Fede e bellezza. Piemonte e Valle d’Aosta, chiese sempre “aperte”. Con una app

Una cinquantina di strutture di diverse diocesi si possono visitare senza la necessità di personale presente sul posto. Il vescovo Olivero: «Un invito per chi visita le nostre terre»
La cappella di San Rocco a Mondovì con l'installazione "Miracle" di Emilio Ferro

La cappella di San Rocco a Mondovì con l’installazione “Miracle” di Emilio Ferro – Roberto Conte

La suggestione arriva all’imbrunire, in mezzo ai campi. Una scia di luce, come una cometa, indica la via verso il Santuario “Regina Montis Regalis” di Vicoforte, storico luogo di spiritualità in provincia di Cuneo, diocesi di Mondovì. Un Miracle, ma artistico. Quello che realizza Emilio Ferro con un’installazione site specific permanente ideata per la Cappella di San Rocco, lungo il percorso che porta al santuario dedicato alla Natività di Maria e costruito attorno alla “Sacra immagine del pilone di Vico”. Una struttura metallica di luce di oltre 18 metri attraversa lo spazio della cappella, indicando il Santuario, con una registrazione sonora, in sottofondo, creata dall’artista grazie al mescolamento delle vibrazioni dei campi magnetici della cappella e del Santuario, insieme con campioni di suoni del paesaggio circostante. Luce e suoni che muovono l’anima di chi qui arriva. È l’opera che ha aperto nei mesi scorsi “Landandart – andar per arte”, l’iniziativa dell’associazione culturale “Via” per la valorizzazione del Monregalese attraverso i diversi linguaggi artistici contemporanei. L’arte che dialoga con il paesaggio.

Miracle potrà essere ammirata liberamente da chiunque, prenotando la visita della cappella, con l’accensione dell’installazione per la durata di mezz’ora in qualsiasi giorno della settimana, attraverso una app direttamente dal proprio smartphone. Perché la cappella di San Rocco, a Mondovì, fa parte di uno straordinario progetto, “Chiese a porte aperte”, esperienza unica in Italia, che utilizza la tecnologia per aiutare la comunità a rendere fruibili chiese e cappelle sparse per il territorio piemontese e valdostano. Una cinquantina di strutture (settanta entro la fine dell’anno) che si possono aprire con una chiave digitale (tutti i giorni, dalle ore 9 alle 18) con un innovativo sistema ideato dalla Consulta per i beni culturali ecclesiastici del Piemonte e Valle d’Aosta e dalla Fondazione Crt – Cassa di Risparmio di Torino e realizzato con il sostegno della Regione Piemonte, con il cofinanziamento dei proprietari dei beni (parrocchie e comuni), e sotto l’alta sorveglianza delle Soprintendenze competenti.

Non parliamo di chiesette chiuse o abbandonate, ma di luoghi vivi, in aree più interne e non urbane, di cui le comunità si occupano regolarmente, attraverso le parrocchie, i volontari e le associazioni, per tenerle aperte e ordinate, senza potere però garantire un presidio costante, dato il flusso non regolare di turisti e visitatori e la dispersione dei luoghi nel territorio. Da qui l’idea e la straordinarietà del progetto, frutto di un contagioso «gioco di squadra», come sottolinea don Gianluca Popolla incaricato regionale per i Beni culturali ecclesiastici che segue fin dall’inizio il progetto: «Ed è questo che fa la differenza: la sinfonia di tutti gli attori coinvolti, con la regia della Consulta, per valorizzare i beni e far sì che le comunità possano crescere, dialogare, interrogarsi sulla memoria per proiettarsi sul futuro».

