Prestiamo attenzione a non perseguire un clima esistenziale, ecclesiale pacifico ma ‘freddo’ come la morte e a non rifuggire un clima di divisione ‘infuocata’ ma vitale?

Cari lettori, in un tempo di crisi e di frammentazione, difficile da analizzare e, almeno per ora, apparentemente impossibile da sintetizzare, la meditazione personale delle letture domenicali fa spesso risuonare in noi più domande che risposte. Ma, nel momento in cui abbiamo il coraggio di condividere tali domande, scopriamo che esse, oltre ad evidenziare le differenze che ci caratterizzano, sono spesso molto simili, se non identiche, a quelle che risuonano negli altri. Pensiamo perciò che possa essere utile proporvi di sostare un attimo in compagnia di queste domande soltanto, nella speranza che, a vostra volta, vogliate qui condividere quelle che risuoneranno in voi dalla meditazione personale sulle stesse letture. In tal modo, potremmo forse ritrovare le tracce per ricucire le singole differenze e tessere nuovamente, su basi bibliche, quell’universalità, quella ‘cattolicità’ della fede che oggi molti invocano…

La cappella della guerra e della pace, Picasso

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1^ LETTURA – In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango. Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia» (Ger 38, 4-6.8-10).

GILBERTO: «Geremia finisce in prigione per aver predetto la caduta di Gerusalemme come parte del piano di Dio: siamo capaci di accettare che la “Gerusalemme” che noi abbiamo in testa sia invasa e depredata, come parte del piano di Dio? O anche noi cerchiamo di mettere a tacere coloro che ci chiamano al cambiamento e al rinnovamento interiore?».

SERGIO: «Quali parole profetiche possono essere giudicate dal Potere come un male che scoraggia il benessere del popolo e chi combatte in difesa di esso? Abbiamo il coraggio di dire al Potere quanto sbagli nell’infangare, nel mettere a morte queste ‘parole’? Chi detiene il Potere ha l’umiltà di riconoscere quanto siano sbagliate alcune sue decisioni mortifere?».

SALMO – “Ho sperato, ho sperato nel Signore, / ed egli su di me si è chinato, / ha dato ascolto al mio grido. / Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, / dal fango della palude; / ha stabilito i miei piedi sulla roccia, / ha reso sicuri i miei passi. / Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, / una lode al nostro Dio. / Molti vedranno e avranno timore / e confideranno nel Signore. / Ma io sono povero e bisognoso: / di me ha cura il Signore. / Tu sei mio aiuto e mio liberatore: / mio Dio, non tardare” (Salmo 39).

SERGIO: «Quanto siamo capaci di sperare in Dio, nonostante i suoi ritardi nell’ascoltare le nostre grida, chinarsi sui nostri poveri bisogni e tirarci fuori dal fango paludoso per curarci e farci camminare sicuri?».

GILBERTO: «La nostra speranza è nel Signore? O in uomini più o meno vicini alle nostre idee che dovrebbero avere il potere di far andare la storia nella direzione che noi immaginiamo giusta?».

2^LETTURA – “Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato” (Eb, 12,1-4).

GILBERTO: «Siamo capaci di vedere pesi da deporre e peccati che ci assediano anche là dove invece immaginiamo sia stata storicamente garantita la fede del passato?».

SERGIO: «Quando ci stiamo perdendo d’animo, per avere la forza di resistere e perseverare, pensiamo a quanto ha sopportato Gesù?».

VANGELO – In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12,49-53).

SERGIO: «Prestiamo attenzione a non perseguire un clima esistenziale, ecclesiale pacifico ma ‘freddo’ come la morte e a non rifuggire un clima di divisione ‘infuocata’ ma vitale? Accettiamo che la buona novella ‘arda’ e faccia ardere’, anche a costo di morirne, e perciò sia divisiva, rompa le nostre relazioni familiari, sociali, politiche?».

GILBERTO: «La divisione interna della “famiglia di Dio” sembra sia pensata da Cristo come inevitabile storicamente. Sappiamo leggere in questa direzione e accettarne le condizioni il periodo storico che la Chiesa sta attraversando?».

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