Santa Messa Liturgia di Domenica 11 Settembre 2022 XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 2018 - La Domenica

La Liturgia di Domenica 11 Settembre 2022
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Verde

“Si avvicinarono a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa parabola…” (Lc 15,1-2).
A un uditorio di mormoratori Gesù racconta le tre parabole dei perduti ritrovati. Quale nuova idea di Dio ci rivelano? Tra tutte le parabole sono indubbiamente le più sconvolgenti perché ci insegnano anzitutto che Dio si interessa di ciò che è perduto e che prova grande gioia per il ritrovamento di ciò che è perduto. Inoltre, Dio affronta le critiche per stare dalla parte del perduto: il padre affronta l’ira del figlio maggiore con amore, con pace, senza scusarsi. Gesù affronta le critiche fino a farsi calunniare, critiche che si riproducono continuamente e quasi infallibilmente. Perché tutte le volte che la Chiesa si ripropone l’immagine di Dio che cerca i perduti, nasce il disagio. E ancora, Dio si interessa anche di un solo perduto. Le parabole della pecorella perduta e della donna che fatica tanto per una sola dramma perduta, hanno del paradossale per indicare il mistero di Dio che si interessa anche di uno solo perduto, insignificante, privo di valore, da cui non c’è niente di buono da ricavare. Ciò non significa evidentemente che dobbiamo trascurare i tanti, però è un’immagine iperbolica dell’incomprensibile amore del Signore. Per questo l’etica cristiana arriva a vertici molto esigenti, che non sempre comprendiamo perché non riusciamo a farci un’idea precisa della dignità assoluta dell’uomo in ogni fase e condizione della sua vita (da Perché Gesù parlava in parabole , EDB-EMI 1985, pp. 125ss).

Antifona d’ingresso
Dona pace, o Signore, a quanti in te confidano;
i tuoi profeti siano trovati degni di fede.
Ascolta la preghiera dei tuoi servi
e del tuo popolo, Israele. (Cf. Sir 36,18)

Colletta
O Dio, creatore e Signore dell’universo,
volgi a noi il tuo sguardo,
e fa’ che ci dedichiamo con tutte le forze al tuo servizio
per sperimentare la potenza della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Oppure (Anno C):
O Padre,
che in Cristo ci hai rivelato
la tua misericordia senza limiti,
donaci di accogliere la grazia del perdono,
perché la Chiesa si rallegri
insieme agli angeli e ai santi
per ogni peccatore che si converte.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

>Prima lettura

Es 32,7-11.13-14
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Parola di Dio

>Salmo responsoriale

Sal 50

Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

> Seconda lettura

1Tm 1,12-17
Cristo è venuto per salvare i peccatori.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Parola di Dio

Canto al Vangelo (2Cor 5,19)
Alleluia, alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.

>Vangelo

Lc 15,1-32
Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.

Forma breve (Lc 15, 1-1):

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
La tentazione di ingabbiare Dio nei limiti del nostro pensiero è sempre forte. Altrettanto forte dev’essere la nostra voglia di ricercare il volto autentico del Padre.
Preghiamo insieme e diciamo: Signore donaci il coraggio della conversione.

1. Perché di fronte al conflitto sappiamo sempre dialogare in vista della riconciliazione. Preghiamo.
2. Perché il tuo perdono sia di stimolo per perdonare. Preghiamo.
3. Perché sappiamo utilizzare la nostra forza per resistere al male e non per schiacciare coloro che riteniamo malvagi. Preghiamo.
4. Perché anche nella nostra miseria ci ricordiamo di essere tuoi figli, amati e mai lasciati in preda alla disperazione. Preghiamo.

O Padre, la tua gioia per l’esistenza di ogni uomo non si spegne nemmeno di fronte alle nostre più gravi mancanze. Aiutaci, quando non sappiamo da dove ripartire, a ripartire da te. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte
Ascolta con bontà, o Signore, le nostre preghiere
e accogli le offerte dei tuoi fedeli,
perché quanto ognuno offre in onore del tuo nome
giovi alla salvezza di tutti.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali. (Sal 35,8)

Oppure:
Il calice della benedizione che noi benediciamo
è comunione con il Sangue di Cristo.
Il pane che noi spezziamo
è comunione con il Corpo di Cristo. (1Cor 10,16)

Oppure (Anno C):
Facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato. (Lc 15,23-24)

Preghiera dopo la comunione
La forza del tuo dono, o Signore,
operi nel nostro spirito e nel nostro corpo,
perché l’efficacia del sacramento ricevuto
preceda e accompagni sempre i nostri pensieri e le nostre azioni.
Per Cristo nostro Signore.

