San Giuseppe, patrono della Chiesa

Dal Vangelo di Matteo Giuseppe viene presentato come discendente del re Davide:

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli (…)

                        Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era la moglie di Uria (…) Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo”. Mt 1,1-16.

Il Vangelo di Matteo vuole dire che Gesù realizza le promesse fatte ad Abramo. Matteo è attento al legame di Gesù con la famiglia ebraica, la famiglia del popolo di Dio, si concretizza nella discendenza di Abramo e Davide. In questa descrizione da Abramo fino a Gesù c’è l’attesa del compimento: Gesù è la risposta ad una lunga attesa, il compimento della promessa di Dio fatta ad Abramo.

Sempre dai vangeli, in particolare di Matteo e Luca, si comprende la storia tra Giuseppe e Maria che ebbe inizio con l’evento dell’Annunciazione:

Al sesto mese l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.

La Vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse:

                                «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te»”. Lc 1,26-27.

Maria concepì il “Figlio dell’Altissimo” per opera dello Spirito Santo, le fu dato un segno di conferma anche attraverso il concepimento straordinario di Elisabetta che era detta sterile e in età avanzata per cui è detto nulla è impossibile a Dio. Allora Maria si recò subito in visita dalla cugina che era già al sesto mese di gravidanza.

Intanto: “Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto”. Mt 1,19.

Giuseppe venne a sapere che la sua sposa era incinta prima che andassero a vivere insieme, egli era riconosciuto un uomo giusto in quanto non voleva esporre pubblicamente all’iniquità Maria.

Mentre egli stava ragionando con se stesso su come risolvere al meglio questa situazione, ricevette l’intervento di un angelo come un intervento diretto di Dio. Giuseppe, uomo dei sogni, per quattro volte ebbe l’Angelo in visita:

Ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati»”. Mt 1,20-21.

Secondo la tradizione biblica il sogno è un’esperienza privilegiata, un canale utilizzato da Dio per entrare in dialogo con l’uomo. E cosi fu l’esperienza di Giuseppe che ascoltò le parole dell’angelo e fedelmente, nonostante tutte le difficoltà e le conseguenze del caso, prese con se la sua sposa.

Giuseppe accettò di essere il padre legale di Gesù. Il dovere del padre è anche mantenere un figlio, dargli da mangiare e custodirne la vita. Il lavoro è il modo di diventare una famiglia nella Bibbia ma anche di custodire la vita.

Mt 13,55: “Non è costui figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria?”.

Falegname, dal greco Tekton, può essere un titolo generico per indicare i semplici lavori di falegnameria oppure può anche essere usato per riferirsi ad operatori impegnati nell’ambito dell’edilizia. Secondo il contesto ebraico in cui nacque Gesù, i figli apprendevano ben presto il mestiere del padre per cui è probabile che anche Gesù praticò in gioventù il mestiere di falegname.

Da Mc 6, 2: ”Giunto il sabato, si mise ad insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria?”.

La vicenda di Giuseppe e della sua santa famiglia prosegue con un accadimento.

Il figlio ha meno di due anni e si profila una strage degli innocenti, Erode decide di far morire tutti i bambini da due anni in giù a Betlemme. Giuseppe per lungimiranza decise di portare il figlio in Egitto per custodirlo.

Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio”. Mt 2,13-15.

Tra i doveri di un padre poi dovere è insegnare la Legge: cioè l’educazione:

Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura ad andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno»”. Mt 2,19-23.

La città di Nazaret fu il luogo dove Gesù diventò un uomo; il compito di educare un figlio è di farne un adulto fino a quando assumerà le proprie responsabilità.

Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent’anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli”. Lc 3,23-38.

San Giuseppe, l’uomo giusto, è lo sposo di Maria e il padre “putativo” cioè creduto, ritenuto tale, di Gesù. Il vero Padre di Gesù è Dio stesso: “Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Lc 2,49.

Ci sono diverse riflessioni e ricerche dei padri della chiesa attorno alla figura di Giuseppe.

