Papa Francesco nomina due donne al vertice in Vaticano

Il Papa ha designato Raffaella Giuliani segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e Antonella Sciarrone Alibrandi sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione
Francesco nomina due donne al vertice in Vaticano

Vatican Media

Aumenta nella Curia Romana e negli enti collegati la presenza di donne in posizione di responsabilità.

Come riporta anche Vatican News sono di oggi le nomine papali che vedono in primo piano figure femminili: si tratta della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, di cui Francesco ha rinnovato i vertici nominando in veste di presidente monsignor Pasquale Iacobone, che ne era finora segretario e membro, e designando come segretario e membro la dottoressa Raffaella Giuliani, finora officiale dello stesso Ente. Romana, sposata, Raffaella Giuliani è autrice di molti testi sulle catacombe. Il 16 settembre scorso il Papa l’aveva nominata “Magister” della Pontificia Accademia Cultorum Martyrum.

Come sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione il Papa ha chiamato la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore vicario della Cattolica del Sacro Cuore nonché ordinario di Diritto dell’Economia presso la Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative alla Cattolica di Milano. La professoressa è fra l’altro anche presidente dell’Associazione dei docenti di Diritto dell’economia.

Una nomina ha riguardato, fra le altre, anche il segretario della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, per il cui ruolo Francesco ha incaricato il professor Luca Tuninetti, decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana.

Sempre oggi sul sito della Sala Stampa vaticana si dà comunicazione anche della momina di alcuni consultori del Dicastero per il Clero. In particolare: monsignore Alejandro Arellano Cedillo; monsignore Branislav Koppal; i Reverendi: Riccardo Battocchio; Hubertus Blaumeiser; Anthony R. Brausch; Francisco Javier Insa Gómez; Emilio Lavaniegos González; Raffaele Ponticelli; Stefan Ulz; Dario Vitali; i reverendi Padri: Fabio Ciardi, O.M.I.; Fernando Domingues, M.C.C.J.; Hugh Lagan, S.M.A.; la reverenda Suora Lidia Ramona González Rodríguez, F.M.H.; i dottori Berardino Guarino e Chiara D’Urbano; e la Prof.ssa Rosalba Erminia Paola Manes.
Mentre entrano nel Consiglio Direttivo dell’Agenzia della Santa Sede per la Valutazione e la Promozione della qualità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche il reverendo Roberth Alexander Hernández Gómez, Officiale del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.

“Donne Chiesa mondo” parla della povertà al femminile

Che cosa significa povertà? Il povero è qualcuno da aiutare o un esempio da seguire? Parte da questi interrogativi la riflessione di Alessandra Smerilli sul nuovo numero di “ Donne Chiesa mondo”.

Nel mese in cui cade – il 13 novembre – la VI Giornata mondiale dei poveri, la rivista dell’Osservatore romano ha voluto affrontare la questione – quantomai attuale – dalla prospettiva femminile. Povere si può essere per scelta, per ribellione alla schiavitù del mercato e del consumo, per inseguire un’idea altra di felicità. È questa la povertà di Chiara, ben raccontata nell’articolo di Giuseppe Perta, studioso di storia medievale. In un’età “maschia” – scrive –, ritagliò per sé e per le consorelle uno spazio di libertà ed emancipazione, sintetizzato nella “Regola”, la prima scritta da mano di donna, della più grande congregazione di religiose al mondo, raccontata dalla superiora Françoise Petit nell’intervista di Marie-Lucile Kubacki. La povertà di suor Veronica Maria, all’anagrafe Emanuela Fittante, descritta da Gloria Satta. Promettente ballerina di flamenco, ha lasciato tutto per fondare la comunità religiosa delle Piccole suore di Gesù e di Maria, caratterizzata dalla pratica della povertà radicale per evangelizzare le persone attraverso l’azione itinerante. C’è, però, anche una povertà che significa negazione dei propri diritti, abbruttimento, schiavitù. È il risultato «dell’economia che uccide», per parafrasare papa Francesco, come ricorda nel suo articolo Luigino Bruni, pronta a scartare gli uomini e soprattutto le donne. Già le donne. Come sottolinea suor Smerilli, religiosa, segretaria del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e economista di fama, «neanche la miseria livella i generi».

