Commento al Vangelo. Quella voce: tu sei il Figlio, l’amato, il mio compiacimento Battesimo del Signore – Anno C

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
«Viene dopo di me colui che è più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco, vi immergerà nel vento e nel fuoco di Dio. Bella definizione del cristiano: Tu sei “uno immerso” nel vento e nel fuoco, ricco di vento e di fuoco, di libertà e calore, di energia e luce, ricco di Dio.
Il fuoco è il simbolo che riassume tutti gli altri simboli di Dio. Nel Vangelo di Tommaso Gesù afferma: stare vicino a me è stare vicino al fuoco. Il fuoco è energia che trasforma le cose, è la risurrezione del legno secco del nostro cuore e la sua trasfigurazione in luce e calore.
Il vento: alito di Dio soffiato sull’argilla di Adamo, vento leggero in cui passa Dio sull’Oreb, vento possente di Pentecoste che scuote la casa. La Bibbia è un libro pieno di un vento che viene da Dio, che ama gli spazi aperti, riempie le forme e passa oltre, che non sai da dove viene e dove va, fonte di libere vite.
Battesimo significa immersione. Uno dei più antichi simboli cristiani, quello del pesce, ricorda anche questa esperienza: come il piccolo pesce nell’acqua, così il piccolo credente è immerso in Dio, come nel suo ambiente vitale, che lo avvolge, lo sostiene, lo nutre.
Gesù stava in preghiera ed ecco, venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Quella voce dal cielo annuncia tre cose, proclamate a Gesù sul Giordano e ripetute ad ogni nostro battesimo.
Figlio è la prima parola: Dio è forza di generazione, che come ogni seme genera secondo la propria specie. Siamo tutti figli nel Figlio, frammenti di Dio nel mondo, specie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue.
Amato. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è “amato”. «Tu ci hai amati per primo, o Dio, e noi parliamo di te come se ci avessi amato per primo una volta sola. Invece continuamente, di giorno in giorno, per la vita intera Tu ci ami per primo» (Kierkegaard).
Mio compiacimento è la terza parola, che contiene l’idea di gioia, come se dicesse: tu, figlio mio, mi piaci, ti guardo e sono felice. Si realizza quello che Isaia aveva intuito, l’esultanza di Dio per me, per te: «Come gode lo sposo l’amata così di te avrà gioia il tuo Dio» (ls 62,5).
Se ogni mattina potessi ripensare questa scena, vedere il cielo azzurro che si apre sopra di me come un abbraccio; sentire il Padre che mi dice con tenerezza e forza: figlio mio, amato mio, mio compiacimento; sentirmi come un bambino che anche se è sollevato da terra, anche se si trova in una posizione instabile, si abbandona felice e senza timore fra le braccia dei genitori, questa sarebbe la mia più bella, quotidiana esperienza di fede.
(Letture: Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 103; Tito 2,11-14;3,4-7; Luca 3,15-16.21-22).
avvenire
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Per dirla con Montale: il cristiano è colui che è «agli altri e se stesso amico» perché porta una Parola che non è sua

di Sergio Di Benedetto | 02 gennaio 2016
Per dirla con Montale: il cristiano è colui che è «agli altri e se stesso amico» perché porta una Parola che non è sua (consapevole di non meritarla di doverla maneggiare con cura)

In principio era il Verbo… o meglio la Parola, il Logos, che nella Vulgata venne reso come Verbum (termine che appunto in latino significa parola) e che così poi è rimasto nella traduzione italiana. Dio è Parola e per mezzo della Parola è stato creato il mondo. Una Parola che è «vita», «luce» e «grazia» e che a quanti l’accolgono permette di «diventare figli di Dio».

Serve umiltà, perché non siamo noi a possedere la Parola di Verità, ma Essa ad abitare in noi, se siamo capaci di aprirle la nostra vita. Non ci sono meriti da accampare. L’uomo, da solo, non può che balbettare, come una nota poesia di Eugenio Montale dice chiaramente:

«Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Guarda qui una trasposizione video della poesia

Il testo, datato 10 luglio 1923, fa parte della prima raccolta del poeta ligure, Ossi di seppia, edito nel 1925. Credo che le quartine montaliane potrebbero essere messe a fianco del Prologo di Giovanni per stimolarci a riflettere sul dono che la Parola rappresenta per la vita di un cristiano. L’uomo non possiede per sua natura una parola che abbracci il mondo, che dia un senso, che «squadri» il groviglio della vita, apparendo come un croco, giallo ed evidente, in un «polveroso prato». È il limite della creatura, la quale non è capace, da sola, di elaborare una «formula» che possa aprire il mondo; al massimo può arrivare a definizioni negative: «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Questo è dunque l’uomo. Ma qui si innesta la grazia di Dio, perché la «Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». È Lui che abita in noi, che prende dimora in noi, e non il contrario. È bandita ogni superbia, ogni pretesa di usare la Parola per mettere in evidenza se stessi e marcare differenze con coloro che quel Verbo «non l’hanno accolto». Il Vangelo sembra ammonirci: il cristiano non è colui che, per dirla con Montale, «se ne va sicuro» perché è migliore; non è colui che rifiuta di guardare la sua «ombra», quasi non l’avesse; ma è colui che è «agli altri e se stesso amico» perché porta una Parola che non è sua, consapevole di non meritarla e che è da maneggiare con cura, perché «la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» e non per mezzo nostro.

È un dono che il tempo natalizio rinnova, insieme alla responsabilità di essere «figli di Dio»: con quel «in principio», eco della Genesi, abbiamo un dono che ci permette di essere creature nuove in una nuova direzione della storia.

avvenire.it

 

AVVENTO 2015 GRUPPI DI VANGELO in Santo Stefano Reggio Emilia

“Unità Pastorale Santi Crisanto e Daria”

Famiglia parrocchiale di S. Stefano e S. Zenone

AVVENTO 2015

GRUPPI DI VANGELO nelle case

Giovedi 3 e  Mercoledì 9 Dicembre

alle ore 21

presso le famiglie

Zanetti Paola – via Costituzione, 1 – Tel. 340/6750734

Ruozi Giuseppe – Via Ampere, 2 – Tel. 0522/924089

Giovedi 3 e  Mercoledì 9 Dicembre

alle ore 16 

presso la famiglia

Lindner Anna Maria – Via Guasco, 33 – Tel. 0522/439989

ci si riunirà per meditare e pregare sulla e con la Parola di Dio sotto la guida di alcuni animatori preparati da Don Fabrizio.