Ai catechisti: per un annuncio efficace

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Chi è impegnato nella catechesi oggi è invitato a tener conto di alcuni passaggi importanti.

Assistiamo alla suddivisione di troppi incarichi e i impegni. Sono nati tanti uffici dentro la CEI e nelle diocesi, con una moltiplicazione esagerata e frammentata di attori.

In questa situazione occorre recuperare l’unità di una comunità cristiana che, nel suo insieme, torni ad essere generativa.

È vero che si deve definire che cosa deve fare il presbitero, il catechista o l’associazione ecclesiale, ma il problema attualmente è di lavorare insieme.

Segnalo alcuni orizzonti che si intrecciano e che aprono altre prospettive.

Stimolare fiducia
La miglior carta d’identità del cambiamento in corso è il pluralismo. Il Vangelo si deve convertire in una forma di ispirazione creatrice per la cultura e quest’ultima compiere una funzione di criterio interpretativo riguardo alla fede. Vale a dire che il messaggio cristiano dev’essere rivisitato permanentemente, il suo significato non è stato fissato una volta per sempre, ma continua a rivelarsi e a realizzarsi attraverso vie inedite.

Si tratta di qualcosa di più profondo che un semplice adattamento del linguaggio. È un processo che invita a una vera riformulazione della fede a partire dall’identità della cultura nella quale si incarna.

La Chiesa, in tanti frangenti della storia, si è basata sulla convinzione inziale che il momento favorevole (kairòs) era arrivato e che il Regno di Dio era vicino. Nei giorni nostri si è infiltrato un serio dubbio circa il riconoscimento dell’oggi come “kairòs”.

Esitare a formulare una risposta positiva, induce nella tentazione di usare le inchieste sociologiche e le analisi culturali della società odierna per trovare le fessure o crepe attraverso cui infilare la fede tramandataci dalla tradizione. Al contrario, se vengono riletti in una prospettiva di fede, tali risultati possono introdurre in un processo di discernimento e di apprendimento, per stimolare fiducia e non affrontare con superficialità la realtà.

Garantire la partecipazione
È importante considerare che, anche nella cultura attuale, l’immagine di Cristo rimane intatta. Nei nostri contemporanei rimane sempre viva la percezione di Lui come di una figura eccezionale. Non accade così per la Chiesa, sottoposta più facilmente a critiche.

Si vive oggi in una società democratica o, in ogni caso, in una società che è animata da un’idea di democrazia. Ma la democrazia è ben più che un sistema politico, è anche uno spirito, una cultura, una maniera di vivere e di assumere la propria esistenza.

È così che l’esigenza democratica penetra tutte le sfere della società. In famiglia, nella scuola, nelle imprese, nelle associazioni si manifesta un bisogno di dialogo e di partecipazione. Da questo punto di vista, il valore della democrazia è di permettere a ciascuno di non subire la propria esistenza, ma di essere autore della propria vita. Questa aspirazione riguarda la società intera. Di conseguenza, interessa anche la sfera del religioso.

Non va dimenticato che, là dove le aspirazioni democratiche sono più vive, più forte è la contestazione dell’istituzione ecclesiastica, anche da parte dello stesso popolo cristiano.

Alcune modalità di funzionamento del potere della Chiesa e alcune rappresentazioni di Dio che ne legittimano il clericalismo e l’autoritarismo appaiono oggi profondamente obsolete rispetto alle aspirazioni della società.

Il malessere interno alla Chiesa e la presa di distanza di molti nei confronti dell’istituzione ecclesiale manifestano l’intensità del problema.

Ritrovare autorevolezza
Per indicare qualche via di soluzione, è utile distinguere potere da autorità. Il potere può essere preso, anche con la forza. L’autorità, mai. Perché l’autorità è sempre ricevuta, è sempre riconosciuta da un altro. Gesù non aveva, nella società del suo tempo, nessun potere istituzionale. Ma godeva di una grande autorità. E questa autorità, sentita come pericolosa dai poteri del suo tempo, gli era conferita da coloro che lo ascoltavano.

La sfida per la Chiesa di oggi, nella sua missione di evangelizzazione, è quella di ricevere la sua autorità alla maniera di Gesù, prendendo il posto di Colui che serve, rivela, rimette in piedi e fa crescere.

Occorre riscoprire la Chiesa come comunità fraterna di elezione, alla quale si appartiene per scelta. In tal senso, è da prendere sul serio l’équipe pastorale. Questa è una cosa molto concreta, perché parliamo del prete, di educatori alla fede, di associazioni.

