“Con le nuove intese più libertà religiosa”

Il senatore e costituzionalista spiega a Vatican Insider cosa cambia con i nuovi accordi tra Stato italiano, ortodossi, mormoni e apostolici
GIACOMO GALEAZZI – vaticaninsider
CITTÀ DEL VATICANO

«È un grande passo avanti per la libertà religiosa in Italia». Il senatore del Pd Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex presidente della Fuci, spiega a «Vatican Insider» cosa cambia con le nuove tre intese tra lo Stato italiano e gli ortodossi, mormoni e apostolici.

Senatore Ceccanti, il 7 agosto sulla Gazzetta Ufficiale sono state pubblicate 3 leggi che si riferiscono alle Intese con tre Confessioni religiose, ovvero ortodossi, apostolici e mormoni. Quale significato hanno queste nuove intese sotto il profilo della libertà religiosa?

«C’è un doppio salto di qualità. Anzitutto sul piano numerico perché quintuplica il numero di persone a cui si applica l’Intesa, ricomprendendo ora tra un milione e mezzo e due milioni. Poi sul piano della composizione perché sin qui si trattava di minoranze presenti da lungo tempo e composte quasi solo da cittadini italiani, mentre stavolta si va oltre, soprattutto coinvolgendo molti comunitari e neo-comunitari provenienti dalle nuove democrazie dell’Est europeo.E’ vero che il patriarcato di Costantinopoli non rappresenta tutti gli ortodossi ma comunque è l’unica realtà che per ora ha chiesto è stipulato l’intesa ».

Finora le confessioni diverse dalla cattolica coperte da un’intesa (indicate nella dichiarazione dei redditi) erano solo sei: valdesi, assemblee di Dio, avventisti, ebrei, battisti e luterani. I mormoni non hanno richiesto di entrare nell’otto per mille. Per il resto in cosa cambiano i contenuti di queste nuove intese?

«In realtà i contenuti sono molto simili a quelli delle Intese sin qui stipulate, dalle prerogative dei ministri di culto agli effetti civili dei matrimoni religiosi, all’assistenza in case di cura, ospedali, carceri, strutture militari, riconoscimento delle festività religiose, valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, ecc. Al momento in cui entra in vigore l’Intesa non si applica più alla confessione religiosa l’arcaica legge del 1929 sui culti ammessi, peraltro amputata delle parti eliminate nel frattempo dalla Corte costituzionale. Non cambia quindi il contenuto, ma cambia l’estensione delle nuove norme, corrispondenti alla sensibilità non confessionalista della Costituzione del 1948 e simultaneamente si riduce l’estensione delle vecchie norme del 1929 che rispondevano più ad una logica di limitata tolleranza religiosa più che di una piena libertà religiosa. E’ cambiato poi qualcosa nel metodo perché in questa legislatura per le nuove Intese abbiamo osato approvarle direttamente in Commissione, dove i parlamentari conoscono bene i problemi, anziché affidarsi ai tempi lunghi dell’Aula».

L’Italia è ormai un paese multiculturale e il diritto si adegua?

«Direi che il diritto risponde meglio alle istanze di libertà affermate nella Costituzione, che sono una risorsa nella nuova realtà multiculturale, fa più spazio alle differenze e con ciò spinge anche le differenze a riconoscersi meglio nella fedeltà comune alla Costituzione. Non ci arrendiamo alle forme estreme di multiculturalismo che negano l’unità ma neanche entriamo nella logica troppo livellatrice della laicità alla francese che nega le differenze nello spazio pubblico».

A causa dell’immigrazione gli ortodossi sono ormai più degli islamici e superano il milione di presenze. Ci sono stati emendamenti ostruzionistici della Lega. E’ il segno che la pluralità religiosa spaventa?

«La Lega affronta il tema del pluralismo religioso a partire dalla polemica anti-immigrati con effetti paradossali, almeno in questo caso. Aveva infatti impugnato la bandiera delle radici cristiane al tempo del Trattato costituzionale europeo e ha rallentato queste Intese che riguardano Chiese cristiane. Fra l’altro gli emendamenti, tranne che sulla parte delle copertura finanziaria, sono inammissibili perché la legge ha un fondamento pattizio, traduce l’Intesa stipulata dal Governo. Il Parlamento può approvare o bocciare, ma non emendare. L’evoluzione dell’applicazione dell’articolo 8 per volontà dei Governi è andata in questa direzione, di fatto allineando il metodo a quello previsto per il Concordato con la Chiesa cattolica dall’articolo 7. L’articolo 8 parla di leggi approvate “sulla base di Intese” ma fin dagli anni ’80 si è preferito stipulare Intese molto dettagliate di cui la legge è poi in sostanza una fotocopia, valorizzando così il ruolo delle rappresentanze delle confessioni. Oltre che con la presentazione degli emendamenti la Lega aveva svolto prima un ruolo di rallentatore spingendo il Governo Berlusconi a non presentare in Parlamento le Intese pur solennemente sottoscritte. A quel punto io ed il collega Malan del Pdl abbiamo giocato di anticipo presentandole noi per primi e il Governo a quel punto si è sentito in dovere di presentarle a sua volta».

Quando si arriverà ad un’intesa analoga con l’Islam?

«Sull’Islam resta soprattutto da sciogliere il nodo di chi sia titolato ad esprimere la rappresentanza della confessione. Non è di per sè un nodo insolubile. In Spagna è stato risolto da vari anni stipulando un’Intesa positiva. In realtà dal punto di vista qualitativo al rientro potremmo già fare un ulteriore salto di qualità oltre l’ambito giudaico-cristiano approvando in Commissione Affari Costituzionali le Intese giacenti con buddisti e induisti, quantitativamente meno rilevanti ma segno comunque di un’apertura ulteriore. Così il bilancio di questa legislatura potrebbe dirsi davvero enormemente positivo. Resta rinviato alla prossima il nodo obiettivamente più complesso di una legge generale sulla libertà religiosa che consenta di superare la normativa del 1929 anche per le confessioni senza Intesa, a completamento del quadro».