“Donne Chiesa mondo” parla della povertà al femminile

Che cosa significa povertà? Il povero è qualcuno da aiutare o un esempio da seguire? Parte da questi interrogativi la riflessione di Alessandra Smerilli sul nuovo numero di “ Donne Chiesa mondo”.

Nel mese in cui cade – il 13 novembre – la VI Giornata mondiale dei poveri, la rivista dell’Osservatore romano ha voluto affrontare la questione – quantomai attuale – dalla prospettiva femminile. Povere si può essere per scelta, per ribellione alla schiavitù del mercato e del consumo, per inseguire un’idea altra di felicità. È questa la povertà di Chiara, ben raccontata nell’articolo di Giuseppe Perta, studioso di storia medievale. In un’età “maschia” – scrive –, ritagliò per sé e per le consorelle uno spazio di libertà ed emancipazione, sintetizzato nella “Regola”, la prima scritta da mano di donna, della più grande congregazione di religiose al mondo, raccontata dalla superiora Françoise Petit nell’intervista di Marie-Lucile Kubacki. La povertà di suor Veronica Maria, all’anagrafe Emanuela Fittante, descritta da Gloria Satta. Promettente ballerina di flamenco, ha lasciato tutto per fondare la comunità religiosa delle Piccole suore di Gesù e di Maria, caratterizzata dalla pratica della povertà radicale per evangelizzare le persone attraverso l’azione itinerante. C’è, però, anche una povertà che significa negazione dei propri diritti, abbruttimento, schiavitù. È il risultato «dell’economia che uccide», per parafrasare papa Francesco, come ricorda nel suo articolo Luigino Bruni, pronta a scartare gli uomini e soprattutto le donne. Già le donne. Come sottolinea suor Smerilli, religiosa, segretaria del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e economista di fama, «neanche la miseria livella i generi».

Da questa povertà fuggono le centroamericane accolte e aiutate a Tapachula, in Messico attraverso la danza – come dice Antonella Mariani – dalla comboniana Pompea Cornacchia. La rivista si interroga anche su quale profilo anno le povere attuali “nella” e “per la Chiesa”. E lo fa facendo riflettere sul tema teologi, vescovi, sacerdoti, religiose, attiviste. Dalle testimonianze, risulta innegabile una indigenza specifica di genere, con indicatori diversi da quelli strettamente monetari, che è fatta di emarginazione, solitudine, esclusione, relazioni distorte di potere, diseguaglianza. Ci sono tante povertà femminili. Qualche volta invisibili.

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