Un’équipe pastorale diventa il luogo privilegiato per uscire dai compartimenti stagni, un luogo di ascolto reciproco e, a poco a poco, di connessione delle differenti attività e proposte. Mette gioco tutte le dimensioni.

L’équipe pastorale è un luogo di conversione, dove a ciascuno è chiesto di mettere in discussione i propri progetti parziali, accettare di lavorare in squadra, vivere gli appuntamenti comuni. Le strutture umane servono perché la vita si sviluppi in pienezza.

Dimenticare il sogno della conquista
Non è tramontata l’idea che evangelizzare sia portare agli altri ciò che non hanno, ciò di cui sono privi, un vuoto da riempire. In questa prospettiva, si fa in modo che gli altri cambino, che si convertano alle convinzioni di chi annuncia, che divengano come lui e credano come lui. Così l’evangelizzazione è intesa come conquista dell’altro.

È più giusto scoprire che l’evangelizzazione non consiste nel trasmettere agli altri una buona notizia ben strutturata, di cui si è i detentori sicuri. Consiste, piuttosto, nell’andare con speranza verso gli altri per scoprire con loro, nei loro luoghi di vita, nel cuore della loro esistenza, le tracce del Risorto che sempre precede, che è già là in incognito.

L’arte dell’evangelizzare è favorire questo riconoscimento, di discernere e indicare la presenza del Risorto nelle persone e nelle situazioni, anche dove non si immagina.

Questi atteggiamenti non tolgono nulla alla forza delle proprie convinzioni, ma invitano all’umiltà quando ci accosta agli altri. Ci si avvicina a qualcuno non per guadagnarlo alla propria causa, ma per riconoscere con lui, nella sua vita, la presenza del Risorto in maniera da rimanere sorpresi: “lui ci precede in Galilea … sempre”.

Allora si scopre che l’evangelizzazione è sempre reciproca, è una testimonianza donata che suscita una testimonianza restituita. Si viene evangelizzati dagli stessi che si prova ad evangelizzare.

Nelle comunità cristiane si pensa sovente di doversi mostrare accoglienti. Secondo la logica del vangelo, si dovrebbe rovesciare la prospettiva: non tanto accogliere l’altro, ma lasciarsi accogliere dall’altro, fidandosi delle sue capacità di accoglienza, delle sue risorse e possibilità.

Rischiando l’accoglienza da parte di coloro che sembrano più lontani, si rimarrà stupiti dalla loro capacità di ascolto della buona notizia. Ogni ospitalità donata chiede l’ospitalità resa, ma senza superiorità né inferiorità, poiché gli uni e gli altri danno e ricevono.

Mescolarsi con la gente
Inoltre, essere accolti nella casa dell’altro significa entrare in una conversazione in corso, sull’esempio di Gesù con i pellegrini di Emmaus (Lc 24,17).

La prima capacità dell’evangelizzatore è di mescolarsi alle conversazioni degli uomini, di interessarsi di quanto li interessa, di poter parlare di cose comuni, di lasciarsi anche interrogare.

Il messaggio cristiano invita ad appassionarsi per tutto ciò che è umano, a vivere di simpatia e di compassione immersi nella vita.

La fede, in questa prospettiva, non è tanto questione di scoperta e di affermazione esplicita di Dio, quanto risposta alla realtà umana più intima e radicale. Dio assume ogni “sì” a questa realtà umana come se fosse un “sì” a Lui stesso.

Inoltre, la logica di Dio manifestata in Cristo svela che tutto nella vita è divino quando è veramente umano. La vita non viene data già compiuta, ma piuttosto affidata come un da farsi, in grado di conferire un senso che identifichi e unifichi la persona, nonostante la diversità di spazi, tempi e relazioni che si susseguono lungo la sua esistenza.

Formarsi insieme
La formazione è l’elemento che può cambiare mentalità e stile. Momenti formativi comuni sono un passo concreto. I catechisti hanno la loro formazione, i presbiteri la loro formazione permanente, l’AC la sua proposta per i formatori, l’Agesci forma i suoi animatori. Ognuno ha il suo percorso, magari anche di buon livello.

Occorre che si possano allargare le maglie, accettando di rinunciare a qualcosa e trovare dei momenti dove insieme si ascolta la Parola, si ragiona su quello che il Signore chiede, si fissa qualche obiettivo comune.