SABATO 27 AGOSTO 2022 Messa del Giorno SANTA MONICA – MEMORIA

Colore Liturgico Bianco
Antifona
Ecco la donna saggia che costruì la sua casa;
temendo il Signore
camminò sulla retta via. (Cf. Pr 14,1-2)

Colletta
O Dio, consolatore degli afflitti,
che nella tua misericordia hai esaudito le pie lacrime
di santa Monica con la conversione del figlio Agostino,
per la loro comune intercessione
donaci di piangere i nostri peccati
e di ottenere la grazia del tuo perdono.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Prima Lettura
Dio ha scelto quello che è debole per il mondo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 1,26-31

Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili.
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.
Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, “chi si vanta, si vanti nel Signore”.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 32 (33)
R. Beato il popolo scelto dal Signore.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini. R.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo. R.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. (Gv 13,34)

Alleluia.

Vangelo
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Parola del Signore.

Sulle offerte
Guarda, o Signore, il sacrificio
che il tuo popolo ti offre con viva fede
in onore di santa Monica,
e fa’ che ne sperimenti l’efficacia per la salvezza.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione
«Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,
è per me fratello, sorella e madre», dice il Signore. (Mt 12,50)

Dopo la comunione
O Signore, nella memoria di santa Monica
ci hai saziati con i tuoi doni:
fa’ che ci purifichino con la loro efficacia
e ci rafforzino con il loro aiuto.
Per Cristo nostro Signore. 

Riflessioni in margine al caso della celebrazione galleggiante SÌ, LA MESSA CON GESÙ VALE IL VESTITO DELLA FESTA

L’elegante e impeccabile nota della Diocesi di Crotone, ripresa da Milano, lascia spazio alla buona fede e alle scuse sincere (che sono subito arrivate). Una leggerezza, certo, questa Messa galleggiante. E tuttavia, una leggerezza che appare generata dal peso che vuole essere accordato alla celebrazione: perché è questo che le ha fatto perdere l’equilibrio.

L’incidente si può certamente chiudere. L’occasione per riflettere, invece, potrebbe essere pacatamente frequentata con qualche vantaggio. Quanto teniamo alla Messa, nel momento in cui non abbiamo tutte le comodità a disposizione? Nel periodo forte della pandemia, il problema si è presentato con una normalità del tutto inattesa. Non si trattava della circostanza del tutto occasionale in cui mancava il luogo adatto. Il luogo c’era, ma la sua normale frequentazione costituiva una condizione permanente di rischio, che la comunità non poteva sottovalutare. Possiamo discutere sui dettagli (allora tutti, però, erano costretti a improvvisare sull’incerto, a fronte di certezze obiettivamente drammatiche). Ma l’obbligo della prudenza era giustificato.

Molti preti sono rimasti comprensibilmente paralizzati. Qualcuno ha cercato una linea di resistenza nella concelebrazione fra sacerdoti, o per pochi intimi. E qualcuno si è pure inventato delle estrosità assai più imbarazzanti (come la lavanda dei piedi delle sedie).

