Russia Sull’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina. Lettera di Cirillo a Bartolomeo

L’Osservatore Romano

(Giovanni Zavatta) «Non è ancora troppo tardi per fermarsi»: si conclude così la lunga lettera inviata lunedì scorso dal patriarca di Mosca, Cirillo, al patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, a proposito della recente creazione della nuova «Chiesa ortodossa autocefala di Ucraina».
Com’è noto, il patriarcato di Mosca considera la creazione di tale entità totalmente illegittima e nulla perché, si ribadisce, «l’attuale processo, politicizzato, di unificazione forzata è lontano dalle norme e dallo spirito dei sacri canoni». Per questo Cirillo esprime «dolore, stupore e indignazione per le azioni anti-canoniche» che hanno portato, il 15 dicembre nella cattedrale di Santa Sofia a Kiev, allo svolgimento del “concilio di unificazione” e alla conseguente elezione del metropolita di Perejaslav e Belaja Tserkov, Epifanio (Dumenko), appunto a «primate della nuova Chiesa ortodossa autocefala di Ucraina».
Cirillo ricorda che a presiedere il “concilio”, oltre al metropolita Emanuele, rappresentante di Costantinopoli, c’erano un laico, cioè il presidente della Repubblica ucraina, Petro Poroshenko, e soprattutto i capi della «Chiesa ortodossa ucraina – patriarcato di Kiev», Filarete (Denisenko), e della «Chiesa ortodossa ucraina autocefala», Macario (Maletych), considerati dagli ortodossi russi degli scismatici, a differenza invece del metropolita Onofrio, primate della «Chiesa ortodossa ucraina – patriarcato di Mosca», l’unica “canonica” secondo il patriarcato guidato da Cirillo. Fra l’altro solo due dei novanta vescovi di questa Chiesa hanno partecipato all’incontro di unificazione, circostanza cha fa dire a Cirillo, rivolgendosi a Bartolomeo: «I vostri consiglieri vi avevano assicurato che l’episcopato della Chiesa ortodossa ucraina (canonica) era pronto ad appoggiare il progetto politico delle autorità di Kiev, che un numero considerevole di vescovi canonici aspettavano solo la vostra benedizione per separarsi dalla loro Chiesa. Vi ho ripetutamente avvertito — scrive Cirillo rivolgendosi direttamente a Bartolomeo — di essere stato ingannato. Nelle vostre decisioni vi riferite alla volontà del popolo ortodosso ucraino» ma «è stata la volontà della stragrande maggioranza del clero e dei laici, il vero popolo ecclesiastico dell’Ucraina, che ha spinto l’episcopato della Chiesa ortodossa ucraina (canonica) a non rispondere ai vostri inviti e a rifiutarsi di partecipare al “concilio di unificazione” dello scisma ucraino».
Il patriarca di Mosca — in vista del 6 gennaio, solennità della Teofania, giorno in cui, al Fanar, Bartolomeo consegnerà «il tòmos di costituzione della nuova Chiesa autocefala sorella» — fa dunque ora un estremo tentativo, chiedendo all’arcivescovo di Costantinopoli di tornare sulle proprie decisioni, per «salvaguardare l’unità dell’ortodossia». Un processo partito ufficialmente l’11 ottobre, quando una nota, diffusa al termine del sinodo del patriarcato ecumenico, annunciava la volontà di Bartolomeo di procedere alla concessione dell’autocefalia della Chiesa di Ucraina, di ristabilire lo stauropegion del patriarca ecumenico a Kiev e di reintegrare canonicamente al loro grado gerarchico o sacerdotale Filarete Denisenko e Macario Maletych e i fedeli delle loro Chiese. In risposta, pochi giorni dopo, Mosca ha rotto la comunione eucaristica con Costantinopoli.
Con il comunicato dell’11 ottobre Bartolomeo ha «revocato il vincolo giuridico» della lettera sinodale del 1686, con la quale Costantinopoli, «per le circostanze dell’epoca», concedeva al patriarca di Mosca il diritto di ordinare il metropolita di Kiev, eletto dall’assemblea clero-laica della sua diocesi, che tuttavia «avrebbe commemorato il patriarca ecumenico in ogni celebrazione della divina liturgia, proclamando e affermando la sua dipendenza canonica dalla Chiesa madre di Costantinopoli».
Nella lettera del 31 dicembre Cirillo fa espresso riferimento a quel documento, rivendicandone invece la validità. Da quel testo il patriarcato di Mosca fa risalire infatti la sua “giurisdizione” sulla metropolia di Kiev: «State cercando di reinterpretare il significato del complesso dei documenti firmati nel 1686 dal vostro predecessore, il patriarca Dionisio iv e dal sacro sinodo della Chiesa di Costantinopoli. La materia di tali documenti storici non ha causato disaccordi tra le nostre due Chiese per centinaia di anni. E ora voi dite di “revocare” la lettera patriarcale e sinodale, perché “le circostanze esterne sono cambiate”».
L’appello di Cirillo a Bartolomeo sembra tuttavia superato dai fatti. Proprio oggi una nota della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta (che è sotto la giurisdizione canonica del patriarcato ecumenico) rende noto che «il metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina Epifanio» giungerà a Istanbul nella mattinata di sabato 5 gennaio per rendere visita al patriarca Bartolomeo. Quel giorno Epifanio presenzierà alla dossologia (Te Deum) nella chiesa patriarcale e di seguito sarà ufficialmente ricevuto nella sala del Trono, dove avrà luogo la «sacra funzione di proclamazione, con la firma del tòmos, dell’autocefalia della santissima Chiesa di Ucraina». Sarà presente anche il presidente ucraino Poroshenko. Domenica 6 gennaio, per la solenne festa della santa Teofania, il metropolita Epifanio concelebrerà con il patriarca Bartolomeo che, dopo la lettura del Vangelo, gli consegnerà ufficialmente la pergamena di conferimento dell’autocefalia.
L’Osservatore Romano, 2-3 gennaio 2019