Le suore “del secondo piano”: Il libro di Ritanna Armeni sul salvataggio degli ebrei a Roma

La copertina del libro

La scrittrice e giornalista italiana, racconta nel >>> romanzo: “Il secondo piano”(prezzo scontato 5% euro 16,05 su amazon), edito da Ponte alle Grazie, la storia di alcune religiose francescane che, con coraggio e determinazione, riuscirono a salvare donne, uomini e bambini nella Roma occupata dai tedeschi. “Una storia sorprendente, queste suore hanno messo a rischio la loro vita per salvare quella di chi professava un’altra religione”, afferma l’autrice
Andrea De Angelis – Città del Vaticano

“L’accoglienza dei perseguitati è, per noi che ci siamo consacrate, l’unica strada da percorrere”. Questa riflessione, giunta dopo una cinquantina di pagine del romanzo, ne è forse l’essenza. Raccontare le storie di quelle suore che a Roma accolsero e protessero – con coraggio e determinazione, intelligenza e creatività – persone di religione ebraica perseguitate dai tedeschi è il messaggio centrale che arriva dalla lettura de “Il secondo piano”, il libro di Ritanna Armeni pubblicato da Ponte alle Grazie nella collana Scrittori, edito nel 2023 e ambientato nella Roma occupata. Un’opera frutto del desiderio di far emergere la bontà d’animo, la capacità di rendere priorità ogni singola vita umana delle religiose che nei conventi e negli istituti romani contribuirono a rendere meno nero il biennio 1943-44.

Migliaia di ebrei salvati nei conventi
Sono passati quasi 80 anni da quei mesi orribili, in cui l’odio e il sangue riempirono la quotidianità della capitale italiana. Sullo sfondo, però, ecco emergere storie di resistenza e speranza, di amore per il prossimo, di famiglie e nuovi nuclei, come quello formatosi in un convento francescano di periferia, tra i profumi del giardino e le finestre chiuse. Quelle del secondo piano, dove vivevano nascosti gli ebrei. “Per me è stato un racconto sorprendente, mi ha dato la possibilità di entrare nell’animo di queste religiose scoprendo una storia a me sconosciuta, quella dei conventi a prevalenza femminile che in quei mesi salvarono tanti ebrei”, sottolinea Armeni, ospite del programma Doppio Click (clicca qui per ascoltare il podcast). L’autrice ricorda come la comunità ebraica romana fosse allora formata da quasi 10mila persone, di cui quasi la metà trovò rifugio proprio nei conventi. “Ho scritto questo libro – prosegue – perché nelle mie ricerche ho scoperto che si aprirono circa 250 conventi agli ebrei, di cui la gran parte femminili. Realtà dove vi sono, e ancor più allora, regole rigide”. Tutto ciò avvenne in un contesto diverso da oggi. “Gli ebrei ottant’anni fa non erano considerati dai cattolici i fratelli maggiori, ma queste suore furono capaci di mettere a rischio la loro vita per salvare quelle di uomini, donne e bambini di un’altra religione. Questo è un fatto davvero sorprendente”, evidenzia Armeni.

Una porta aperta e tante da aprire
Nel convento che ancora oggi si trova nel quartiere Trieste della capitale, i primi ebrei arrivarono bussando alla porta, come si faceva un tempo, quando i campanelli suonavano senza preavviso. A suor Lina, giovane religiosa del convento, “parvero in posa come per una foto di famiglia, di quelle – si legge nelle prime pagine del libro – che si scattano per gli anniversari importanti”. Tra loro “un uomo anziano, la lunga barba più bianca che grigia a coprirgli il volto”, e poi “una donna, anche lei non più giovane” e “un ragazzo con l’espressione di leggera spavalderia sul viso”. Accanto “una coppia più giovane, poi una ragazzina impaurita, lunghe trecce scure e un borsone”. Infine “un bambino, l’unico che non guardava verso l’alto e si stringeva all’uomo”. Saranno loro a sconvolgere, ricomponendola con nuove forme la vita delle suore del convento. Altre persone in cerca di aiuto arriveranno, così come alla porta busserà Remo, il sacrestano che simpatizzava per i tedeschi, un uomo più fragile che cattivo – come specifica l’autrice stessa nel corso dell’intervista -, che non riesce a concepire il cambiamento fascista: Busseranno gli stessi soldati, la cui infermeria si trova proprio al piano terra del convento, portando non pochi problemi alle religiose. A bussare è anche padre Giacomo, il cappellano, chiamato a rincuorare le suore dinanzi ai loro sacrosanti timori.

