A livello di famiglie la povertà non solo conferma la crescita riscontrata nel 2020 (25%) ma sembra ulteriormente crescere anche se in misura più ridotta. A livello di Grave Emarginazione Adulta tornano ad aumentare le persone Senza Dimora, aumenta la multiproblematicità,aumenta la cronicizzazione, così come l’invisibilità e il lavoro nero.
Per presentare ed analizzare ciò che avviene negli incontri realizzati al Centro di Ascolto diocesano, con l’intento di descrivere, seppur da una prospettiva circoscritta territorialmente, il fenomeno della povertà nella nostra diocesi, quest’anno si è pensato di ampliare l’osservazione, aggiungendo una sezione che presenta ciò che avviene anche nei Centri di Ascolto territoriali.
Tale osservazione è stata realizzata attraverso la somministrazione di un questionario comprendente domande sia qualitative che quantitative ad ognuno dei cinquanta centri presenti nella diocesi. L’unione di tanti punti di vista differenti, a cui corrispondono organizzazioni altrettanto diverse, ha permesso di tracciare nelle conclusioni un quadro più dettagliato della povertà presente oggi a Reggio Emilia.
Si è inoltre ritenuto di aggregare nell’analisi due annate 2021 e 2022 per fornire uno spaccato di quello che è, dal nostro osservatorio, la povertà nella Diocesi nel post Covid-19 un vero e proprio spartiacque che nella memoria collettiva è diventato un punto di riferimento utilizzato per collocare un prima, un durante e un dopo. Il Report ha l’intenzione di fornire un contributo alla riflessione ad uso, in primis, delle comunità stesse per vivere una carità che sia “consona ai tempi e ai bisogni” (articolo 1 statuto Caritas Italiana e Caritas Reggiana), ma anche agli amministratori pubblici e alla comunità tutta perché siamo tutti coinvolti nel dovere di solidarietà sancito dall’Articolo 3 della Costituzione.
Nella vita delle comunità il Covid ha avuto anche la funzione di acceleratore di processi già presenti sotto traccia; in particolare, l’infragilimento delle comunità e delle reti naturali e il calo della partecipazione alla vita delle comunità cristiane (ma anche civili).
Si registra un aumento numerico delle persone incontrate dai Centri di Ascolto ed emergono nuove povertà (o nuove sfaccettature) oppure quelle esistenti si cronicizzano e divengono più complesse e richiedono risposte non assistenziali, ma progettuali e con una grande attenzione alla dimensione relazionale. Parallelamente si sono rilevate nuove esperienze di aiuto e un desiderio diffuso di innovare le pratiche di aiuto e le progettualità ed emerge anche una voglia di relazioni e di lavoro in rete. Possiamo confermare che il Covid è evento spartiacque perché ha lasciato il segno creando una differenziazione fra chi ha saputo innovare e chi invece no. La prima categoria è oggi in fermento (apertura nuovi progetti, ripensamenti, …), la seconda sta faticosamente cercando di ricominciare a fare come faceva prima del Covid (il che significa, ad esempio, un calo importante delle attività di ascolto).
Il tempo che ci troviamo ad abitare appare complesso ed inedito, caratterizzato da una crescente percezione di fragilità, che rischia di sfociare nella paura e nella chiusura; tuttavia, questo stesso tempo, porta in sé la possibilità e l’opportunità di costruire percorsi inediti di prossimità a livello delle comunità che affondano le loro radici proprio nella consapevolezza che ci troviamo ad essere tutti più fragili e tutti bisognosi dell’altro. La consapevolezza che “nessuno si salva da solo” può davvero essere una bussola per la nostra azione personale, comunitaria ma anche a livello di politiche pubbliche.
Il Report è frutto di un mix di metodi quantitativi e qualitativi che insieme contribuiscono ad avere una visione più ampia del fenomeno, e maggiormente aderente alla realtà.
La fotografia del contesto reggiano conferma le dinamiche che già avevamo evidenziato nel 2021 (relativamente al 2020) ma in cui si manifestano anche alcuni tratti di particolarità. Volendo fare una sintesi possiamo dire che la povertà delle famiglie continua ad aumentare, come certificato dall’aumento delle famiglie accompagnate e dal sostegno economico erogato dai Centri di Ascolto periferici. Nuove famiglie scivolano in povertà e quelle che già vi si trovano faticano ad uscirne nonostante il sostegno. Problemi particolarmente presenti e complessi:
• la povertà abitativa (ripresa degli sfratti, difficoltà a sostenere le spese per l’abitazione, impossibilità a trovare una casa in affitto, dimore inadeguate rispetto alle esigenze delle famiglie);
• il lavoro che significa difficoltà ad accedere al mercato del lavoro per le persone accompagnate, ma anche lavoro povero;
• aumento degli italiani (preoccupa l’aumento delle spese per i generi alimentari);
• la condizione dei minori e dei giovani sia in termini di povertà educativa, sia di quei giovani che non lavorano, non studiano e non sono in formazione (NEET);
• aumento dei problemi psicologici, relazionali e la multi-problematicità;
• la situazione dei cittadini ucraini in fuga dal conflitto.
