con Mosca. Ripetuti faccia a faccia tra Erdogan e Putin e droni da guerra inviati alla resistenza ucraina. Una linea diplomatica al limite dell’equilibrismo, che non ha portato al tanto sperato cessate il fuoco ma ha consentito alla Turchia di rimanere un attore in gioco per tutta la durata del conflitto e anche in questo inizio 2023, quando ci si avvicina al primo anniversario dell’invasione.

Israele invia a Lavrov i messaggi di Blinken
Ma non è solo Ankara a mediare. Un alto funzionario dipolmatico israeliano ha riferito al Times of Israel che, in una conversazione telefonica, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha chiesto al nuovo ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, di trasmettere messaggi alla Russia.

Cohen, aggiunge la testata israeliana, ha parlato con il suo omologo russo, Serghei Lavrov, martedì pomeriggio e ha trasmesso i messaggi in questione. Il funzionario israeliano non ha voluto rivelare quali fossero i messaggi americani.

“L’uso dei cellulari ha favorito l’attacco a Makiivka”
Si aggrava intanto il bilancio delle vittime dell’attacco ucraino di lunedì al centro di addestramento russo di Makiivka. I soldati uccisi, secondo il ministero della Difesa della Federazione Russa citato da Tass, sono 89.

Il ministero ha affermato che è stato l’uso dei telefoni cellulari da parte del personale operativo nel centro di addestramento nella citta dell’Ucraina orientale occupata dai russi a favorire l’attacco. “Il motivo principale di ciò che è accaduto a Makiivka – secondo il ministero – è stato l’uso dei telefoni da parte del personale alla portata delle armi del nemico”. Ci saranno indagini, e “i funzionari responsabili della tragedia di Makiivka saranno ritenuti responsabili”, aggiungono da Mosca.

Bombe su Nikopol
Il capo dell’amministrazione militare della regione di Dnipropetrovsk, Valentin Reznichenko, ha riferito da parte sua di attacchi notturni contro la città di Nikopol, che si trova sul fiume Dnepr non lontana da Zaporizhzhia. “I russi hanno colpito il centro della regione con l’artiglieria pesante e le bombe hanno colpito i quartieri residenziali di Nikopol”, ha affermato, “non si sono registrati feriti, ma danni a edifici, auto e linee elettriche e di diffusione del gas”.

Ucraina, Lavrov: dal Pentagono minacce di un assassinio di Putin

 © ANSA

Fonte: ansa.it

– Dichiarazioni rilasciate da “funzionari anonimi” del Pentagono in merito a un “attacco decapitante” contro il Cremlino parlano di una minaccia di tentato omicidio del presidente Vladimir Putin, afferma il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista all’agenzia Tass.

“Alcuni ‘funzionari anonimi’ del Pentagono hanno effettivamente espresso la minaccia di sferrare un ‘attacco decapitante’ al Cremlino, che in realtà è una minaccia di tentato omicidio del presidente russo”, ha detto Lavrov.

“Se tali idee sono davvero ponderate da qualcuno, allora questo qualcuno dovrebbe pensare meglio alle possibili conseguenze di tali piani”, ha affermato il ministro degli Esteri russo.
“Il corso politico dell’Occidente, che mira alla totale repressione della Russia, è estremamente pericoloso: presenta rischi di uno scontro armato diretto tra potenze nucleari”. Ha detto ancora Lavrov. Il ministro degli Esteri russo ha sottolineato che Mosca ha affermato più volte che non ci possono essere vincitori in una guerra nucleare e che “non deve mai essere scatenata”. E’ l’Occidente invece che – secondo Lavrov – “con speculazioni irresponsabili” afferma “che la Russia sia presumibilmente sull’orlo dell’uso di armi nucleari contro l’Ucraina”.

Ucraina: Papa, il Natale porti un raggio di pace

CITTÀ DEL VATICANO, 11 DIC – “Vi invito a pregare, davanti al presepio, perché il Natale del Signore porti un raggio di pace ai bambini del mondo intero, specialmente a quelli costretti a vivere i giorni terribili e bui della guerra, questa guerra in Ucraina che distrugge tante vite, tante vite, e tanti bambini”.

Lo ha detto il Papa all’Angelus rivolto specialmente ai bambini arrivati a Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei Bambinelli del presepe.

(ANSA).

Un razzo è caduto in Moldavia vicino al confine con l’Ucraina

La devastazione della guerra in Ucraina © AFP

Un razzo è caduto sul territorio moldavo a ridosso del confine con l’Ucraina, secondo quanto ha riferito il ministero dell’Interno citato dall’agenzia russa Ria Novosti.

Le guardie di frontiera moldave hanno trovato il razzo vicino a Briceni, nel nord del Paese, nel giorno in cui su gran parte dell’Ucraina sono in corso attacchi missilistici russi, contrastati dai razzi della contraerea di Kiev.

Un drone ha colpito oggi la pista della base aerea russa di Engels-1, nella regione di Saratov, danneggiando due bombardieri Tu-95: lo riporta Ukrainska Pravda
aggiungendo che almeno due militari sono rimasti feriti e sono stati ricoverati in ospedale.

In precedenza tre persone sono morte e almeno altre cinque sono rimaste ferite a causa di un’esplosione avvenuta in un aeroporto vicino a Ryazan, a sudest di Mosca: lo
hanno reso noto i servizi di emergenza all’agenzia di stampa russa Tass.

Secondo altri media russi ripresi dai media occidentali, sarebbe esplosa un’autocisterna carica di
carburante ed i feriti sarebbero sei.
ansa 

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