Celebrazioni col vescovo: gesto di convenienza o di fede?

Da qualche anno è invalsa, nella nostra città, l’abitudine di partecipare ad alcune celebrazioni col vescovo, sospendendo quelle nelle singole parrocchie.

Si è iniziato con la celebrazione (unica per la città) delle ore 11 in Cattedrale per la festa dell’Assunzione di Maria, poi quella della festa dei SS. Crisanto e Daria patroni della diocesi; successivamente l’adorazione della Croce il venerdì santo, ed ancora, da due anni, la celebrazione della Pentecoste.

   Si vorrebbero inoltre intensificare tali momenti comuni per tutta la città.

   È solo un motivo di “convenienza” per dare maggiore “audience” al Vescovo? Non si rischia di “perdere” così la “identità” parrocchiale?

Sono due delle obiezioni più ricorrenti; vorrei qui rendere ragione delle “vere motivazioni” esclusivamente “teologiche” ed “ecclesiologiche” di tali scelte.

   Il documento base del Concilio Ecumenico vaticano II sulla Chiesa, “Lumen Gentium” al n° 20 afferma: “…per mezzo di coloro che gli Apostoli costituirono vescovi e dei loro successori fino a noi, la tradizione apostolica in tutto il mondo è manifestata e custodita”.

   La Chiesa è allora esclusivamente sorretta dalla “tradizione apostolica-episcopale”.

Ancora al v. 14: “…i vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli quali pastori della Chiesa, e chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li disprezza, disprezza Cristo …”.

   E’ logico dunque che, quando vi sia la possibilità si ascolti il Vescovo, non altri.

Al n° 25: “i Vescovi che insegnano in comunione col romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; i fedeli devono accettare il giudizio del loro vescovo dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e dargli l’assenso religioso del loro spirito”.

   Ovvio allora che la parola del vescovo non può essere considerata alla stregua della parola di chicchessia perché Lui è il maestro. Del resto la cattedrale non si chiama così perché accoglie la “cattedra”del vescovo, luogo da cui Egli insegna e trasmette a fede?

   E i sacerdoti che ci stanno a fare allora? Che ruolo hanno? Solo di supplenza?

Al n° 28 (63) si dice: “i presbiteri… sono loro congiunti nella dignità sacerdotale, e in virtù del sacramento dell’ordine… sono consacrati per predicare il vangelo, essere i pastori dei fedeli e celebrare il culto divino…”. Al v 71: “i sacerdoti, saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati a servire il popolo di Dio, costituiscono col loro vescovo un solo presbiterio, sebbene destinato ad uffici diversi…”

   Se i presbiteri sono collaboratori, aiuto e strumento, va da sé che quando c’è il “titolare” i collaboratori cedano il passo.

   Da queste poche note si evince chiaramente, che non solo non si perde la “identità” parrocchiale che rimane pur sempre per l’ordinarietà e che costituisce anche la maggior parte, ma si rafforza e cresce la “identità” della fede e del nostro essere Chiesa.

   Non si dovrebbe tralasciare nessuna delle celebrazioni che ci “vedono chiesa” proprio perché ci “vedono stretti attorno a colui che è stato voluto da Cristo ed è il garante della Tradizione apostolica!”

   Da ogni celebrazione col Vescovo, dovremmo ritornare nelle nostre comunità grati a Dio perché non ci lascia mancare la garanzia della Tradizione nella continuità della fede, attraverso il magistero episcopale ma nemmeno il nutrimento quotidiano attraverso coloro che il vescovo si è scelti non come “sostituiti” ma come “collaboratori” per essere colà dove Egli non può essere!