Papa Francesco alla Porziuncola: il mondo ha bisogno di perdono, troppi covano odio

Da Assisi, il Papa lancia un forte invito a perdonare chi ci fa del male. Ieri pomeriggio Francesco si è recato in pellegrinaggio alla Porziuncola, nella Basilica papale di Santa Maria degli Angeli, in occasione dell’ottavo centenario del Perdono di Assisi che ricorre proprio in questo Anno Santo della Misericordia, offrendo una intensa meditazione su questo tema. Il Papa, arrivato in elicottero, è stato accolto con grande gioia da padre Michael Anthony Perry, ministro generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, da padre Claudio Durighetto, ministro provinciale dei Frati dell’Umbria, e da padre Rosario Gugliotta, custode della Porziuncola. Il servizio di Debora Donnini da Radio Vaticana

Una catechesi sul perdono dalla Porziuncola: Papa Francesco l’ha offerta in questo breve ma intenso viaggio nel cuore pulsante del francescanesimo. Il Papa entra nella Basilica, saluta con il suo consueto calore i fedeli presenti e subito si reca a pregare nella Porziuncola, la piccola chiesa amata da san Francesco, “dove tutto parla di perdono”. Il Papa prega in silenzio, un silenzio intenso. Prega nel luogo dove Gesù nel 1216 donò a san Francesco il Perdono per chi, confessatosi e pentitosi, visitasse la Chiesa. L’Indulgenza venne concessa da Onorio III. “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Nella Basilica il Papa riecheggia le parole di San Francesco. Sulle sue orme, ricorda  che “è difficile perdonare”, ma il perdono è “la strada maestra” per raggiungere il Paradiso:

“Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare  – o almeno avere la voglia di perdonare – per farci toccare con mano la misericordia del Padre!”.

Il discorso del Papa si concentra sul Vangelo ascoltato poco prima, nel quale Gesù dice a Pietro che bisogna perdonare fino a settanta volte sette. Il Papa invita a perdonare chi ci ha fatto del male, perché, dice, “noi per primi siamo stati perdonati” da Dio:

“E’ la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza. Tanto lontano da quel gesto: me la pagherai! Il perdono è un’altra cosa”.

Come ricorda anche il Padre Nostro, è centrale questa dinamica dell’essere perdonato e del perdonare. Si ricorda, infatti, il servo della Parabola che chiede al Signore di avere pazienza per il suo debito. E Papa Francesco chiede di riflettere sulla pazienza che Dio ha con noi. “Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo”. Si tratta di un perdono totale nonostante “possiamo ricadere negli stessi peccati”. “Dio si impietosisce”, prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: espressione che indica “la sua misericordia nei nostri confronti”:

“Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato”.

Ma il servo della parabola non vuole, però, condonare il debito al suo fratello, nonostante a lui sia stato condonato. Il Papa sa, infatti, che il problema nasce quando ci si confronta con chi ci ha fatto un torto:

“In questa scena troviamo tutto il dramma dei nostri rapporti umani; tutto il dramma. Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia!”.

Questo però non è lo stile di vita dei cristiani. Gesù infatti ci insegna a perdonare, propone l’amore del Padre, non la pretesa di giustizia. Quindi, il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” qui alla Porziuncola continua a “generare paradiso” ancora dopo otto secoli. La strada del perdono può, infatti, rinnovare la Chiesa e il mondo:

“Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace”.

Quindi, il Papa esorta a chiedere a san Francesco di intercedere per noi, “perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia”. Il Papa chiude il discorso facendo riferimento ad un’altra parabola. Il Figliol Prodigo non fa in tempo a chiedere perdono e il Padre, subito, gli tappa la bocca e lo abbraccia:

“Il Padre sempre guarda la strada, guarda, in attesa che torni il Figliol prodigo; e tutti noi lo siamo”.