Sono tantissime le suore che in quei mesi così difficili hanno rischiato pur di salvare vite, proteggendo giovani e anziani, uomini e donne, talvolta interi nuclei familiari. Tra loro le suore di clausura di Santa Susanna, incoraggiate anche dai sacerdoti. Emerge così nelle pagine la storia di don Libero che, nel convincere la badessa, le disse che per non contravvenire ai suoi doveri “non avrebbe aperto la porta, sarò io a infrangere la clausura, lei deve solo togliere il catenaccio”. Così don Libero aprì quella porta e un’altra famiglia ebrea trovò rifugio. Le suore francescane, compresa la madre superiora, sono tormentate dal pensiero di peccare e si domandano quale fosse la linea indicata dalla Santa Sede. È padre Giacomo a ricordare loro come, riferendosi proprio all’episodio delle suore di clausura, al vicariato dissero a don Libero che “aveva fatto bene”. Nel romanzo si cita anche una pagina de L’Osservatore Romano del 25 ottobre 1943, circa “l’operosa carità universalmente paterna del sommo Pontefice, la quale non si arresta davanti ad alcun confine né di nazionalità, né di religione, né di stirpe”. “Né di stirpe, madre, c’è scritto né di stirpe”, ripeteva padre Giacomo mostrando la copia del quotidiano della Santa Sede a madre Ignazia. Per la superiora quell’articolo era importante, “le aveva fatto capire che anche ai vertici della Chiesa c’era consapevolezza di quanto fossero aumentate le sofferenze di tanti”.

La serenità dei numeri
In un contesto di terrore, nascondimento, incertezza anche le piccole cose possono fare la differenza. Come la marmellata, che suor Lina spalmava sul pane (spesso sulla sua razione, messa da parte dal pranzo) per la merenda del piccolo Lele. “Sono quasi morta di vergogna. Ogni giorno – scrive nel suo diario la giovane religiosa – mettevo la mia fetta di pane da parte, credevo di passare inosservata. Ma oggi alla fine del pranzo madre Ignazia mi si è avvicinata con la sua porzione, e poi suor Emilia con la sua”. Dinanzi alla follia umana, alla brutalità della guerra e della persecuzione il sollievo si può trovare anche nella razionalità dei numeri, in grado di restituire un po’ di quiete. Al piccolo Ruben, infatti, piaceva contare. “Contava tutto. Quante volte nella settimana avevano mangiato la minestra. Quanti bicchieri c’erano sulla tavola, le finestre nella stanza. La serenità dei numeri”. Il personaggio preferito dall’autrice è la superiore, madre Ignazia. “Una francescana, tedesca, molto rigorosa, attenta che le sorelle facciano fino in fondo il loro dovere. Nel suo diario – dice Armeni – racconta come non possa far altro che aprirsi alla carità”. La scrittrice ospite negli studi di Radio Vaticana – Vatican News si sofferma infine sul linguaggio scelto nello scrivere questo libro. “Ho dovuto utilizzare davanti alla violenza, al terrore, alla morte altre parole nel parlare di quel dramma, parole come carità, accoglienza, fede. Parole con le quali queste suore hanno dato una risposta alla storia, e – conclude – lo hanno fatto con i loro comportamenti”.

vatican news

L’incontro. Papa Francesco alle suore: aiutate le famiglie ad avere figli

«In Europa invece dei figli preferiscono avere i cani, i gatti… ». E alle religiose canossiane: attente alla crisi di mezza età, non scivolate nell’attivismo: allora non si è più donne della Parola
Papa Francesco all'incontro con le suore canossiane

