Yemen, uccise 4 suore di Madre Teresa

Quattro suore Missionarie della Carità, la Congregazione fondata da madre Teresa di Calcutta, sono state trucidate in Yemen da un commando di uomini armati che ha attaccato questa mattina la casa di riposo da loro gestita, nella città portuale di Aden. Lo confermano all’agenzia Fides fonti del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale.

Oltre alle suore, sono rimaste uccise altre 12 persone, tra cui l’autista e almeno due altri collaboratori etiopi della comunità, mentre è scampata alla morte la superiora del convento.

Inoltre è scomparso anche un salesiano,don Thomas Uzhunnalil. Si teme che sia stato rapito. Era l’unico sacerdote cattolico rimasto ad Aden

Sarebbero tutti vivi gli anziani e i disabili ospitati presso la comunità, mentre non si hanno notizie del sacerdote salesiano indiano Tom Uzhunnalil, che risiedeva presso il convento delle suore, dopo che la chiesa della Sacra Famiglia a Aden era stata saccheggiata e data alle fiamme da uomini armati non identificati, lo scorso settembre.

Due delle suore uccise erano ruandesi, una era indiana e la quarta veniva del Kenya. Al momento, la superiora del convento sta fornendo informazioni alla polizia.

Avvenire

Suore carismi da condividere

«Gareggiate nello stimarvi a vicenda» scriveva san Paolo. In una società come la nostra, nella quale di giorno in giorno aumentano conflittualità, violente contrapposizioni e prepotenze, le parole dell’apostolo sembrano un monito destinato a rimanere inascoltato e inattuabile. La Chiesa si fa bella quando di questa società difende e cura i feriti che restano sul campo, anime mortificate e avvilite, smarrite dinanzi allo sbriciolarsi delle regole anche più elementari del legame sociale. La Chiesa si fa bella, ripete papa Francesco, quando, senza cedere alle insidie del Divisore che cerca di seminare rotture della fraternità, riconosce con animo commosso e grato il lavoro dello Spirito, che suscita e fa vivere in unità e armonia la molteplicità dei carismi, tutti destinati «all’utilità comune». Mentre l’anno dedicato alla vita consacrata volge al termine, facendo memoria delle parole di san Paolo, abbiamo chiesto ad alcune religiose di raccontare il buono che riconoscono e ammirano in un Ordine, in un carisma, diverso dal proprio.

Suor Mary Melone, francescana angelina, rettore della Pontificia Università Antonianum, dedica parole di sincero apprezzamento per una Congregazione appartenente al carisma domenicano, che ben conosce. Nella storia delle due famiglie religiose, spiega, il ricordo dell’amicizia tra Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman si è costantemente mantenuto vivo e si trasmette da sempre a tutti i seguaci di questi due santi. Inoltre, dice, «ho avuto modo di conoscere personalmente il carisma domenicano durante gli anni di studio trascorsi alla Lumsa, l’università guidata dalla congregazione delle Missionarie della Scuola. Di loro ammiro la serietà della dedizione allo studio, inteso come ricerca della verità, e la scrupolosa attenzione assicurata alla formazione culturale e professionale, in particolare delle donne e delle religiose». Suor Melone ha conosciuto molte Missionarie della Scuola che l’hanno colpita per la preparazione culturale e per le doti di educatrici; fra tutte conserva come ricordo prezioso l’incontro con la professoressa Edda Ducci, una vera maestra che trasmetteva agli studenti l’amore per il sapere e li affascinava con la sua passione per l’umano: «Al termine delle sue lezioni, che attendevamo quasi con impazienza da una settimana all’altra, ci sembrava di essere diventati anche noi più esperti di umanità!». Gli anni universitari hanno dato modo a suor Melone di constatare che l’incontro con religiose di Ordini diversi è stimolante e coinvolgente. La conoscenza e il confronto portano sempre a un’apertura feconda per tutti. «Forse – afferma – non è facile realizzare progetti pastorali o apostolici comuni, ma posso dire che la mia congregazione francescana continua ad affidare con molta stima, fiducia e gratitudine la formazione culturale e professionale delle giovani sorelle all’università domenicana».