E come spesso accade, le parole del Papa sul perdono si concretizzano nei suoi gesti. Al termine del discorso, infatti, il Papa, in un fuori programma, ha confessato 19 persone. Fra loro anche quattro giovani scout e una donna anziana in sedia a rotelle. A confessare, su invito di Francesco, anche i vescovi e i frati. Le confessioni sono durate quasi un’ora e al termine Francesco ha salutato i frati presenti, i vescovi locali e un imam di Perugia. Quindi, si è recato all’Infermeria del Convento dove sono ricoverati 12 frati. Presente anche il personale assistente. Fuori dalla Basilica è stata creata per Lui un’infiorata di 130 metri quadri. Qui, a conclusione della sua visita, il Papa ha rivolto un breve saluto alla folla chiedendo di perdonare sempre, con il cuore, perché tutti noi abbiamo bisogno di perdono. Quindi è ripartito in auto per il campo sportivo Migaghelli da dove in elicottero è rientrato in Vaticano.

Giornate del «Perdono di Assisi» 2016 VIII Centenario
dell’Indulgenza della Porziuncola Da mezzogiorno di lunedì 1° agosto e per tutta la giornata di martedì 2 agosto

Unità Pastorale «Santi Crisanto e Daria»

Cattedrale – San Prospero – Santa Teresa – Santo Stefano

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Da mezzogiorno di lunedì 1° agosto 

e per tutta la giornata di martedì 2 agosto

in Cattedrale e in tutte le chiese parrocchiali

si potrà implorare e ricevere l’indulgenza plenaria

detta “del Perdono di Assisi”

(una sola volta, per sé o per un defunto),

È un atto di fiducia nella grande misericordia di Dio,

che si rinnova alle “solite condizioni”

– pentimento dei propri peccati e confessione sacramentale (entro 15 giorni)

– partecipazione alla Messa con la Comunione

– recita della professione di fede (il Credo)

– preghiera secondo le intenzioni del Papa per la Chiesa e la pace nel mondo, conclusa dalla preghiera battesimale del Padre Nostro

(verrà a messo a disposizione un foglio con i testi)

 

In Cattedrale, ci sarà un confessore dalle 10 alle 12
lunedì 1 e martedì 2 agosto.

* * *

San Francesco della sua chiesina alla Porziuncola ha fatto l’eco al perdono di Dio per i pentiti di tutti i tempi. Francesco ha proclamato quel giorno di agosto dell’anno 1216 alle genti riparate all’ombra delle querce: “Fratelli, io vi voglio mandare tutti in Paradiso e vi annuncio una grazia che ho ottenuto dalla bocca del Sommo Pontefice”. È l’Indulgenza della Porziuncola, il Perdono di Assisi, il tesoro della Porziuncola.

 

Pace / Assisi: a settembre nuovo incontro tra i leader mondiali delle religioni

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“A ciò che sta accadendo non possiamo rispondere con il silenzio. È in atto la ‘terza guerra mondiale’ e l’Europa, colpita al cuore e sfidata ripetutamente, non può più rimanere alla finestra a guardare quello che accade nell’Asia medio orientale, in Africa o in altri Paesi apparentemente lontani. Non può nemmeno limitarsi ad aggiornare programmi e convenzioni per l’accoglienza dei profughi”. Lo afferma padre Mauro Gambetti, custode Sacro Convento di Assisi. In una nota diffusa ieri, ripresa dall’agenzia Sir, Gambetti spiega: “Il terrorismo trasversale, infuocato dai proclami di una ‘guerra santa’, costringe i governi e i cittadini a prendere posizione: nascondersi come topi o uscire allo scoperto. Guerra santa? Misericordia”.

Da Assisi una preghiera corale e una parola unanime
Padre Gambetti cita Giovanni Paolo II che nel 1986, in piena guerra fredda, convocò ad Assisi i leader mondiali delle religioni per invocare la pace nel mondo. “Quest’anno – aggiunge – corre il trentennale di quel primo incontro e i frati francescani di Assisi, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla diocesi, escono allo scoperto e spalancano le porte per un nuovo incontro tra i leader mondiali delle religioni. Una preghiera corale e una parola unanime, frutto di una riflessione condivisa, questa la risposta che vorremmo suscitare”. L’appuntamento è dal 18 al 20 settembre: “Due giorni di tavole rotonde e una giornata di preghiera. Con i leader religiosi sono invitati uomini politici, esponenti del mondo scientifico e della cultura, operatori di pace e tutti gli uomini di buona volontà”.

