Anche la Caritas diocesana firma il protocollo comunale per la zona della stazione di Reggio Emilia

Stazione centrale di Reggio Emilia

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La Chiesa è attiva da anni in zona stazione a Reggio Emilia e a fianco della povertà estrema, di strada, presente anche nella nostra città.

Attraverso l’attività della Caritas diocesana, di alcune parrocchie, di sacerdoti e volontari non è mai mancata la vicinanza a chi dorme in situazioni precarie e cerca rifugio nei pressi della stazione di piazzale Marconi. Gruppi di volontari delle Unità pastorali “Laudato sii”, “San Paolo VI” e “San Giovanni Paolo II”, accompagnati dai parroci, escono di notte da molti anni.

Ogni giorno, tutto l’anno, la Caritas diocesana accoglie nelle mense diffuse molte delle persone che abitano in stazione. Presso l’Ambulatorio Querce di Mamre chi non può accedere al Servizio Sanitario Nazionale viene curato e nelle Locande sono state accolte alcune di queste persone, accompagnate dal Centro di Ascolto diocesano, per fare fronte alle tante difficoltà che i senza fissa dimora manifestano. Il sabato di ogni settimana è disponibile il servizio docce presso la parrocchia di Sant’Alberto.

L’approccio della Caritas – e certo non da oggi – è quello di andare oltre la risposta al bisogno materiale e immediato, per costruire cammini di accompagnamento che si basano sulla relazione e sul riconoscimento della dignità di tutte le persone. Una filosofia perseguita da tempo, nei confronti di un numero crescente di destinatari.

“Alla luce di questo impegno – spiegano il direttore della Caritas diocesana Andrea Gollini e i collaboratori – crediamo sia giusto e doveroso sottoscrivere il protocollo proposto dal Comune di Reggio Emilia. Lontani da interessi di parte, ci sembra necessario fare tutto il possibile per costruire una rete di realtà che possano dare una risposta all’emergenza ‘zona stazione’, condividendo progetti concreti e attenti alle persone. Siamo convinti che il protocollo sarà occasione per un lavoro strutturato, di confronto e di intervento, per migliorare la condizione delle persone, offrendo percorsi che partano dalla reale condizione di chi frequenta la stazione, come è stato per l’intervento alle Reggiane (Reggiane Off). Scegliamo, come sempre, di stare dalla parte delle persone che soffrono e di scommettere sulla solidarietà come prima forma di costruzione di comunità e come più forte deterrente alla paura e all’insicurezza. Crediamo che dove ci sia qualcuno che si vuole impegnare per chi soffre, lì debba esserci la Chiesa”.

Venerdì 8 marzo, alle 10, inaugura la Bottega del regalo solidale in via Emilia Santo Stefano 30 a Reggio Emilia

Torna la Bottega del regalo solidale con una novità: l’Uovo solidale, firmato Bottega Broletto!
Dall’8 al 30 marzo lo potrai trovare, insieme ad altre dolci proposte della Casa del Miele, presso la nostra Bottega in via Emilia Santo Stefano 30/A, completamente ristrutturata dalla parrocchia di Santo Santo Stefano e arredata dall’associazione Nuovamente.
Scegliendo l’uovo solidale e gli altri prodotti potrai sostenere l’Ospedale FMA di Ampasimanjeva in Madagascar, oppure l’acquisto degli alimenti per le mense diffuse Caritas.

Ecco giorni e orari di apertura della Bottega del regalo solidale in via Emilia Santo Stefano 30 a Reggio Emilia:

  • 8 e 9 marzo dalle 9 alle 13,
  • 15 e 16 marzo dalle 9 alle 13
  • 22 e 23 marzo dalle 9 alle 13
  • 28 e 29 marzo dalle 9 alle 13

Saremo presenti con uno stand anche al Mercato del Contadino in piazza Fontanesi le mattine dei sabati 16, 23 e 30 marzo.

Ti aspettiamo per l’inaugurazione venerdì 8 marzo alle ore 10, con un buon caffè e una fetta di torta!