Ci devono essere anche i parroci. Perché in Italia il parroco è il collo della bottiglia. Passa tutto da lui: il bene e anche quello che non è bene, perché si ha ancora un impianto fortemente clericale. È inutile continuare su due binari. Esempio: il giovedì mattina i parroci hanno la formazione e, al pomeriggio, i catechisti; ma sono ben pochi i parroci presenti a tutti gli incontri. Normalmente i catechisti lamentano che quanto viene loro proposto dovrebbe essere prima motivo di riflessione per i loro pastori. È necessario uscire da questa forte ambiguità prevedendo all’interno della diocesi momenti comuni.

La formazione dei presbiteri e degli operatori pastorali aiuta a scegliere un modello, a prepararsi bene, ma soprattutto a cambiare mentalità, a lavorare insieme, e a recuperare il desiderio di generare figli insieme nella fede, non è importante definire numeri, conta ridare vita, allora la riprenderanno anche gli operatori pastorali.

Intrecciare relazioni
Proprio in ordine alla formazione, il Signore sta dicendo qualcosa di nuovo. In un contesto non più cristiano occorre ricreare un tessuto iniziatico. Occorre una comunità nella quale si viene gradualmente accompagnati non ad approfondire la fede che si suppone abbiano già, ma a diventare progressivamente cristiani.

Per generare alla fede ci vuole un villaggio, non è più delegabile ai catechisti la generazione alla fede. Occorre partire dalla consapevolezza che, di fatto, è l’intera comunità che genera o non genera alla fede.

Se le persone, fin da piccole, si sentono accolte e guidate da una comunità che le ospita dentro a tutte le proprie esperienze, magari poi prenderanno le distanze, ma conserveranno quella gratitudine sulla quale il Signore, nelle occasioni che lui conosce, potrà innestare un nuovo interesse per la vita di fede.

Rimane vero che i primi destinatari della formazione e della Parola non sono i ragazzi e i genitori. O gli altri in genere. Tocca prima di tutto alla comunità rimettersi insieme in ascolto della Parola e capire che cosa il Signore, attraverso il suo Spirito, sta dicendo nelle situazioni che stanno accadendo.

Il Vangelo non passa agli altri se non viene, in qualche modo, rivisto dagli operatori pastorali. Occorre abbandonare l’idea che la catechesi sia per. La preposizione “per” deve essere sostituita da “con”. Riscoprire il vangelo con i giovani, con i bambini, con i loro occhi.

Sono gli annunciatori che devono reimpostare la lettura del vangelo. Non è un lavoro da fare individualmente, va fatto con tutti quelli e quelle che si incontrano, è insieme a loro che si riscopre il vangelo mentre lo si sta donando. Lo si riceve da loro nello stesso tempo che lo si mette a disposizione.

Richiedere il giusto
Questa attenzione relazionale permette di fare dei passi concreti non con le famiglie che si immaginano, e che non esistono più, ma con genitori precisi.

Va superata quella formula che è una specie di mantra: voi siete i primi educatori della fede! Parola sacrosanta, il problema è che, se i genitori non hanno un percorso di fede, sentono l’inadeguatezza di una richiesta di questo tipo, e recepiscono questa cosa come un giudizio non come un aiuto.

Con qualcuno, certo, è possibile che ci si intenda, perché hanno già fatto un cammino di educazione alla preghiera in casa, si concedono momenti di lettura della parola di Dio, vanno a messa insieme la domenica, ma stanno diventando la minoranza.

È sempre più importante rinviare alle famiglie il compito di educare i figli alla vita, a quello che è la fede elementare, che è entrare nella vita con la speranza. Poi, la fede esplicita sarà la comunità che aiuterà i genitori a recuperarla e a viverla. Alle famiglie spetta dare ai ragazzi la grammatica dell’esistenza umana, su cui la comunità cristiana innesterà la sintesi di una vita cristiana vissuta secondo il vangelo.

Collaborare con i genitori vuol dire restituire loro la fiducia nel compito di generare alla vita, di trasmettere valori, di volersi bene, di perdonarsi, perché questo è già tutto vangelo implicito.

Riscaldare i cuori
Potremmo dire che lì dove una comunità è feconda e generativa sviluppa ministerialità, non compiti da distribuire. L’assemblea liturgica è un grande “noi”, è la famiglia di Dio, e ciò che accomuna questo noi è l’essere parte di uno stesso respiro, che il soffio dello Spirito rivela nel segno povero dell’assemblea liturgica. Piccolo segno, ma grande, perché in quella piccolezza si manifesta la visita di Dio.