Contro la violenza  le religioni devono donare al mondo un messaggio convergente
“Insieme ci domanderemo: quali sono i principi riconosciuti da tutte le religioni per una coesistenza pacifica? Quale contributo la politica, la scienza, le culture in genere possono proporre per la definizione di un decalogo dell’umana convivenza? Davanti all’insensata violenza che imperversa, le religioni devono donare al mondo un messaggio convergente. La politica deve compiere lo sforzo di tracciare un percorso verso l’obiettivo della giustizia e della pace tra i popoli, coniugando ogni progetto con la sostenibilità ambientale”.

La risposta da dare è la fraternità umile tracciata da san Francesco
​“Nelle principali piazze del mondo, da Oriente a Occidente – si legge nel testo del custode del Sacro Convento di Assisi – faremo conoscere il pensiero che scaturirà dagli incontri e dai dialoghi di Assisi. E coltiviamo un sogno: che l’Italia assurga ad esempio di integrazione delle culture, assumendo il decalogo che verrà scritto in Assisi nell’ordinamento legislativo e nei decreti attuativi. Forse, si potrà estendere tale modello agli Stati europei e poi a tutti gli Stati membri dell’Onu”. “Crediamo che la strada di Assisi, quella della fraternità umile tracciata da Francesco, vissuta sulla strada prima ancora che nei conventi, caratterizzata dalla ‘reciproca sottomissione’, sia la risposta da dare”. (R.P.)

CAMMINO PER LA PACE REGGIO-ASSISI

E’ il titolo del cammino Reggio-Assisi in programma da sabato 11 agosto a domenica 26 agosto promosso dal servizio di pastorale giovanile in collaborazione con Centro Missionario e Caritas diocesana. Un cammino di testimonianza, di formazione e di speranza per chiedere il dono della pace e allo stesso tempo per metterci a disposizione come costruttori e fautori di pace.

Sono circa 400 chilometri da percorrersi in quindici giorni. Si passerà da alcuni luoghi simbolo, si ricorderà l’eccidio di Monte Sole, quindi in Toscana ricorderemo la figure di don Milani e La Pira e poi ad Assisi S. Francesco.
Il cammino è riservato a ragazzi dalla terza superiore in su sino agli universitari e giovani lavoratori. Le iscrizioni si apriranno mercoledì 2 maggio. La quota è di 350 euro per i lavoratori e 320 per studenti ed educatori che accompagnano un gruppo. Sono previste agevolazioni per i fratelli. Per le iscrizioni è possibile contattare don Giordano Goccini per mail a dongiordi@gmail.com

pastoralegiovani.re.it

L’altra vita di Chiara e Francesco

Chiara e Francesco? Molto diversi da come li presenta la vulgata che si è affermata con film, libri, fiction e canzoni. Se proprio abbiamo bisogno di immagini è «meglio affidarsi all’iconografia giottesca di Assisi». Nei fatti, sottolinea la medievista Chiara Frugoni, autrice per Einaudi, del libro Storia di Chiara e Francesco> «sono due persone che hanno avuto una vita piena di sofferenze, di incomprensioni. Vivono per un progetto che riescono a realizzare solo in parte. Il Francesco degli ultimi anni, cieco, provato dalle malattie» sfigurato nel volto, quantunque trasfigurato dalle stimmate, «è lontano dal santino sorridente che solitamente ci si immagina. Comincia in maniera gioiosa con l’idea di mettere in pratica il Vangelo, insieme ai compagni di sempre, gente entusiasta e di alto livello. Poi arriva il successo, il numero dei frati aumenta a dismisura e il livello di spiritualità e volontà di sacrificio si abbassa, iniziano le divergenze e le divisioni».

Vuole dire che il “francescanesimo” pensato da Francesco non è quello che si realizza?
«Per esempio, nella prima regola (quella non approvata) si afferma, lo ricordo a senso: “Coloro che per divina ispirazione vogliono andare a vivere fra i saraceni o altri infedeli vadano, e il superiore non li fermi”. Nella regola del ’23 (quella approvata), è il contrario: possono andare solo coloro che il superiore (ministro) pensa siano adatti. E non c’è più il concetto del “vivere fra i saraceni”».

Un’idea tanto innovativa da riemergere solo con personaggi come Charles de Focauld, sette secoli dopo.
«Francesco pensa a una vita fra i musulmani in reciproco rispetto. Se poi piace a Dio, allora si parli di Dio. Per lui è l’esempio nella carità che diventa lievito. E aveva stima degli islamici, tanto che nella lettera ai Reggitori di popoli, di ritorno dall’Egitto, promuove l’istituzione di persone che dai campanili delle chiese, come dai minareti, invitino la gente alla preghiera».