Sin dagli inizi della sua ricerca spirituale madre Ignazia Angelini,benedettina, badessa del monastero di Viboldone, ha avuto una predilezione speciale per le Sorelle Povere di santa Chiara: «La capacità di Chiara di elaborare al femminile l’intuizione spirituale di Francesco, l’amore per la nudità di Cristo, la gratuita audacia della sua ‘follia’ per l’Evangelo e la fraternità umana che ne scaturisce, mi ha sempre profondamente colpito. La nudità della sequela di Gesù, coniugata al femminile, acquista toni di dolcezza e radicalità concreta che i frati di Francesco non conoscono così nitidamente ». Inoltre, sottolinea, il fatto che Chiara sia la prima donna a scrivere una Regola per le donne monache la rende una figura ricca di forza profetica. Madre Angelini mantiene costanti rapporti con diverse comunità e con alcune clarisse coltiva da anni anche legami di profonda amicizia: di tutte apprezza la carica di umanità semplice e fraterna, quel loro stile di semplicità cordiale, ricca di empatia: «Esso dice molto allo stile benedettino, che rischia sempre una ieraticità ingessata e sottilmente altera, saccente ». I testi di Chiara sono un riferimento costante per la madre benedettina: le Lettere, ilTestamento, l’acceso dibattito ermeneutico che in questi ultimi anni si è intensificato, sostiene, appaiono ricchi di risonanza per le problematiche che oggi si vivono nel mondo monastico femminile: «Nelle cruciali sfide che siamo chiamate ad affrontare il riferimento a santa Chiara e alle donne monache che s’ispirano alla sua testimonianza ha molto da dire. Col risultato che le mie consorelle mi lanciano, con gentile ironia, la garbata accusa di ‘meticciato’: ma io ritengo che la complementarietà dei doni sia una ricchezza per tutti nella Chiesa. La parresìa di Chiara è una voce di Evangelo che, attraverso i suoi testi, si leva oggi alta».

La teologa Cristiana Dobner, carmelitana scalza, guarda con riconoscenza e ammirazione al carisma benedettino: «Il mio stesso Ordine ha beneficiato della grazia donata da Benedetto, il padre del monachesimo occidentale, l’uomo che seppe fecondare con il Vangelo l’intero continente europeo e ne salvò anche la cultura. La Regola, che si fonda su tre pilastri, l’ascolto di Dio, il ‘nulla anteporre a Cristo’ e l’ora et labora, istituisce un equilibrio impareggiabile in cui si armonizzano l’aspetto passivo dell’ascolto, quello attivo della preghiera come risposta orante a Dio, e la concretezza dell’operare». Abituata e interessata a confrontarsi con monache benedettine, madre Dobner non solo nutre profonda stima per figure esemplari, come Ildegarda von Bingen, che hanno segnato la storia del monachesimo e la vita pubblica del loro tempo, ma anche per tutte quelle donne che, in una catena succedutasi lungo i secoli, hanno incarnato il carisma benedettino garantendone la vitalità sino ad oggi. «I legami tra Ordini femminili diversi sono molto importanti – aggiunge – e potrebbero anche essere maggiormente incoraggiati per evitare il rischio del ripiegamento e di uno sguardo autocentrato e favorire la koinonìa: nella autentica comunione si scoprono bellezze che altrimenti resterebbero celate».

Della stessa opinione è Viviana Ballarin, suora domenicana di santa Caterina da Siena, che alla guida dell’Usmi è stata testimone e promotrice di occasioni di incontro, dialogo e collaborazione fra consacrate: «Penso che il futuro della vita religiosa in Italia e nel mondo non dipenderà dal numero delle vocazioni ma dal coraggio che avremo di vivere il Vangelo mettendo a servizio dei fratelli i nostri rispettivi carismi, ma insieme».

