CINEMA, OGGI A VENEZIA È IL GIORNO DI GUADAGNINO

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SANREMO, AMADEUS:COL PUBBLICO O NULLA. CAMPIELLO,VINCE RAPINO Alla Mostra del Cinema di Venezia arrivano oggi Luca Guadagnino col corto ‘Fiori, fiori fiori!’ e il documentario ‘Shoemaker of dreams’ dedicato a Ferragamo. In gara ‘The world to come’ di Mona Fastvold e ‘Khorshid’di Majid Majidi. Sanremo “o si fa col pubblico o nulla”, afferma intanto Amadeus. Il premio Campiello: vince Rapino con ‘Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio’.

Festival di Venezia. Cinema, il regista Rau: «La Passione con i migranti»

Il regista svizzero presenta “Il Nuovo Vangelo”: «Quando Matera mi ha chiesto qualcosa per la città ho pensato a un film su Gesù che coinvolgesse gli esclusi dalla società»
Una sequenza del film di Milo Rau "Il Nuovo Vangelo", girato a Matera

Una sequenza del film di Milo Rau “Il Nuovo Vangelo”, girato a Matera – .

Che cosa predicherebbe Gesù oggi? Chi sarebbero i suoi discepoli? Cos’è rimasto del messaggio di salvezza di Gesù nell’epoca dello sfruttamento globale? Ambientato nella città di Matera, dove Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson hanno girato i loro capolavori sulla vita di Cristo, il regista e drammaturgo svizzero Milo Rau, uno dei più importanti artisti del teatro internazionale, è tornato alle origini del Vangelo e ne ha reso protagonisti i rifugiati sfruttati nelle campagne del Sud. Sono loro gli apostoli del film Il Nuovo Vangelo, che ha per la prima volta per protagonista un Gesù nero, l’attivista e scrittore camerunense Yvan Sagnet.

Il film verrà presentato domenica come Evento Speciale alle Giornate degli Autori al Lido e uscirà nelle sale il 24 dicembre. Il lavoro sposa il Nuovo Testamento e la crisi dei rifugiati in Europa, mostrando l’eterna attualità della figura del Cristo. I passi della Bibbia, narrati dalla voce evocativa di Vinicio Capossela che cura anche i brani del film, si alternano alle immagini di cronaca della Rivolta della Dignità, una vera campagna politica per i diritti dei migranti giunti in Europa avvenuta nel 2019 nel materano. Milo Rau ha filmato le dignitose proteste dei rifugiati costretti a lavorare come schiavi nei campi di pomodori della Basilicata e a dormire in condizioni disumane nei ghetti e ne ha fatto i protagonisti, con i loro volti vissuti e bellissimi, di una “sacra rappresentazione” capace di toccare i cuori.

Il nuovo progetto nasce grazie a Matera Capitale della Cultura 2019, come spiega il regista in anteprima ad “Avvenire”. «È da 20 anni che mi occupo delle contraddizioni dell’economia globale – spiega Rau –. Quando da Matera mi è stato chiesto di mettere in scena qualcosa per la città ho pensato a un nuovo film su Gesù con l’obiettivo di preservare lo spirito originario della storia rappresentata dalla Passione coinvolgendo gli esclusi dalla società, i poveri, i disoccupati, i reietti, i rifugiati. La nostra Maddalena è una vera prostituta».

Protagonista il primo Gesù nero del cinema europeo, il carismatico Yvan Sagnet che nel 2011 ha guidato il primo sciopero dei braccianti agricoli migranti nell’Italia meridionale. «Proprio come Gesù, “pescatore di uomini”, così Yvan è andato in cerca del suo gruppo di apostoli nei più grandi campi profughi italiani ed è lì che ha trovato i suoi discepoli», aggiunge il regista. Il quale nelle immagini mette in parallelo la figura del sindacalista che manifesta in piazza a un Gesù “rivoluzionario”, capace di dare una speranza agli oppressi che lo seguono. Nelle scene in abiti storici fra i Sassi, recitano fianco a fianco i migranti, i piccoli agricoltori in fallimento a causa delle multinazionali e i cittadini di Matera entusiasti (lo stesso sindaco, Raffaello De Ruggieri, veste i panni del Cireneo).

