Ho sempre l’impressione che manchi qualcosa capace di tenerci insieme. Sì, forse è proprio la misericordia ciò che manca di più nelle nostre città

elezioni_politicaCaro candidato sindaco,

lo so che in queste ultime ore di campagna elettorale sei impegnatissimo a distribuire volantini e a stringere mani. Ma mi permetto lo stesso di scriverti, perché mi è venuta in mente una cosa.

Stavo ripensando al fatto che era da parecchio tempo che in Italia così tante grandi città non andavano al voto tutte insieme. E – al di là dei motivi non proprio gloriosi che hanno portato alcune amministrazioni comunali al voto anticipato – la trovo una bella cosa. Certo, come sempre scorrendo le pagine di politica dei giornali di tutto si parla tranne che della dimensione locale di questo voto. Ma credo lo stesso che chi andrà a votare la propria città ce l’abbia bene in mente. E dunque mi sembra intrigante questo ricominciare tutti insieme, partendo dal livello della politica più vicino alla vita dei cittadini.

C’è però anche un’altra coincidenza che mi colpisce: questo azzerare e ricominciare avviene proprio durante quello che per la Chiesa è un anno giubilare. E allora mi è venuto spontaneo mischiare le due cose e provare a chiedermi: ma la misericordia, il tema che papa Francesco ci ha invitato a porre al centro del Giubileo, interpella anche un sindaco?

Lasciamo perdere le battutine qualunquiste sul livello dei politici di oggi o sugli amministratori corrotti in cerca di indulgenze a buon mercato. Il discorso vorrebbe essere un po’ più serio; mi chiedo: c’è ancora posto per la misericordia nella vita delle nostre città? Perché lo vediamo bene: le nostre città oggi sono terribilmente fragili, divise, rissose, impoverite; fatichiamo tutti a ritrovare la strada della piazza e non solo per via del traffico che ingolfa le nostre strade. Scorro i programmi e gli slogan elettorali; vi trovo anche idee interessanti. Ma ho sempre l’impressione che manchi qualcosa capace di tenerci insieme. Sì, forse è proprio la misericordia ciò che manca di più nelle nostre città. Siamo pronti a puntare il dito, a difendere ciò che è nostro, a rivendicare servizi all’altezza; ma non riusciamo più ad avere a cuore la sorte dell’altro.

Così mi permetto di suggerirti un programma, che poi non è neanche farina del mio sacco… Non ti preoccupare: non ti chiede corsie preferenziali, magie con le finanze comunali, piani del commercio o manutenzioni nelle scuole. Su quelle cose lì tu ne sai mille volte più di me; e da lunedì, poi, ci penserà l’opposizione nel tuo consiglio comunale – giustamente – a farti le pulci e a tenere la tua amministrazione sulla corda.

A me interessa dirti una parola diversa; qualcosa che riguarda la tua vita personale da sindaco. Il modo in cui tu sceglierai di stare in quell’ufficio sotto le cui finestre vive un’intera città. Ecco è su questo che ho un programma da proporti. Recita così: «Dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i pellegrini…». Ti ricorda qualcosa? Sì, sono proprio le opere di misericordia che papa Francesco ha tolto dalla naftalina dei libri di dottrina e ci sta facendo riscoprire come gesti politici per eccellenza.

Che cosa significa amministrare se non mettere il cuore nel dare risposte ai bisogni della propria comunità? Certo – mi dirai – nel nostro Comune ci sono tante strutture che se ne occupano: le mense, la rete idrica, i servizi sociali, la pro loco… Va bene. Ma è a te che spetta il passo in più; quello che fa la differenza tra un servizio più o meno efficiente e un segno capace di trasmettere un’anima alla tua città.

Che tu sia credente oppure no, io penso che le opere di misericordia possano essere comunque una grande scuola. Prendi ad esempio, visitare gli ammalati: non ti chiede di fare un giro di ispezione in corsia, ma di sostare davvero accanto a chi soffre. Esiste un modo migliore di questo per ascoltare fino in fondo la tua comunità? Oppure visitare i carcerati: non è un modo per ricordarti che anche chi sbaglia resta un tuo cittadino a cui dedicare del tempo?

E poi, accanto a quelle corporali, ci sono le opere di misericordia spirituali: prendi consolare gli afflitti; io non so se ci hai pensato davvero quando hai scelto di candidarti, ma molto prima di quanto pensi scoprirai che questa è una delle cose più difficili che ti verranno chieste come sindaco. Arriveranno a bussare alla tua porta persone devastate da un dolore: chi ha perso un lavoro, chi sta perdendo un figlio, chi per mille motivi non ce la fa più. E in quel momento tu capirai che ci sono problemi a cui nemmeno la politica migliore è in grado di dare risposte. Aprirai lo stesso la porta per ascoltare o ti rifugerai dietro all’immagine del manager?

Quante opere di misericordia sembrano scritte apposta per un sindaco di oggi: perdonare le offese in una politica che sembra fatta tutta di coltellate, sopportare con pazienza le persone moleste (perché lo sai, vero, quello che da domani cominceranno a scrivere su di te nella pagina locale del social network che leggono anche tutti i tuoi amici?). Persino il cattolicissimo ammonire i peccatori ha una declinazione anche laica nella cosa pubblica: sei tu che devi custodire la legalità nella tua città; ed è proprio per questo che quando un primo cittadino viola la legge per interesse proprio o di parte è un fatto così triste.

Se hai il dono della fede, però, credo ci sia un’opera di misericordia che più di ogni altra ti potrebbe essere d’aiuto: pregare Dio per i vivi e per i morti. Mi ha sempre colpito questa specificazione. Ok, pregare, ma perché per i vivi e per i morti? Per ricordarti che la tua città non comincia e non finisce con la tua amministrazione. Temo che per molti sindaci questa sia la verità più dura da accettare: abbiamo tutti dentro il gene del «salvatore della patria». Ma non si costruisce comunità se non si parte da qui; se non si accetta di fare i conti con l’idea che anche nelle città tutto muore, ma può ugualmente diventare una risorsa che ci accompagna nel cammino.

Soprattutto non pregare per te; prega per i tuoi cittadini. Non coltivare l’illusione che Dio possa essere il tappabuchi che arriva là dove tu non riesci ad arrivare. Ma prega per la città con la consapevolezza di chi – nel pezzetto di mondo che gli è affidato – per alcuni anni è chiamato a proseguire in una maniera del tutto particolare l’opera della creazione.

Pensa che persino Lui – e in un posto bellissimo da abitare come il giardino dell’Eden – qualche problemino col consenso l’ha avuto. Ma non ha per questo smesso di amare la sua città. Credo sia l’augurio più bello che ti si possa fare in questa vigilia elettorale, comunque vada a finire.

Intanto in bocca al lupo e buon lavoro!

vinonuovo.it