Guerra in Siria: 4 milioni di bambini non hanno mai visto la pace

Avvenire
Dall’inizio della guerra in Siria sono nati più di 4 milioni di bambini che non conoscono altro che bombardamenti, distruzione, fughe, privazioni, dolore e morte. Non meraviglia che più di un terzo dei bambini siriani oggi si senta sempre o frequentemente angosciato, insicuro e solo, secondo gli esiti di un’indagine realizzata da Save the Children nei governatorati di Idlib, Aleppo, al-Raqqa e al-Hassakeh. Nelle aree cioé tra le più colpite dalla guerra, dove vive più della metà dei bambini che all’interno della Siria si trovano in condizioni precarie e bisognosi di assistenza umanitaria.

Alla vigilia della terza Conferenza Internazionale per il Supporto della Siria e della Regione, a Bruxelles, il nuovo report “Un domani migliore: la voce dei bambini siriani” dell’Organizzazione raccoglie le testimonianze di centinaia di bambini che, pur profondamente segnati, conservano la fiducia nel futuro e nella possibilità di ricostruire il loro paese.

Mentre il conflitto sta entrando nel suo nono anno, il prossimo 15 marzo 2019, più della metà dei bambini siriani è bisognoso di assistenza umanitaria, un terzo è senza scuola e almeno 2,5 milioni sono sfollatiall’interno del Paese. Il 30% dei bambini intervistati ha dichiarato di non sentirsi al sicuro. Povertà e disoccupazione causate dal conflitto hanno minato la stabilità delle famiglie e forzato ragazzi che dovrebbero andare a scuola a svolgere lavori pericolosi o a sposarsi precocemente (lo conferma il 65% delle bambine e ragazze). I tassi di malnutrizione, malattia e disabilità sono aumentati a dismisura durante il conflitto.

Crescere senza istruzione rappresenta una paura messa ripetutamente in evidenza da tutti i bambini, comeracconta Lina, 13 anni, che è sfuggita all’assedio nel Ghouta orientale e oggi vive a Idlib: «La guerra ha portato via tutto a noi bambini e ci ha lasciato senza nulla, senza istruzione e senza futuro. I miei genitori sono stati uccisi quattro anni fa quando la nostra casa è stata colpita da una bomba, e ho sperato di morire anch’io, ma Dio aveva altri piani. Voglio che la guerra finisca per poter tornare dove vivevo e ricostruire il mio Paese. Non chiedo altro che poter tornare a scuola. Spero che il modo si accorga di noi e ci aiuti».

Sara, 14 anni, è stata ferita durante un attacco aereo che ha distrutto la sua casa a Deir Ezzor, e ora vive in un campo profughi in Siria, dove racconta: «Prima della guerra la mia vita era bellissima ed ero felice con la mia famiglia. Ora non sono più felice, la mia vita e la guerra sono una cosa sola. Anche qui, il rumore di un aereo in cielo mi fa subito paura. Penso sia molto importante che noi bambini possiamo parlare della nostra vita. È difficile immaginare il futuro del mio Paese quando non abbiamo neanche una casa, ma sono ancora ottimista. Vorrei dire a tutti i bambini del mondo di non allontanarsi mai troppo dalla loro famiglia e di non giocare con oggetti pericolosi».

I desideri dei bambini siriani, però sono quelli di tutti gli altri bambini del mondo: il 70% degli intervistati desidera passare tempo con gli amici, l’86% vorrebbe andare bene a scuola, il 98% sogna di stare con i propri cari, mentre la quasi totalità (98%) vorrebbe vivere in un contesto di pace e privo di ogni forma di violenza. «Chiediamo ai leader che si incontreranno a Bruxelles – dichiara Filippo Ungaro, portavoce di Save the ChildrenItalia – di ascoltare la voce dei bambini siriani. Anche dopo otto anni di guerra, sono ancora fiduciosi in un futuro migliore per il loro Paese. La comunità internazionale deve trovare il modo di rispondere alla loro richiesta».

Dai risultati della ricerca emerge infatti che i bambini e ragazzi hanno chiare aspettative nei confronti degli adulti nel loro paese e vorrebbero che si adoperassero per la fine del conflitto (60%), garantissero loro un’educazione (13,4%) o servizi sanitari (7,5%) e infine si impegnassero per la ricostruzione. Alla comunità internazionale il 56% degli intervistati chiede soluzioni per la fine della guerra e per proteggere i bambini, alleviare la loro povertà e sofferenza (13,4%), investire sulla ricostruzione del Paese (13%), aiutare i rifugiati siriani a tornare a casa (7%).

Save the Children, che ha lanciato quest’anno in occasione del centenario della sua fondazione la campagna “Stop alla guerra sui bambini”, chiede ai delegati che parteciperanno domani alla 3° Conferenza dei Paesi Donatori a Bruxelles di impegnarsi pubblicamente per sostenere una ripresa rapida della vita dei bambini in Siria, con investimenti specifici e continuativi sui settori che riguardano i minori. Insieme ai suoi partner locali,Save the Children è presente in 4 governatorati nel nord della Siria – Aleppo, Hama, al-Hassakeh e Idlib – e ha raggiunto con i suoi interventi più di 750.000 persone, tra cui oltre 500.000 bambini: ricostruzione delle scuole, educazione, assistenza sanitaria di base, distribuzione alle famiglie sfollate di beni di prima necessità.

L’Unicef intanto segnala che solo nel 2018 in Siria 1.106 bambini sono stati uccisi nei combattimenti, il più alto numero di bambini uccisi in un solo anno dall’inizio della guerra 9 anni fa. «Questi sono solo i numeri che l’Onu è stato in grado di verificare, ma le cifre reali sono probabilmente molto più alte, denuncia il direttore generale Unicef, Henrietta Fore. «Le mine rappresentano ora la principale causa di vittime tra i bambini in tutto il Paese, con 434 morti e feriti causati da ordigni inesplosi l’anno scorso. Il 2018 ha visto anche 262 attacchi contro le strutture scolastiche e sanitarie, anch’essi a livelli record. Oggi c’è un allarmante equivoco – continua Fore – che il conflitto in Siria stia rapidamente per concludersi: non è così. I bambini in alcune parti del Paese rimangono in pericolo come in qualsiasi altro momento durante gli otto anni di conflitto. Sono particolarmente preoccupata per la situazione nella Siria nordoccidentale di Idlibin, dove un’intensificazione della violenza ha ucciso 59 bambini solo nelle ultime settimane».