L’Europa sta invecchiando e l’assistenza oggi sembra un miraggio

Famiglia Cristiana

«L’invecchiamento della popolazione è la tendenza globale che definisce il nostro tempo e la domanda di assistenza a lungo termine (LTC) è in forte aumento, ma la pubblica spesa non tiene il passo con la domanda. L’età media della popolazione dell’UE dovrebbe aumentare da poco meno di 43,7 anni nel 2019 a 48,2 anni nel 2050». Si apre così il nuovo report della Caritas Growing old with dignity. The challenges of long-term care in Europe”, ovvero “Diventare anziani con dignità. Le sfide dell’assistenza a lungo termine in Europa”.

I dati raccolti dal network cattolico, presente in 46 Paesi membri, fungono da specchio per una situazione altamente disfunzionale che corre verso la deriva. In primis, il dato allarmante che riguarda l’invecchiamento generale della popolazione europea: se da un lato, come nel testo già citato, l’aumento dell’età media è segno di un’aspettativa di vita elevata, dall’altro è indice di un fenomeno con il quale i Paesi europei faticano a stare al passo. Infatti, l’incremento della popolazione anziana va di pari passo con un aumento della richiesta di assistenza e di supporto, in particolare da parte delle persone over 65. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalla disparità di accesso, dai costi elevati e dalle crescenti liste di attesa per ricevere servizi di cura professionali.

Altro dato di fondamentale importanza è l’indice di dipendenza degli anziani, ovvero la quota della popolazione di età pari o superiore a 65 anni rispetto alla popolazione che va dai 14 ai 64 anni. Nel nostro Paese, ad esempio, c’è un forte scarto fra la popolazione anziana e la popolazione giovane, il che implica non solo una grave difficoltà nel reperimento di personale nell’assistenza a lungo termine, ma anche un minor numero di persone in età lavorativa che possa contribuire ai fondi statali per il finanziamento delle pensioni, dell’assistenza sanitaria e di tutto ciò che concerne la cura della terza età.

La situazione grava su tutti coloro che si occupano di questo settore e porta l’attenzione su un altro fenomeno: la condizione dei lavoratori dell’assistenza a lungo termine. Oltre all’evidente difficoltà nella ricerca e nella ritenzione del personale, è anche molto complicato poter ricostruire la condizione in cui questi ultimi vertono perché, nella maggior parte dei casi, lavorano in contesti irregolari e in condizioni precarie.

Nel 2020, circa 6.3 milioni di persone lavoravano nel settore dell’assistenza a lungo termine, costituendo circa il 3,2% della forza lavoro europea. La predominanza è femminile (circa l’81%) e, spesso, anche di età avanzata (oltre il 38% sono donne over 50). La tendenza è anche quella di fornire questo tipo di servizio in maniera informale, spesso da un membro della famiglia o della comunità di appartenenza, il che mette a rischio le condizioni di lavoro di queste operatrici, con stipendi bassi e anche soggette a possibili abusi, senza considerare il fatto che si viene a sottolineare ancora una volta la disparità di genere nel settore della cura e aggrava il cosiddetto fenomeno della “femminilizzazione della povertà” in Europa.

Molto spesso, le donne che lavorano in questo settore sono migranti provenienti dall’Europa Orientale che lasciano famiglie, spesso numerose, e la loro stessa comunità. Nella maggior parte dei casi vengono stipulati accordi e contratti non dichiarati con le famiglie di accoglienza, il che rende difficile fornire aiuto e supporto a queste donne e soprattutto garantire loro diritti e condizioni di lavoro eque.

La Caritas europea propone quindi di mettere a disposizione i propri mezzi per garantire un trattamento corretto sia nei confronti degli anziani che degli assistenti a lungo termine, con la collaborazione di istituzioni e organi di stato che possano fornire gli opportuni aiuti economici atti a finanziare strutture adeguate per gli uni e per gli altri, garantendo così un servizio di accompagnamento rispettoso e dignitoso e, dall’altro, dei potenziali percorsi professionali appaganti e ben remunerati.