La chicca sono gli attori: oltre a Marcello Fonte nel ruolo di Pilato, appaiono Enrique Irazoqui, il celebre Gesù del Vangelo secondo Matteo di Pasolini che interpreta Giovanni Battista, e Maia Morgenstern, la Maria della Passione di Mel Gibson, nel ruolo della Madonna. «È fondamentale la scena dove il primo Gesù, lo spagnolo Irazoqui, battezza il primo Gesù nero – aggiunge il regista –. E quando Gesù viene frustato, è il corpo dei neri di oggi ad essere torturato».

«Chiunque lotti per la propria dignità e benessere, lotta per la dignità e il benessere di tutti gli esseri umani. E questo è un modo per comprendere i Vangeli anche sul piano religioso – aggiunge il protagonista Sagnet –. Con Il Nuovo Vangelo torniamo alle origini storiche della figura di Gesù: qualcuno che sosteneva la sua gente, che agiva contro l’ingiustizia. È il nostro modo per essere cristiani oggi, per rendere davvero concrete le parole di Gesù. E questo è per me, come cristiano, particolarmente importante per unire la mia fede con il mio profondo credo politico». Ma un riscatto e una “resurrezione” sono possibili. «Come si vede alla fine del film, è stata fondata la prima “Casa della Dignità” nei dintorni di Matera: un luogo dove alcuni protagonisti del film possono adesso vivere con dignità e nell’autodeterminazione. E tutto questo col sostegno della Chiesa cattolica» aggiunge il regista che ringrazia anche l’arcivescovo Giuseppe Caiazzo e don Antonio per il sostegno al film. Il 22 gennaio scorso, infatti, a Serra Marina di Bernalda, l’arcidiocesi di Matera-Irsina e la Caritas diocesana hanno inaugurato Casa Betania, la Casa della Dignità, struttura acquistata dall’arcidiocesi grazie ai finanziamenti 8xmille concessi dalla Cei e dalla Caritas italiana. Rau considera il suo film «un manifesto per le vittime della cosiddetta “economia di libero scambio”, quella stessa economia “che uccide” come ha scritto papa Francesco. Gli abbiamo mandato una copia del film, e sarei veramente felice di sapere cosa ne pensa».

Avvenire

CINEMA: VENEZIA, OGGI ‘MISS MARX’ DELLA NICCHIARELLI

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IN GARA SECONDO FILM ITALIANO. FUORI CONCORSO DOCU SU GRETA Alla Mostra del Cinema di Venezia scende oggi in campo il secondo dei quattro film italiani in gara, ‘Miss Marx’ di Susanna Nicchiarelli. In gara per il Leone d’oro anche ‘Pieces of woman’di Kornel Mundruczo. Tra i protagonisti della giornata poi Abel Ferrara, che presenta ‘Sportin life’. Fuori concorso ci sarà ‘Greta’, docu di Nathan Grossman sulla teenager simbolo della lotta per l’ambiente.

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA, IN GIURIA ANCHE LAGIOIA

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CON BLANCHETT PRESIDENTE, ANCHE FRANZ, HOGG, PUIU, SAGNIE Definite le composizioni delle quattro Giurie internazionali della 77/ma Mostra del cinema di Venezia in programma dal 2 al 12 settembre: Venezia 77, Orizzonti, Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis, Venice Virtual Reality. Nella Giuria del Concorso di Venezia 77, oltre a Cate Blanchett già indicata come presidente, ci saranno: Veronika Franz, Joanna Hogg, Nicola Lagioia, Christian Petzold, Cristi Puiu, Ludivine Sagnie. (ANSA).