Da questa povertà fuggono le centroamericane accolte e aiutate a Tapachula, in Messico attraverso la danza – come dice Antonella Mariani – dalla comboniana Pompea Cornacchia. La rivista si interroga anche su quale profilo anno le povere attuali “nella” e “per la Chiesa”. E lo fa facendo riflettere sul tema teologi, vescovi, sacerdoti, religiose, attiviste. Dalle testimonianze, risulta innegabile una indigenza specifica di genere, con indicatori diversi da quelli strettamente monetari, che è fatta di emarginazione, solitudine, esclusione, relazioni distorte di potere, diseguaglianza. Ci sono tante povertà femminili. Qualche volta invisibili.

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Dire sororità non è una stravaganza femminista

Tratto da La Libertà n. 37
5 novembre 2022
Nella bella, antica chiesa di San Giuseppe a Scandiano si è svolto anche quest’anno l’incontro di apertura dell’attività del gruppo Chiesa Donna. Il tema dell’incontro è stato “Il respiro di sororità. Le donne domandano alla Chiesa” 

 

Quello che Fiorella dice ora alle donne in un libro

ANTICIPAZIONE

Mannoia, Amref e “grandi” musiciste

La cantante Fiorella Mannoia in una delle sue missioni in Africa come testimonial di Amref da undici anni / Amr

«Dirompenti, coraggiose, libere. Sono così le donne della musica», scrive Fiorella Mannoia nel libro Quello che le donne dicono. La musica è una cosa da ragazze (Feltrinelli Kids), che sarà presentato mercoledì prossimo, 19 ottobre, alle 18 alla Libreria Feltrinelli di Via Appia Nuova 427 a Roma, con la cantante intervistata dalla critica musicale Chiara Di Giambattista. Nel libro, nato in collaborazione con Amref Health-Italia, organizzazione senza scopo di lucro impegnata in diversi Paesi africani per l’empowerment femminile, Fiorella Mannoia presenta le storie delle musiciste, italiane e internazionali, attuali o dei decenni passati, che con determinazione hanno abbattuto i limiti imposti dagli altri e da se stesse. Trenta storie che ispirano e danno coraggio, raccontate con uno stile narrativo vicino al pubblico dei ragazzi. Ogni racconto è affiancato da illustrazioni e da una breve biografia che ripercorre i maggiori successi discografici e la vita della protagonista. Con QrCode si può accedere anche a contenuto multimediale, canzoni e testi.

(A.Ma.)

INTERVISTA

C’è Aretha Franklin, la regina del soul che ha cantato veri e propri manifesti femministi. Lady Gaga, bullizzata da adolescente ma in grado di trasformare la sua eccentricità in successo. Miriam Makeba, che con la sua musica si ribellò alla segregazione razziale. Sonita Alizadeh, la rapper afghana in lotta contro i matrimoni forzati. E poi Billie Eilish e Janis Joplin, Annie Lennox e Loredana Berté… Trenta artiste in una lista speciale: donne che con la loro musica e la loro vita hanno testimoniato che lasciare un segno nel mondo è possibile.

«Trenta storie di donne che hanno dovuto lottare per emergere in un mondo di uomini e che hanno dimostrato che si può parlare di rivoluzione anche con una chitarra in mano», raccolte in un libro che gode della prefazione di una tra le artiste italiane più impegnate, Fiorella Mannoia (vedi box). Una madrina di eccezione, sia per il suo ben noto attivismo dalla parte delle donne, sia perché il libro è realizzato in collaborazione con Amref, la più grande organizzazione sanitaria africana senza fine di lucro, di cui è testimonial da 11 anni.

Fiorella, nella sua prefazione a Quello che le donne dicono, lei parla alle ragazze, invitandole a scoprire le esperienze di tante artiste che hanno lottato contro pregiudizi, stereotipi e ingiustizie per affermare se stesse. E chiede alle giovani di «credere nella propria forza e nei propri valori». È quasi una lettera a una figlia…

Io non ho avuto figli, ma sento la responsabilità nei confronti delle giovani generazioni. Alle ragazze mi sento di dire che hanno più possibilità e potere di quello che pensano, proprio come le cantanti descritte nel libro. Dico di scegliere la loro battaglia, che sia la cura dell’ambiente, le discriminazioni di genere o la presa di posizione contro il bullismo a scuola, e di cercare di fare la differenza. Dico ancora di vivere con curiosità, di leggere, di approfondire, di trovare il proprio punto di vista, la propria forza. E di riversare il proprio coraggio e determinazione cercando di costruire un mondo migliore.

