Nel decennio che la Chiesa italiana si accinge a dedicare al tema dell’educazione, l’apostolato biblico avrà un ruolo sicuramente non secondario. Infatti, come ha sottolineato monsignor Carlo Ghidelli, «è la Bibbia stessa ad educare: con i suoi contenuti, con i suoi messaggi, soprattutto con la forza illuminante della storia della salvezza che in essa è attestata ». L’arcivescovo di Lanciano-Ortona è intervenuto ieri pomeriggio al Convegno nazionale del settore Apostolato biblico della Cei, che per tre giorni (fino a domani ) affronterà proprio il tema della «prospettiva educativa nell’apostolato biblico». «Quella narrata dalla Bibbia – ha spiegato il presule biblista – è una storia educante, che genera una comunità educante e perciò offre molteplici processi educativi che rendono interessante e avvincente ogni pagina dell’Antico e del Nuovo Testamento».
Ghidelli ha anche ricordato che «l’intenzione di Dio possiede sempre una dimensione pedagogica ». In altri termini «Dio intende sempre educare colui o coloro ai quali rivolge la sua parola. Rivelandosi, Dio si dà a conoscere per quello che è e mette il suo popolo sulla buona strada per comprendere quello che Egli si aspetta, non solo per poter intavolare un dialogo costruttivo ma anche per portare a compimento nella storia il piano di salvezza a favore dell’intera umanità». «In questa luce e in questo contesto – ha ammonito il presule – possiamo dire che il processo educativo è l’anima e il metodo della Bibbia».
L’arcivescovo ha quindi fatto alcuni esempi di quella che ha definito «l’arte pedagogica di Gesù ». «Quando Egli va in aiuto a Pietro e compagni – ha ricordato ad esempio monsignor Ghidelli – e chiama il primo degli apostoli a condividere la sua missione («d’ora in poi sarai pescatore di uomini»), non fa altro che manifestare fino a che punto egli vuole spingere il suo progetto verso i suoi discepoli. Per Gesù responsabilizzare equivale a educare. Quando, secondo la testimonianza dell’evangelista Luca, Gesù invita Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, a scendere dall’albero e gli dice che deve fermarsi a casa sua non fa altro che stabilire un rapporto nuovo con lui, un rapporto educante di primissimo ordine. Per Gesù dialogare equivale a educare». Il relatore ha poi ricordato due episodi significativi, entrambi tratti dal Vangelo di Giovanni. «Quando si trova davanti la donna adultera e, dopo aver sistemato i farisei, le parla e le offre la possibilità di vivere una vita nuova non fa altro che dimostrare come il suo metodo pedagogico non conosca limiti. Per Gesù perdonare equivale a educare. Quando Gesù proclama la sua regalità dinanzi a Pilato e afferma: ‘Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità’, non fa altro che esplicitare la dimensione educativa della sua missione salvifica, collegandolo direttamente alla testimonianza della verità. Per Gesù salvare equivale a educare». In questo modo, ha concluso l’arcivescovo, «Dio ha messo in atto un progetto educativo forte e duttile nello stesso tempo adattandolo opportunamente alle varie situazioni storiche e ai diversi ambienti umani». Perciò la Bibbia è «uno strumento di educazione». E oggi «più che mai, sono i fedeli che necessitano di essere educati alla lettura biblica».
Questo è proprio lo scopo del convegno di quest’anno, il 18° della serie. Come ha detto don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, «si tratta di lavorare, riflettere e pregare perché il nostro servizio alla Bibbia e alla catechesi sia sempre più efficace e innervato nelle realtà parrocchiali e diocesane». A questo proposito, don Cesare Bissoli, che del settore dell’Apostolato biblico è il principale animatore a livello nazionale, ha fatto notare: «Non basta sapere la Bibbia, ma occorre saper parlare con le persone, giovani e adulte, di oggi, con i loro livelli di fede, di cultura, di domande». E don Paolo Sartor (diocesi di Milano) ha proposto apposite celebrazioni della Parola per avvicinare i cercatori di Dio.
Si è aperto ieri a Roma il 18° convegno nazionale. Ghidelli: la Bibbia genera una comunità educante. Benzi: innervare il servizio nelle parrocchie e nelle diocesi. Bissoli:occorre saper parlare con le persone (di Mimmo Muolo – avvenire)
Ghidelli ha anche ricordato che «l’intenzione di Dio possiede sempre una dimensione pedagogica ». In altri termini «Dio intende sempre educare colui o coloro ai quali rivolge la sua parola. Rivelandosi, Dio si dà a conoscere per quello che è e mette il suo popolo sulla buona strada per comprendere quello che Egli si aspetta, non solo per poter intavolare un dialogo costruttivo ma anche per portare a compimento nella storia il piano di salvezza a favore dell’intera umanità». «In questa luce e in questo contesto – ha ammonito il presule – possiamo dire che il processo educativo è l’anima e il metodo della Bibbia».
L’arcivescovo ha quindi fatto alcuni esempi di quella che ha definito «l’arte pedagogica di Gesù ». «Quando Egli va in aiuto a Pietro e compagni – ha ricordato ad esempio monsignor Ghidelli – e chiama il primo degli apostoli a condividere la sua missione («d’ora in poi sarai pescatore di uomini»), non fa altro che manifestare fino a che punto egli vuole spingere il suo progetto verso i suoi discepoli. Per Gesù responsabilizzare equivale a educare. Quando, secondo la testimonianza dell’evangelista Luca, Gesù invita Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, a scendere dall’albero e gli dice che deve fermarsi a casa sua non fa altro che stabilire un rapporto nuovo con lui, un rapporto educante di primissimo ordine. Per Gesù dialogare equivale a educare». Il relatore ha poi ricordato due episodi significativi, entrambi tratti dal Vangelo di Giovanni. «Quando si trova davanti la donna adultera e, dopo aver sistemato i farisei, le parla e le offre la possibilità di vivere una vita nuova non fa altro che dimostrare come il suo metodo pedagogico non conosca limiti. Per Gesù perdonare equivale a educare. Quando Gesù proclama la sua regalità dinanzi a Pilato e afferma: ‘Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità’, non fa altro che esplicitare la dimensione educativa della sua missione salvifica, collegandolo direttamente alla testimonianza della verità. Per Gesù salvare equivale a educare». In questo modo, ha concluso l’arcivescovo, «Dio ha messo in atto un progetto educativo forte e duttile nello stesso tempo adattandolo opportunamente alle varie situazioni storiche e ai diversi ambienti umani». Perciò la Bibbia è «uno strumento di educazione». E oggi «più che mai, sono i fedeli che necessitano di essere educati alla lettura biblica».
Questo è proprio lo scopo del convegno di quest’anno, il 18° della serie. Come ha detto don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, «si tratta di lavorare, riflettere e pregare perché il nostro servizio alla Bibbia e alla catechesi sia sempre più efficace e innervato nelle realtà parrocchiali e diocesane». A questo proposito, don Cesare Bissoli, che del settore dell’Apostolato biblico è il principale animatore a livello nazionale, ha fatto notare: «Non basta sapere la Bibbia, ma occorre saper parlare con le persone, giovani e adulte, di oggi, con i loro livelli di fede, di cultura, di domande». E don Paolo Sartor (diocesi di Milano) ha proposto apposite celebrazioni della Parola per avvicinare i cercatori di Dio.
Si è aperto ieri a Roma il 18° convegno nazionale. Ghidelli: la Bibbia genera una comunità educante. Benzi: innervare il servizio nelle parrocchie e nelle diocesi. Bissoli:occorre saper parlare con le persone (di Mimmo Muolo – avvenire)