In aumento le diagnosi di tumore, è allarme per gli stili di vita

Aumentano le diagnosi di tumore in Italia rispetto al 2020.

Cellule del tumore del seno (fonte: Annie Cavanagh. Wellcome Images, images@wellcome.ac.uk) © Ansa

Nel 2022 sono infatti stimati 390.700 nuovi casi, +14.100 in 2 anni. E se nella fase post-Covid, sono ripresi gli screening di prevenzione, è però allarme per gli stili di vita scorretti: il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. E’ la fotografia scattata dal volume ‘I numeri del cancro in Italia 2022’, presentato oggi al ministero della Salute e frutto della collaborazione tra Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Airtum, Fondazione Aiom, Ons, Passi, Passi d’argento e Siapec.

La pandemia, rilevano gli esperti, ha determinato nel 2020 un calo delle nuove diagnosi legato in parte all’interruzione degli screening, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei.

Quadro che rischia di peggiorare se non si pone un argine proprio agli stili di vita scorretti.

Pesano anche i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne). Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici, in particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46% (nel 2020 si era attestato al 30%), per il colon-retto del 30% (era pari al 17% nel 2020) e per la cervice uterina del 35% (era al 23% nel 2020).

I dati raccolti durante il biennio 2020-2021 “segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali per i tumori: si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”. Lo afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nella prefazione del libro ‘I numeri del cancro in Italia 2022’ presentato oggi al ministero della Salute e giunto ala sua XII edizione.

La pandemia, rilevano gli esperti, ha determinato nel 2020 un calo delle nuove diagnosi legato in parte all’interruzione degli screening, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei. Quadro che rischia di peggiorare se non si pone un argine proprio agli stili di vita scorretti. Pesano anche i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne). Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici, in particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46% (nel 2020 si era attestato al 30%), per il colon-retto del 30% (era pari al 17% nel 2020) e per la cervice uterina del 35% (era al 23% nel 2020). Alla riattivazione dei programmi di prevenzione secondaria corrisponde un incremento del numero di interventi chirurgici per cancro del colon-retto e della mammella, anche in stadio iniziale. Questi dati aggiornati “invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro, come quella contro l’Hpv”, afferma Saverio Cinieri, Presidente Aiom. Il dato positivo, però, è che a fronte dei 2,5 milioni di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima.

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Palermo. Ave Maria sulla strada: una preghiera-poesia per i malati di tumore

All’esterno del padiglione di Oncologia del Civico ospedale l’installazione su un testo di Giuseppina Torregrossa. «Salvate quelle parole» chiedono alcuni pazienti e medici
L'installazione comparsa all'esterno del padiglione di Oncologia del Civico di Palermo

L’installazione comparsa all’esterno del padiglione di Oncologia del Civico di Palermo

Da Avvenire

«Ave Maria prega pi’ tutti chiddi ca si trovano ’nta sta via… ». Sono le struggenti parole iniziali di una poesia-preghiera, che per cento metri accompagna da qualche giorno chi entra e chi esce dal padiglione di Oncologia dell’ospedale Civico di Palermo. I malati si fermano stupiti, osservano quelle lettere bianche come i camici dei medici dipinte ordinatamente sulla scala e sull’asfalto, le leggono una dopo l’altra e si commuovono.

Una ‘via crucis’ di dolore e lacrime, ma anche di grande speranza, di una donna che ha raccontato in versi, in un’unica riga, la storia di chi riceve la diagnosi del cancro al seno, si sottopone agli interventi chirurgici e alle terapie devastanti, la perdita di capelli, ma ne viene fuori più forte di prima, tenacemente aggrappata alla vita. «…Ave Maria io ti ringrazio. Stretta la foglia, larga la via. Ave Maria, io sugnu arrè mia». Quella donna è Giuseppina Torregrossa, nota scrittrice palermitana, che ha donato un suo inedito in dialetto siciliano, dipinto per terra da Stefania Galegati, a una mostra molto speciale che avrebbe dovuto essere inaugurata il 29 febbraio, al padiglione 24, dove la psicologa Elena Foddai e il primario di Chirurgia oncologica, Pierenrico Marchesa, hanno fondato da tempo una galleria d’arte. L’idea era quella di mettere insieme un gruppo di opere e di artiste che hanno vissuto direttamente o indirettamente un’esperienza di malattia oncologica.


Una preghiera-poesia per i malati di tumore comparsa di notte, che ora l’ospedale vuole rimuovere. L’autrice: «Non cancellatela». In tanti sono con lei


L’installazione è poi stata rinviata a data da destinarsi, la struggente invocazione, invece, è stata realizzata nottetempo, lasciando di stucco pazienti e personale sanitario. Il dottor Livio Blasi, direttore dell’Oncologia medica del Civico, si era detto «emozionato, perché sembra trattarsi di una paziente che ha superato la malattia, il tumore della mammella. Oggi nell’oltre 90% dei casi, grazie alla prevenzione e alle terapie esistenti, si giunge alla guarigione completa. Credo che questa preghiera-poesia sia un messaggio molto positivo, invita i pazienti a sottoporsi ai trattamenti, a credere nella medicina». Ma mercoledì mattina, dopo una lunga riunione in direzione generale dell’Azienda ospedaliera Civico si è deciso di cancellare la lunga scritta, in attesa di fissare una nuova data per l’installazione.