Il progetto Chiese a porte aperte nella Cappella di san Grato a Nole (To)

Il progetto Chiese a porte aperte nella Cappella di san Grato a Nole (To) – Consulta Beni Culturali Ecclesiastici Piemonte

Sono oltre 10mila i beni censiti e tutelati dal ministero della Cultura in Piemonte e Valle d’Aosta. «A differenza delle realtà cittadine dove le eccellenze architettoniche, i musei e i preziosi oggetti d’arte si trovano in uno spazio geograficamente circoscritto – continua don Popolla –, un grandissimo numero di siti culturali è sedimentato e diffuso sul territorio, soprattutto in montagna e collina, con il risultato che per i visitatori, purtroppo e spesso, a prevalere è l’esperienza della “porta chiusa”. Con il nostro progetto proviamo a liberare il patrimonio e grazie alla tecnologia garantire una risposta adeguata e sostenibile alla domanda di fruizione che c’è». Se sul portale “cittaecattedrali.it” si trova un censimento dei beni disponibili e mappati (oltre seicento) di Piemonte e Valle d’Aosta e gli itinerari suddivisi per temi e zone (Langhe e Roero, Monregalese, Colline torinesi e Monferrato, Canavese, Val di Lanzo e Valle d’Aosta, Valle di Susa e Val Sangone), la app “Chiese a porte aperte” offre la possibilità di vivere l’esperienza nei siti in assoluta autonomia con una suggestiva operazione di storytelling.

Dopo avere scaricato l’applicazione sul proprio smartphone è sufficiente registrarsi e prenotare gratuitamente la visita: giunti sul posto nell’orario selezionato, inquadrando il Qr code si apre la porta della chiesa. Una volta entrati è possibile far partire una guida, sempre più completa e accattivante: una voce narrante in tre lingue (italiano, inglese e francese), con musiche e un sistema di illuminazione che esalta i dettagli artistici. Nel 2022 al fine di ampliare il grado di accessibilità e inclusività ai siti del sistema è nato anche il progetto “Chiese a porte aperte for all”. «Man mano stiamo attrezzando le strutture con pannelli visivo-tattili multisensoriali posizionati all’ingresso e completi di una descrizione della chiesa, la definizione degli spazi e della facciata – dice Enrica Asselle, storica dell’arte e collaboratrice della Consulta -. Il pannello contiene anche le riproduzioni tattili di alcune opere d’arte, oltre ai testi in braille e descrizioni audio. Sulla tavola è inoltre presente un QrCode che permette di azionare un contributo audio-video nella lingua italiana dei segni. Le riproduzioni delle opere d’arte e delle architetture dei beni sono realizzate con stampante 3D secondo i parametri e le indicazioni dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti».

L’esperimento di “Chiese a porte aperte” è partito nel 2017: i primi due beni scelti per questo innovativo intervento sono stati la cappella di San Bernardo a Piozzo in provincia di Cuneo (diocesi di Mondovì) e la cappella di San Sebastiano a Giaveno (diocesi di Torino), due cappelle contenenti cicli di decorazioni parietali quattro-cinquecenteschi di elevata qualità artistica. Superato l’esame, fra l’entusiasmo di comunità e visitatori, di anno in anno il progetto si è esteso a tutte le diocesi, toccando decine di strutture. «Non introduciamo elementi nuovi, non optiamo per l’esperienza della realtà aumentata, preferiamo la realtà “narrata” che racconta la storia di quel luogo, più che la storia dell’arte», evidenzia Roberto Canu, coordinatore del progetto. Siti che hanno intorno una comunità che se ne prende cura, luoghi vivi e riconosciuti. «Ha poco senso – prosegue – la valorizzazione di luoghi e memorie che siano stati “abbandonati” dalla comunità, di beni culturali ecclesiastici senza “l’ecclesia”. Solo così si può generare un valore che può diventare anche sociale, funzionale ed economico».

Legame con le comunità e apertura all’altro. Lo dice chiaramente Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e delegato per i Beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale di Piemonte e Valle d’Aosta: «La cosa bella è che con questo progetto si può dire a chiunque, che abiti il territorio o che arrivi dalla Germania o dalla Svizzera: “Tu hai le chiavi, puoi venire quando vuoi”». Un’esperienza che non vuole e non può restare circoscritta a Piemonte e Valle d’Aosta. Perché tocca un tema piuttosto diffuso nel Paese. «Per questo è stata sottoscritta una intesa fra Cei e ministero della Cultura e sono state avviate interlocuzioni per esportarlo in altre regioni, dal Lazio alla Lombardia», fa notare don Popolla.