Definendole ‘vere maestre dello Spirito’, Nadia Bonaldo, suora delle Figlie di san Paolo, per anni direttore editoriale delle Edizioni Paoline, rivolge parole di elogio alle monache trappiste (Cistercensi della Stretta Osservanza): «Il loro stile di vita mi sembra tenga conto di tutte le dimensioni della persona. La loro giornata, suddivisa in modo equilibrato tra preghiera, lavoro, vita comune, silenzio, meditazione, lettura risponde a un modo di vivere autenticamente umano, lontano da un facile consumismo ». Per quanti si affannano a rincorrere l’effimero e vivono nel caos e nella fretta, osserva, le ‘trappe’ si rivelano cuori pulsanti che sanno indicare il primato di Dio e la dignità di ogni persona, sono un continuo richiamo all’essenzialità e alla sobrietà. Quando può suor Bonaldo si ritira per brevi periodi di preghiera presso alcune comunità di trappiste dove negli anni ha costruito saldi rapporti: «Anche se i nostri stili di vita sono diversi sento che ci accomuna la ricerca continua di Dio e la sequela Christi per arrivare a un’intima comunione con Lui. La loro presenza mi ricorda di ‘non anteporre nulla all’amore di Cristo’. Ammiro la profondità e la raffinatezza della loro vita spirituale, la frequentazione quotidiana e prolungata con la parola di Dio celebrata in una liturgia sobria e solenne». Si coglie gratitudine sincera per la passione generativa dello Spirito nelle risposte di queste religiose che, insieme a parole di stima, consegnano storie di legami genuini cercati e custoditi con serietà. Esercitare uno sguardo buono, che si fa complice del lavoro bello dello Spirito, modella un grembo ospitale di Chiesa nel quale possono trovare riparo e riprendere vita le folle che aspettano il tocco della tenerezza e della misericordia di Dio e gesti di liberazione dal male. Non è forse anche questo un tratto del ‘genio femminile’, la complicità con il Signore nella generazione?

avvenire

Riforma sanitaria Usa. «Noi, piccole suore contro il gigante Obama»

Non avrebbero voluto “affrontare il gigante”, e non amano l’attenzione che il caso delle «suorine contro il governo americano» ha riversato loro addosso. «La nostra è una vita umile, semplice e nascosta», spiega da Baltimora madre Loraine Marie Clare Maguire, superiora della congregazione delle Little Sisters of the Poor, le Piccole sorelle dei poveri.

Ma a un certo punto dello scorso autunno fare causa all’Amministrazione Obama per respingere gli obblighi di Obamacare è diventato un dovere per le religiose: parte integrante della loro chiamata ad onorare la vita fino alla fine, così come lo è curare gli anziani in una delle 30 case di riposo per i bisognosi che gestiscono negli Stati Uniti.

La storia delle suore con il velo grigio, votate ad «essere gentili e umili di spirito», che si schierano contro la Casa Bianca è esplosa lo scorso 31 dicembre, quando un giudice della Corte suprema, Sonia Sotomayor, ha fatto segnare loro la prima vittoria in una difficile battaglia: quella contro la costrizione di fornire contraccezione, sterilizzazione e farmaci abortivi ai loro dipendenti.

La sospensione temporanea del “mandato contraccettivo” è stata una notizia bomba, che ha svegliato le redazioni americane dal torpore festivo alle 22 e 30 del 31 dicembre scorso. Le sorelle dei poveri sono state le prime a sorprendersi. «Sapevamo che il giudice Sotomayor era stata invitata a far cadere la palla di Times Square nelle celebrazioni per l’ultimo dell’anno», spiega madre Loraine. Proprio la palla di cristallo gigante la cui rituale scivolata lungo una pertica di metallo è diventata per milioni di americani il simbolo del nuovo anno. «La nostra richiesta di un’opinione le era arrivata il 31 sera – continua la superiora –. Non ci aspettavamno una risposta fino ai primi di gennaio». Il che sarebbe stato un problema. Perché senza un blocco degli obblighi di Obamacare nei loro confronti, le religiose avrebbero accumulato multe a partire dalla mezzanotte, al ritmo di 100 dollari al giorno per dipendente. Invece Sotomayor, responsabile a nome della Corte suprema dei casi urgenti del Decimo circuito, che comprende il Colorado, ha redatto una risposta minuti prima di presentarsi a Times Square.

Preghiere di gratitudine sono immediatamente sorte nelle case delle piccole sorelle, miste all’ansia dell’essere diventate improvvisamente la testa di ponte del mondo cattolico nella difesa dei suoi valori più preziosi. «La nostra è una causa collettiva – illustra madre Maguire – noi siamo i postulanti principali, ma dietro di noi ci sono decine di enti che chiedono esenzioni dall’obbligo contraccettivo e abortivo imposto dalla riforma sanitaria. È una grossa responsabilità.