Il ministero costituisce una sorta di ponte che va dall’altare alla casa. Dal corpo della comunità adunata, al corpo assente. La comunità cristiana è il luogo della manifestazione del ministero. Una comunità cristiana senza ministeri è una comunità triste, rattrappita, che mostra il volto di una comunità malata.

La celebrazione riunisce, diventa segno e strumento di comunione, unisce gli esseri umani e li stabilisce in relazione reciproca. Il rito raggiunge gli oggetti e i gesti della vita quotidiana per caricarli di un senso che li eleva a simboli dell’esistenza stessa.

La tradizione cristiana offre un ricco e vario dispositivo di celebrazioni liturgiche e di riti. Rimane vero che molte persone se ne sono allontanate perché era diventato il simbolo del potere clericale, trasformato in un dovere, mentre esiste per risvegliare il desiderio e testimonia la gratuità di Dio offerta alla libertà umana.

Oggi, in un mondo che si è fortunatamente emancipato dalla morsa e dalla paura del religioso, il dispositivo rituale cristiano torna a offrirsi dentro uno spazio di libertà in cui può essere colto il suo valore.

Molte persone che si sono allontanate dalla fede, o che la conoscono poco o nulla, si uniscono volentieri alla liturgia dei cristiani in occasione delle grandi feste, di un battesimo, di un matrimonio, di un funerale. Per questo, una delle maggiori sfide per le comunità cristiane di domani sarà da vivere la liturgia non in un atteggiamento di ripiego di identità, ma come un luogo aperto di proposta, di celebrazione e di sperimentazione della fede nel cuore della vita; fare della liturgia non solo e non tanto il luogo dell’incontro dei cristiani, ma anche uno spazio di evangelizzazione di tutti quelli e quelle che passano, nel rispetto della loro condizione di pellegrini. È solo così che ogni idolatria è superata e Dio stesso viene lodato.

Nella celebrazione, Cristo Gesù si riconosce pienamente quando si presenta nella forma del dono, quando si fa pane e si sbriciola per le persone. L’esito del cammino è il suo offrirsi: questa è per lui la meta.

Il traguardo del catechista è che la Parola diventi pane, i discorsi lascino spazio alla vita, e il dialogo diventi testimonianza.

La fede debole, così come la rileviamo oggi, esprime la persistente difficoltà della condizione umana a rapportarsi con un grande messaggio religioso, ma questo non toglie che permane, pur se debole, il brusìo del sacro.
settimananews.it

Testimoniate il Vangelo con la vostra vita: andate in rete. Un libro, edito da Paoline, che presenta a catechisti, animatori, formatori (ma anche parroci, religiose e religiosi, insegnanti di IRC) molte idee realizzabili “sfruttando” il web in modo pastorale ed educativo

La pandemia ha costretto (e costringe ancora, purtroppo) a trovare anche soluzioni virtuali per continuare a vivere la propria appartenenza ecclesiale ad un gruppo, ad una classe, ad una parrocchia, ad un oratorio, ad un’associazione. Non è stato facile, non eravamo preparati, abbiamo alzato qualche muro ogni tanto, ma anche più di un ponte grazie al web. Mentre speriamo di cancellare questo lungo difficile periodo, cosa ne faremo di quanto abbiamo imparato on line, delle conoscenze acquisite, delle buone prassi?

Il libro “Testimoniate il Vangelo con la vostra vita: andate in rete”, edito da Paoline per la collana Dio_On questioni di connessioni, scritto da Marco Pappalardo, Alfredo Petralia e Lorenzo Galliani, è una significativa e concreta risposta. Appena uscito in tutte le librerie, offre l’occasione per sfruttare nelle nostre comunità le potenzialità di internet e trasferirle nelle attività di sempre, cogliendo il meglio, innovando, allargando il coinvolgimento.

Il libro, strutturato come un sussidio formativo alla portata di tutti, presenta dunque alcune idee realizzabili (e realizzate!) nei diversi ambienti ecclesiali e con le varie fasce di età, partendo da ciò che viviamo ordinariamente, ma con una prospettiva nuova, quella in cui i new media sono una risorsa per la crescita, la formazione, la pastorale, l’insegnamento, la catechesi. Con questo intento presenta a catechisti, animatori, formatori (ma anche parroci, religiose e religiosi, insegnanti di IRC, animatori di gruppi, gestori di sale di comunità) alcune idee realizzabili nei diversi ambienti e con le varie fasce di età.