Povertà, aumentano divari e stigma

Nel nostro Paese, come ci confermano i nostri Centri di ascolto, la povertà è sempre più multidimensionale, si è fatta orizzontale, coinvolgendo porzioni sempre più ampie di popolazione, con un’incidenza particolarmente grave sui minori. Sono cresciuti i divari territoriali, le diseguaglianze e le forme di disgregazione sociale e stigma nei confronti delle persone vulnerabili, insieme a una preoccupante e generalizzata sfiducia nei confronti della politica e delle forme di partecipazione”. Con queste parole il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, riassume il progressivo scivolamento nella povertà di una porzione sempre più ampia di popolazione italiana, un quadro che cozza con la narrativa del Pil che cresce, e che certifica la necessità di una analisi in profondità della situazione italiana.

Il Bilancio sociale da un lato – cioè gli interventi che la Caritas ha svolto nel 2022 – e dall’altro il Rapporto sulla povertà (in sintesi dove c’è ancora da agire con forza) rappresentano un pezzo significativo di questa analisi della situazione del nostro Paese.

Da Nord a Sud: +12.5% le persone bisognose (in particolare i minori). Nel corso del 2022 sono state aiutate 255.957 persone nei Centri di ascolto e servizi Caritas diocesani e parrocchiali in rete con la raccolta dati (2.855 su oltre 3.600 Centri di ascolto) dislocati in 205 diocesi (con un aumento del 12,5% delle persone rispetto al 2021), suddivisi in questo modo: il 51,9% nel Nord, il 27% nel Centro e il 21,1% nel Sud e nelle isole. A questi si aggiungono, nel corso del 2022, i 21.930 i cittadini ucraini supportati dalla rete Caritas, anche per questo motivo quasi il 60% degli interventi risultano rivolti a persone non italiane, sebbene questo dato sconti una forte differenza territoriale: ad esempio al Sud due terzi degli interventi è rivolto a italiani.

Dai dati emerge dunque un Sud di italiani anziani con fragilità, e un nord più giovane grazie anche ai migranti che però sono spesso poveri. Nello specifico, nel 2022 appare sempre più marcato il peso delle cosiddette “povertà multidimensionali”: nell’ultimo anno il 56,2% dei beneficiari ha manifestato due o più ambiti di bisogno (la percentuale si attestava al 54,5% nel 2021). In tal senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia che sono una causa di impoverimento conclamato), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi migratori.

A chiedere aiuto sono soprattutto coniugati, che vivono in famiglia (63%) e con figli (65,6%), spesso minori. Complessivamente – dice in questo caso il rapporto sulla povertà – si contano 1 milione 400mila bambini poveri: un indigente su quattro è dunque un minore (i minori rappresentano appena il 16% della popolazione complessiva).

Non mancano tuttavia le storie di solitudine, che pesano per il 25% degli interventi di Caritas. Il quadro sociale delle persone che vanno alla Caritas è composto per l’83,1% da assistiti che ha un domicilio. Solo il 34% del totale possiede un titolo di studio superiore alla licenza media inferiore. Riguardo al tema lavoro, prevalgono le persone disoccupate (48%); seguono le persone con un’occupazione (22,8%), le casalinghe (11,3%) e i pensionati (8,5%). Chiedono aiuto – spiega il rapporto – in quasi egual misura donne (52,1%) e uomini (47,9%).

Dopo il Covid arriva la guerra: sostegno agli italiani ma anche a tanti ucraini in fugaQuasi il 60% del bilancio Caritas riguarda interventi fatti in Italia, il rimanente 40% si divide in varie aree di intervento in giro per il mondo grazie sia ai fondi “8xmille” messi a disposizione dalla Conferenza Episcopale Italiana (per un totale di oltre 28 milioni di euro che hanno sovvenzionato 441 progetti in diverse aree di intervento), sia con la raccolta fondi direttamente promossa dalle sul territorio nazionale per cui nel complesso, nel 2022, sono stati erogati aiuti per oltre 58 milioni di euro.