Ma non andare fino in fondo equivarrebbe a lavarsi le mani di una delle promesse che facciamo quando prendiamo i voti, che è trattare la vita sempre con rispetto». C’è stato un periodo, lo scorso anno, quando le Little sisters erano convinte che non sarebbero arrivate al muro contro muro con l’Amministrazione.

«Quando la legge è stata promulgata, nel 2010, abbiamo visto che imponeva ai datori di lavoro di fornire farmaci che provocano l’aborto, e che noi non rientravamo nelle eccezioni. Ma non l’abbiamo mai fatto, e i nostri dipendenti lo sanno prima di firmare il contratto. E non è mai stato un problema neanche per i non cattolici. Ma abbiamo cercato la via del dialogo, e l’Amministrazione si è rivelata disponibile. Ci siamo schierate dietro i nostri vescovi, che hanno cominciato ad incontrarsi con membri del governo per chiedere un’esenzione che non si limitasse alla case di culto, ma si estendesse a tutte le istituzioni religiose». Poi, lo scorso marzo, il ministero alla Sanità ha reso nota la sua concessione: gli enti caritatevoli cattolici non avrebbero dovuto pagare direttamente le pillole, le sterilizzazioni e gli aborti chimici: avrebbero però dovuto firmare un documento che trasferiva quella responsabilità alla loro assicurazione sanitaria. «Purtroppo non era un passo avanti – dice Maguire –. L’Amministrazione ci chiedeva di assumere un sicario. Accettare sarebbe stato come scaricare le nostre responsabilità ai nostri assicuratori, che sono pure cattolici».

Le piccole sorelle hanno deciso di agire. Ma come? A salvarle è stato il Beckett Fund, un’organizzazione legale non profit specializzata nelle battaglie per la libertà religiosa, che ha offerto i suoi avvocati gratuitamente. «Senza di loro non saremmo andate lontano», ammette madre Loraine. I primi a unirsi alla causa sono stati proprio di Christian Brothers, l’assicurazione sanitaria che rappresenta 2.000 organizzazioni cattoliche. Il caso è stato presentato a Denver (sede di una delle trenta case sparse in tutti gli Usa) a settembre, ma non è stato esaminato per settimane. La legge sarebbe entrata in vigore il primo gennaio.

Il 28 dicembre è arrivato il primo no. Un giudice aveva respinto la richiesta. Un appello preparato in fretta e furia è stato aggiudicato con urgenza e il 31 dicembre è giunto il secondo no.

A quel punto l’unica speranza era la Corte suprema. «Il nostro avvocato, Mark Rienzi, ha detto che era indispensabile farvi ricorso», spiega madre Maguire. Se la tempestività della Sotomayor ha stupito le religiose, la sua decisione non è apparsa strana. «Su 20 casi come il nostro, 18 hanno ricevuto l’esenzione in primo grado», spiega madre Macguire. Ora il governo ha risposto all’ingiunzione, ribadendo alla Corte Suprema che le Little Sisters devono mettere per iscritto la loro obiezione. «Le organizzazioni che optano di non fornire copertura sanitaria diretta per farmaci contraccettivi – ha scritto il dipartimento alla Giustizia – devono certificarlo. Questo obbligherà un’assicurazione esterna a coprire quei costi».

Per le Piccole sorelle non è abbastanza. «Il governo dice che una firma ci libera da ogni partecipazione, ma non è così. Quella lettera rimarrà per sempre come un’autorizzazione a compiere pratiche abortive a nostro nome. Non è una solo una firma». Madre Loraine si ferma, sembra stanca. Poi riprende: «Come fedeli figlie della Chiesa non possiamo fare altro che andare avanti, e continuare a lottare per i nostri principi».