Papa Francesco all’incontro con le suore canossiane – Vatican Media

Papa Francesco mette in guardia le religiose dalle crisi di mezza età perché è la “fase delle maggiori responsabilità” ma è più facile “scivolare nell’attivismo”, diventando non più “donne della Parola” ma “donne del computer, donne del telefono, donne dell’agenda, e così via”. Ricevendo in udienza le partecipanti al Capitolo Generale delle Figlie della Carità Canossiane, il Pontefice ha spiegato che le suore “anziane possono testimoniare alle giovani uno stupore che non viene meno, una riconoscenza che cresce con l’età, un’accoglienza della Parola che si fa sempre più piena, più concreta, più incarnata nella vita. E le giovani possono
testimoniare alle anziane l’entusiasmo delle scoperte, gli slanci del cuore che, nel silenzio, impara a risuonare con la Parola, a lasciarsi sorprendere, anche mettere in discussione, per crescere alla scuola del Maestro”. (IL TESTO)

“E quelle di mezza età? Sono più a rischio”, ha sottolineato Francesco. “Sia perché quella è un’età di passaggio, con alcune insidie; le crisi dei 40-45, le conoscete”, ma “soprattutto perché è la fase delle maggiori responsabilità ed è facile scivolare nell’attivismo, anche senza accorgersi. E allora non si è più donne della Parola, ma donne del computer, donne del telefono, donne dell’agenda, e così via”.

“Dunque, ben venga questo motto per tutte! Per mettersi nuovamente alla scuola di Maria, ri-centrarsi sulla Parola ed essere donne ‘che amano senza misura’. La parola al centro, non l’attivismo”, ha aggiunto a braccio. “Parola e non chiacchiericcio”, ha precisato ricordando il rimedio per non cadere nel chiacchiericcio che “uccide le comunità”: “Se hai tentazione di chiacchierare delle altre, morditi la lingua, la lingua si gonfia e non potrai parlare…”.

Il Papa è tornato a porre l’attenzione anche sulla crisi demografica, con un appello pronunciato a braccio al termine dell’incontro: “Per favore, aiutate le famiglie ad avere figli“. Il Pontefice ha parlato dell’inverno demografico in Europa, “invece dei figli preferiscono avere i cani, i gatti. È un po’ un affetto programmato”, ha sottolineato, “un affetto senza problemi”. “Questa è una cosa brutta. Per favore aiutate le famiglie ad avere dei figli. È un problema umano ma è anche un problema patriottico”.

Da Avvenire

Il lavoro ‘nero’ delle suore, senza orari né contratti. La denuncia sull’Osservatore Romano, ‘servono regole’

 © EPA

Segretarie, infermiere, insegnanti ma anche badanti e colf: le religiose sono spesso al servizio di cardinali, diocesi, parroci, scuole e cliniche cattoliche. Ma il loro lavoro in molti casi non è considerato tale.

Non ci sono orari, contratti, diritti. La denuncia di una situazione abbastanza diffusa ma tenuta normalmente sotto tono arriva dal mensile dell’Osservatore Romano ‘Donne Chiesa Mondo’.
Il numero di ottobre è dedicato alla vita delle suore e il giornale del Papa ha scelto di puntare i fari su questa realtà, dopo aver denunciato in passato anche il fenomeno degli abusi, di autorità e sessuali, che si consumano nei conventi. “Nei rapporti delle suore con i loro datori di lavoro c’è stato un offuscamento di quelli che io chiamo i confini. E’ una questione che dobbiamo affrontare”. A parlare così, nell’intervista al mensile femminile del giornale vaticano, èMaryanne Loughry, suora della Misericordia, docente al Boston College e consulente del Centro dei Gesuiti per i Rifugiati. Per la religiosa serve “la trasparenza e la conoscenza dei propri diritti basata dove possibile su accordi scritti”. (ANSA). 

Viterbo Il virus in convento, aumentano le suore contagiate a Bagnoregio

La Asl di Viterbo ha aggiornato i dati stamani: sono 104 le religiose risultate positive rispetto alle 114 che vivono e studiano nel convento di San Francesco
Un frame del video di presentazione dello Studentato di Bagnoregio

Un frame del video di presentazione dello Studentato di Bagnoregio – YouTube

Avvenire

Sono 104 le suore risultate positive al coronavirus in un istituto religioso di Bagnoregio, in provincia e in diocesi di Viterbo. La Asl di Viterbo questa mattina ha aggiornato i dati.
Il focolaio ha colpito una prima suora sabato scorso, ma si è poi rapidamente diffuso tra gran parte delle 114 religiose che vivono e studiano nel convento di San Francesco e che nei fine settimana sono solite prestare servizio pastorale nei paesi del circondario.

