Via Crucis. La via del Calvario facendoci toccare dalla vita del mondo


Signore, nostro Dio e nostro Padre,
ti domandiamo la conoscenza
della Croce del tuo Figlio.
Donaci di contemplarlo
come l’ha contemplato Giovanni, il testimone fedele;
come l’hanno contemplato i primi cristiani,
e Stefano negli ultimi momenti della sua vita.
Donaci, Padre, di contemplare la gloria
che hai dato a tuo figlio e che risplende nella Croce.
Rendici partecipi della contemplazione
dei santi Padri della Chiesa,
dei santi e dei mistici di tutti i tempi,
di coloro che hanno dato la loro vita per la fede
e che hanno perdonato a chi faceva loro del male.
Te lo chiediamo per Gesù
che ha perdonato i suoi nemici,
per questo Gesù che è il Messia,
il Cristo nostro Signore, che vive per sempre. Amen.
(C.M. Martini)

Prima stazione

L’ingiustizia, vicina e lontana, che abita la realtà.

Gesù viene condannato. C’è il potere religioso, parole che reclamano la verità del volere di Dio come se fosse un’evidenza legale. C’è il potere politico, parole che costringono e cancellano la dignità delle persone. In mezzo Gesù, condannato: lo immaginiamo di spalle, senza volto, uno e nessuno, con le mani legate dietro la schiena, impotente. Eppure sono mani che hanno accarezzato, che hanno abbracciato, che hanno guarito, che hanno rassicurato. Quante mani abbiamo lasciato legare?

Seconda stazione

[2 giugno 2023 – Europa Today] Dopo la riconquista di Kabul da parte dei talebani, si sono moltiplicate in Europa le promesse di accoglienza nei confronti dei cittadini afghani in fuga dal regime fondamentalista. Ma a quanto pare alle parole non hanno seguito i fatti. Lo scorso anni nell’Unione europea sono stati reinsediati solo 271 afghani, lo 0,1% dei 270mila identificati come bisognosi di protezione permanente nei campi profughi. L’International Rescue Committee – organizzazione non governativa globale per gli aiuti umanitari, il soccorso e lo sviluppo che fornisce aiuti di emergenza e assistenza a lungo termine a rifugiati e sfollati – ha accusato i leader del blocco di “sconcertante negligenza” nei confronti dei rifugiati afghani, molti dei quali rimangono intrappolati in condizioni “simili a quelle di una prigione” sulle isole greche.

La trave orizzontale della croce, sulle spalle del condannato, è così pesante che schiaccia verso terra. La mano di Gesù sembra che vi si aggrappi, quasi cercasse sollievo in ciò che l’opprime, quasi tentasse di capirne il senso. Accanto e intorno, altre mani legate, altri condannati che urlano di dolore. Dietro e attorno volti beffardi, occhiaie vuote, indifferenza, parole di fastidio. E anche due volti segnati dalla sofferenza, confusi tra la folla il discepolo amato e la madre, che sono ancora, anche qui, accanto a Lui.

Terza stazione

[16 settembre 2023 – SkyTG24] Un anno di scontri, violenza, morte e repressione. Un anno di grida, sorellanza, speranza e coraggio. Per le donne iraniane c’è un prima e un dopo il 16 settembre 2022. Lo spartiacque è nel volto di una ragazza dai capelli neri. Il suo nome, Mahsa Amini, sarà urlato da milioni di donne in tutto il mondo. Le donne scendono in strada, gridano il suo nome, si tagliano i capelli e bruciano gli jihab in pubblico. L’Iran, insieme all’Afganistan è uno dei due unici Paesi del mondo dove l’uso dello jihab è obbligatorio per legge (la legge sull’obbligo del velo è in vigore dal 1981, poi modificata nel 1983). Le manifestazioni esplodono a Teheran lo stesso giorno della morte di Amini, arrivano in fretta alla sua città natale e ad altre città della provincia del Kurdistan, per poi estendersi a macchia d’olio in tutto il Paese. In strada scendono donne e uomini di diverse età e appartenenza sociale, gli studenti sono protagonisti. In risposta alle proteste il governo blocca Internet a partire dal 19 settembre 2022.

