L’unica strada è la pace

Il gesto del Papa: va all’ambasciata russa per esprimere «preoccupazione». Contro la guerra fiaccolata ieri e cortei oggi a Roma Kiev sotto assedio. Appello per renderla «città aperta». Putin chiama al golpe i militari ucraini e minaccia Svezia e Finlandia

L’impiegato di mezza età quasi ci lascia un dito mentre scarrella il fucile per inserire il caricatore. Non ne imbracciava uno dai tempi del servizio di leva. Lo aiuta un ragazzo sveglio, che di armi dice di intendersene. Sparare contro qualcuno, però, è un’altra cosa. Kiev si prepara a morire nel silenzio o a perire combattendo? È la domanda che ci si pone attraversando la città appena dopo l’ennesima scarica di missili e colpi di artiglieria. Una città spettrale, silenziosa, senza quasi nessuno per le strade. Chi non è riuscito a fuggire è rintanato negli scantinati, nei sottopassi della metropolitana, nei garage trasformati in rifugi antiaerei. Il centro della capitale, come si vede dalle immagini, non è stato ancora bersagliato dall’artiglieria pesante. La speranza è che non accada, anche se i pochi a circolare sanno che «Putin non è solito interrompere quello che ha cominciato ». Nessuno crede alle offerte di tregua. Lo zar arriva a offrire un’alternativa al massacro delle truppe ucraine: «Prendete voi il potere e poi negozieremo». Un invito al golpe che per adesso non ha fatto breccia. Le diplomazie di Zalensky e Putin, però, sono tornate a parlarsi. Tra le ipotesi, un round negoziale a Minsk, dove furono firmati gli accordi poi messi in discussione da ambo i lati ma che per Mosca sono un passo imprescindibile: rinunciare all’ingresso nella Nato. Kiev ha espresso il consenso all’avvio dei colloqui e, nella giornata di oggi, potrebbe essere ufficializzata la svolta nel conflitto.

Ma la gente pensa sia il solito bluff. Una mossa per prendere tempo e intanto concludere il lavoro. In uno scantinato poco lontano dalla piazza Maidan, dove si ricordano battaglie per l’indipendenza e martiri delle rivoluzioni politiche, tra barricate improvvisate con sacchi di sabbia, vengono portate decine di bottiglie vuote e casse di stracci. Serviranno per confezionare le molotov, bombe incendiarie inventate in Russia e che questa notte contro i russi verranno scagliate. È una resistenza sgarrupata, dove si mescolano parole d’ordine di destra, altre antisovietiche, altre ancora di pura rabbia. «È legittima difesa, non uccideremo per aggredire o per conquistare», ragiona Pavel che fa il tassista e staziona all’aeroporto internazionale Borispol, bersagliato dall’artiglieria di Mosca.

È come se qualcuno fosse venuto a rubargli la casa e il lavoro. E non ci sta. Soprattut- to «perché è gente di cui parliamo la lingua, con cui condividiamo affetti e amicizie. Non c’è un solo ucraino – urla Pavel nel suo inglese dall’accento slavo – che non abbia conoscenti in Russia». «Siamo ancora qui. Non siamo andati via da Kiev. Stiamo difendendo l’Ucraina», dice il presidente Zelensky che si fa riprendere in piazza e attraverso i social esorta la popolazione a combattere. Una volta, quando faceva il comico, sarebbe bastata una sua buffa smorfia per strappare una risata. Ma, stavolta, il capo di quel governo che Putin ha apostrofato come una congrega di «neonazisti e drogati», prova la carta della disperazione. Mentre scriviamo, a tarda sera, sentiamo distintamente le spallate dell’artiglieria che scuotono l’aria mentre gli ordigni sfondano la principale centrale elettrica. Chp-6. Kiev in poche ore potrebbe restare al buio. E a quel punto solo l’alba potrà dirci quanto sangue è stato versato. Si rischia una carneficina d’altri tempi. Vecchi fucili contro i cingolati. Bottiglie incendiarie contro i blindati. In giro, prima del coprifuoco, si vedono soprattutto donne. Gli uomini possono essere sospettati di appartenere ai sabotatori russi in abiti civili. Di attacchi dall’altro ne abbiamo contati quattro in pieno giorno e altrettanti nella notte precedente, quando 200 elicotteri russi hanno espugnato l’aeroporto militare di Kiev prendendone il controllo. I carri armati si sono tenuti nei quartieri esterni. Una presenza sinistra, messa aposta per seminare il terrore. La conferma arriva quando inspiegabilmente un cingolato attraversa la strada per dirigersi contro una utilitaria che viaggia in senso opposto. Nessuno deve intralciare gli invasori. E in un attimo il bestione d’acciaio piomba contro l’auto, schiacciandola. Poco dopo ne uscirà vivo, ma seriamente ferito, un anziano che stava solo tornando a casa. Come in ogni maledetta guerra servono eroi per galvanizzare il popolo. Il buon cittadino della porta accanto che nel momento in cui la storia bussa, risponde con il piglio marziale del candidato al martirio. E gli eroi del giorno sono Yaryna e Sviatoslav, che si sono sposati nel giorno in cui Mosca dichiarava guerra. Viene raccontato che, dovendo rimandare la luna di miele, i neosposi hanno deciso di imbracciare i fucili e arruolarsi nelle milizie civili volontarie. Yaryna Arieva e Sviatoslav Fursin dovevano sposarsi a maggio, ma hanno anticipato le nozze perché temevano che la guerra avrebbe mandato per aria i loro piani nuziali. Insieme alle fedi nuziali hanno ricevuto due fucili, e con quelli si sono presentati alla sezione del partito “Solidarietà Europea” che dirotta gli abili al combattimento verso i comandanti delle milizie. Puntuale arriva anche lo scambio di accuse per crimini contro l’umanità. I morti sono già centinaia. Kiev parla di almeno mille caduti tra i russi. Altre fonti restringono la cifra a 800, che è già un esito inatteso per i generali di Mosca che avevano messo nel conto perdite minime. Tra militari e civili ucraini le vittime sarebbero non meno di 200. Ma neanche alla Croce rossa è consentito andare a controllare. L’Ucraina accusa le forze russe di «crimini di guerra» e afferma di raccogliere prove da sottoporre alla Corte penale internazionale. «Gli attacchi russi di oggi contro un asilo e un orfanotrofio sono crimini di guerra e violazioni dello Statuto di Roma – ha denunciato su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba –. Insieme all’ufficio del procuratore generale stiamo raccogliendo dati su questo e altro che verranno mandati immediatamente all’Aja. La responsabilità è inevitabile».

Mosca risponde annunciando di aver preparato un fascicolo fotografico con le prove del «genocidio» nel Donbass dove, a Mariupol, il Pentagono ha denunciato sbarchi. Una guerra di propaganda che nella nuova notte di guerra porterà l’unica certezza di nuove mattanze.

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Lo zar offre trattative a Minsk e gli ucraini sono pronti a trattare. Gli eroi del giorno sono Yaryna e Sviatoslav che si sono sposati mentre veniva dichiarata la guerra e arruolati nelle milizie Centinaia i morti. «Sbarchi a Mariupol»

La gente in attesa di un treno per fuggire da Kiev: in decine di migliaia di cittadini hanno lasciato già la capitale ucraina ormai cinta d’assedio dalle forze militari russe che in due giorni hanno piegato le resistenze/

Reuters

Rifugiati nei sotterranei della Cattedrale greco-cattolica di Kiev