Il convento è una grande struttura che ospita anche lo studentato internazionale dell’Ordine delle Serve del Signore. Le suore sono state sottoposte ai test antigenici e il quadro completo dei risultati lo si avrà oggi, ma già lunedì il quadro era preoccupante, così come espressa sui social anche dal sindaco di Bagnoregio, Luca Profili: «È evidentemente una situazione pesante, ma se rimane all’interno del convento sarà gestibile. I risultati dei primi test sono molto pesanti dal punto di vista delle positività riscontrate, con una percentuale dell’80% su quelle analizzate. Quindi, per guadagnare tempo e in accordo con malattie infettive, il team ha iniziato a effettuare i tamponi molecolari a tutte le persone presenti. Credo che si tratterà di un focolaio grande, ma spero isolato e senza ripercussioni sul paese. Chiedo soltanto che se qualcuno fosse venuto a contatto con le suore negli ultimi giorni, di contattarci. Abbiamo già affrontato un grosso focolaio, quello della casa di riposo di San Raffaele Arcangelo, quindi siamo pronti a gestire eventualmente anche un’altra situazione analoga. Per ora non c’è da allarmarsi».

Nel pomeriggio di lunedì c’è stato anche un vertice in Comune, alla presenza dello stesso primo cittadino, della Polizia locale e dei volontari della Croce Rossa per poter organizzare al meglio il tutto, compreso l’approvvigionamento delle suore. Dall’edificio di località San Francesco, infatti, da 48 ore non può entrare e tanto meno uscire nessuno, come da ordinanza firmata dal sindaco di Bagnoregio e che impone anche l’obbligo di isolamento fiduciario a tutte le persone che negli ultimi dieci giorni (dal 2 al 12 dicembre) sono entrate a vario titolo nel convento.

Anche la Asl di Viterbo sta seguendo e monitorando costantemente l’evolversi della situazione, così come l’unità di crisi della Regione Lazio che conferma lo screening per tutte le suore di Bagnoregio.

Inutile dire che è comunque forte la preoccupazione nel paese di 4mila abitanti, nel cui territorio si trova anche la famosa Civita di Bagnoregio conosciuta anche come «La città che muore» e così in tutta la Tuscia, dove negli ultimi due giorni si è registrato un aumento dei casi di positività da coronavirus.

L’Istituto San Francesco, come detto, ospita soprattutto suore giovani per lo studentato internazionale dell’Ordine delle Serve del Signore e della Vergine di Matarà che fanno parte della più vasta famiglia religiosa del Verbo Incarnato, fondata in Argentina da padre Carlos Miguel Buela. Le suore, in particolare, sono circa mille in tutto il mondo, con diverse case anche in Italia.

Bagnoregio, per formarsi presso il centro studi dei padri del Verbo Incarnato, arrivano religiose provenienti dai noviziati di Italia, Ucraina, Egitto ed Ecuador, anche solo dopo aver emesso i voti temporanei per prepararsi a quelli perpetui dopo te anni di studi.

3 luglio 2019 nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano la Festa di San Tommaso apostolo, evangelizzatore e patrono delle Chiese dell’India.

Con particolare solennità è stata celebrata mercoledì 3 luglio nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano la festa di San Tommaso apostolo, evangelizzatore e patrono delle Chiese dell’India.