Le mani di una donna reggono il telo che ha asciugato il sangue e il sudore di Gesù, uno dei condannati. È come se il sangue e l’acqua, l’ultimo segno di vita che il corpo del condannato lascia uscire, si fossero già offerti in ricompensa a chi ha avuto compassione di lui: su quel velo resta impresso il suo volto, ed è il volto della compassione. Veronica, “vera immagine” della pietà: la sua per noi, la nostra per lui e per tutti quelli che la vita ha reso “sfigurati”.

Quarta stazione

[16 dicembre 2023 – La Repubblica] “Costretti a combattere”: l’incubo degli ucraini ora sono le agenzie di reclutamento forzoso… A Kiev, una mattina di novembre, verso le otto, Romain Mille si è sentito precipitare in un pessimo film d’azione. Mentre stava camminando per andare al lavoro, un minivan bianco ha inchiodato accanto a lui. La portiera scorrevole si è spalancata e due ceffi in mimetica sono saltati fuori e hanno cercato di trascinarlo nel veicolo. «Mi sono salvato soltanto perché ho tirato fuori il passaporto francese», ci racconta al telefono. I due tizi che volevano rapirlo in mezzo alla strada – un terzo era rimasto al volante col motore acceso – hanno fissato per un po’ il passaporto, poi si sono messi a ridere e se ne sono andati.

Attorno a Cristo, lungo la via angusta, c’è ora folla e tante mani che si levano. Quelle del condannato sembrano una cosa sola con la trave che lo opprime e gli spezza le spalle. Quelle della gente attorno, soprattutto donne con i loro figli, sono livide, si coprono il volto, ma l’orrore dilaga negli occhi e sulle labbra. Come sostenere il dolore? Come portare aiuto al condannato, sottratto con violenza alla vita, alla cura e all’affetto di chi gli ha voluto bene? Non c’è risposta: il dolore rende muti. In alto, come uno spiraglio o una speranza, il sole.

Quinta stazione

[21 febbraio 2024 – Avvenire] «Nelle prime ore del 15 febbraio – ricostruisce Medici senza Frontiere – veniva colpito il reparto di ortopedia dell’ospedale Nasser, la struttura sanitaria più grande nel sud di Gaza, provocando il caos e uccidendo e ferendo un numero imprecisato di persone. Temendo per la propria vita, i membri dello staff dell’organizzazione sono dovuti fuggire dal complesso lasciando dietro di sé diversi pazienti in gravi condizioni. Tutto questo è avvenuto dopo settimane di pesanti combattimenti nei pressi della struttura, in cui il personale medico, i pazienti e gli sfollati si sono ritrovati intrappolati con un accesso molto limitato alle forniture essenziali. All’esterno, molte persone ferite a causa degli intensi bombardamenti a Khan Yunis non hanno potuto raggiungere l’ospedale per ricevere cure di emergenza».

Sotto un cielo dilatato e un pallido sole Gesù stramazza al suolo, il volto sfigurato, ridotto a una massa indistinta, una poltiglia; del corpo è come se restassero solo le mani. Com’era già accaduto al Getsemani: «Cadde con la faccia a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora» (Mc 14,35). L’ora non passa, anzi il suo peso si aggrava. Occorre attraversare anche questo. Quale preghiera è possibile mentre si sale verso il colle della morte? Quale animo occorre per affrontare una solitudine così grande? Perché questo abbandono?

Sesta stazione

[20 novembre 2023 – Italo D’Angelo, Interris.it] In questi giorni in cui si parla delle troppe violenze che coinvolgono le donne, io posso solo dire: non perdonate! Difendetevi. La violenza si sviluppa in modo graduale, quasi sempre crescente e ciclico. Gli episodi violenti crescono di intensità nella vita quotidiana fino allo scoppio della tensione, a cui segue un periodo di calma fino all’episodio seguente: minacce, aggressioni verbali, umiliazioni, percosse, omicidio. C’è un’altra violenza, che non è meno grave delle altre. Come può un essere umano pensare che quella ragazzina che si prostituisce, a bordo della strada, nel freddo d’inverno o sotto la pioggia o il sole d’estate, lo faccia liberamente? Eppure giovani, anziani, uomini di ogni genere, pensano con pochi euro di poter comprare la dignità di una persona. “Ma fanno il mestiere più vecchio del mondo…?”. Sì, e se fosse tua figlia, magari disoccupata, quel “mestiere” glielo faresti fare? No. Come diceva don Oreste Benzi: non è il mestiere più vecchio del mondo, ma l’ingiustizia più vecchia del mondo.