Devo dirvi la verità: a distanza di tempo, anche alcune trovate che al momento mi avevano precipitato nello sconforto, ora le ricordo persino con una punta di tenerezza. Tutti abbiamo visto filmati e fotografie di chiese dove il sacerdote aveva appoggiato sulle sedie le foto dei parrocchiani che non poteva ospitare fisicamente. Bene, oggi mi dico che probabilmente (senza colpa di nessuno, parlo anche per me) quei parrocchiani, dal vivo, non avevano ricevuto in così gran numero l’attenzione e l’affezione individuale che, in quel frangente, riceveva la loro immagine. La liturgia ‘ci tiene’ a noi. Non semplicemente perché le riempiamo le chiese, comunque sia: ma perché ha piacere di renderci presentabili al Signore, di presentarci e di essere riconosciuti da Lui. Nel Vangelo, ogni volta che accade, qualcuno guarisce. Fosse anche uno solo, diceva Gesù, lui (o lei) vale la festa di tutti. Nell’Eucaristia, il Signore ci incontra nel suo corpo proprio: non semplicemente attraverso il corpo d’altri. E noi sappiamo, dal Vangelo, che cosa significa essere interpellati, toccati, nutriti dal corpo del Signore. (La presenza eucaristica si chiama ‘presenza reale’, per antonomasia, per questa ragione, non perché la sua presenza nel mio fratello e sorella sia finta).

Bisogna che accada, dunque. Non semplicemente perché debba misurarsi di volta in volta sul nostro desiderio, sul nostro sentimento, sulla nostra emozione, sul nostro bisogno. Bisogna che accada, in viva memoria di Lui, fino a che Egli venga. Semplicemente.

L’epoca della Messa sottocasa, programmata per riempire tutti gli orari e tutti gli spazi della chiesa, sta per congedarsi. Non sarà da sostituire con il servizio in camera (per noi lo era già diventato). Il megaraduno dell’assemblea che riempie la chiesa o lo stadio diventerà più raro (e sperabilmente più genuino). La Messa diventerà certamente più preziosa. Il suo luogo sarà più prezioso; il suo tempo sarà più prezioso. Ci saranno più ospiti che fedeli, però: come del resto ai tempi di Gesù. E sarà bellissimo. Molti abbonati che ora fanno i difficili forse troveranno la cosa troppo scomoda, e perderanno la strada. Molti che non pensavano di avere un posto saranno stupiti ed emozionati di non essere più ‘quelli di fuori’, con Gesù che passa fra i tavoli: con tanto di foto. Certo, dovranno avere la delicatezza di indossare almeno il vestito della festa, visto che tutto il resto è gratis.

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di PierAngelo Sequeri

Messa in mare: parroco indagato da Procura di Crotone. Sacerdote chiede scusa, non volevo banalizzare l’Eucarestia

Don Mattia Bernasconi, il prete della parrocchia San Luigi Gonzaga di Milano che ha celebrato messa in mare a Crotone a conclusione di un campo di volontariato di Libera, risulta iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Crotone che ha aperto un fascicolo sulla celebrazione avvenuta domenica in località Alfieri su un materassino gonfiabile.

Il parroco è indagato per offesa a confessione religiosa.

L’iniziativa del procuratore Giuseppe Capoccia nascerebbe, secondo quando appreso in ambienti giudiziari, dall’esame di articoli e foto apparsi soprattutto sui social che avrebbero arrecato offesa alla religione cattolica.
Intanto, il sacerdote ha chiesto scusa. “Vi scrivo poche ma sentite righe per chiedere scusa per la celebrazione di domenica 24 mattina nelle acque del mare di Capo Colonna”. Lo scrive in una lettera pubblicata sul sito della parrocchia di San Luigi di Gonzaga di Milano, don Mattia Bernasconi, vicario della pastorale per i giovani. “Non era assolutamente mia intenzione banalizzare l’Eucarestia né utilizzarla per altri messaggi di qualunque tipo”, aggiunge don Bernasconi. (ANSA). 

Invito in S. Stefano a Reggio Emilia per la Confraternita del Santo Scapolare della Madonna del Carmine 16 Luglio 2022

Come è tradizione, il 16 luglio di ogni anno, nella chiesa parrocchiale cittadina di Santo Stefano sarà celebrata con particolare solennità la festa della Madonna del Carmelo. Un ruolo notevole nella diffusione del culto mariano in città ebbero i Carmelitani, dapprima presenti nell’Ospedale di Santa Maria Nuova, poi nella Commenda Gerosolimitana di Santo Stefano, dove portarono nel sec. XVIII la statua lignea raffigurante la Madonna del Carmelo, ancora oggi esposta nell’abside dell’antica chiesa. In Santo Stefano è presente da secoli la “Confraternita del Santo Scapolare della B.V. del Carmine”.

