Il “sigillo” nel cuore e sul braccio

Immagino conosciate una piattaforma molto diffusa che si occupa di veicolare, con grande senso civile, petizioni online (l’ho utilizzata anch’io su sollecitazione di amici e l’ho pure sponsorizzata), ma questa volta non ho proprio intenzione di condividere la battaglia e neppure di girarla ad altri per chiedere una firma di adesione.

Mi riferisco a quanto arrivato lunedì 10 giugno con la richiesta di sostenere una certa Marilù la quale, “al rinnovo della tessera elettorale, ha scoperto che, a sua insaputa, lo Stato italiano ha menzionato anche il cognome del marito nel documento”.

Non entro nel merito dei commenti della signora, a dir poco indignata, di un simile “affronto” che finirebbe, a suo dire, per assimilare le donne al bestiame marchiato a fuoco (e per questo chiede solidarietà per la sua battaglia), né, tantomeno, innescare polemiche.

Ma dal momento che negli anni scorsi ho ricevuto non poche richieste di spiegazioni circa la mia firma con i 2 cognomi (il mio e quello di mio marito) – ai quali ho gentilmente, ma fermamente risposto che si tratta solo dell’adempimento di un articolo di legge (per la precisione il 143 bis del Codice Civile) che mi trova perfettamente in sintonia – mi è sembrato opportuno condividere con voi una semplice riflessione attorno alla quale si è avviata, più di una volta, la discussione nel corso di incontri in preparazione al matrimonio (pensiamo alla spiegazione del momento del “consenso” e scambio degli anelli).

“La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze” recita l’art. 143 bis, ma in altri stati europei (o anche negli Stati Uniti) il cognome viene proprio cambiato in quello del marito.

Ora, nel Cantico dei Cantici leggiamo: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!”. Un passo talmente celebre da essere utilizzato, molto spesso, anche in partecipazioni di nozze da parte di coppie che non chiedono di celebrare un matrimonio in chiesa. Ma che, almeno per quanti invece l’hanno scelto, anzi fermamente voluto, diventa quasi un simbolo del proprio amore, benedetto da Dio. Sarà anche una forzatura: ma se il cognome diventasse un sigillo? Alla stregua dell’anello nuziale, solo per fare un esempio.

Due sposi legati da amore reciproco, meglio diciamo pure innamorati (ma perché mai si parla sempre poco dell’innamoramento degli sposi?), non hanno certo timore di mostrarla in pubblico, un altro “sigillo” ben evidente e di cui andare orgogliosi.

Ricordo ancora con affetto Agnese, un’amica e coetanea della mia nonna (classe 1899) che per tutta la vita è rimasta fedele al suo Stefano, il fidanzato morto nella Grande Guerra, indossando quotidianamente un paio di minuscoli orecchini di granati (il gioiello delle nostre famiglie alpine anni fa), dono prima della partenza. Quel dono che le faceva ancora inumidire gli occhi quando raccontava del suo amore mai venuto meno, non era forse un altro “sigillo”?

Che il sigillo di cui parla il Cantico sia un po’ il simbolo della fedeltà non è un mistero. “Io prendo te” si dicono gli sposi reciprocamente nel corso del Rito nuziale per poi scambiarsi gli anelli. Ma cosa si dicono per tutti i giorni del resto della vita?

“Io prendo te, tutto di te, nel senso accolgo te, tutto di te, i tuoi pensieri e tutto il tuo corpo”. E se per una donna volesse dire anche “accolgo il tuo cognome”, come un dono? Se due si amano, sotto lo “sguardo” benevolo di Dio, potrebbero forse rifiutare un dono? Certo nessuno può dire quali siano le convinzioni della signora in questione (e neppure quelle di coloro che hanno pensato di aggiungere un pezzo bis all’art.143 del Codic)e, ma due coniugi, che hanno celebrato in chiesa il loro matrimonio, non dovrebbero vedere la cosa come un problema, anzi. Sempre che siano d’accordo sul “sigillo”, leggi pure fedeltà. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16) è quanto avevamo scelto 30 anni fa ed è sempre lì nel cuore e nella mente, sì un altro sigillo.

E chiudo con un pensiero ad amiche femministe pronte a notare che la questione del cognome non è simmetrica, quindi, come spiega anche Marilù, un ulteriore motivo di “predominio” maschile. Forse non sono mai state innamorate, dico io, non senza un velo di tristezza. Perché sono convinta che l’amore di coppia sia una delle strade per la felicità, prima ancora che per la santità.

E allora, non so a voi, ma alla sottoscritta un sigillo, che sia un anello, un cognome o quant’altro, va giusto bene. O no?

settimnanews