Lo sguardo si allarga, la scena comprende anche gli altri condannati; due, o forse molti di più, in una uccisione di massa per risparmiare tempo e personale. Le mani e i piedi sono inchiodati: non c’è più un luogo dove andare, strada da fare, gesti da compiere. Le travi, pesanti e massicce, sono il segno di tutte le oppressioni – fisiche e mentali – che donne e uomini soffrono. Nei volti dei condannati si intravedono tutti i volti immersi nel buio della sofferenza, senza giudizi, senza categorie. Nella sua via dolorosa Gesù porta con sé chiunque sperimenti violenza, ingiustizia, sopraffazione e abbia nel cuore una nostalgia. Se è vero che Gesù muore “per” noi, ci sorprende e commuove vedere che Lui muore “con” noi.

Settima stazione

[26 gennaio 2024 – Wired] L’Alabama è il primo stato al mondo a eseguire una condanna a morte costringendo un detenuto a inalare azoto puro. L’azoto è presente nell’aria che respiriamo, ma se inalato in mancanza totale di ossigeno può causare in poco tempo la perdita di conoscenza e la morte. Kenneth Smith, 58 anni, è in carcere dal 1998. Condannato all’ergastolo dalla giuria, la sua pena è stata commutata in condanna a morte dal giudice. Alle 19 ore locale – le 2 di notte in Italia – del 25 gennaio nel carcere di Atmore Smith è stato tratto nella sala dell’esecuzione, dove – dopo essere stato legato al lettino dell’esecuzione – è stata apposta una maschera sul volto per coprire naso e bocca e far fluire azoto puro a pressione, in modo da impedirgli di assorbire ossigeno. Una morte per asfissia, la prima al mondo. Il condannato è morto alle 20.25 locali, circa un’ora e mezza dall’inizio dell’esecuzione. L’inalazione forzata è durata 22 lunghissimi minuti. L’uomo, all’inizio cosciente, ha poi avuto spasmi e contorsioni causate dal dolore, prima di morire.

La morte di Cristo: un corpo senza più respiro né forza, lacerato e abbandonato su un legno; ridotto a un rottame, lo hanno buttato “fuori”. Pallidissimi, i volti e le mani di Giovanni, Maria la madre e la Maddalena, sono immersi nelle tenebre, come se la pietra avesse già chiuso il sepolcro. I vangeli ricordano che, alla sua morte, il velo del Tempio si squarciò (Mt 27,51). Dietro quel velo era occultata la Presenza, il Dio invisibile. Ora quel velo è diventato inutile, distrutto e reso insignificante proprio da quella morte. Ora il volto di Dio si rivela: è il volto del Crocifisso. Quel corpo infatti nasconde un Dio che ama e che – in quella morte, in quell’abbandono, in quella lacerazione – si “svela” perché la oltrepassa.

Ottava stazione

I ‘media’ mostrano il volto di Lyudmila, madre di Aleksej Navalny: ferma nella sua intenzione a non far passare sotto silenzio le continue irregolarità e omissioni che riguardano la salma del figlio, consegnatole infine – dopo minacce e ultimatum – insieme a un certificato che stabilisce la morte per «cause naturali». La vedova Yulija Navalnya intanto accusa Putin di «satanismo» e «paganesimo», puntando il dito sul fatto che la tanto sbandierata vicinanza del presidente russo alla chiesa ortodossa si sia dimostrata con questa vicenda una vicinanza opportunistica e di facciata. «Sta violando qualsiasi legge, sia umana che divina», ha detto.

Il corpo deposto dalla croce riposa pacificato sul corpo della madre, quasi un ritorno all’utero che lo aveva generato. Le mani, ora, sono quelle dell’affetto, della custodia, della protezione, della cura. Quelle di Cristo appaiono trafitte dai chiodi. La morte rimane, con la sua illusione di predomini, ancora non è sconfitta, ma ha già perduto la sua preda. La vita appare e resiste nella “pietà”, che guarisce e consola. È già un preludio di risurrezione.