Gli ultimi sono anni difficili, ma sono anche quelli delle stimmate.
«Era disperato, solo, con poca stima dei compagni. Le stimmate ricevute alla Verna, secondo Tommaso da Celano, il primo biografo, costituiscono per lui l’estrema pacificazione: capisce di dover accettare la volontà del Padre come Cristo nel Getsemani».

È il racconto famoso del Santo che per tre volte apre il Vangelo.
«In realtà i racconti sono due. Secondo Tommaso da Celano per tre volte lo apre alla pagina del Getsemani a conferma di dover bere al calice della volontà di Dio, che si materializzano nelle stimmate. Anni dopo, Bonaventura da Bagnoregio racconta il medesimo episodio, ma la pagina del Vangelo diventa quella del Golgota, e attraverso le stimmate il sacrificio di Francesco viene accomunato a quello di Cristo».

Diceva di una vita piena di sconfitte.
«Dal punto di vista dello storico certamente. Una vita triste, piena di ostacoli. Quattro anni prima di morire Francesco è costretto a dare le dimissioni dal vertice dei frati minori. Chiara vede approvata la sua regola solo il giorno prima di morire e non è la stessa che lei voleva… È la grande spiritualità dei due santi a volgere tutto in gioia».

Che rapporti c’erano fra i due?
«Una profonda intesa spirituale. Chiara giovinetta vede in Francesco l’immagine stessa del suo futuro. E colpisce la sua capacità, a 18 anni, di fare una scelta radicale senza più tornare indietro. Resiste alle pressioni di Gregorio IX. Dopo la morte di Francesco si affida a frate Elia che però si schiera con Federico II e viene scomunicato. Trova appoggio nella principessa Agnese di Boemia divenuta monaca, ma il Papa obbliga Agnese a non seguire Chiara. Alla fine diventa la prima donna a scrivere una regola solo per le donne. Anche se dopo la sua morte Urbano IV la modifica ammorbidendola, così che ancora oggi le Clarisse hanno due regole possibili: Monache Clarisse e Clarisse Urbaniste».

Francesco e Chiara avevano un’idea comune della vita religiosa?
«Identica. Francesco pensa a un progetto aperto a uomini e donne: Fratres minores e Sorores minores. Gli uni indipendenti dalle altre, ma con la stessa regola. Un progetto uguale e parallelo che fonda sulla grande stima di Francesco per le donne. Poi Francesco, angosciato dalle difficoltà per l’approvazione della regola, visti gli ostacoli posti dalla gerarchia e dai confratelli è costretto a stralciare la posizione del ramo femminile. Però non abbandona mai Chiara alla sua sorte. E mai Chiara si sente abbandonata».

Poi, anche lei trova enormi difficoltà.
«Non voleva la clausura, che per molti secoli ancora sarà l’unico modo di concepire la vita religiosa al femminile. Aveva un’idea modernissima di suore che si alternano nella vita contemplativa e in quella attiva fra la gente».

È l’attualità che permea l’idea originaria di Francesco.
«Tornando al dialogo con le religioni, invita a cercare i punti che avvicinano, non quelli che allontanano. Ai musulmani, come a tutti, chiede di fare frutti degni di penitenza, intesa nell’accezione evangelica di conversione, perché solo ripensando le proprie scelte si possono trovare punti di contatto. Fa conoscere i concetti di solidarietà e di ascolto, con l’idea di dare la giusta importanza al punto di vista dell’altro.

Due cose totalmente mutuate dai Vangeli.
«La vera modernità è nel Vangelo. Francesco e Chiara non fanno altro che metterlo in pratica in maniera radicale».