Caritas Italiana nel corso del 2022 ha raccolto offerte e contributi per sostenere programmi sia in Italia che nel mondo per un totale di 72.226.678,61 euro.

Negli interventi internazionali, ovviamente, la parte del leone è rappresentata dall’aiuto verso l’Ucraina e di riflesso nei rifugiati ucraini accolti in Italia: 174 mila ucraini in fuga dalla guerra, di cui 92 mila donne e quasi 50 mila minori (dati Protezione Civile Nazionale). Di questi oltre 21.930 (il 15% del totale degli stranieri, al secondo posto di poco, dai marocchini) aiutati alle strutture Caritas.

laliberta.info

Dona il 5 per mille a Caritas e Centro Missionario

Da 5 anni il Centro Missionario Diocesano e la Caritas Diocesana promuovono la campagna del 5xmille, insieme.

Nel 2022, grazie a 1.074 donatori, è stata raggiunta la somma di 43.758, 81 euro.

Con la cifra raccolta il Centro Missionario ha potuto sostenere i missionari della nostra Diocesi e volontari presenti in tutto il mondo, dal Madagascar al Brasile, dall’India al Rwanda fino alla vicina Albania.

Sul nostro territorio, la Caritas diocesana ha potuto continuare a distribuire pasti nelle tante mense diffuse, offrire visite mediche nel nostro ambulatorio, mettere a disposizione posti letto nelle locande di accoglienza ed accompagnare molte persone attraverso i centri di ascolto sul territorio.

Ogni contributo in più è importante e permette di rendere possibile tutto questo in Italia e nel mondo, trasformando una semplice firma in un vero gesto d’amore.

Per sostenere le attività di Caritas e Centro Missionario basta apporre la firma nello spazio riservato alle associazioni di volontariato e trascrivere il codice fiscale della Compagnia del SS. Sacramento-Caritas Reggiana- Missioni Diocesane: 91007710352.

Ricordiamo inoltre che quella del 5 per mille non è un’alternativa all’ 8 per mille: si tratta di effettuare una scelta indirizzando fondi che, in assenza di indicazioni specifiche, verrebbero comunque destinati allo Stato.

diocesi.re.it

Caritas, il report su povertà e risorse 2021-22

A livello di famiglie la povertà non solo conferma la crescita riscontrata nel 2020 (25%) ma sembra ulteriormente crescere anche se in misura più ridotta. A livello di Grave Emarginazione Adulta tornano ad aumentare le persone Senza Dimora, aumenta la multiproblematicità,aumenta la cronicizzazione, così come l’invisibilità e il lavoro nero.

Per presentare ed analizzare ciò che avviene negli incontri realizzati al Centro di Ascolto diocesano, con l’intento di descrivere, seppur da una prospettiva circoscritta territorialmente, il fenomeno della povertà nella nostra diocesi, quest’anno si è pensato di ampliare l’osservazione, aggiungendo una sezione che presenta ciò che avviene anche nei Centri di Ascolto territoriali.

Tale osservazione è stata realizzata attraverso la somministrazione di un questionario comprendente domande sia qualitative che quantitative ad ognuno dei cinquanta centri presenti nella diocesi. L’unione di tanti punti di vista differenti, a cui corrispondono organizzazioni altrettanto diverse, ha permesso di tracciare nelle conclusioni un quadro più dettagliato della povertà presente oggi a Reggio Emilia.

Si è inoltre ritenuto di aggregare nell’analisi due annate 2021 e 2022 per fornire uno spaccato di quello che è, dal nostro osservatorio, la povertà nella Diocesi nel post Covid-19 un vero e proprio spartiacque che nella memoria collettiva è diventato un punto di riferimento utilizzato per collocare un prima, un durante e un dopo. Il Report ha l’intenzione di fornire un contributo alla riflessione ad uso, in primis, delle comunità stesse per vivere una carità che sia “consona ai tempi e ai bisogni” (articolo 1 statuto Caritas Italiana e Caritas Reggiana), ma anche agli amministratori pubblici e alla comunità tutta perché siamo tutti coinvolti nel dovere di solidarietà sancito dall’Articolo 3 della Costituzione.