Nona stazione

L’attesa, l’ostinazione, la speranza di chi vive, grida, aiuta, non si rassegna.

In fondo all’oscurità di un sepolcro trova posto un cadavere. Ma c’è luce, non si sa come, e l’intuizione di una vita pronta a esplodere. La corona di spine, scherno e dolore, diviene corona di gloria. Il volto, che appena si indovina sotto il telo, tornerà vivo per donarci la “sua” pace. E questo è un canto di speranza che sorregge l’attesa. Ogni Via Crucis è un cammino di dolore per le strade del mondo, il punto di arrivo è il “riposo del sabato santo”, oltre il quale – nella fiducia e nella speranza talvolta “contro ogni speranza”, ci viene dato di accogliere con stupore la luce e la gioia della Pasqua.

Conclusione

O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario:
per vivere in Comunione con Dio Padre;
per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario,
o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.
Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza
e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.
Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,
e per avere certezze che non tradiscono in eterno.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi,
per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità,
lungo il cammino della nostra vita faticosa,
fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso,
con Te benedetto nei secoli. Amen.
(S. Paolo VI)
in vinonuovo.it

Parrocchia S. Agostino Reggio Emilia. Ritiro di Quaresima con il vescovo Monari

“Alla ricerca della volontà di Dio” è il tema del ritiro spirituale di Quaresima che mons. Luciano Monari – vescovo emerito di Brescia – guiderà nella parrocchia cittadina dei Santi Agostino, Stefano e Teresa domenica 3 marzo.

L’incontro – che si svolgerà nei locali della parrocchia con accesso da via Reverberi 1 – sarà aperto alle 9.30 dalla recita di lodi a cui farà seguito la prima meditazione; alle 11.30 il vescovo Luciano presiederà la celebrazione eucaristica. Nel pomeriggio, dopo l’esposizione del Santissimo Sacramento, detterà la seconda meditazione. Il ritiro sarà concluso alle 15.45 dalla recita del Vespro e dalla benedizione eucaristica.

Nato a Sassuolo il 28 marzo 1942, mons. Monari ha frequentato il liceo classico “Muratori” a Modena negli anni 1955-1960; la sua formazione spirituale si è svolta nell’oratorio sassolese “Don Bosco”. Conseguita la maturità, ha iniziato gli studi teologici nel Seminario di Reggio Emilia; poi li ha proseguito a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana, dove ha frequentato i corsi di Teologia e Sacra Scrittura.

E’ stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1965 nella chiesa di San Giorgio in Sassuolo dal vescovo Gilberto Baroni. Ha poi conseguito la licenza in Teologia all’Università Gregoriana e in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico.

Rientrato in diocesi, si è dedicato in seminario all’insegnamento di Sacra Scrittura; ha anche tenuto corsi di Teologia dogmatica e Teologia spirituale. E’ stato docente nello Studio Teologico Accademico Bolognese e nel Seminario Regionale di Bologna. Notevole il suo impegno nell’Azione Cattolica diocesana: nel 1968 viene nominato vice-assistente diocesano e dal 1970 al 1980 è assistente diocesano. Nel 1980 il vescovo Baroni lo ha nominato direttore spirituale del seminario reggiano. Assai frequentati e apprezzati i corsi di formazione per i docenti organizzati dall’UCIIM presso il Centro Giovanni XXIII.

Mons. Monari ha sempre saputo coniugare profondità di pensiero, indiscussa competenza in campo biblico, chiarezza nell’esposizione, afflato pastorale. A Reggio è stato guida sapiente di tanti giovani.

Chiamato da papa Giovanni Paolo II a reggere la diocesi di Piacenza-Bobbio, mons. Monari Il 2 settembre 1995 nel palazzetto dello sport di Reggio Emilia è stato consacrato vescovo dal cardinale Camillo Ruini, da monsignor Gilberto Baroni e da monsignor Paolo Gibertini. Il vescovo Luciano è stato membro della Commissione Episcopale della CEI per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi; nella regione ecclesiastica emiliano-romagnola è stato incaricato dell’Ufficio Catechistico. Il 30 maggio 2005 è stato eletto dalla 54^ assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana vicepresidente per l’Italia del Nord.