Tra i temi-ambiti trattati: Facebook, Instagram, TikTok, blog, web radio, giornalino, YouTube, videogames, contest… Di ogni proposta sono presentati: potenzialità; motivo pastorale/educativo/sociale; attività possibili; tecniche/consigli/modalità organizzative. Alcune delle attività sono frutto della creatività dei tre autori, altre sono state davvero attuate ed in corso, altre ancora si sono trasformate in veri percorsi di formazione in presenza e/o on line. Nel presentarle, gli autori pensano non solo ai bambini, ai ragazzi e ai giovani, ma anche agli adulti visto che internet e le nuove tecnologie riguardano tutti; inoltre – perché no – potrebbero diventare un’ottima opportunità per avvicinare e far collaborare le diverse generazioni.

Pappalardo, Petralia e Galliani usano un linguaggio semplice, adatto a chi ha il desiderio di avvicinarsi pastoralmente a questo mondo, con la consapevolezza che le diverse proposte andranno adattate alla realtà locale e non per forza ripetute così come presentate. Il libro dice (con tanti esempi e indicazioni per l’uso) come sfruttare le potenzialità della rete per raggiungere chi è più lontano, creando grazie ad essa una rete di nuove relazioni, valorizzando le diverse potenzialità e i tanti talenti.

Quanto leggerete in “Testimoniate il Vangelo con la vostra vita: andate in rete” non sostituisce i contenuti, dà loro una forma nuova, coinvolgente, al passo coi tempi. Se tutto ciò non bastasse a fare il grande salto nella pastorale digitale e con il digitale, gli autori introducono ogni capitolo con delle motivazioni forti e approfondite, per allontanare ogni dubbio e offrire una prospettiva progettuale.

vinonuovo.it

Il testo. Ecco il nuovo rito per l’istituzione dei catechisti, ministero dei laici

La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti accompagna il rituale con una lettera dove si definiscono i ruoli dei vescovi e l’identità di coloro chiamati a tale ministero.
Ecco il nuovo rito per l'istituzione dei catechisti, ministero dei laici

Foto Vatican News

La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato il testo del Rito dell’istituzione dei catechisti, in vigore dal prossimo 1 gennaio 2022.

Nella lettera di presentazione al rito latino, indirizzata ai presidenti delle conferenze episcopali, il prefetto Arture Roche ribadisce che quello del catechista è un «ministero laicale e stabile» e che il nuovo rituale costituisce «un’ulteriore opportunità per giungere ad una visione organica delle distinte realtà ministeriali».

Il testo nasce per volontà di papa Francesco, il quale l’11 maggio scorso ha presentato il motu proprio Antiquum ministerium istituendo ufficialmente, a seguito della formulazione del nuovo Direttorio per la catechesi del 2020, il ministero di catechista in sintonia con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Un atto magisteriale spiegato da Riccardo Maccioni in un articolo pubblicato nello stesso giorno.

Fino ad allora l’esser catechista, e ne dà riprova il Codice del diritto canonico, si limitava a un semplice incarico affidato dal parroco. Parlare, invece, di un ministero da ricevere specifica «l’impegno missionario tipico di ciascun battezzato che si deve svolgere comunque in forma pienamente secolare, senza cadere in alcuna espressione di clericalizzazione» e ai vescovo spetta «il compito di chiarire il profilo e il ruolo dei catechisti, di offrire loro percorsi formativi adeguati, di formare le comunità perché ne comprendano il servizio». Si capisce che non tutti coloro i quali oggi sono catechisti e catechiste potranno accedere al “ministero di catechista”, pur continuando a essere collaboratori parrocchiali in virtù della loro disponibilità.

La lettera che accompagna la pubblicazione dell’editio typica del Rito di istituzione dei catechisti offre, allora, un contributo alla riflessione delle conferenze episcopali, proponendo alcune note sul ministero di catechista, sui requisiti necessari, sulla celebrazione del rito di istituzione.

Tra i criteri fondamentali, il concetto di «un servizio stabile reso alla Chiesa locale secondo le esigenze pastorali individuate dall’Ordinario del luogo, ma svolto in maniera laicale come richiesto dalla natura stessa del ministero». E più avanti l’indicazione secondo cui «i laici abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza episcopale». Quindi, una precisazione: «Il termine catechista indica realtà differenti tra loro in relazione al contesto ecclesiale nel quale viene usato. I catechisti nei territori di missione si differenziano da quelli operanti nelle Chiese di antica tradizione. Inoltre, anche le singole esperienze ecclesiali determinano caratteristiche e modalità di azione molto diversificate, tanto da risultare difficile farne una descrizione unitaria e sintetica».