Il 16 Luglio, al mattino, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 10.30 e conclusa dalla recita dell’atto di consacrazione alla Madonna.

Dalle ore 15,30 alle ore 18,30 Adorazione Eucaristica

Nel pomeriggio alle 18.40 recita dell’inno “Akathistos”, a cui seguirà alle 19.00 la solenne Concelebrazione eucaristica.

Al mattino e al pomeriggio sarà disponibile in Chiesa un sacerdote per le confessioni (9-12 e 15.30-18.30) e per tutta la giornata sarà possibile rinnovare (o richiedere nuova iscrizione) alla Confraternita…

Lo Scapolare

Segno della spiritualità Carmelitana oggi

Molti battezzati indossano – spesso con una punta di sano orgoglio – lo Scapolare della Madonna del Carmelo.
Molti altri lo conoscono per averlo visto sulle spalle di qualche persona cara o amica.
Molti, forse, si saranno chiesti il senso di quest’oggetto, che sa d’antico, sì, ma soprattutto dice convinzione, gioia di vivere gli impegni battesimali, amore verso Maria, madre di Gesù e madre nostra.
Le origini dello Scapolare affondano le radici nell’uso medievale di rivestire dell’abito religioso o di parte di esso chi desiderasse condividere i benefici spirituali di un’Ordine, seguendone la spiritualità.
Quest’uso, evidentemente legato alla mentalità medievale assai più concreta della nostra, si è diffuso in tutto il mondo cristiano, anche nei secoli successivi.
Si è arricchito di contenuti e modalità espressive, al punto che oggi in tante parti del mondo è la stessa cosa dire Madonna del Carmine o Madonna dello Scapolare.

Un po’ di storia…
Lo Scapolare, o “Abitino”, è composto da due pezzi di stoffa marrone legati da cordicelle o nastri, che poggiano sulle spalle (scapole, da cui il nome).
Nato come parte dell’abbigliamento dei contadini e poi dei religiosi, era in pratica un grembiule usato per non sporcare l’abito.
Ben presto, per i Carmelitani, diventò il simbolo della protezione materna di Maria, quasi la sintesi di tutti i benefici da lei ottenuti.
Perciò iniziarono a considerare lo Scapolare come parte essenziale dell’abito, l’abito stesso; e l’abito era segno della vita che si conduceva, espressione esterna di ciò che si è.
Inizialmente però, per affiliare i laici all’Ordine veniva concessa la cappa bianca, considerata il “segno esterno” dell’abito, ma non lo Scapolare, perché, altrimenti, un laico che avesse indossato per un intero anno l’abito-Scapolare, sarebbe stato considerato frate o monaca a tutti gli effetti. Con l’andar del tempo la proibizione cadde e lo Scapolare fu dato a tutti, soprattutto nella sua forma ridotta.
Due elementi contribuirono in modo decisivo all’affermazione dell’Abitino come segno della consacrazione a Maria e della sua protezione verso i devoti: la promessa della morte in stato di Grazia, legata alla “leggenda” della visione di S. Simone Stock, e quella della pronta liberazione dalle pene del Purgatorio, legata alla cosiddetta “Bolla sabatina”.
Al di là della storicità dei due fatti, bisogna dire che le promesse trovano conferma, non solo nel Magistero successivo dei pontefici e della Chiesa che ne ha accettato, purificandole e correggendole, le implicazioni, ma anche nel loro stesso senso teologico.
In realtà le promesse confermano e sottolineano ciò che la fede cristiana ha da sempre affermato: chi vive secondo gli impegni battesimali, morirà nella piena comunione con Dio, nella sua Grazia e giungerà presto a goderne l’eterno abbraccio.
La protezione materna di Maria non fa che rendere più sicuro il comune cammino verso la santità.
Nel ‘600 dunque l’identificazione Madonna del Carmine-Madonna dello Scapolare può dirsi conclusa: la confraternita dello Scapolare soppiantò ben presto tutte le altre variamente collegate al titolo del Carmelo; così come l’iconografia mariano-Carmelitana preferì i temi del dono dell’Abitino e della liberazione delle anime dal Purgatorio.
La stessa festa del 16 luglio, nata in Inghilterra nel XIV secolo per celebrare la protezione e i benefici di Maria, divenne ben presto la festa dell’intero Ordine e fu popolarmente conosciuta come la festa dello Scapolare.