Il 19 luglio 2007 è stato nominato da papa Benedetto XVI vescovo di Brescia, diocesi che ha guidato per un decennio.

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Il percorso quaresimale come cammino verso la consapevolezza del valore reale delle “cose”…

Se lo scorso anno abbiamo vissuto il tempo quaresimale e pasquale in compagnia del rapper pugliese Caparezza, quest’anno vorrei spostarmi di latitudine – ma non di genere musicale – facendomi accompagnare dalle note e dai testi del rapper milanese (seppur di origini siciliane) Marracash.

Un artista assai maturato negli ultimi anni, sia livello personale che di coscienza politica, come dimostrano il premio Targa Tenco (2022) assegnato all’ultimo album Noi, loro e gli altri (2021) e il sorprendente, storico, riscontro di pubblico ottenuto dal doppio evento Marrageddon festival che, a fine settembre del 2023, ha riunito tra Milano e Napoli circa 140000 persone.

La vera svolta, però, era avvenuta nel 2019 con l’album Persona: il racconto, o meglio, la messa in versi «del superamento di un momento duro, cupo e disperato… due anni e nove mesi in isolamento, legato a una persona “tossica” dal punto di vista sentimentale. Sono andato dallo psicanalista perché mi sentivo vuoto… Poi le canzoni sono uscite come sangue da una ferita in soli tre mesi, è stata una catarsi. Fabio, per rinascere, ha dovuto uccidere Marracash».

Ispirato all’omonimo film di Bergman, l’album è quindi un concept che, viaggiando attraverso e mediante i vari organi del corpo, narra e canta una profonda crisi esistenziale, nella quale l’ego cade, per rinascere – forse – come anima. Più quaresimale e pasquale di così…

In principio dunque, come ad ogni inizio di Quaresima che si rispetti, c’è il deserto delle tentazioni, la vanità di ciò a cui spesso aspiriamo, la vuotezza di ciò che vediamo e, talvolta, invidiamo.

Per questo i protagonisti della prima tappa sono gli occhi. A causa loro, sussurra Marracash nell’intro del brano Tutto questo niente, «desideriamo quello che vediamo / e a volte desideriamo solo di essere visti», pensando (erroneamente) che «quello che ci serva sia fuori di noi / mentre quello di cui abbiamo davvero bisogno è invisibile». Per questo l’invito fraterno del rapper milanese, a sé stesso e a noi, è di buttare fuori, confessare, «i tuoi pensieri o finiranno per ucciderti».


L’elenco di questi falsi bisogni, spesso travestiti da desideri (il più delle volte indotti), è lungo: «fan… Nike… like… un milione di persone… arriva[re] in cima… ponti levatoi… viaggi in prima… spiagge cartolina… essere famoso… come i grandi eroi… tutto rolexato e ingioiellato… file di sneakers, pile di polo…[una] grande casa…».

Forse non sono i nostri «sogni», o forse sì. Di certo, ciascuno può farne la sua traduzione. Perché ognuno, in coscienza, sa quali sono i suoi e nel silenzio – nel deserto – può provare a focalizzarli. Chissà che il vangelo di Marco (1,12-15), ascoltato domenica scorsa, non espliciti le tentazioni rivolte da Satana a Gesù proprio perché il lettore si senta più libero di attualizzarle, di individuarle in sé.

Sappiamo, però, che Gesù non cade in queste tentazioni. Ne è stato toccato, forse ferito, ma sembra che non abbia ceduto ad esse. A noi, invece, tocca il compito di attraversarle, sperimentarle. Per quello che sono veramente: «filtri sulla vita», «un bicchiere di cristallo sopra una formica», «numeri [che] mentono», «cose care» che «raramente diventano care cose», ma che più spesso usiamo poco, senza godercele o finendo per esserne posseduti ed usati: «cercatrici d’oro scavano dentro di me / scalatrici bucano la scorza / tipo che se tu dai loro corda / poi si ripresentano con chiodi e piccozza».