Da Giustino a Origene del II e III secolo; da San Cirillo di Gerusalemme a San Cromazio d’Aquileia e Sant’Ambrogio, i quali interpretarono i racconti degli evangelisti sottolineando le mirabili qualità del santo, la sua sincerità e onestà ed il suo essere uomo giusto in parole ed opere.

Sant’Agostino poi descrive San Giuseppe dicendo che nella vita egli praticò la giustizia in quanto non volle punire Maria, quindi applicò la legge nel giusto modo, per il bene della persona:

“il suo perdono, dunque, è solo ispirato dalla misericordia”.

Nel medioevo verso l’anno mille, mistici, santi e teologi come San Bernardo di Chiaravalle e San Bonaventura diedero rilievo alla figura di San Giuseppe come servo buono, fedele e saggio e ne diffusero la devozione tra i fedeli. Secondo San Tommaso d’Aquino la presenza di Giuseppe fu necessaria nel piano divino di salvezza perché Maria e Gesù avevano bisogno della cura e della protezione di un padre umano.

San Giovanni Paolo II nell’agosto del 1989 scrisse una esortazione apostolica la Redemptori Custossulla figura e la missione di San Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa. Questo importante documento pontificio fa da supporto alla devozione dei fedeli e la teologia non lo deve trascurare.

Riconosciuto santo dalla chiesa cattolica e dalla chiesa ortodossa San Giuseppe fu dichiaratopatrono della chiesa cattolica dal beato Pio IX l’8 dicembre 1870. Nel 1955 papa Pio XII istituì la festa di San Giuseppe Artigiano il primo maggio che coincide con la festa dei lavoratori.

Giuseppe, Maria e Gesù formano insieme la Sacra famiglia. La Chiesa Cattolica festeggia la solennità di San Giuseppe il 19 marzo, stessa data della festa del papà.

 

Numerose sono poi le tradizioni che accompagnano le festività legate alla devozione per San Giuseppe. Tra queste ricordiamo le tavole di San Giuseppe e i falò. Diffusa soprattutto in Sicilia e in Puglia ma non solo, la sera del 18 marzo le tavole di San Giuseppe vengano allestite nelle case dove vengono imbandite con ogni sorta di cibo con un’immagine del santo al centro. Vengono poi invitati a mensa amici, familiari e poveri e si recitano preghiere e poesie in onore di San Giuseppe. L’accensione dei falò è un rito celebrato in tutta Italia e celebra il passaggio dall’inverno alla primavera, la tradizione risale ad antichi riti pagani sostituiti poi dalle tradizioni cristiane per simboleggiare la luce che sconfigge le tenebre. La festa può essere accompagnata da musiche, balli, sagre e canti.

Chiese e santuari dedicati al santo si trovano in tutto il mondo. In Italia una chiesa antica si trova a Bologna e poi a Roma quelle di San Giuseppe dei falegnami al foro romano e San Giuseppe in Trionfale. In provincia di Pesaro Urbino, nella diocesi di Fano si trova come un’altra piccola perla: il santuario di San Giuseppe in Spicello.

Tra le pratiche devozionali: la preghiera A te o beato Giuseppe, La pratica dei sette dolori e allegrezze di San Giuseppe, le litanie, il sacro Manto, la novena, la coroncina e le preghiere nel mese di marzo, a lui consacrato.

vaticano.com

SAN GIUSEPPE, IL FALEGNAME SIMBOLO DELLA DIGNITÀ DEL LAVORO

È il patrono dei papà ma anche di falegnami, ebanisti e carpentieri. Si festeggia il 19 marzo ma Pio XII nel 1955 volle ricordare il patrono di artigiani e operai nel giorno della festa dei lavoratori. Nel Vangelo Gesù è chiamato “il figlio del carpentiere” e ricordare il Santo in questo giorno significa per la Chiesa riconoscere la dignità del lavoro umano come dovere dell’uomo e prolungamento dell’opera del Creatore

famigliacristiana.it

Dio è sempre con noi, come ci ricorda la figura di Giuseppe

di SILVIA CALABRÒ – vinonuovo.it
«La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». Dio è sempre con noi