Al riguardo, il prefetto Roche precisa che non dovrebbero essere istituiti i candidati all’ordine sacro, i religiosi e le religiose, gli insegnanti di religione cattolica e coloro che svolgono un servizio rivolto esclusivamente agli appartenenti di un movimento ecclesiale (ai quali tale funzione viene affidata dai responsabili dei movimenti e non dal vescovo). Per quanto riguarda coloro che accompagnano l’iniziazione cristiana di ragazzi e adulti, anch’essi non devono necessariamente essere istituiti nel ministero specifico, ma dovrebbero ricevere all’inizio di ogni anno catechistico «un pubblico mandato ecclesiale con il quale viene loro affidata tale indispensabile funzione».

In generale, il primo requisito per i candidati al ministero di catechisti è che essi siano anzitutto «uomini e donne di profonda fede e maturità umana, capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna, dotati di formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica». Si specifica pure che ogni candidato deve prima presentare una petizione «liberamente scritta e firmata» al proprio vescovo.

Il Rito potrà svolgersi all’interno della celebrazione eucaristica o in una celebrazione della Parola di Dio (sono indicati anche i brani biblici da proclamare) e seguirà un preciso schema: esortazione, invito alla preghiera, testo di benedizione e consegna del crocifisso. 

Evangelizzazione. Il Papa: i catechisti siano creativi, non ripetitivi

Avvenire

Mai avere «il cuore, l’atteggiamento e la faccia preconfezionati»«ascoltare davvero, e mettere a confronto quelle culture, quei linguaggi, anche e soprattutto il non detto, il non espresso, con la Parola di Dio, con Gesù Cristo Vangelo vivente».

Queste le raccomandazioni di papa Francesco ai catechisti, enunciate nell’udienza concessa ai partecipanti all’incontro su “Catechesi e Catechisti per la Nuova Evangelizzazione”, promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione.

Per Francesco è questo «il compito più urgente della Chiesa tra i popoli dell’Europa». Rientrato da poco da un viaggio nel cuore del Continente, in Ungheria e Slovacchia, il Pontefice ha sottolineato che la «grande tradizione cristiana del continente non deve diventare un reperto storico, altrimenti non è più tradizione». Infatti «la tradizione o è viva o non è. E la catechesi è tradizione, ma viva, da cuore a cuore, da mente a mente, da vita a vita. Dunque: appassionati e creativi, con la spinta dello Spirito Santo. Ho usato la parola “preconfezionato” per il linguaggio: ma, ho paura dei catechisti con il cuore, l’atteggiamento e la faccia preconfezionati: no. O il catechista è libero, o non è catechista. Il catechista si lascia colpire dalla realtà che trova e trasmette il Vangelo con una creatività grande, o non è catechista».

Il ministero di catechista, sottolinea il Papa, è stato istituito perchè “la comunità cristiana senta l’esigenza di suscitare questa vocazione”, di far emergere “la passione di trasmettere la fede come evangelizzatori”.
Insomma, “il catechista e la catechista sono testimoni che si mettono al servizio della comunità cristiana, per sostenere l’approfondimento della fede nel concreto della vita quotidiana. Sono persone che annunciano senza stancarsi il Vangelo della misericordia; persone capaci di creare i legami necessari di accoglienza e vicinanza che permettono di gustare meglio la Parola di Dio e di celebrare il mistero eucaristico offrendo frutti di opere buone”.
La citazione quasi d’obbligo è per i santi Cirillo e Metodio, che per catechizzare le genti slave arrivarono a mettere a punto un nuovo alfabeto. “Hanno aperto nuove strade, inventato nuovi linguaggi, nuovi alfabeti, per trasmettere il Vangelo, per l’inculturazione della fede. Questo chiede di saper ascoltare la gente, i popoli a cui si annuncia: ascoltare la loro cultura, la loro storia; ascoltare non superficialmente, pensando già alle risposte preconfezionate che abbiamo nella valigetta, no”.