In definitiva, confessa il rapper milanese (e, forse, noi con lui), «cento cose» con cui «riempio il tempo e non colmo il vuoto»; «cento cose» di fronte a cui infine esclamiamo: «è tutto qui? / è per questo che ho fatto questa fatica?».

Sì, dopo una certa età si comprende che «la noia» e «gli attacchi di panico» possono non essere più un accidente negativo da rimuovere o superare in fretta, per poi – magari – autodistruggersi, ma il punto di svolta verso l’agognata «via d’uscita». È per questo che in modo certo paradossale, ma straordinario quanto a provocazione affettuosa rivolta a sé stesso e a ciascuno di noi, Marracash «apre le braccia» e canta nel ritornello «le parole» di verità che spesso la nostra parte profonda, onirica, vuole sentirsi dire:

«un giorno tutto questo niente sarà tuo /
tutto questo niente sarà tuo /
un giorno tutto questo niente sarà tuo /
Tutto questo niente sarà tuo».

Sembra di sentire il Qoèlet: vanità delle vanità. Tutto è vanità. Senza però dimenticare da dove si viene. Da quelle «vecchie strade» popolari dove qualcuno potrebbe sempre ricordarti che «in fondo tutto questo niente / è meglio del niente che aveva prima». Ma dove il rapper di Barona sa che si può crescere come «un cucciolo di squalo», in modo opposto ma speculare ai cuccioli di squalo delle élites.

La vera posta in gioco, allora, sembra essere un’altra – ricchi o poveri che siamo (noi o loro, dirà due anni dopo) – e viene cantata da Marracash nella outro del brano: ritirarsi in un luogo solitario, fare silenzio, ascoltarsi in profondità e divenire consapevoli che ogni «successo» è, diabolicamente, come «una lente di ingrandimento su un insetto / ti fa sembrare gigante ma allo stesso tempo / rivela sempre il vero aspetto / e spesso sei orrendo / quelle zampette che mi danno i brividi / un paio d’antenne / mandibole con cui divori i tuoi simili».

Nel deserto con Gesù, vero uomo e vero Dio, erano presenti non a caso anche gli angeli e le bestie selvatiche. E ad entrambe, all’angelo e alla bestia che è in noi, ma che pascalianamente non siamo, il figlio dell’Uomo ha annunciato che è giunto il tempo – l’ora – di convertirsi: di credere alla buona notizia che possono convivere in pace. Pacificate e pacificanti. Come nel giardino orginario che quel deserto deve ricominciare ad essere, a diventare…
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La Quaresima in Cattedrale a Reggio Emilia con «Meditatio Ante Missam»

Le tradizionali Meditatio ante Missam, previste quest’anno in alcune domeniche di Quaresima e per il giorno di Pasqua, oltre che ad introdurci alle singole celebrazioni, saranno anche l’occasione per stazionare vicino ai grandi temi di questo tempo di grazia.

Con questa proposta, la Cappella Musicale della Cattedrale, guidata dal maestro Primo Iotti, rafforza quell’indicazione presente nel Messale Romano volta a tener conto di tutti i registri comunicativi che, in accordo armonico con quanto viene celebrato, fanno della liturgia un’occasione di evangelizzazione che nasce dall’effettivo incontro con il Signore che realmente agisce nel popolo che si raduna. Scriveva Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica post sinodale sull’Eucarestia fonte e culmine della vita e della missione della chiesa – Sacramentum caritatis: «attenzione verso tutte le forme di linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo, colori delle vesti liturgiche. La liturgia, in effetti, possiede per sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano».

Con il tipico registro del canto, al silenzio previsto e suggerito prima di ogni celebrazione (cfr. Ordinamento Messale Romano n.45) si accosterà questa meditazione musicale che, attingendo dalla vasta tradizione della musica sacra, potrà predisporre interiormente ad accogliere quanto si celebra.