Nella vita delle comunità il Covid ha avuto anche la funzione di acceleratore di processi già presenti sotto traccia; in particolare, l’infragilimento delle comunità e delle reti naturali e il calo della partecipazione alla vita delle comunità cristiane (ma anche civili).

Si registra un aumento numerico delle persone incontrate dai Centri di Ascolto ed emergono nuove povertà (o nuove sfaccettature) oppure quelle esistenti si cronicizzano e divengono più complesse e richiedono risposte non assistenziali, ma progettuali e con una grande attenzione alla dimensione relazionale. Parallelamente si sono rilevate nuove esperienze di aiuto e un desiderio diffuso di innovare le pratiche di aiuto e le progettualità ed emerge anche una voglia di relazioni e di lavoro in rete. Possiamo confermare che il Covid è evento spartiacque perché ha lasciato il segno creando una differenziazione fra chi ha saputo innovare e chi invece no. La prima categoria è oggi in fermento (apertura nuovi progetti, ripensamenti, …), la seconda sta faticosamente cercando di ricominciare a fare come faceva prima del Covid (il che significa, ad esempio, un calo importante delle attività di ascolto).

Il tempo che ci troviamo ad abitare appare complesso ed inedito, caratterizzato da una crescente percezione di fragilità, che rischia di sfociare nella paura e nella chiusura; tuttavia, questo stesso tempo, porta in sé la possibilità e l’opportunità di costruire percorsi inediti di prossimità a livello delle comunità che affondano le loro radici proprio nella consapevolezza che ci troviamo ad essere tutti più fragili e tutti bisognosi dell’altro. La consapevolezza che “nessuno si salva da solo” può davvero essere una bussola per la nostra azione personale, comunitaria ma anche a livello di politiche pubbliche.

Il Report è frutto di un mix di metodi quantitativi e qualitativi che insieme contribuiscono ad avere una visione più ampia del fenomeno, e maggiormente aderente alla realtà.

La fotografia del contesto reggiano conferma le dinamiche che già avevamo evidenziato nel 2021 (relativamente al 2020) ma in cui si manifestano anche alcuni tratti di particolarità. Volendo fare una sintesi possiamo dire che la povertà delle famiglie continua ad aumentare, come certificato dall’aumento delle famiglie accompagnate e dal sostegno economico erogato dai Centri di Ascolto periferici. Nuove famiglie scivolano in povertà e quelle che già vi si trovano faticano ad uscirne nonostante il sostegno. Problemi particolarmente presenti e complessi:

• la povertà abitativa (ripresa degli sfratti, difficoltà a sostenere le spese per l’abitazione, impossibilità a trovare una casa in affitto, dimore inadeguate rispetto alle esigenze delle famiglie);

• il lavoro che significa difficoltà ad accedere al mercato del lavoro per le persone accompagnate, ma anche lavoro povero;

• aumento degli italiani (preoccupa l’aumento delle spese per i generi alimentari);

• la condizione dei minori e dei giovani sia in termini di povertà educativa, sia di quei giovani che non lavorano, non studiano e non sono in formazione (NEET);

• aumento dei problemi psicologici, relazionali e la multi-problematicità;

• la situazione dei cittadini ucraini in fuga dal conflitto.