Le raccomandazioni di Francesco ai catechisti affinché trovino nuovi “alfabeti” per annunciare il Vangelo
Ascolto, passione e creatività sono le qualità indicate dal Papa nell’udienza ai responsabili delle Commissioni per la catechesi delle Conferenze Episcopali Europee. “La catechesi – afferma Francesco – è tradizione” ma è necessario che sia “viva” e non “un reperto storico”. Importante è la libertà di cuore che apre alla novità dell'annuncio

Ascolto, passione e creatività sono le qualità indicate dal Papa nell’udienza ai responsabili delle Commissioni per la catechesi delle Conferenze Episcopali Europee. “La catechesi – afferma Francesco – è tradizione” ma è necessario che sia “viva” e non “un reperto storico”. Importante è la libertà di cuore che apre alla novità dell’annuncio – Vatican Media

POM: Mese Missionario Straordinario, formazione dei catechisti, rinnovamento

Fides 

La celebrazione del Mese Missionario Straordinario dell’Ottobre 2019, la formazione dei catechisti dei territori di missione, la necessità di individuare nuove forme di preghiera, animazione missionaria e raccolta fondi per la missio ad gentes : questi i tre temi affrontati dal Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli 

Ti ho disegnato sul palmo della mia mano. Formazione catechisti educatori

Per il terzo anno l’Ufficio catechistico e il Servizio per la pastorale giovanile propongono a catechisti ed educatori un breve percorso di formazione metodologica.

Per “formazione metodologica” intendiamo quell’attitudine pratica e relazione – anche indicata come saper fare – indispensabile per chi accompagna nella fede i bambini e i ragazzi. Essa va affiancata con l’approfondimento dei contenuti della fede – il sapere –nei percorsi che la Scuola Teologica Diocesana e le Scuole di Formazione Teologica “nel territorio efficacemente offrono” e con la formazione spirituale – l’essere- da coltivare anzitutto nella partecipazione alla vita della comunità cristiana e nella cura per il proprio cammino di fede.

Confermiamo la scelta di convocare insieme sia chi si occupa di iniziazione cristiana, sia chi si occupa di pastorale giovanile. Lavoriamo, infatti, a partire dal cammino di vita dei ragazzi, che procede  – più che secondo le celebrazioni sacramentali – secondo tappe legate alla crescita evolutiva.

I momenti di laboratorio prevedono tre modalità diverse per le tre fasce d’età: 7-11, elementari; 11-14, medie; 14-18 superiori.

La dislocazione geografica nel territorio e cronologica nel calendario vogliono facilitare la partecipazione di tutti e favorire l’incontro tra operatori di parrocchie vicine. Ciascuno può partecipare, iscrivendosi, nella sede che risponde meglio alle proprie esigenze.

 

Modalità del percorso

 

Il percorso si sviluppa in 4 tappe, pensate in modo specifico nelle diverse sedi: una tappa per serata in quattro appuntamenti oppure due tappe per pomeriggio in due appuntamenti

 

Terzo anno

IL SIMBOLO APRE ALLA VITA

«Dio nessuno l’ha mai visto» – così sentenzia in apertura il Vangelo di Giovanni (1,18) – ma «il Figlio unigenito ce lo ha rivelato». L’esperienza cristiana è essenzialmente simbolica: essa entra in contatto con il mistero di Dio –invisibile – attraverso i “segni” – visibili – della sua presenza e azione. Il Simbolo più importante che rivela il Padre è il Figlio, Gesù, che dona la vita per salvare l’umanità. Il simbolo coinvolge l’integrità della persona, apre sentieri esistenziali, attrae nella libertà, vive della gratuità dei dettagli. È questa sapienza simbolica che sta alla base delle azioni cristiane, liturgiche e pedagogiche. Riscopriamo con fiducia il valore del gesto rituale, nella sua capacità di “mettere in gioco” chi lo compie e di accogliere tutti secondo una gradualità di partecipazione.

  1. Indagine nella simbolica della vita di ogni giorno
  2. Esplorando i simboli rituali della tradizione cristiana

III. L’arte del celebrare della comunità ecclesiale

  1. Educare a uno sguardo simbolico: progettiamo insieme

In allegato è possibile consultare il flyer con illustrato il calendario di ogni singola scuola.

L’iscrizione è da farsi attraverso il seguente link entro i termini riportati sul flyer

https://goo.gl/XPVbVf

per qualsiasi informazione è possibile rivolgersi alla segreteria (0522515953 oppure antonella.tosi@pastoralegiovani.re.it)

fonte: http://www.pastoralegiovani.re.it/?action=goid&id=2&artid=719

 

Come io ho amato voi. Vivere la misericordia: un training per adolescenti

Vivere la misericordia: un training per adolescenti. L’anno della misericordia sta ormai per iniziare, ma come fare per aiutare gli adolescenti a viverlo al massimo delle loro possibilità? La sfida è dura, e sappiamo che in questi giorni sono molti i catechisti alla caccia di idee interessanti. Così noi Paoline abbiamo appena consegnato alle nostre librerie e store un percorso tutto da scoprire e vivere.