Spostando invece l’attenzione sulla grave marginalità:
– oltre il 53% delle persone risultano già conosciute, questo indica una cronicizzazione delle situazioni di povertà;
– tornano a crescere le persone senza dimora. Sono il 58,9% delle persone incontrate in aumento tra il 2021 e il 2022 di 10 punti percentuali;
– aumenta la multi-problematicità passando da 3 bisogni a persona rilevati nel 2020 a oltre 4 nel 2022;
– in leggero calo le persone di nazionalità italiana (meno 21 unità). Gli italiani, fra le persone incontrate, si assestano nel 2022 quasi al 20,47%, un dato stabile negli ultimi anni a riprova che anche la grave marginalità riguarda gli italiani;
– diminuiscono le donne. La componente femminile vede una ulteriore riduzione al proprio interno di oltre 3 punti percentuali scendendo al 20%. Tuttavia per la componente italiana il dato rimane stabile;
– la condizione di senza dimora riguarda principalmente uomini (66% degli uomini incontrati ha questa condizione e 89% delle persone incontrare in questa condizione 45 donne e 383 uomini) di origine straniera giovani rispetto ai quali si riscontra un decremento con l’avanzare dell’età; specularmente per gli italiani il problema si manifesta maggiormente all’avanzare dell’età;
– in forte aumento le persone non in possesso di un permesso di soggiorno (da 21,2 % nel 2021 a 32,6 %) così come quanti dichiarano di lavorare in nero (da 4.11 nel 2021 18% nel 2022) a riprova che spesso la povertà è collegata alla condizione di invisibilità che rende impossibile percorsi di inserimento lavorativo e sociale. In calo invece la disoccupazione che passa dal 77,4% nel 2021 al 61,7% che rimane comunque una delle condizioni che maggiormente incidono sul vissuto personale in rapporto alla povertà.
La persistenza della povertà sia a livello assoluto che relativo in questi due anni è un fatto evidente, ma assume particolare rilevanza soprattutto per il rischio povertà ed esclusione sociale per gli stranieri.
Il problema della povertà non è un problema solo di oggi, temporaneo e transitorio, ma un problema strutturale della nostra società.
Occorre un intervento strutturale e politico per contrastare la povertà e, contemporaneamente, l’impegno di tutta la società per rompere la spirale, la trappola della povertà, modificando dinamiche che riguardano tutto il sistema paese e che richiedono una presa di coscienza e un cambio di orizzonte a tutti i livelli, dal volontario della parrocchia al legislatore nazionale. L’aumento della povertà, l’insicurezza legata alla guerra e alle dinamiche economiche fanno cadere l’illusione e la presunzione della separazione tra chi aiuta e chi viene aiutato. Spesso noi stessi ci ritroviamo persone sofferenti e spaventate.
Questo passaggio di presa di coscienza non è da vivere come una disgrazia, ma come un dono. L’aiuto quello vero si genera solo all’interno di una relazione e la relazione può avvenire unicamente se ci si riconosce come umanità soggettivamente differenti ma ugualmente degne e intimamente connesse. Se siamo tutti fragili e tutti necessitiamo gli uni degli altri, ne deriva automaticamente la necessità di collaborare, di lavorare in rete. Occorre ripensare i servizi mettendo al centro la necessità di creare spazi di relazione e non le prestazioni da erogare, supportare le persone grazie al sostegno della rete e promuovere comunità capaci di condividere le loro risorse, accettando e anzi valorizzando le singole fragilità. Questo mentre si rendono realmente esigibili i diritti delle persone in primis quello a vivere una vita dignitosa.
È anche necessario cambiare il modo in cui guardiamo ai poveri, spesso etichettati come colpevoli, fannulloni e parassiti. Se la povertà non è una congiuntura, le persone che la vivono non sono colpevoli ma vittime e quindi vanno sostenuti e non giudicati.
Dal nostro punto di vista al primo posto bisogna mettere l’attenzione per le persone, che vengono prima degli interessi economici e che devono essere il nostro metro di valutazione. Occorre attuare politiche che tutelino i diritti umani delle singole persone e nuclei e contemporaneamente cercare di promuovere interventi volti a ricostruire o rinforzare il tessuto sociale, creando occasioni di relazione e scambio fra i cittadini, orientate non solo all’occupazione del tempo libero, ma anche alla risposta ai bisogni essenziali, con progetti che superino la logica del “noi e loro” e che cerchino concretamente di costruire un nuovo modello di società basata su un’economia di relazione e prossimità che, invece di espropriare risorse all’ambiente e alla società, li rafforza e rinnova. Dobbiamo cogliere l’occasione di riscoprirci tutti prossimi gli uni degli altri e quindi tutti ugualmente responsabili della città dell’uomo e del bene comune. Mai come oggi si conferma l’efficacia del invito di papa Francesco: “nessuno si salva da solo”.
Caritas diocesana
in laliberta.info