Una serie di opere cinematografiche per riflettere sulla disabilità e la sua considerazione oggi

 L’idea da Commissione nazionale valutazione film e Servizio per la pastorale delle persone disabili
I due protagonisti di "Quasi amici" (2011)

I due protagonisti di “Quasi amici” (2011)

Non solo “Quasi amici”. La commedia francese del 2011 di Olivier Nakache ed Éric Toledano è uno degli 8 titoli che compongono il ciclo di schede cinematografiche pastorali che la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) propone in sinergia con il Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della Cei, tra luglio e agosto (le schede vengono pubblicate ogni venerdì su Cnvf.it e Pastoraledisabili.chiesacattolica.it). Registrando la bella tendenza del cinema (come delle serie tv) nell’ultimo decennio con l’abbandono dei consueti e stanchi canoni drammatici di racconto della condizione delle persone disabili, il ciclo di film desidera approfondire sguardi diversi sul tema: otto prospettive sulla disabilità che si giocano nel segno della possibilità, dello sguardo che sposa il realismo ma anche la speranza.

Sono già online i focus su “Mio fratello rincorre i dinosauri” (2019) di Stefano Cipani – dal romanzo di Giacomo Mazzariol –, film rivelazione della passata stagione e vincitore del David Giovani, che esplora con tenerezza il legame tra fratelli di cui uno con sindrome di Down, e “La famiglia Bélier” (2015) di Éric Lartigau, sul rapporto genitori-figli nella tempesta dell’adolescenza in una famiglia con disabilità uditiva.

In arrivo: “Tutto il mio folle amore” (2019) di Gabriele Salvatores, storia di un padre “riluttante” e di un adolescente con Asperger in cerca di una seconda occasione, racconto dai toni della fiaba; sul sentiero della commedia educational c’è “Wonder” (2017) di Stephen Chbosky dal libro di R.J. Palacio; ancora, “Quasi amici”, storia vera di un’amicizia che salva, quella tra un disabile e un immigrato dalle banlieue parigine. Ugualmente sulle note di un umorismo frizzante gira “Ho amici in Paradiso” (2016) di Fabrizio Maria Cortese, film sulla disabilità mentale ambientato nel Centro Don Guanella di Roma; esplora, poi, l’importanza di garantire opportunità lavorative per persone con disturbi dello spettro autistico “Quanto basta” (2018) di Francesco Falaschi. Ultima opera del ciclo è il dramma sentimentale “Il colore nascosto delle cose” (2017) di Silvio Soldini.

Otto film, dunque, otto istantanee di senso da (ri)scoprire in ambito pastorale, familiare ed educativo per superare barriere sociali, al tempo dell’isolamento da Covid-19.

Avvenire

Cinema. Checco Zalone l’africano: ecco perché “Tolo Tolo” siamo tutti noi

Il 1° gennaio, preceduto da polemiche, arriva in sala il nuovo film: il comico (qui anche regista) mette alla berlina i diffusi pregiudizi contro i migranti

Una scena di "Tolo Tolo"

Una scena di “Tolo Tolo” – Ansa

Quattro anni fa, in occasione dell’uscita nelle sale di Quo vado?, avevamo scritto che la “storia di un italiano” tracciata dalla coppia Sordi/Sonego nel secolo scorso ha da qualche anno a questa parte un nuovo interprete, vicino a vizi, ipocrisie, nevrosi, fragilità, furbizie, meschinità, ma anche virtù di un paese ferito da una totale perdita di innocenza. L’erede in questione si chiama Luca Medici, in arte Checco Zalone, che con Tolo Tolo, in sala dal 1° gennaio, distribuito da Medusa in ben 1.200 copie, è il comico che più si avvicina alla lucida ferocia della grande tradizione dei Monicelli e dei Risi.

Zalone, che firma per la prima volta la regia (ma con il suo nome all’anagrafe), punta ancora più in alto e rivendicando il diritto a non far ridere parla di Africa, di migrazione, di pullman affollati che attraversano deserti e di barconi che affondano, di chi lotta e di chi si vende, mettendo alla berlina luoghi comuni e pregiudizi, chi pensa di aver capito il mondo e lo racconta su giornali, politici improvvisati e fascismo («tutti lo abbiamo dentro, come la candida»).