 

Elena Molinari – avvenire.it

Annuale incontro delle religiose dell' India per la festa del loro Patrono San Tommaso

È il sesto anno che il Vescovo Adriano invita le comunità religiose femminili provenienti dall’India a radunarsi il 3 luglio per celebrare la festa di San Tommaso apostolo, evangelizzatore e “fondatore” della comunità cristiana in India. Ma è la prima volta che la festa non ha sede in Vescovado, dove dal 2003 una piccola comunità di due religiose della congregazione Imitation of Christ, della Chiesa siro-malankarese, fa parte della famiglia del Vescovo.
È stato il Vescovo stesso, lo scorso anno, al termine dell’omelia, a proporre di rendere itinerante la festa, facendo conoscere alle comunità parrocchiali questo fatto nuovo della presenza nella nostra Diocesi di ben 15 comunità femminili dall’India, ormai una quarantina di Suore in tutto, con un’età media molto giovane (tra di esse, alcune non hanno compiuto ancora trent’anni!). Un fatto che porta novità, freschezza, e che altre Diocesi vicine o più grandi conoscono in misura minore (nell’arcidiocesi di Bologna ad es. sono solo 5 le comunità provenienti dall’India). Possiamo parlare di una fortuna, o meglio di una benedizione, anche perché queste comunità (ed è un’altra peculiarità di quanto sta avvenendo a Reggio) non vengono mai da sole: tranne che in due casi, le comunità sono due o tre per Congregazione. Così tra di loro si aiutano e sostengono nella non facile missione in “terra straniera”, con una lingua italiana per loro assai complessa, con differenti culture, ritmi di vita e di preghiera, spiritualità e anche modi di celebrare (sono presenti tutti e tre i riti della Chiesa cattolica d’India: latino, siro-malabarese e siro-malankarese).
 
La prima tappa “fuori” dal centro Diocesi non poteva che essere a Montecchio, dove insieme a Bibbiano, arrivò più di dieci anni fa la prima comunità dal Kerala (suore indiane erano presenti fin dagli inizi degli anni Novanta a Reggiolo, ma inviate da una Congregazione fondata in Italia, le Ancelle francescane del Buon Pastore).
La Messa è stata celebrata nella chiesa parrocchiale di San Donnino Martire: nonostante l’estate cominciata e il caldo intenso di sabato pomeriggio, molti fedeli — non solo quelli che di solito sono a Messa per adempiere il precetto festivo — hanno risposto all’appello del parroco Don Vasco Rosselli ad essere presenti a fare festa con il Vescovo e le Suore dell’India! Molto gradita è stata la presenza di numerose Suore Dorotee di Montecchio e della comunità (quasi confinante) di Taneto delle Figlie di Maria missionarie.
Già la processione d’ingresso ha fatto assaporare canti melodiosi in lingua hindi e in lingua tamil e la gioia dei colori: otto suore aprivano la processione a passo di danza, recando su ciascuna mano una composizione di fiori; poi i tre accoliti istituiti di Montecchio con croce e candele; il diacono permanente Roberto Codeluppi (la cui suocera è accolta nella Casa S. Giuseppe a Montecchio), che recava alto il Vangelo; seguivano i sacerdoti concelebranti in paramenti rossi per la festa dell’Apostolo: Don Gianni Manfredini, parroco di Pieve Modolena-S. Pio X-Ronconcesi, Don Franco Rossi, parroco di Cadé-Gaida, il parroco di Montecchio Don Vasco Rosselli con il collaboratore Don Gabriele Carlotti (già missionario in Brasile); Mons. Fabiano Tortella, cappellano della Casa S. Giuseppe; i due vicari episcopali Mons. Franco Ruffini e Mons. Francesco Marmiroli; infine, l’Ausiliare Lorenzo e il Vescovo Adriano, con i diaconi assistenti Marco Vezzosi, della segreteria del Vescovo, e Aris Vinceti, in servizio a Montecchio.
Arrivati all’altare, una delle Suore ha preso un vaso recante una noce di cocco e facendola ruotare davanti ai sacerdoti e ai Vescovi, li ha accolti; a sua volta, il Vescovo, con la stessa noce di cocco, ha accolto tutti. Dal saluto che ha fatto la superiora delle religiose di S. Pio X, sister Melly, abbiamo colto che, come l’Apostolo Tommaso ha portato il seme del Vangelo in India e questo ha dato suoi frutti lungo i secoli, così questo seme ora è posto nelle mani dei Vescovi e dei sacerdoti, e di tutti i battezzati perché porti buoni frutti là dove il Signore ci manda.
 