Un segno ricco di contenuti
Tutto questo non fu un fatto di scarsa rilevanza, ma coinvolse larghissime fasce del popolo cristiano: lo Scapolare e i suoi valori vennero infatti recepiti come una naturale espressione della pietà popolare, che ne restò a sua volta influenzata.
L’Abitino fu usato infatti come veicolo di valori cristiani essenziali: chi avesse voluto entrare nella Confraternita o nel Terz’Ordine avrebbe dovuto accettare uno stile di vita veramente conforme al Vangelo.
La formazione, la vita sacramentale, la preghiera e l’ascesi, dovevano condurre la persona all’unione con Dio e trovare necessaria espressione e verifica nella concretezza della carità, sia verso i confratelli che verso gli esterni.
Non era possibile indossare l’abito di Maria solo per “garantirsi” un posto in Paradiso!
Se poi tutto ciò non ha retto all’urto delle tempeste abbattutesi sulla Chiesa e dunque anche sul Carmelo tra il ‘700 e l’800, non vuol dire che lo Scapolare fosse un segno vuoto, puramente esteriore.
Piuttosto va detto che il nostro secolo ha ereditato forme che non sempre è riuscito a tradurre in termini vitali.
Forse siamo giunti ad un punto in cui è possibile tentare un recupero, tutt’altro che sterilmente archeologico.
Non si tratta infatti di risuscitare un oggetto ormai lontano dalla sensibilità comune, ma di dare espressione e corpo ai contenuti validi e vitali della pietà popolare in modo da proporre ancor oggi, come si è fatto per secoli, un’occasione di santificazione e di vita realmente e profondamente cristiana.
Oggi vanno indubbiamente tenuti in considerazione alcuni temi centrali, legati da sempre allo Scapolare: per esempio la comunione con Dio, la consacrazione a Lui attraverso Maria, il valore “sacramentale” e quello escatologico dell’Abitino.
Lo Scapolare è infatti un “sacramentale”, cioè un segno che ricorda e attua una realtà spirituale secondo la misura di fede di chi lo indossa.
È segno di affiliazione ad un’Ordine religioso cristocentrico e mariano, dunque indica l’appartenenza alla grande famiglia Carmelitana e la condivisione della sua spiritualità.
Non ci si fa santi da soli: solo il sapersi membri di un popolo in cammino consente di incontrare e sperimentare la pienezza della comunione divina.
Così pure l’Abitino è segno di consacrazione a Maria ed esprime la nostra volontà di camminare con lei, accompagnati e sorretti dalla sua mano materna, verso la pienezza di comunione, verso la “vetta del monte, che è il Signore Gesù”.
Ma è anche il segno della protezione e della difesa che Maria opera nella vita del cristiano. Inoltre proprio perché un “sacramentale”, lo Scapolare ci ricorda e ci aiuta a crescere nel personale rapporto con Maria, madre di Gesù e della Chiesa.
La tradizione Carmelitana ha guardato Maria da diverse prospettive, a tutt’oggi ancora attuali, che possono essere comunicate, spiegate e insegnate, perché anche altri possano trarne beneficio spirituale. Maria è stata vista come Madre, Sorella, Vergine purissima, Patrona, Profeta…
Le promesse tradizionalmente legate allo Scapolare sono da considerare nel loro indubbio valore escatologico: siamo incamminati verso un futuro di comunione, di pace e di gloria, che va però costruito giorno dopo giorno nell’oggi della vita intessuto di sacrificio, preghiera continua, carità operosa e attenta.
Il Carmelitano, rivestito dell’abito di Maria, è capace come lei di “conservare tutte le cose meditandole nel suo cuore” (cfr. Lc 2, 19.51).
Il Carmelitano sa essere profeta e stando accanto ai fratelli sa indicare loro la direzione e la meta verso cui cammina la storia della Salvezza.