18.02.2024 – Meditatio in Tempus Quadragesimæ e Cinerum

Attende Domine (gregoriano)
Audi benigne conditor (gregoriano, polifonia di G. Dufay)
Stabat mater (gregoriano)
Ave Regina cælorum (O. Di Lasso)

Con il celebre “Attende Domine” (canto responsoriale che nel Liber Usualis è inserito in appendice tra i “Canti vari”), proposto nella prima Domenica di Quaresima, si entra già nel cuore di questo tempo favorevole per la nostra salvezza: “Volgi l’attenzione a noi, Signore, e abbi pietà perché abbiamo peccato contro di Te”. Particolare attenzione in questi repertori è data al testo, rispettato nella sua musicalità e fluidità derivane dalla parola medesima. Come afferma il musicologo Giacomo Baroffio: “Chi si accinge a cantare in Chiesa deve convincersi che l’organo principale attivo nel cantore non è l’ugola ma l’ascolto, non è la musica ma la vita. Prima di imparare le note, è necessario prendere conoscenza dei testi, farli oggetto di meditazione, impegnarsi nella lectio divina quotidiana. Poco per volta si avvertirà il bisogno di fare più spazio alla Parola. Nello stupore dell’ascolto sarà la Parola stessa a suggerire il ritmo dei canti quali riflesso di un ritmo più profondo e coinvolgente: il ritmo della vita in Cristo, attento alla volontà del Padre nella forza dello Spirito santo”.

Audi benigne conditor” (Inno per i vespri in Tempo di Quaresima) viene proposto nella polifonia del compositore franco fiammingo Guillaume Dufay (1397 – 1474). Alla centralità della parola, tipica del canto gregoriano, si accosta in questa versione anche la particolare preziosità, affermata dal Concilio Vaticano II, del repertorio polifonico. Dalle prime testimonianze risalenti al 1100, la polifonia sacra ha assunto un importante ruolo nelle azioni liturgiche, confermato in particolar modo dal magistero papale a partire dal Motu proprio «Inter pastoralis officii sollicitudines» (Pio X sulla Musica Sacra – 22 novembre 1903).

Ulteriore proposta della prima domenica di quaresima è il celebre Stabat Mater, conosciuto e cantato in tante comunità soprattutto quando si prega la Via Crucis. Caratterizzato da una musicalità molto semplice e facile da apprendere, l’Inno dello Stabat Mater ci conduce al sommo momento in cui la Madre del Signore rimane ai piedi della croce, come ricorda l’evangelista Giovanni. Questo tradizionale inno della Settimana Santa è una “sequenza” attribuita a Jacopone da Todi che risale alla fine del ‘200. La sequenza, componimento poetico musicale, veniva cantata o recitata prima della proclamazione del Vangelo. La riforma del Concilio Vaticano II l’ha resa facoltativa e solo in alcune festività liturgiche come, ad esempio, quella della Memoria della Beata Vergine addolorata nella quale è previsto il testo dello Stabat Mater.

Chiude le meditatio della prima domenica di Quaresima l’antifona mariana Ave Regina cælorum, utilizzata soprattutto a conclusione della preghiera di compieta. Il testo, attribuito da alcuni a san Bernardo, richiama in parte due delle immagini che abbiamo contemplato, riferite a Cristo, nelle antifone maggiori delle ferie di Avvento: “salve, o radice, salve, o porta da cui sorse la luce per il mondo…”. Viene proposta dalla Cappella Musicale della Cattedrale nell’armonizzazione del musicista Bavarese Orlando di Lasso, predecessore come maestro di cappella in san Giovanni Laterano del famoso Pierluigi da Palestrina.

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Convertirsi ovvero seguire Gesù. Commento alle letture della prima domenica di Quaresima

L’arcivescovo Giacomo Morandi commenta le letture della prima domenica di Quaresima (18 febbraio 2024):

Il Figlio di Dio affronta la tentazione come una tappa del proprio cammino e combatte nel deserto per vincere lo spirito del male. La Sua vittoria riconcilia il mondo a Dio Padre.
Quale atteggiamento è richiesto all’uomo davanti al compiersi del Regno di Dio? Cosa significa convertirsi?