Un uomo giusto, ebreo, della casa di Davide viene travolto da uno dei problemi più grossi dell’epoca: la sua promessa sposa è incinta. La legge dell’epoca era alquanto impietosa di fronte a tale situazione disonorevole.
Il disonore, oltre a cadere su Giuseppe, che poteva rivendicare il ripudio e l’accusa pubblica con la condanna di Maria, ricadeva anche sulla stessa famiglia di Maria, che vedeva un patto sciolto e una figlia non più adatta al matrimonio… Sono problemi grossi da affrontare e diciamo che la nascita del figlio di Dio non è avvenuta proprio in un contesto troppo sereno. Preoccupazioni, problemi familiari e sociali, il buon nome di persone che vengono messe a rischio… cosa fare?
Tutto questo farebbe perdere il sonno anche a noi e spesso sappiamo quanto il peso di scelte e preoccupazioni invadano con prepotenza la nostra vita, senza che noi ne siamo colpevoli.
Così il povero Giuseppe, travolto da una situazione più grande di lui, si trova a dover scegliere fra due situazioni. Decide, per il bene che riponeva in Maria, di ripudiarla in segreto: questo era l’unica soluzione che permetteva il male minore… più di così non poteva fare.

Ma proprio nel pieno dei suoi pensieri, Dio interviene mostrando a Giuseppe una terza via: portare avanti il matrimonio con la sua sposa. Certo non una soluzione facile da prendere e da portare avanti, ma l’invito a ‘non temere’ nasce da un senso più grande della sua vicenda personale. I problemi si supereranno, anche con fatica, ma Maria potrà portare a termine la sua missione con l’aiuto di questo uomo che la accoglierà e si prenderà cura di lei e del bambino.

Che storia! Molto simile a tante altre che si intrecciano nella nostra storia di oggi.
Anche quest’anno si celebra il Mistero dell’Incarnazione. Qualcosa che non nasce dal nulla, ma che entra nella storia complessa degli uomini di allora e di oggi. Proprio così, Dio scende fino a noi perché così noi possiamo sentirlo tanto vicino da non temere il mondo e i problemi che ci circondano. Dio giunge con la voce di un angelo a chiederci di non temere, di accogliere anche questa realtà strana e di viverla, proprio come Giuseppe, e di fidarci che anche quest’anno che per noi giungerà di nuovo un bambino, che porta in sé la salvezza per tutti. Egli è l’Emanuele, cioè quel Dio che si fa dono per noi. Questo è il segno che Dio sta dando a tutti, sia dall’altro dei cieli che dagli inferi. Un segno. Tutta la creazione e tutti gli uomini posso accogliere questo segno profetico di una vergine che darà vita a un figlio per noi. Spesso, però, siamo così ripiegati nei nostri problemi da non ricordare un elemento fondamentale della redenzione: la volontà di Dio di essere con noi. Come il re Acca, abbiamo paura di tentare Dio con un segno; ma Egli stesso aspetta una nostra richiesta di aiuto. Giuseppe ascolta quella voce che parla dentro di sé, mentre Acaz non farà altro che rifiutare la parola data dal profeta.

La nostra vita spesso è complessa e difficile, ma non dimentichiamo che Dio e con noi e non contro di noi.

Il santo del giorno Giuseppe / Custodire e generare la vita come Dio fa con l’umanità

D io tocchi i cuori di tutti i padri, perché i gesti di un padre costruiscono il futuro dei figli, così come i gesti dei governanti gettano le basi del cammino dei popoli e delle nazioni. La figura di san Giuseppe, sposo e papà, ci spinge a riflettere su questo concetto allargato di paternità: come egli si prese cura di Maria e di Gesù, così oggi chiunque viva una forma di paternità, ovvero di responsabilità e guida nei confronti di qualcun altro, è chiamato a essere custode del tesoro che gli è affidato. Giuseppe nei racconti evangelici non è molto presente, eppure da sempre la sua eredità spirituale è particolarmente cara alla devozione popolare, che in lui scorge l’umiltà di chi porta avanti un compito altissimo e gravoso senza chiedere nulla per sé. Ecco il senso della paternità: cooperare con Dio per generare la vita attorno a noi. E così noi, come figli, sappiamo che nell’abbraccio sicuro di quel Padre possiamo trovare rifugio, accoglienza e protezione da tutte le intemperie della vita.