Spostando invece l’attenzione sulla grave marginalità:

– oltre il 53% delle persone risultano già conosciute, questo indica una cronicizzazione delle situazioni di povertà;

– tornano a crescere le persone senza dimora. Sono il 58,9% delle persone incontrate in aumento tra il 2021 e il 2022 di 10 punti percentuali;

– aumenta la multi-problematicità passando da 3 bisogni a persona rilevati nel 2020 a oltre 4 nel 2022;

– in leggero calo le persone di nazionalità italiana (meno 21 unità). Gli italiani, fra le persone incontrate, si assestano nel 2022 quasi al 20,47%, un dato stabile negli ultimi anni a riprova che anche la grave marginalità riguarda gli italiani;

– diminuiscono le donne. La componente femminile vede una ulteriore riduzione al proprio interno di oltre 3 punti percentuali scendendo al 20%. Tuttavia per la componente italiana il dato rimane stabile;

– la condizione di senza dimora riguarda principalmente uomini (66% degli uomini incontrati ha questa condizione e 89% delle persone incontrare in questa condizione 45 donne e 383 uomini) di origine straniera giovani rispetto ai quali si riscontra un decremento con l’avanzare dell’età; specularmente per gli italiani il problema si manifesta maggiormente all’avanzare dell’età;

– in forte aumento le persone non in possesso di un permesso di soggiorno (da 21,2 % nel 2021 a 32,6 %) così come quanti dichiarano di lavorare in nero (da 4.11 nel 2021 18% nel 2022) a riprova che spesso la povertà è collegata alla condizione di invisibilità che rende impossibile percorsi di inserimento lavorativo e sociale. In calo invece la disoccupazione che passa dal 77,4% nel 2021 al 61,7% che rimane comunque una delle condizioni che maggiormente incidono sul vissuto personale in rapporto alla povertà.

La persistenza della povertà sia a livello assoluto che relativo in questi due anni è un fatto evidente, ma assume particolare rilevanza soprattutto per il rischio povertà ed esclusione sociale per gli stranieri.

Il problema della povertà non è un problema solo di oggi, temporaneo e transitorio, ma un problema strutturale della nostra società.

Occorre un intervento strutturale e politico per contrastare la povertà e, contemporaneamente, l’impegno di tutta la società per rompere la spirale, la trappola della povertà, modificando dinamiche che riguardano tutto il sistema paese e che richiedono una presa di coscienza e un cambio di orizzonte a tutti i livelli, dal volontario della parrocchia al legislatore nazionale. L’aumento della povertà, l’insicurezza legata alla guerra e alle dinamiche economiche fanno cadere l’illusione e la presunzione della separazione tra chi aiuta e chi viene aiutato. Spesso noi stessi ci ritroviamo persone sofferenti e spaventate.

Questo passaggio di presa di coscienza non è da vivere come una disgrazia, ma come un dono. L’aiuto quello vero si genera solo all’interno di una relazione e la relazione può avvenire unicamente se ci si riconosce come umanità soggettivamente differenti ma ugualmente degne e intimamente connesse. Se siamo tutti fragili e tutti necessitiamo gli uni degli altri, ne deriva automaticamente la necessità di collaborare, di lavorare in rete. Occorre ripensare i servizi mettendo al centro la necessità di creare spazi di relazione e non le prestazioni da erogare, supportare le persone grazie al sostegno della rete e promuovere comunità capaci di condividere le loro risorse, accettando e anzi valorizzando le singole fragilità. Questo mentre si rendono realmente esigibili i diritti delle persone in primis quello a vivere una vita dignitosa.

È anche necessario cambiare il modo in cui guardiamo ai poveri, spesso etichettati come colpevoli, fannulloni e parassiti. Se la povertà non è una congiuntura, le persone che la vivono non sono colpevoli ma vittime e quindi vanno sostenuti e non giudicati.

Dal nostro punto di vista al primo posto bisogna mettere l’attenzione per le persone, che vengono prima degli interessi economici e che devono essere il nostro metro di valutazione. Occorre attuare politiche che tutelino i diritti umani delle singole persone e nuclei e contemporaneamente cercare di promuovere interventi volti a ricostruire o rinforzare il tessuto sociale, creando occasioni di relazione e scambio fra i cittadini, orientate non solo all’occupazione del tempo libero, ma anche alla risposta ai bisogni essenziali, con progetti che superino la logica del “noi e loro” e che cerchino concretamente di costruire un nuovo modello di società basata su un’economia di relazione e prossimità che, invece di espropriare risorse all’ambiente e alla società, li rafforza e rinnova. Dobbiamo cogliere l’occasione di riscoprirci tutti prossimi gli uni degli altri e quindi tutti ugualmente responsabili della città dell’uomo e del bene comune. Mai come oggi si conferma l’efficacia del invito di papa Francesco: “nessuno si salva da solo”.