Non deve essere stato facile scegliere 30 artiste di tutto il mondo… Ma qual è la sua preferita?

Domanda difficile. Con le autrici abbiamo cercato di includere personaggi sia contemporanei sia del passato. Se devo proprio scegliere, amo in particolare Nina Simone (cantante americana di colore, nata nel 1933 e cresciuta in piena segregazione,

ndr), che con la sua musica ha lottato contro la discriminazione razziale e per i diritti civili.

Nella prefazione al libro, lei incoraggia le ragazze a lottare contro le ingiustizie. Qual è a suo avviso la più grande ingiustizia dei nostri tempi?

La più grande ingiustizia è quella perpetrata in Africa: lo sfruttamento di un intero continente per le sue materie prime. Il nostro benessere deriva da secoli di sfruttamento. Un’altra ingiustizia sono le guerre dimenticate. Oggi siamo tutti proiettati verso questo orrendo conflitto alle porte di casa, ma ci sono interi popoli senza voce: penso ai curdi, ai palestinesi, alla gente del Tigrai. E, ancora, soffro per la mancanza di aiuti a chi ha bisogno: i malati di Alzheimer abbandonati nelle proprie case, le famiglie con figli disabili…

Da 11 anni lei è testimonial di Amref, ha compiuto diverse missioni in Africa e si è impegnata in particolar modo contro le mutilazioni genitali femminili. In questi anni ha assistito a miglioramenti?

C’è ancora tantissimo da fare. Ma nel mio impegno con Amref contro le mutilazioni genitali femminili osservo che un numero crescente di uomini condividono questa battaglia. Poiché si tratta di un rito ancestrale, le leggi non bastano per spazzarlo via. Abbiamo bisogno di uomini che convincano altri uomini a fermare questa barbarie.

Nei suoi viaggi in Africa ha incontrato molte persone: c’è qualcuna che le ha toccato particolarmente il cuore?

Se chiudo gli occhi rivedo lo sguardo di una giovane vedova, il cui marito era morto di Aids, endemico in quella zona del Kenya. Aveva quattro bambini e aveva chiesto aiuto perché il tetto della sua capanna era crollato. Andammo a verificare, e lei ci offrì il suo pasto, frutti di baobab tritati e scaldati su un pentolino a terra. Il suo sguardo sulla mia condizione di occidentale, bianca e ricca, al cospetto di tanta miseria e abbandono, ma tuttavia ancora capace di generosità, mi scava dentro a distanza di tempo. E poi penso alle alunne di una scuola che raccoglie bambine sfuggite alle mutilazioni genitali. Avevano gli stessi sogni di tutte le coetanee del mondo, lo stesso desiderio di felicità, e non finivano più di ringraziarci perché avevamo portato a scuola una fornitura di assorbenti…

Da pochi giorni ha terminato il suo tour “Padroni di niente”. Ora quali sono i suoi progetti?

Il tour è andato bene, ho visto nel pubblico il desiderio di trovarsi ancora insieme, di riprendere una vita normale dopo la pandemia. È stata una grande festa. Ora comincio a raccogliere canzoni e materiale per un nuovo disco.

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La cantante ha scritto la prefazione a un libro che racconta 30 storie di colleghe, da Aretha Franklin a Lady Gaga, che hanno combattuto per i diritti femminili: «Alle giovani chiedo di lottare per un mondo migliore»

Iran. Donne allo stadio per la prima volta da 40 anni

Per la prima volta dalla rivoluzione islamica del 1979, le donne in Iran hanno ufficialmente assistito a una partita di calcio del campionato nazionale
Anche le donne hanno assistito alla partita Esteghlal-Teheran il 25 agosto

Anche le donne hanno assistito alla partita Esteghlal-Teheran il 25 agosto – Ansa

Per la prima volta dalla rivoluzione islamica del 1979, le donne in Iran hanno ufficialmente assistito a una partita di calcio del campionato nazionale. Lo riferisce la Bbc che cita i media locali. Circa 500 donne erano presenti giovedì sera al match allo stadio Azadi di Teheran come testimoniano le foto diventate virali.