È stata celebrata la Messa di San Tommaso, ma le letture erano quelle della domenica: per felice coincidenza, il Vangelo era quello dell’invio missionario dei 72 discepoli (il cap. 10 del Vangelo di Luca); e alla profezia di Isaia sulla Città santa, che diventerà madre dei popoli, ha fatto eco il suggestivo canto Gerusalemme, proposto dal vivace coro giovanile di Montecchio. Il coro ha animato i canti rituali (Gloria Alleluia, Santo, Padre Nostro, Agnello di Dio); mentre i canti processionali erano in lingua: oltre a quelli già ricordati per l’ingresso e l’accoglienza, alla processione dei doni, il canto che esprimeva il senso dell’offerta gioiosa era in tamil; alla Comunione, le Suore hanno cantato in inglese Whatsoever you do (“Qualunque cosa avrete fatto a uno di questi più piccoli, l’avrete fatto a me…”) un testo tratto da Matteo 25. Alla fine, è stato eseguito un canto della tradizione del Kerala, in lingua malayalam (si legge: malealam!). Tutti hanno potuto seguire con il sussidio bilingue italiano-inglese: oltre ad alcune Suore, infatti, da poco arrivate in Italia, erano presenti la Madre generale delle Suore dell’Imitazione di Cristo, Sr. Benjamin, e una sua Consigliera, in visita i giorni precedenti alle comunità di Bibbiano, Montecchio e Vescovado.
 
Al termine, il nuovo Vicario episcopale per la vita consacrata e i monasteri, Mons. Franco Ruffini, per ringraziare le Suore, ha chiamato tutte le comunità presenti (mancavano solo quelle di Brugneto-Reggiolo) e a ciascuna ha donato una stampa a… computer: le cartine geografiche dell’India e dell’Italia, affiancate, con in mezzo la croce di Cristo, le foto di Benedetto XVI e del Vescovo della Chiesa che le accoglie, mons. Adriano Caprioli. L’assemblea si è unita a questo grazie di Mons. Ruffini con un caloroso applauso.
Il parroco Don Vasco ha voluto concludere con una foto insieme ministri ordinati e religiose sulla gradinata dell’altare, a ricordo di questa celebrazione straordinaria — impensabile anche solo dieci anni fa —, che realizza quello scambio di doni tra Chiese sorelle, già auspicato da Mons. Baroni sulla scia del Concilio e richiamato più volte dal nostro Vescovo come nuovo modo di intendere la missione.
 
La gioia per la festa di San Tommaso è proseguita nei locali dell’Oratorio parrocchiale, con uno spettacolo o programma (così lo chiamano le Suore), presentato da Sr. Linda della comunità a Villa Verde: danze di preghiera, danze tradizionali, canti religiosi e una bella “parabola” dove protagonisti erano i colori, i quali dopo aver litigato per auto-proclamarsi ciascuno il migliore e il più importante, hanno capito che il meglio lo sapevano dare solo insieme, realizzando un meraviglioso arcobaleno, simbolo di speranza e di pace.
 
Infine, la cena con menù rigorosamente della tradizione indiana, con la delicatezza quest’anno dell’accordo tra tutte le Suore di non esagerare con i condimenti piccanti e “speziati”, per… rispetto dei numerosi ospiti reggiani! Inoltre, una bella sorpresa è stata che le Suore ospitanti non han dovuto far tutto loro, ma sono state aiutate da una squadra di volontari e volontarie, contenti di servire a questa festa speciale.
 
Qui di seguito riportiamo l’elenco delle comunità con religiose provenienti dall’India. Come già detto prima, pure le Congregazioni sono originarie dell’India, tranne le Ancelle Francescane del Buon Pastore, fondate in Italia, con numerose vocazioni in India e nelle Filippine.
 
– Ancelle Francescane del Buon Pastore – Pieve Modolena e Brugneto-Reggiolo
– Missionarie della Regina degli Apostoli – Sant’Antonino di Casalgrande
– Sorelle dell’Imitazione di Cristo –Vescovado, Bibbiano e Montecchio
– Suore del Sacro Cuore di Gesù – San Pio X
– Suore di Sant’Anna di Lucerna – Gavassa e Villa Verde
– Suore di Santa Marta – Vezzano sul Crostolo e Cadè-Gaida
– Suore di San GiuseppeA Sassuolo: San Michele de’ Mucchietti, San Giorgio, Madonna di Sotto; a Cereggio di Ramiseto
fonte: web diocesi reggio emilia