Una scelta che sta ricevendo le critiche di molti, che chiedono invece di «salvare quel messaggio di speranza». Prima fra tutte proprio l’autrice, felice dell’impatto emotivo che ha generato. «Qualora mancassero le autorizzazioni, proviamo a sanare la questione, non cancelliamo una preghiera alla Madonna che accompagna dalla malattia alla guarigione – dice Giuseppina Torregrossa –. In caso contrario, manderò una lettera del mio avvocato con cui diffiderò l’ospedale dall’usare il mio testo, un atto di generosità artistica ».

Padova. San Leopoldo Mandić proclamato patrono dei malati di tumore in Italia

San Leopoldo Mandić

San Leopoldo Mandić – Archivio

San Leopoldo Mandić, il frate cappuccino, confessore, testimone della riconciliazione e promotore dell’ecumenismo, già dai fedeli invocato per chiedere sostegno nella malattia, morto a causa di un tumore all’esofago, ora è ufficialmente patrono dei malati di tumori in Italia. A darne l’annuncio, dopo che la Congregazione per il culto divino e i sacramenti l’ha decretato, è stato il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, insieme all’ex generale dell’ordine dei cappuccini, fra Mauro Jöhri, a fra Flaviano Gusella, rettore del santuario padovano che ne conserva le spoglie, e a numerosi altri rappresentanti dei frati cappuccini e di quel comitato di medici padovani che diede inizio nel 2016 a una raccolta firme, giunta ora a circa 70mila.

Un iter complesso, che ha richiesto costante attenzione da parte dei cappuccini, sollecitati dalla forza della devozione popolare e che ha portato la Congregazione ad accogliere la “supplica” che da tanti fedeli arrivava, sostenuta dal placet del vescovo di Padova prima, dei vescovi del Triveneto e dei vescovi italiani successivamente (fu il cardinale Gualtiero Bassetti a darne conferma nel comunicato finale della 72° assemblea generale del 2018).

L’annuncio arriva per felice coincidenza, a ridosso della Giornata mondiale del malato, che vedrà domani la trasmissione della messa su Raiuno da una delle opere della carità e della vicinanza alla sofferenza più significative del territorio padovano e nazionale, l’Opera della Provvidenza Sant’Antonio di Sarmeola di Rubano (Pd), e nei giorni in cui Padova inaugura l’anno che la vede capitale europea del volontariato.

Una serie di coincidenze che sottolineano il valore della solidarietà e della vicinanza, quella vicinanza umana alla sofferenza che è propria della Chiesa, come ha sottolineato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale di Pastorale della Salute: «Quando arriva la diagnosi di tumore la vita della persona e dei suoi familiari è sconvolta. È lì che c’è bisogno di una dimensione che va oltre la scienza, è quella della relazione. La persona malata vive un momento estremamente difficile, di particolare solitudine e la Chiesa nel momento della vulnerabilità si fa vicina ai malati. Non basta la terapia, c’è bisogno anche di vicinanza, di un sostegno relazionale. Ci piace immaginare che come la Chiesa si fa prossima al malato, così i malati possano trovare in padre Leopoldo una “figura accanto».

«Avere un patrono presso Dio – ha ricordato il vescovo Cipolla – significa che l’uomo nella sua fragilità ha comunque una grande possibilità di sentirsi sostenuto, anche da un intervento che viene da Dio, significa aprire una finestra di speranza là dove noi e le nostre forze non possono arrivare. Dove noi dobbiamo constatare il nostro limite, per Dio c’è ancora possibilità e questa è un’esperienza che arricchisce la nostra umanità».

Vicinanza è la parola delicata e immensa che rappresenta questa possibilità di ricorrere a san Leopoldo. Affidarsi al santo confessore è in qualche modo cogliere la vicinanza di Dio all’uomo in quello spazio di mistero e sapere che c’è “qualcuno” a cui affidare pensieri, paure e dolore: «è un segno che la santità parla ancora all’uomo» ha ricordato fra Mauro Jöhri; è avere la percezione «della vicinanza di Dio a ciò che noi sperimentiamo», ha sottolineato il ministro provinciale fra Roberto Tadiello, una vicinanza ai più fragili, come ha ricordato fra Flaviano Gusella, che sta alla base anche della nascita stessa dei Cappucini 500 anni fa.

Avvenire

NUOVA CURA TUMORE AL SENO, AUMENTA SOPRAVVIVENZA GIOVANI

ANSA

PRESENTATO NUOVO STUDIO SU 672 PAZIENTI TRA 20 E 39 ANNI Sono in aumento le giovani, tra 20 e 39 anni, con tumore al seno. Per loro, una nuova speranza arriva da una molecola che, aggiunta alla terapia standard, ha dimostrato di aumentare significativamente la sopravvivenza. A evidenziarlo è uno studio su un campione di 672 pazienti presentato al congresso della Società americana di oncologia. Dopo 42 mesi di trattamento, il tasso di sopravvivenza era del 70% per le donne trattate col farmaco e la terapia standard e del 46% per quelle che ricevevano la sola cura standard.