Roberto I. Zanini – avvenire

Lo spirito di Assisi nelle radici d’Europa

DI GIACOMO GAMBASSI – avvenire 25/2/2010
 Può essere paragonata alla «catte­dra dei non credenti» che il cardi­nale Carlo Maria Martini, quando era arcivescovo di Milano, aveva voluto per «coinvolgere individui pensanti». Per­ché, in fondo, anche a Palazzo Bernabei, nel cuore di Assisi, l’intento è quello di in­tessere un dialogo fra credenti e non cre­denti. Con un denominatore preciso, nel progetto umbro: tornare a recuperare la matrice più autentica del vecchio conti­nente che è stata relegata ai margini del­le istituzioni europee e che affonda fra le pagine della Bibbia. È la scommessa che lancia il «Centro studi sulle radici cultu­rali ebraico-cristiane della civiltà euro­pea » promosso nella città di san France­sco dall’università di Perugia. Un’istitu­zione accademica che ha il suo perno in un «sano concetto di laicità» e che si pro­pone di «coinvolgere studiosi di diverse estrazioni che desiderano dimostrare scientificamente come la vicenda euro­pea sia imbevuta di un’eredità ebraico­cristiana che negli ultimi anni è passata in secondo piano», spiega Antonio Pie­retti, pro-rettore dell’ateneo perugino e responsabile scientifico del Centro studi. L’inaugurazione è avvenuta lunedì. A te- nere la relazione di apertura l’arcivesco­vo di Chieti-Vasto, Bruno Forte. «La sto­ria e la politica nell’orizzonte dell’acco­glienza del Dio biblico – ha detto Forte – non sono meno, ma più umane». E rico­noscere la storia di fede non è «una no­stalgica archeologia culturale, quanto piuttosto una consapevole assunzione dello sguardo profetico di cui gli europei hanno bisogno».
  Il Centro è sostenuto dall’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. «Il nostro con­tinente – afferma l’arcivescovo Gualtiero Bassetti, vice presidente della Cei per l’I­talia centrale – può essere paragonata a un albero che può continuare a crescere se attinge linfa dalle sue radici che, in questo caso, sono quelle ebraico-cristia­ne. Ed è significativo che un’università pubblica si faccia interprete di un per­corso di ricerca e di promozione del­l’uomo innervato sul patrimonio spiri­tuale dell’Europa. Si tratta di una rispo­sta culturale all’emergenza educativa».
  Da qui il contributo che intende offrire il Centro studi. «L’intera tradizione occi­dentale – aggiunge il pro-rettore – risen­te dell’influenza di queste due religioni che con le loro sollecitazioni, provoca­zioni e risvolti hanno inciso in maniera radicale sul continente». E cita un esem­pio. «Quando si parla di filosofia, diritto, ragione o scienza, non possiamo dimen­ticare che il collante è stato la tradizione ebraico-cristiana che ha sottolineato co­me il riscatto dell’uomo passi dal rispet­to della sua dignità». È la nozione di per­sona, propria in particolare del cristia­nesimo, che ha permeato anche l’agire sociale e politico, chiarisce il responsabile scientifico.
  Ecco, quindi, l’obiettivo. « Occorre che quanto oggi bolle in pentola non si ap­piattisca sull’economia e mantenga co­me snodo essenziale il patrimonio e­braico- cristiana», sostiene Pieretti. Altri­menti l’Europa rischia di restare ai mar­gini. «Se il continente consente che pre­vale la logica dei mercanti e non recupe­ra la sua identità, sarà soltanto un’ap­pendice dell’Oriente».
  Un riferimento per l’iniziativa è l’ultima enciclica di Benedetto XVI, la «Caritas in veritate». «Uno dei perni del testo è lo svi­luppo integrale dell’uomo – continua il docente –. Se vogliamo che lo sviluppo sia tale, accanto all’aspetto economico, so­ciale e politico, dovrà essersi anche la di­mensione spirituale». Un incontro che fa parte del dna dell’ateneo perugino. « Il nostro ‘studium’ è stato fondato nel 1308 da Papa Clemente V ma ha avuto anche il riconoscimento imperiale da parte di Carlo IV nel 1355. Ancora oggi queste due ‘anime’ restano ben evidenti e lo saran­no anche per il Centro studi». E non è ca­suale che la sede si trovi ad Assisi, nello storico Palazzo Bernabei che torna a vi­vere dopo la chiusura nel 1997 per il ter­remoto. «San Francesco –conclude il pro­rettore – è un modello di dialogo fra cre­denti e non credenti imperniato sulla per­sona. E a lui guardiamo per le nostre at­tività ».
 Promosso dall’università di Perugia e dall’arcidiocesi, nella città di san Francesco nasce un centro sulle origini culturali ebraico-cristiane della civiltà continentale Bassetti: una risposta all’emergenza educativa