La Santa Messa vespertina è stata presieduta da mons. Anthony Chirayath, originario di Trichur in Kerala e vescovo emerito della diocesi siro-malabarese di Sagar (India), che quest’anno ricorda il giubileo dei 50 anni di sacerdozio. Hanno concelebrato il vescovo emerito Adriano Caprioli, mons. Francesco Marmiroli, mons. Pietro Iotti, don Daniele Casini, don Gianni Manfredini don Danilo Gherpelli, don Giuliano Guidetti, don Edoardo Cabassi, don Anton del Biafra e don Jinto dell’India; all’altare erano i diaconi Emer Lusvarghi, Amedeo Tarabusi e Marco Vezzosi. Alla celebrazione hanno partecipato le suore provenienti dal Kerala, appartenenti alle tredici comunità religiose indiane presenti nella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, che hanno dato vita ad una suggestiva processione introduttiva recando ognuna un lumino acceso, poi deposto ai piedi dell’altare.

La festa – come ha sottolineato il parroco don Daniele Casini – evidenzia un prezioso scambio di doni tra la Chiesa reggiano guastallese, da decenni presente in India con missionari diocesani e suore della congregazione mariana delle case della carità – a Versova, Uttan, Mamangalam, Shanti Niwas, Verapoly- e le religiose indiane che da alcuni anni sono attivamente inserite nella pastorale diocesana. Nella liturgia oltre all’italiano sono stati utilizzati il malayalam, il tamil, e l’inglese.

Nell’omelia il vescovo Anthony Chirayath, che per vari anni ha prestato servizio in Vaticano nel Pontificio consiglio per i migranti chiamato da Paolo VI, ha definito il vescovo Adriano e mons. Marmiroli due amici dell’India, manifestando loro apprezzamento e gratitudine. Il presule ha poi ricordato le profonde radici cristiane dell’India, documentate anche da recenti scavi archeologici e ha ricordato come l’evangelizzazione operata da San Tommaso avvenuta nella prima metà del primo secolo a.C. sia precedente alla diffusione del cristianesimo in Europa. Il presule – commentando il brano del Vangelo di Giovanni “se non vedo il segno dei chiodi … e non  metto la mia mano nel suo fianco” e contestualizzando la situazione eccezionale in cui l’apostolo si trovava – ha ribadito che non si può ridurre Tommaso all’icona dell’incredulo e farne derivare un messaggio negativo. Anzi, le sue lapidarie quattro parole “Mio Signore, mio Dio” riassumono senza alcun nota di dubbio tutta la dottrina cattolica.

g.a.rossi

Le foto documentano la celebrazione eucaristica nella festa di San Tommaso apostolo ed evangelizzatore dell’India


Papa. Francesco visita a sorpresa le suore di clausura di Spello

Il Papa con le suore di Spello (Vatican Media)

Il Papa con le suore di Spello (Vatican Media)

È stata una grande sorpresa per le monache clarisse di Santa Maria in Vallegloria di Spello, quella di vedersi comparire alla porta del Monastero papa Francesco. Il Pontefice ha voluto così in un certo senso ricambiare la visita fattagli dalle monache a Santa Marta il 25 agosto 2016. In quell’occasione il Papa consegnò loro la costituzione apostolica Vultum Dei quaerere in rappresentanza delle claustrali di tutto il mondo.

Papa Francesco in visita stamani alle suore di clausura di Spello (Vatican Media)

Papa Francesco in visita stamani alle suore di clausura di Spello (Vatican Media)

Il rapporto tra la comunità di contemplative di Spello – tra le più antiche a seguire l’esperienza di santa Chiara – e il Papa è rimasto intenso, anche per il tramite del secondo segretario particolare Yoannis Lahzi Gaid, fino alla decisione di Francesco di compiere questa breve visita privata in Umbria. Privata, per il desiderio del Papa di spostarsi senza clamore, tanto da esserne a conoscenza solo il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi, che dice: «Il Papa mi aveva manifestato più volte l’idea, poi ho capito che il viaggio aveva preso forma perché, nel nostro ultimo incontro, il Santo Padre mi ha mostrato di sapere precisamente distanza e tempo di percorrenza del viaggio per Spello! Alla Vigilia di Natale ho conosciuto il programma e questa gioia che non potevo condividere con nessuno ha segnato tutte le celebrazioni di questi giorni».