Le donne sono di fatto escluse dalle partite nazionali. L’ultimo match a cui hanno assistito è stata una qualificazione alla Coppa del Mondo tre anni fa. All’epoca, le autorità cedettero in seguito alle proteste suscitate dalla morte di Sahar Khodayari, 29 anni, che si era data fuoco in attesa del processo per aver cercato di assistere a una partita travestita da uomo.

Khodayari è diventata nota come ‘Blue Girl’, i colori della squadra per cui tifava e simbolo della lotta per i diritti delle donne in Iran. Diversi siti web iraniani sostengono che la decisione di permettere alle donne di assistere alla partita giovedì sera è arrivata dopo le pressioni di organizzazioni internazionali e della Fifa che ha inviato una lettera alle autorità iraniane invitandole a permettere l’ingresso di un maggior numero di donne negli stadi.

Al match di giovedì, tra la squadra di casa Estaqlal e i rivali del Mes-e Kerman, le donne erano sedute sugli spalti divisi dagli uomini. Molte hanno sventolato bandiere, indossato i colori della propria squadra e cantato ‘Blue Girl’ in segno di riconoscimento per Khodayari.

Anche se in Iran non esista un divieto ufficiale per le donne di andare agli eventi sportivi, è raro che vi partecipino perché spesso viene loro negato l’ingresso. Nel 2018 decine di donne sono state arrestate dopo aver cercato assistere a una partita di calcio, mentre altre sono riuscite ad entrare allo stadio indossando barbe e parrucche finte.

Da Avvenire

Le donne che studiano di nascosto nella Kabul dei taleban

Chiuse in casa, anche tante adolescenti si sono ora iscritte a corsi di alfabetizzazione. Due terzi non sanno leggere né scrivere

Inviata a Kabul

La lavagna è un foglio magnetico appeso sulla credenza. La cattedra un tavolino di plastica. L’unica sedia è quella dell’insegnante, Leyla, 23 anni, studentessa di legge. Al posto dei banchi c’è un grande tappeto rosso.

Svizzera con record: 80 donne da 25 Paesi conquistano assieme il Breithorn

Svizzera © Ansa

Questa settimana 80 donne aggiungono un capitolo femminile alla storia degli sport di montagna, finora dai tratti prevalentemente maschili: nell’ambito dell’iniziativa di Svizzera Turismo 100% Women, che punta a rendere più visibili le donne negli sport di montagna e outdoor, sono arrivate in Svizzera donne provenienti da Europa, Stati Uniti, ma anche da Paesi come Iran, India, Sudafrica, Kazakistan o Ecuador.

Insieme hanno formato la cordata femminile più lunga del mondo sul Breithorn (4164 metri), stabilendo un record mondiale.

Prima dell’impresa, chiunque con le condizioni fisiche necessarie per affrontare la scalata poteva candidarsi online per uno dei dieci posti liberi disponibili. I restanti posti sono stati assegnati dagli organizzatori a giornaliste e altre candidate, provenienti dalla Svizzera e dall’estero, con l’obiettivo di comporre una squadra più variegata possibile, rappresentativa di tutte le donne.

La Svizzera, tra le altre, era rappresentata dalla storica Marie-France Hendrikx, decisamente felice dopo la scalata: «La mia partecipazione a questa avventura femminile è stata piena di energia positiva ed entusiasmo.Per nulla al mondo mi sarei persa questo evento unico», sono state le parole della Hendrikx dopo la scalata per descrivere le sue emozioni. «La storia dell’alpinismo e degli sport di montagna si è così arricchita di un capitolo scritto dalle donne. La nostra speranza è che l’iniziativa ispiri tante altre donne di oggi e di domani a scrivere una nuova pagina nella storia di questa disciplina più aperta e più inclusiva.»

Pure la scalatrice iraniana Mina Ghorbani ha trovato l’atmosfera della cordata femminile estremamente positiva: «Anche se noi donne siamo stigmatizzate e dobbiamo lottare contro gli stereotipi e le barriere di genere, vogliamo comunque contribuire in egual misura alla società. Questa lotta è più importante nel mio Paese, l’Iran, che in altri Paesi. Iniziative come 100% Women ci permettono di farlo, anche grazie ai collegamenti con le donne scalatrici in Svizzera e nel mondo. Ci dimostrano che abbiamo tutti gli stessi obiettivi». E anche l’attrice tailandese e «UN Women Goodwill Ambassador» Cindy Sirinya Bishop ha aggiunto: «Vogliamo dimostrare che le donne dovrebbero essere rappresentate e visibili in tutti i settori, anche negli sport di montagna. È una parte importante del cammino verso una società veramente paritaria e che rispetta la diversità.»