Altri santi. San Giovanni, abate ( VI sec.); beato Marcello Callo, laico martire (1921-1945).

Letture. Romano. 2Sam 7,4-5.12-14.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24.

Ambrosiano. Sir 44,23g-45,2a.3d-5d; Sal 15 (16); Eb 11,1-2.7-9.13a-c.39-12,2b; Mt 2,19-23.

Bizantino. Eb 10,32-38; Mc 2,14-17.

Presepi, grande affluenza a Reggio Emilia

A Reggio Emilia la mostra “I presepi della carità in san Giuseppe” sta attirando molti visitatori, soprattutto nei fine settimana. I presepi – con pochissime eccezioni – sono opera di artisti del luogo; scultori, artigiani, falegnami di cui traspare l’abilità quanto l’amore per il tema trattato

Un Anno dedicato a san Giuseppe

«È l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta. Sostegno nelle difficoltà»

Papa Francesco all’Angelus di ieri, giorno in cui è stata diffusa la Lettera apostolica «Patris corde»

Nel 150° della proclamazione a patrono della Chiesa, il Papa scrive la Lettera apostolica «Patris corde» «Ci aiuti a comprendere il senso vero della paternità». Attenzione a occupazione, accoglienza e tenerezza

Un santo che può parlare all’uomo d’oggi. Un santo che ha avuto un ruolo di primo piano nel piano salvifico di Dio. Un santo che «ha amato Gesù con cuore di padre». Papa Francesco sceglie il 150° anniversario della proclamazione a patrono della Chiesa universale, per rendere nota la Lettera apostolica sulla figura di san Giuseppe e indire un Anno speciale dedicato proprio al padre terreno di Gesù, che si è aperto ieri e si concluderà l’8 dicembre 2021. Un testo, quella della Lettera apostolica, che sin dal suo titolo « Patris corde » («Con cuore di padre») evidenzia la prima caratteristica del «Custode di Gesù »: la paternità. E proprio il termine «padre» – accompagnato da diversi aggettivi – viene ripetuto come titolo di ognuno dei capitoli della Lettera apostolica, che non manca di coglierne l’attualità del suo operare nella famiglia di Nazaret. È il «padre nella tenerezza » che accudisce il bambino Gesù che «ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe». Tenerezza e misericordia che ognuno di noi può ritrovare nel Sacramento della Riconciliazione. Ma san Giuseppe «ci insegna che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza ». Giuseppe è anche «il padre nell’obbedienza », come testimonia il suo atteggiamento davanti alle richieste che Dio gli rivolge nei quattro sogni di cui si parla nei Vangeli. Richieste non semplici: non ripudiare Maria che aspetta un bambino non suo; prendere con sè nel cuore della notte Maria e Gesù per scappare in Egitto sfuggendo alla persecuzione di Erode; ritornare dopo qualche tempo in Israele e infine andare ad abitare a Nazaret. «In ogni circostanza della sua vita – scrive il Papa – Giuseppe seppe pronunciare il suo ‘fiat’, come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani». E aggiunge: «Da tutte queste vicende risulta che Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente ministro della salvezza». La difesa di Gesù ha portato la Famiglia di Nazaret a fuggire dalla propria terra e in Egitto a dover «affrontare problemi concreti come tutte le altre famiglie, come molti nostri fratelli migranti che ancora oggi rischiano la vita costretti dalle sventure e dalla fame. Credo che san Giuseppe – commenta papa Francesco – sia davvero uno speciale patrono per tutti coloro che devono lasciare la loro terra a causa delle guerre, dell’odio, delle persecuzioni e della miseria». Un patrono , ma anche «un padre dal coraggio creativo» che mette in campo «contro la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni». Una creatività che giunge da Dio.