Il Papa con le suore e il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi (Vatican Media)

Il Papa con le suore e il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi (Vatican Media)

Neanche la neve ha fermato la volontà di Francesco, con il monte Subasio rivestito di bianco. Ed è stata incontenibile la gioia delle monache, che hanno accolto il Papa poco prima delle 9, prima di celebrare la Messa con il secondo segretario e il vescovo. In seguito, il Papa ha condiviso un tempo di dialogo libero e informale e il pranzo, prima di ripartire per Roma nel primo pomeriggio, lasciando nell’imminenza delle feste patronali una benedizione per l’intera diocesi di Foligno.

Papa Francesco alle contemplative nella costituzione apostolica «Vultum Dei quaerere» (La ricerca del volto di Dio)

Il Papa invita i monasteri di suore contemplative a «non lasciarsi prendere dalla tentazione del numero e della efficienza», nella costituzione apostolica «Vultum Dei quaerere» (La ricerca del volto di Dio) pubblicata oggi, scegliendo con cura le vocazioni, evitando di reclutare candidate da altri paesi «con l’unico fine di salvaguardare la sopravvivenza del monastero», rafforzando le federazioni (che possono implicare «lo scambio di monache e la condivisione di beni») e l’autonomia giuridica (che implica «un numero anche minimo di sorelle, purché la maggior parte non sia di età avanzata» e prevede un «processo di accompagnamento per una rivitalizzazione del monastero, oppure per avviarne la chiusura».

La promozione di una adeguata formazione; la centralità della “lectio divina” criteri specifici per l’autonomia delle comunità contemplative; l’appartenenza dei monasteri ad una federazione: sono i punti principali della Costituzione Apostolica “Vultum Dei quaerere. La ricerca del volto di Dio”, firmata da Papa Francesco il 29 giugno e pubblicata oggi, dedicata alla vita contemplativa femminile.

A motivare il documento, spiega papa Francesco, sono il cammino compiuto dalla Chiesa e “il rapido progresso della storia umana” a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II. Di qui, la necessità di intessere un dialogo con la società contemporanea, salvaguardando però “i valori fondamentali” della vita contemplativa, le cui caratteristiche di silenzio, ascolto e stabilità, “possono e devono costituire una sfida per la mentalità di oggi”. Introdotto da una riflessione sull’importanza delle monache e delle contemplative per la Chiesa e per il mondo, il documento indica 12 temi di riflessione e discernimento per la vita consacrata in generale e si conclude con 14 articoli dispositivi.

In un mondo che cerca Dio, anche inconsapevolmente, scrive nel documento papa Francesco, le persone consacrate devono “diventare interlocutori sapienti” per “riconoscere le domande che Dio e l’umanità pongono”. Per questo, la loro ricerca di Dio non si deve fermare mai. Francesco esprime apprezzamento per le “sorelle contemplative”, ribadendo che “la Chiesa ha bisogno” di loro per portare “la buona notizia del Vangelo” all’uomo contemporaneo. E non si tratta di una missione facile, considerata la realtà attuale che “obbedisce a logiche di potere, economiche e consumistiche”.

Tuttavia, la sfida indicata dal Pontefice alle contemplative è proprio questa: essere “fari e fiaccole” che guidano ed accompagnano il cammino dell’umanità, “sentinelle del mattino” che indicano al mondo Cristo, “via, verità e vita”. “Dono inestimabile ed irrinunciabile” per la Chiesa, dice ancora la costituzione apostolica, “la vita consacrata è una storia di amore appassionato per il Signore e per l’umanità”, che si dipana attraverso “l’appassionata ricerca del volto di Dio”, di fronte al quale “tutto si ridimensiona”, perché guardato con “occhi spirituali” che permettono di contemplare “il mondo e le persone con lo sguardo di Dio”. Di fronte alle “tentazioni”, poi, il Papa esorta le contemplative a “sostenere coraggiosamente il combattimento spirituale”, vincendo con tenacia, in particolare, “la tentazione che sfocia nell’apatia, nella routine, nella demotivazione, nell’accidia paralizzante”.

Così come invita le suore ad usare con accortezza i social network e i nuovi mas media: “strumenti utili per la formazione e la
comunicazione”, ma esorta tuttavia le suore contemplative ad “un
prudente discernimento” perché questi mezzi non siano occasione
di “dissipazione o di evasione dalla vita fraterna, danno alla
vocazione o ostacolo alla contemplazione”.

avvenire