Come io ho amato voi, è un itinerario in sei tappe che, tra canzoni, dinamiche di gruppo, esperienze da vivere, esercizi concreti, può aiutare catechisti e ragazzi ad allenarsi in misericordia.

Per ogni tappa gli atleti della misericordia (i ragazzi) dovranno allenarsi instancabilmente su un particolate atteggiamento. Per ogni atteggiamento ci sarà con loro un compagno di viaggio, un personaggio biblico che lo avrà già vissuto in prima persona. Ad attenderli al traguardo? Naturalmente le braccia del Padre.

Vi aspettiamo in libreria Paoline Reggio Emilia

  • Via: Emilia S. Stefano, 3/b
  • Cap: 42124
  • Città: Reggio Emilia – RE
  • Telefono: 0522 437620
  • Fax: 0522 541915
  • E-Mail: libreria.re@paoline.it

Buon allenamento!

Segnalazione web a cura di webmastersantostefano@simail.it

Messaggio del Parroco don Daniele Casini alle famiglie del Catechismo della comunità Santo Stefano – San Zenone

Unità Pastorale  Cattedrale – San Prospero – Santa Teresa – Santo Stefano – San Zenone

Alle famiglie del Catechismo della comunità

Santo Stefano – San Zenone

Il cammino di Unità pastorale, iniziato con le celebrazioni del 10-11 ottobre scorso, per crescere e consolidarsi avrà bisogno lungo l’anno di alcuni momenti che coinvolgano tutte e cinque le parrocchie. PER CAMMINARE INSIEME, BISOGNA STARE INSIEME.

Il primo momento sarà la prossima domenica, che per felice coincidenza cade il 25 ottobre, giorno tradizionale dei Santi martiri Crisanto e Daria, sepolti nell’altare della cripta del Duomo, e patroni di Reggio insieme alla Madonna della Ghiara e a San Prospero (c’è da secoli a Reggio questa festa del 25 ottobre, ma forse non tutti lo sanno!). È dunque domenica di sagra in Cattedrale: sono invitate tutte le famiglie del catechismo con i catechisti, i quali riceveranno il mandato e la benedizione per il compito di educatori alla fede che si impegnano a portare avanti stabilmente in questo anno.

Pertanto, domenica 25 ottobre, tutte le famiglie del catechismo delle cinque parrocchie — dalla 2ª elementare alla 2ª media — sono invitate a trovarsi direttamente in Cattedrale, alle ore 11 per preparare insieme la Messa delle 11.15. Nella Messa ci sarà, oltre al mandato dei catechisti, una sorpresa per le nostre parrocchie, legata a questi due giovani martiri — che facevano i catechisti “di nascosto” ed erano promessi sposi, quando sono stati scoperti e uccisi insieme a Roma nell’anno 283 dai soldati dell’imperatore.

Terminata la Messa, ci trasferiamo nel cortile del Vescovo (o nella Mensa, in caso di pioggia) per mangiare e bere insieme qualcosa come aperitivo, ospiti della Mensa e delle famiglie della Cattedrale.

Cogliamo l’occasione, per confermare che la successiva domenica, 1° novembre e solennità di Tutti i Santi, per le famiglie del catechismo di Santo Stefano e San Zenone, ci si troverà come di consueto alle 10 in chiesa a Santo Stefano per l’Eucaristia e, a seguire, il catechismo. Mentre quelli delle medie si troveranno il sabato 31 ottobre, alle 15. Vale a dire che quest’anno, per il fine settimana dei Santi, non vengono sospesi gli incontri di catechismo.

Infine, i genitori dei bambini dalla 2ª alla 5ª elementare, domenica 15 novembre, sono tutti convocati in chiesa a Santo Stefano, dopo la Messa — dalle 11 alle 12, mentre i figli fanno il catechismo — per l’incontro con il Parroco Don Daniele, di programmazione delle tappe di iniziazione cristiana dall’Avvento fino a maggio 2016.

Il Signore ci benedica e ci doni la sua pace.

Don Daniele Casini, parroco

Reggio Emilia, 16 ottobre 2015

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