Ma san Giuseppe è anche «padre nell’accoglienza», come ha dimostrato nell’accogliere Maria anche quando sa che attende un bambino non suo. Non è una accoglienza che nasce dalla rassegnazione passiva. «Il suo – scrive ancora il Pontefice – è un coraggioso e forte protagonismo», che si manifesta anche nel suo impegno per mantenere la famiglia con il frutto del proprio lavoro. Quello del «padre lavoratore » è «un aspetto che caratterizza san Giuseppe». E se il lavoro per Giuseppe «diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza», in questo tempo nel quale «il lavoro sembra essere tornato a rappresentare un’urgente questione sociale», occorre prendere consapevolezza che una famiglia dove «manca il lavoro è maggiormente esposta a difficoltà, tensioni, fratture e dissolvimento ». Tema quanto mai attuale, ricorda il Papa davanti alla «perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, a causa della pandemia di Covid-19».

Tenerezza, accoglienza, lavoro, obbedienza, coraggio creativo. Ma san Giuseppe mostra agli uomini e alle donne di oggi anche uno stile di paternità, che il Papa nella sua Lettera definisce «padre nell’ombra». «Padri non si nasce, lo si diventa – scrive Francesco –. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui». «Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre. Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri», che significa «introdurre il figlio all’esperienza della vita e della realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte , di libertà, di partenze». Ecco allora, spiega il Papa, che il termine «castissimo » spesso attribuito a san Giuseppe, evidenza un «atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore ». Insomma «la paternità che rinuncia alla tentazione di vivere la vita dei figli spalanca sempre spazi all’inedito». La paternità «non è mai esercizio di possesso, ma segno che rinvia a una paternità più alta. In un certo senso, siamo tutti sempre nella condizione di Giuseppe: ombra dell’unico Padre celeste, ombra che segue il FIglio».

Mondo \ Africa Senegal: in costruzione una nuova Chiesa dedicata a San Giuseppe: merita di essere venerato come Maria…

La Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” costruisce una nuova Chiesa dedicata a San Giuseppe a Vélingara, nel Sud del Senegal, Paese africano a stragrande maggioranza musulmana. Oggi viene inaugurato il campanile. Il direttore della fondazione, Alessandro Monteduro, ha spiegato a Maria Laura Serpico la scelta di festeggiare San Giuseppe con questo nuovo progetto.

R. – Agli italiani, a quei benefattori che ci hanno chiesto di celebrare San Giuseppe quest’anno in un modo tutto particolare, cioè anche attraverso un segno tangibile, noi abbiamo proposto di farlo in Senegal, provando a realizzare tutti assieme un campanile, il campanile della Chiesa di San Giuseppe a Vélingara, questa piccola cittadina del Sud del Senegal. Cosa c’è di più bello, di più straordinariamente evidente riguardo alla presenza cristiana, di un campanile?

D. – Perché avete scelto di costruire questa chiesa proprio nel Sud del Senegal?

R. – Ci è giunta questa richiesta dal parroco locale: “Abbiamo bisogno della generosità dei benefattori di ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ per poter finalmente disporre anche noi di un luogo di preghiera”. Quale momento migliore, intitolando la stessa chiesa a San Giuseppe, se non appunto in occasione della ricorrenza dello stesso San Giuseppe?

D. – Quanto è importante avere un luogo fisico in cui pregare?

R. – Noi siamo abituati a disporre di un luogo fisico presso cui pregare. Proviamo a immaginare la difficoltà di chi continua, nonostante persecuzioni, discriminazioni ma anche situazioni di mera povertà, di mera sofferenza materiale, pensiamo alla sofferenza aggiuntiva di chi, pur essendo cristiano, nostro fratello nella fede, non ha un luogo di preghiera in cui ritrovarsi … Non possiamo rispondere a questa domanda se non capiamo fino in fondo che ci sono centinaia di migliaia di cristiani nel mondo che preferiscono, pur di rimanere cristiani, lasciare le proprie case, lasciare tutto ciò di cui dispongono, i propri possedimenti materiali, per non vedere violata e violentata la loro fede, le loro radici, la loro identità! Ecco perché è essenziale il luogo di preghiera. Lo è per noi e noi ci siamo sostanzialmente abituati, noi italiani, noi occidentali; per loro è probabilmente un cibo importante, quasi quanto o forse più importante di quello strettamente materiale. Del resto, non di solo pane vive l’uomo …