“Vangelo e vita” è una produzione del Centro Comunicazioni sociali della Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla

Coordinamento: Edoardo Tincani
Responsabile di produzione: Emanuele Borghi
Immagini: Massimo Ballabeni
Voce: diacono Antonio Burani
Ha collaborato: Matteo Ferrari

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L’Arcivescovo Giacomo Morandi commenta le letture e il Vangelo della quarta domenica di Quaresima (19 marzo 2023)

L’incontro tra Gesù e il cieco nato mette in luce due diversi atteggiamenti nei confronti della fede. Il non vedente si mostra docile e accoglie le indicazioni del Signore. I farisei ostentano presunzione e si chiudono all’amore di Dio. L’itinerario del cieco nato è un cammino battesimale: non solo vede con gli occhi, ma riconosce il Signore come Messia. L’Arcivescovo Giacomo Morandi commenta le letture e il Vangelo della quarta domenica di Quaresima (19 marzo 2023).
E tu, sei pronto ad accogliere il Signore?

Verso Pasqua. La Quaresima dei fannulloni: quindici minuti al giorno con i santi

Preghiera per la pace il venerdì di quaresima

Momento qualificante per la meditazione personale o per un cammino quaresimale in parrocchia, >>> il volume “Quaresima per fannulloni” di Max Hout de Longchamp (Il Pozzo di Giacobbe con sconto 5% qui) è giunto alla XVIII edizione. Proposto per la prima volta in Italia dalla Confraternita della Beata Vergine del Monte Carmelo di Erice di cui è moderatore sin dalla nascita, nel 2003, il vescovo di Acireale, Antonino Raspanti ha visto ampliare il circuito di persone interessate a vivere questo originale percorso spirituale e pratico.

Alla scuola dei santi e dei mistici, bastano 15 minuti al giorno per un vero itinerario quaresimale fino alla Pasqua. «Il metodo proposto richieste pochi minuti e un po’ di perseveranza per lasciare che la Parola prenda forma in noi». Una buona lettura, qualche minuto di meditazione, un consiglio pratico.

«È come strofinare un cerino per accendere un incendio, dice l’autore che attualmente dirige il Centro “Saint Jean de la Croix” di Mer-sur-Indre in Francia, gemellato con la confraternita ericina. «L’appuntamento secolare con la quaresima, con i suoi riti e le sue pratiche, ci dona lo strumento della preghiera con cui accendere il desiderio di Dio, potenza dell’uomo che è infinito desiderio come dicevano i filosofi antichi» ha detto Anna Pia Viola, filosofa e teologa della Facoltà Teologica di Sicilia nella presentazione che si è tenuta a Trapani presso il salone dell’abbraccio del Museo diocesano di arte contemporanea “San Rocco” qualche giorno fa. «Siamo fatti di parola ma per vivere e crescere abbiamo bisogno di parole sensate, profonde, pensate. Questo sussidio ispira proprio perché si rivolge a quei ‘fannulloni’ che non vogliono aggiungere cose da fare ma andare in profondità».

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«La Quaresima è un affare di cuore, con cui la Chiesa ci prende per mano per compiere il cammino verso la rigenerazione della Pasqua – ha aggiunto il vescovo Raspanti presente alla presentazione – l’amore è il quadro di riferimento di tutte le pratiche quaresimali che ogni anno si presenta a noi come occasione preziosa per rientrare in noi stessi e guardare i grandi limiti della nostra creaturalità. Abbiamo attraversato l’emergenza sanitaria del Covid, ci troviamo ad un anno da una guerra sanguinosa a pochi passi da noi, abbiamo seguito il dramma del terremoto in Turchia e Siria pensando che potevamo essere noi le vittime di tutto questo».

«Dopo anni in cui abbiamo vissuto con uno strisciante senso di onnipotenza ci siamo ritrovati deboli, fragili, come canne direbbe Pascal. Ma – ha ripreso il vescovo di Acireale – proprio nell’abbraccio del Padre in cui c’immette il rapporto con Cristo Risorto, possiamo scoprire che i nostri limiti non sono la nostra infelicità. Nel Padre la nostra debolezza non si sgretola nel nulla ma s’integra e si unifica nella vita del Risorto. La parola “Padre’” se mi fermo, respira di quel ‘per me’ della salvezza di Cristo che va ben oltre ad un triste esercizio di salute morale, ha concluso citando un brano di San Francesco di Sales contenuto nel volume».

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