Il cast di 'Tolo Tolo'

Il cast di “Tolo Tolo” – Ansa

Tra i tanti riferimenti alla commedia all’italiana, ci sono quelli a Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? di Ettore Scola e a Finché c’è guerra c’è speranza di Sordi. «Guardo con estremo rispetto alla commedia all’italiana – dice il regista – Non paragono i miei film a quei capolavori, ma sono quelli i miei modelli». Scritto da Zalone con Paolo Virzì, interpretato dal comico pugliese insieme a Souleymane Sylla, Manda Touré, Nassor Said Birya con la partecipazione di Barbara Bouchet e Nicola di Bari, prodotto da Pietro Valsecchi e Camilla Nesbit per Tao Due, Tolo Tolo (ovvero “Solo solo”) racconta la storia di Checco, che si definisce un sognatore, ma che in nome delle sue malriposte ambizioni manda in malora la famiglia e, inseguito dai creditori, si trasferisce in Africa e lavora come cameriere in un resort per ricchi turisti bianchi.

Quando arrivano le milizie e scoppia la guerra civile, Checco, dato per disperso con grande gioia da parte di tutti i familiari che ha inguaiato, è costretto a tornare in Europa facendo «il grande viaggio» attraverso la Libia, insieme a Oumar, appassionato di cinema italiano, alla bella Idjaba e al piccolo Doudou. Egoista, ignorante e cialtrone, convinto che la vera guerra sia quella combattuta con ex mogli e creditori, che gli africani siano migranti per definizione e che la vera salvezza stia negli abiti firmati e in una miracolosa crema per le rughe, Checco pensa sempre di saperla più lunga de- gli altri e spera di finire in Liechtenstein, paradiso fiscale.

Ma le cose vanno diversamente e il “candido” opportunista deve vedersela con una serie di problemi dei quali ignorava l’esistenza. E se c’è chi chiede aiuto a Macron, Checco è costretto a rivolgersi a Nichi Vendola, che non rinuncia alla sua proverbiale logorrea in un esilarante cameo. Al di la di gag più o meno riuscite (la fluidità del film risente di una regia non troppo esperta o forse di un montaggio a volte un po’ sommario), il talento di Zalone sta nel metterci davanti allo specchio e farci vedere un italiano cinico, spesso sgradevole, eticamente discutibile, mediocre e qualunquista, ma nel quale tutti noi possiamo riconoscerci, almeno in parte, perché mai privato della sua umanità, per quanto imperfetta. Cosa che dovrebbe essere chiara anche a tutti coloro che hanno polemizzato con la canzone che accompagna i titoli di coda, Immigrato, paradossalmente difesa proprio da chi il regista prendeva in giro.

Certo, Zalone che se ne infischia del politicamente corretto, che non teme di pestare su tasti che altri non vogliono neppure sfiorare, rischia di finire strattonato in un dibattito assurdo che lo accusa di razzismo e crudeltà, di fare dell’ironia su una tragedia umanitaria. Ma è dai tempi di Chaplin che il cinema trasforma i drammi in commedie e la satira segue le proprie feroci regole, anche se Valsecchi durante la conferenza stampa ieri a Roma ha precisato: «Non ho certo speso venti milioni di euro per fare un film contro Salvini. Tolo Tolo parla di persone che non cercano un futuro migliore, ma un futuro e mette in scena la realtà contemporanea con il sorriso, con un tocco magico e poetico».

Eppure Zalone, a proposito di Luigi Gramegna interpretato da Gianni D’Addario, che da disoccupato scala i vertici della pubblica amministrazione e della politica diventando prima carabiniere, poi pignoratore, assessore comunale, ministro degli Esteri, presidente del Consiglio e presidente della Commissione Europea e dice «non è mica colpa mia se siete nati in Africa», commenta: «Ho inserito nel film un personaggio che somiglia ai politici attuali: ha una carriera sorprendente come Di Maio, veste come Conte e parla come Salvini. Ho creato una specie di mostro, insomma».

Il finale musicale del film, che non vi anticipiamo, è un vero e proprio colpo di genio, e tutto il racconto è costellato di canzoni del repertorio italiano, da Vagabondo di Nicola di Bardi a Viva l’Italia di Francesco De Gregori. Se le polemiche sembrano imbarazzare, ma non preoccupare Zalone, la vera sfida sarà riempire di nuovo le sale e magari superare l’incasso di Quo Vado? che nel 2015 aveva rastrellato la cifra record di 65 milioni di euro. La palla passa ora al pubblico.