D. – A oggi, quante chiese sono state edificate con il vostro aiuto?

R. – Consideri che “Aiuto alla Chiesa che soffre” ha 69 anni di vita, quindi forse è impossibile darle una risposta certa, compiuta. Le posso dire che ogni anno realizziamo o restauriamo – quindi operiamo interventi di edilizia religiosa – per circa 2.500 interventi; consideri che noi accompagniamo agli aiuti umanitari alle comunità cristiane la nostra caratteristica – che fa di “Aiuto alla Chiesa che soffre” effettivamente una Fondazione totalmente diversa dalle altre che si dedicano alla carità – che è quella degli interventi pastorali. Ovviamente, tra gli interventi pastorali non può non esserci la costruzione o il restauro di chiese, cappelle o seminari. Il 43% dei fondi raccolti nel solo 2014 da “Aiuto alla Chiesa che soffre” nel mondo – 105 milioni di euro, quindi non stiamo parlando di cifre irrilevanti – noi abbiamo deciso di destinarlo appunto all’edilizia religiosa. Mi piace ricordare due esempi velocissimi, due interventi strutturali straordinari: Egitto, Komboa, piccolo villaggio. Lì ci sono ancora 1.500 famiglie cristiane. Non hanno alcun luogo di preghiera presso il quale ritrovarsi. Consideri che per pregare si ritrovano di fronte a una croce disegnata sul muro oppure in un piccolo stanzino privato. Dal vescovo della diocesi locale ci è arrivato l’appello: “Regalateci un luogo di preghiera”. Straordinaria la reazione dei benefattori italiani. Angola, 25 anni di guerra civile, distrutte tutte le chiese. La guerra civile si conclude nel 2002; oggi, dopo 15 anni, in Angola sono state aperte ben sei Porte Sante. Di queste sei Porte Sante, cinque – posso dirlo – si devono all’affetto, all’attenzione, alla generosità, alla vicinanza di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, ma soprattutto ai suoi benefattori e alle sue benefattrici nel mondo. Questo è “Aiuto alla Chiesa che soffre”; per questo ci dedichiamo con particolare trasporto e coinvolgimento alla costruzione delle chiese.

Radio Vaticana

19 Marzo S. Giuseppe

Grado della Celebrazione: SOLENNITA’
Colore liturgico: Bianco 

Sposo di colei che sarebbe stata Madre del Verbo fatto carne, Giuseppe è stato prescelto come “guardiano della parola”. Eppure non ci è giunta nessuna sua parola: ha servito in silenzio, obbedendo al Verbo, a lui rivelato dagli angeli in sogno, e, in seguito, nella realtà, dalle parole e dalla vita stessa di Gesù.
Anche il suo consenso, come quello di Maria, esigeva una totale sottomissione dello spirito e della volontà. Giuseppe ha creduto a quello che Dio ha detto; ha fatto quello che Dio ha detto. La sua vocazione è stata di dare a Gesù tutto ciò che può dare un padre umano: l’amore, la protezione, il nome, una casa.
La sua obbedienza a Dio comprendeva l’obbedienza all’autorità legale. E fu proprio essa a far sì che andasse con la giovane sposa a Betlemme e a determinare, quindi, il luogo dell’Incarnazione. Dio fatto uomo fu iscritto sul registro del censimento, voluto da Cesare Augusto, come figlio di Giuseppe. Più tardi, la gioia di ritrovare Gesù nel Tempio in Giuseppe fu diminuita dal suo rendersi conto che il Bambino doveva compiere una missione per il suo vero Padre: egli era soltanto il padre adottivo. Ma, accettando la volontà del Padre, Giuseppe diventò più simile al Padre, e Dio, il Figlio, gli fu sottomesso. Il Verbo, con lui al momento della sua morte, donò la vita per Giuseppe e per tutta l’umanità. La vita di Giuseppe fu offerta al Verbo, mentre la sola parola che egli affida a noi è la sua vita.

san.giuseppe