Caritas diocesana

in laliberta.info

Come è cambiata la povertà a Reggio Emilia?

“Nessuno si salva da solo” è un percorso in quattro tappe proposto dalla Caritas diocesana per riflettere su come è cambiata la povertà e il suo contrasto a Reggio Emilia.
La prima tappa del percorso è la presentazione alla stampa dei dati Caritas sulla povertà raccolti dai Centri di ascolto in Diocesi nel 2022 e nel 2021 in programma per mercoledì 26 aprile, alle 11, al Museo diocesano di via Vittorio Veneto, 6.

In seguito, i temi del report Caritas saranno approfonditi in tre momenti: “Tanti volti di povertà” (4 maggio); “Povertà con dimora, povertà di dimora” (18 maggio) e “Povertà senza dimora” (1 giugno).

laliberta.info

Solidarietà: Caritas Reggio Emilia, le mense diffuse offrono cibo e creano legami

Mensa rinnovata per COVID-19 - Caritas Reggiana

Il sistema delle “mense diffuse” realizzato dalla diocesi di Reggio Emilia-Guastalla è un progetto attivato grazie anche al contributo dei fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, una solidarietà creativa espressa nella preghiera comune per la terra e l’umanità in occasione del quinto anniversario della “Laudato Sì”, l’enciclica di Papa Francesco. “Tutto è nato con il primo lockdown quando abbiamo dovuto interrompere il servizio della mensa per esigenze organizzative – spiega Marco Colombo, responsabile dell’area aiuto alimentare della Caritas reggiana, a Gianni Vukaj nella nuova puntata della serie “Firmato da te” in onda su Tv2000 – e poi abbiamo deciso di reinventarlo per adeguarci a quelli che erano i vincoli normativi del periodo, attuando un grande lavoro organizzativo e formativo dei volontari e di accompagnamento delle persone nelle mense”. La singola mensa si è così estesa su sei diverse postazioni per evitare gli assembramenti e far crescere, allo stesso tempo, l’attenzione e la cura verso ogni singolo beneficiario del servizio. “Grazie ai fondi dell’8xmille è stato possibile investire – aggiunge Marco Colombo – sull’idea delle mense diffuse con un grosso lavoro formativo di accompagnamento dei volontari”. Un sistema complesso per rispondere alla domanda di un bene primario come il cibo si struttura secondo un’organizzazione inappuntabile. “La mia giornata inizia alle otto del mattino – sottolinea Paola Oleari, responsabile cucina – quando prepariamo le pietanze per tutte le mense presenti sul territorio. Le cibarie si collocano in appositi contenitori per mantenerle al caldo e poi vengono consegnate agli autisti e quindi distribuite a tutte le mense”. Finita la consegna del giorno è già tempo di pensare al pranzo del successivo. “Dalle 10 alle 14 prepariamo il menu del giorno dopo – aggiunge la cuoca -, così, quando alle 8 dell’indomani ci presentiamo in cucina, possiamo rispettare i tempi di consegna, visto che circa l’80% del lavoro è stato già fatto”.
Le testimonianze di Marco, Paola e degli ospiti sono al centro di un nuovo filmato della serie “Firmato da te”, che racconta, attraverso la voce dei protagonisti, cosa si fa concretamente con l’8xmille destinato alla Chiesa cattolica e segue le ricadute di un piccolo gesto nel vissuto di persone e luoghi. Il programma è realizzato in collaborazione con il Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. I video sono in onda su Tv2000 e disponibili online sul canale YouTube 8xmille.

agensir