Avvenire

Cinema. «Il primo Natale» di Ficarra e Picone sbanca il botteghino e incassa 8 milioni

Un ladro e un prete finiscono nella Palestina dell’anno zero in cerca del Bambino fra sorrisi, avventura e commozione. Il duo: «Col nostro film festeggiamo il compleanno di Gesù»

Salvio Ficarra e Valentino Picone in una scena de "Il primo Natale"

Salvio Ficarra e Valentino Picone in una scena de “Il primo Natale”

da Avvenire

Il primo Natale di Ficarra e Picone è il primo incasso di Natale con 1.164.118 nella sola giornata di
Natale sbaragliando il box office con un totale che sfiora gli 8 italiano del 2019 per incasso e numero di spettatori, che sono oltre 1 milione e 200 mila. “Siamo felici, che nel giorno di Natale, migliaia di persone abbiano scelto il nostro film per trascorrere insieme a noi, un giorno così bello – dicono Ficarra e Picone”. Il primo Natale, prodotto da Attilio De Razza per Tramp Limited, distribuito da Medusa è il settimo film di Ficarra e Picone.

Raccontare «con situazioni comiche ma anche momenti per pensare il Natale per quello che realmente è, anche se molti se ne dimenticano, cioè il compleanno di Gesù». È nata così, spiegano Salvo Ficarra e Valentino Picone, registi e protagonisti, la loro irruzione nel presepe nella loro nuova commedia Il primo Natale, primo film del duo uscito per le feste, in sala dal 12 dicembre in 600 copie.

Un po’ Non ci resta che piangere, un po’ Ben Hur, il film di Ficarra e Picone è un progetto ambizioso, sia dal punto di vista dei temi, sia da quello produttivo. Un lavoro costato 11 milioni di euro girato a Ouarzazate, l’Hollywood del Marocco, che rappresenta la Palestina dell’era di Gesù, con tanto di comparse, cavalli, bighe, costumi storici e musiche (di Carlo Crivelli) alla Lawrence d’Arabia, che trasformano le avventure di Ficarra e Picone in un mini peplum ben fotografato da Daniele Ciprì, simpatico, ma anche avvincente. Soprattutto perché non perde mai di vista il tema centrale, Gesù e l’amore per il prossimo, coniugando tenerezza, avventura e temi di attualità. Un film che lancia sin da alla prima scena una critica alla freddezza della nostra società che ha fatto del Natale una festa consumistica: Salvo, uno svelto ladro di arte sacra ateo convinto, vedendo sullo schermo di un mega televisore in un centro commerciale le immagini dei migranti sui barconi, si interessa solo a quanti pixel di definizione abbia lo schermo.

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Nel frattempo, don Valentino, candido parroco del paesino di Roccadimezzo Sicula sta allestendo il presepe vivente con una esasperante pignoleria per i dettagli. I due si incontreranno quando Salvo, travestito da san Giuseppe, ruberà la preziosa statua del Bambinello. Nell’inseguimento, i due finiranno misteriosamente nei pressi di Betlemme poco prima che nasca Gesù. Così, tra gag ed equivoci (si sorride, ma il tono è rispettoso), i due vanno alla ricerca della Sacra Famiglia nella speranza che li aiuti a tornare nel 2019. Ma nel frattempo, in una avventura che segnerà una crescita personale per ambedue e la scoperta di una amicizia, Salvo e Valentino si ritroveranno fra rivoluzionari zeloti, crudeli guardie romane, simpatici bambini ebrei, a dover salvare il piccolo Gesù (e non solo lui) dalla furia di Erode (un Massimo Popolizio da antologia) deciso a compiere la strage degli innocenti. Ed è proprio qui che il sorriso si fa amaro, con un chiaro paragone con i tanti innocenti in fuga oggi da persecuzioni e guerre.

«Abbiamo parlato anche di immigrazione – spiega Nicola Guaglianone, che ha scritto la sceneggiatura del film insieme a Fabrizio Testini e ovviamente ai due comici –. È un film adatto alle persone sia laiche che cristiane. D’altronde i valori cristiani sono facilmente condivisibili anche da chi non crede».