Grazie alle migliori prospettive meteorologiche e alle condizioni di sicurezza (meno vento, migliori condizioni di neve e ghiaccio), la salita sul Breithorn si è svolta venerdì 17 giugno anziché giovedì. In questo modo le donne arrivate hanno avuto più tempo per esplorare la località alpina di Saas-Fee, il campo base, e per prepararsi, con una sessione di allenamento sul ghiacciaio del Längfluh.

A fare in modo che le straordinarie immagini del record mondiale facciano anche il giro del mondo sono le partecipanti stesse, attraverso la loro presenza sui media tradizionali e sui loro canali social. In totale le partecipanti solo attraverso i loro canali social media raggiungono oltre 24 milioni di persone. Come ad esempio l’attrice coreana Lee Si-young, accompagnata da una troupe televisiva coreana prima e dopo l’escursione in quota e che con il suo canale TikTok raggiunge oltre 17 milioni di fan. «L’iniziativa ci permette non solo di unire le donne e renderle più visibili negli sport di montagna e outdoor in generale, ma anche di presentare al meglio la Svizzera come destinazione montana in patria e all’estero», ha commentato Letizia Elia, membro della direzione di Svizzera Turismo.

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Lettorato alle donne, la prima volta a Prato (e in Toscana) dopo l’apertura di papa Francesco

Per la prima volta a Prato – e in Toscana – due donne riceveranno il ministero del lettorato. Lo conferirà il vescovo Giovanni Nerbini domenica 12 giugno, durante la messa delle 11,30, nella chiesa di San Pio X. I candidati in tutto sono tre: Teresa Cantileno e Sandra Minucci, e un uomo, Domenico Cifaldi.

Il lettorato prevede la lettura delle scritture durante la messa e la liturgia delle ore, ma anche la preparazione degli altri fedeli all’ascolto e alla comprensione. Si tratta di un ministero che nei secoli è sempre stato declinato al maschile. Papa Francesco ha però spalancato le porte alle donne. Poco più di un anno fa, nella lettera apostolica Spiritus Domini, il pontefice ha messo la novità nero su bianco, modificando un canone del Codice di diritto canonico.

Tale possibilità è stata colta al volo da don Petre Tamas, parroco di San Pio X a Prato, che racconta di aver trovato nell’autorizzazione papale l’idea e lo stimolo per riconoscere e intensificare l’attività di chi, come i tre nuovi lettori, già da anni si impegna in parrocchia. Da un lato, il sacerdote ha risposto a una necessità effettiva. Dall’altro, ha potuto riconoscere, specie alle due lettrici, il lavoro svolto a favore della comunità parrocchiale.

«La mia proposta a queste tre persone è nata dal fatto che io sono solo, anche se posso contare su una buona collaborazione dei miei parrocchiani – dice don Petre –. Non ho viceparroco, non ho diacono o sacrestano. Il lavoro è tanto e così, quando ho visto l’apertura del Papa, ho pensato di poter proporre il lettorato a Teresa, Sandra e Domenico, che studia teologia e ha una figlia grande. Teresa è un’insegnate – prosegue il parroco – e Sandra lo è stata». Due professioni assolutamente in linea con il ministero che eserciteranno e che comprende, nella preparazione dei fedeli, anche il catechismo.

Per Teresa Cantileno la proposta è giunta a sorpresa, dopo «undici anni di attività in parrocchia». Giovane docente di lettere all’Istituto Buzzi, ha 32 anni e spiega di aver accettato dopo «un cammino di discernimento, con l’aiuto dello Spirito Santo». «Mi accingo a questo passo con grande gioia – continua – e devo dire che ritengo giusto che la Chiesa dia spazio alle donne, con un maggiore coinvolgimento e riconoscimento nell’annuncio di Gesù». Sulla stessa linea, troviamo Sandra Minucci. «Vedo in questa apertura di papa Francesco il segnale di una scossa a tutta la Chiesa. Forse non eravamo pronti prima e forse non siamo abituati a un ruolo più evidente delle donne anche se, nella pratica, sono decenni che siamo attive e presenti».
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Prato, domani il ministero del lettorato a due donne. E' il primo caso in  Toscana / Vita Chiesa / Home - Toscana Oggi