Dalla cappella di San Giuseppe, Sant’Ilario e Santa Barbara nella valdostana Mondanges, frazione di Valgrisenche, a quella di San Giovanni alle Conche di Calamandrana (Asti) o alla chiesetta di Santa Vittoria d’Alba e il suo meraviglioso ciclo di affreschi, ci sono chicche da scoprire in questo modo. «Ad Alba e in tutto il Piemonte, dal 2011, abbiamo costruito una rete di volontari che si prendono cura del patrimonio artistico e architettonico ecclesiale – dice Silvia Gallarato, responsabile e direttrice del Mudi, il museo diocesano di Alba –. Una rete di comunità e di persone, risorse straordinarie. Poi è arrivata la tecnologia e l’opportunità dell’apertura automatizzata. Ma al centro resta sempre la persona, che garantisce che il bene sia fruibile, ordinato e narrato. E prima che dai turisti crediamo che questi luoghi debbano essere vissuti dalle stesse comunità: con i volontari delle diocesi della provincia di Cuneo abbiamo organizzato uscite formative per visitare realtà di altre diocesi. E scoprirle, come tutti i viaggiatori e pellegrini, camminando e usando la nostra app». Un clic e la porta si apre. Provare per credere.

avvenire.it

Che cos’è il social ecommerce e perché sarà virale nel 2023

Social ecommerce che cos’è perché sarà virale dal 2023

AGI – Vendere beni online tramite social network. In Cina è un fenomeno radicato da tempo e tutto lascia pensare che l’anno che verrà porterà questa esperienza anche oltre Pechino. E sarà virale, secondo gli esperti di Breakingviews, società di analisi finanziarie di Reuters. TikTok, Amazon e YouTube sono tra le aziende che già hanno implementato funzionalità che allineano la condivisione online e lo shopping. Altre si stanno preparando. Gli indizi di un possibile boom ci sono tutti. Agli utenti dei social piace interagire con celebrità e influencer, ma l’obiettivo finale sono i clic per acquistare. Un esempio? L’attrice Nisrin Erradi a inizio anno ha attirato 500mila follower su TikTok, vendendo fino a 12 mila dollari di prodotti cosmetici in una sola sessione video.

Le entrate dello shopping online dal vivo contribuiranno a compensare la contrazione dei budget di marketing, in un contesto di crisi, e ad attirare il pubblico dei più giovani, sempre più attratti dai video brevi. Secondo i dati di Statista, la spesa pubblicitaria sui social media negli Stati Uniti, che era cresciuta di circa il 30% all’anno, dovrebbe rallentare a circa il 12% in media nei prossimi tre anni, per raggiungere i 114 miliardi di dollari nel 2025. Al contrario, la società di consulenza McKinsey prevede che le vendite di ecommerce sui social media negli Stati Uniti aumenteranno del 20% all’anno nello stesso arco di tempo, fino a 80 miliardi di dollari.

Secondo The Future of Commerce “le previsioni suggeriscono che le vendite di social commerce raggiungeranno circa 2,9 trilioni di dollari entro il 2026. Il social commerce è fondamentale per i marchi per raggiungere i loro target di riferimento e si prevede che genererà 30,73 miliardi di vendite nel 2023, pari al 20% delle vendite globali di ecommerce al dettaglio. Per i marchi che cercano di rivolgersi a questo pubblico, l’utilizzo di TikTok è fondamentale”. I venture capital, a stare ai dati di Pitchbook, hanno poi già investito 700 milioni di dollari in startup come Firework che forniscono la tecnologia adatta ai rivenditori fisici.
TikTok, social network della cinese ByteDance, ha portato il social shopping negli Stati Uniti e in Gran Bretagna per replicare il successo di Douyin, app gemella cinese che nel 2021 ha consentito la vendita di beni per un valore di 119 miliardi di dollari. Amazon l’8 dicembre ha introdotto un feed chiamato Inspire, che consente ai consumatori di acquistare da video e foto pubblicati da influencer, marchi e altri clienti. OnlyFans, un servizio in abbonamento noto per i contenuti per adulti, il 17 novembre ha reso noto una partnership con la società di ecommerce Spring per consentire ai creator di vendere merce personalizzata.