Quale messaggio di spiritualità
Ancor’oggi si possono vedere numerosi fedeli, talvolta un fiume, che soprattutto in certi momenti particolari, come a ridosso della festa del Carmine, chiedono di poter ricevere l’Abitino.
Talvolta, è vero che alcune persone sono motivate da ragioni superficiali e l’imposizione dello Scapolare o l’indossarlo finiscono col diventare gesti al limite della superstizione.
Ma questo è sempre stato uno dei limiti della pietà popolare, la quale perciò dev’esser continuamente aiutata a crescere, purificandosi di quanto non è autentico atto di fede.
Ricevere lo Scapolare non è un rito di ripetizione meccanica (al limite del magico), ma un momento di preghiera, di ascolto della Parola di Dio, può diventare l’occasione anche per una breve catechesi sui valori fondamentali della spiritualità Carmelitana ed espressi dallo Scapolare.
Così anche gli impegni di preghiera e ascesi personale legati al suo uso sono i mezzi di incontro con il Signore, utili a favorire quell’unione con Lui per mezzo di Maria.
Non dovrebbero mai venir disgiunti dall’impegno per una qualche forma di servizio: non si dà autentica vita cristiana senza carità fraterna!
Il passato ha formulato espressioni diverse di preghiera legate allo Scapolare a ai suoi valori. Basti ricordare i diversi momenti e forme di preghiera propri della tradizione Carmelitana: i mercoledì solenni, il sabato, le “Allegrezze”, i sette Pater-Ave-Gloria, le novene…
Sono tutti modi per favorire una preghiera comunitaria ricca di contenuti e valori essenziali per chiunque voglia vivere il Vangelo con l’aiuto della spiritualità Carmelitana.
Oggi sono state pensate forme nuove, più consone alla sensibilità e alla cultura attuali, anche se in continuità col passato.
Analogo discorso vale per le prescrizioni ascetiche: tra queste la virtù della castità secondo il proprio stato, oggi apparentemente in crisi, per sviluppare in sintonia con lo Spirito tutta la carica di amore, autenticamente umano, di cui ogni persona è capace.
Lo Scapolare, allora non è una forma di devozionismo, ma una modalità attualissima di vivere il Vangelo in ogni sua prospettiva.
Ancora una parola sulla dimensione comunitaria suscitata dallo Scapolare; se è segno di appartenenza ad una famiglia dovrà necessariamente ricondurre ad essa.
Oggi purtroppo chi riceve l’Abitino lo fa quasi sempre in modo “privato”, ma nella Chiesa non c’è proprio nulla di privato, ma “tutto era in comune fra loro” (At 2, 44).
Le antiche confraternite assolvevano bene al compito di collegamento tra gli ascritti e garantivano l’esecuzione dei diversi impegni.
Da quando furono spazzate via dalle varie soppressioni del secolo passato, non si è più stati capaci di creare strutture a misura d’uomo, capaci di far incontrare le persone e farle sentire in comunione, animate dai medesimi atteggiamenti.
Oggi viviamo in un tempo in cui i collegamenti non dovrebbero essere un problema, non mancano certo i mezzi per far giungere a distanza un messaggio.
Così pure non dovrebbe essere impossibile, e in alcune zone già si fa, creare occasioni d’incontro per persone che si rifanno alla spiritualità Carmelitana per giornate o momenti di preghiera, formazione e condivisione.
Forse è giunto il momento di riscoprire il valore della Famiglia Carmelitana, alla quale appartengono i Frati, le Monache, i Terziari, le Suore, ma specialmente tutti i battezzati che indossano lo Scapolare.
Ogni giorno la preghiera comune, gli uni per gli altri, crea un legame inscindibile e forte, che ci unisce profondamente tra noi e con Dio. I Frati Carmelitani, ogni mercoledì, celebrano la s. Messa per coloro che indossano lo Scapolare o si trovano in Cielo, sotto il manto di Maria, per contemplare il volto di Dio.
Affidano al Signore i malati, i sofferenti; lo ringraziano perché in Maria Egli compie innumerevoli miracoli di guarigione corporale e spirituale.
Ma tutto questo non basta: serve anche la tua preghiera, perché i membri della Famiglia sono uniti solo attraverso l’Amore verso Dio e si riconoscono tra loro attraverso il semplice uso di indossare un pezzetto di stoffa marrone.

fonte: https://carmelit.org/lo-scapolare/