Mercoledì delle Ceneri 10 febbraio (celebrazione mobile)

Il mercoledì delle Ceneri, la cui liturgia è marcata storicamente dall’inizio della penitenza pubblica, che aveva luogo in questo giorno, e dall’intensificazione dell’istruzione dei catecumeni, che dovevano essere battezzati durante la Veglia pasquale, apre ora il tempo salutare della Quaresima.
Lo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore, che proclamano i testi della Sacra Scrittura, si esprime simbolicamente nel rito della cenere sparsa sulle nostre teste, al quale noi ci sottomettiamo umilmente in risposta alla parola di Dio. Al di là del senso che queste usanze hanno avuto nella storia delle religioni, il cristiano le adotta in continuità con le pratiche espiatorie dell’Antico Testamento, come un “simbolo austero” del nostro cammino spirituale, lungo tutta la Quaresima, e per riconoscere che il nostro corpo, formato dalla polvere, ritornerà tale, come un sacrificio reso al Dio della vita in unione con la morte del suo Figlio Unigenito. È per questo che il mercoledì delle Ceneri, così come il resto della Quaresima, non ha senso di per sé, ma ci riporta all’evento della Risurrezione di Gesù, che noi celebriamo rinnovati interiormente e con la ferma speranza che i nostri corpi saranno trasformati come il suo.
Il rinnovamento pasquale è proclamato per tutta l’umanità dai credenti in Gesù Cristo, che, seguendo l’esempio del divino Maestro, praticano il digiuno dai beni e dalle seduzioni del mondo, che il Maligno ci presenta per farci cadere in tentazione. La riduzione del nutrimento del corpo è un segno eloquente della disponibilità del cristiano all’azione dello Spirito Santo e della nostra solidarietà con coloro che aspettano nella povertà la celebrazione dell’eterno e definitivo banchetto pasquale. Così dunque la rinuncia ad altri piaceri e soddisfazioni legittime completerà il quadro richiesto per il digiuno, trasformando questo periodo di grazia in un annuncio profetico di un nuovo mondo, riconciliato con il Signore.

Martirologio Romano: Giorno delle Ceneri e principio della santissima Quaresima: ecco i giorni della penitenza per la remissione dei peccati e la salvezza delle anime. Ecco il tempo adatto per la salita al monte santo della Pasqua.

«Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris», ovvero: «Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai». Queste parole compaiono in Genesi 3,19 allorché Dio, dopo il peccato originale, cacciando Adamo dal giardino dell’Eden lo condanna alla fatica del lavoro e alla morte: «Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».

Questa frase veniva recitata il primo giorno di Quaresima, quando il sacerdote segnava la fronte dei fedeli con la cenere. Dopo la riforma liturgica, seguita al Concilio Vaticano II, la frase è stata mutata con la locuzione: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Tradizionalmente le ceneri rituali si ricavano bruciando i rami d’ulivo benedetti la domenica delle Palme dell’anno precedente.

Per il mercoledì delle ceneri è previsto il digiuno e l’astensione dalle carni, astensione che la Chiesa ha sempre richiesto per tutti i venerdì dell’anno, ma che negli ultimi decenni si limita ai venerdì del periodo quaresimale. Inizia dunque il tempo della penitenza, delle rinunce e del colore viola per la Liturgia Sacra al fine di prepararsi alla Passione e alla Morte del Salvatore, che vinse il peccato e la morte. Difficile per il cattolico contemporaneo vivere seriamente la Quaresima. Mentre per i musulmani si richiede rispetto per il loro Ramadan, per i cattolici non solo non viene dato similare rispetto, ma a molti di essi non viene neppure insegnato il reale significato della Quaresima.

Il Figlio di Dio digiunò, cacciò le tentazioni di Satana e subì la Passione e la Morte esclusivamente per noi. A noi resta il compito di vivere nella grazia di Dio, per sostituire le abitudini viziose, sorte con il peccato originale, con le virtù, che si acquisiscono e si coltivano grazie ai Sacramenti, alla preghiera, alle rinunce, ai fioretti, alle penitenze e alle buone opere. Non ci sono altri sistemi. Tuttavia, mancando la Fede autentica, la Quaresima non è più periodo essenziale per la vita del credente, bensì momento di laica solidarietà, che prende le distanze dalla carità evangelica; essa, infatti, non è più correlata alla Croce e si limita a divenire un mero esercizio sociale.

Insegna Sant’Agostino: «Il cristiano anche negli altri tempi dell’anno deve essere fervoroso nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine. Tuttavia questo tempo solenne deve stimolare anche coloro che negli altri giorni sono pigri in queste cose. Ma anche quelli che negli altri giorni sono solleciti nel fare queste opere buone, ora le debbono compiere con più fervore. La vita che trascorriamo in questo mondo è il tempo della nostra umiltà ed è simboleggiata da questi giorni nei quali il Cristo Signore, il quale ha sofferto morendo per noi una volta per sempre, sembra che ritorni ogni anno a soffrire. Infatti ciò che è stato fatto una sola volta per sempre, perché la nostra vita si rinnovasse, lo si celebra tutti gli anni per richiamarlo alla memoria. Se pertanto dobbiamo essere umili di cuore con tutta la forza di una pietà assolutamente verace per tutto il tempo di questo nostro pellegrinaggio, durante il quale viviamo in mezzo a tentazioni: quanto più dobbiamo esserlo in questi giorni nei quali non solo, vivendo, stiamo trascorrendo questo tempo della nostra umiltà, ma lo simboleggiamo anche con un’apposita celebrazione? L’umiltà di Cristo ci ha insegnato ad essere umili: nella morte infatti si sottomise ai peccatori; la glorificazione di Cristo glorifica anche noi: con la risurrezione infatti ha preceduto i suoi fedeli. Se noi siamo morti con lui ‒ dice l’Apostolo ‒ vivremo pure con lui; se perseveriamo, regneremo anche insieme con lui (2 Tim. 2, 11. 12)» (Sermoni, 206, 1).

Per avere la forza di vivere e sostenere le prove (le croci), senza esserne sopraffatti o, peggio, cercando di scappare da esse trovandone altre e di più pesanti, occorrono pratica e allenamento: il tempo di Quaresima è la miglior palestra per il corpo e per l’anima.

Autore: Cristina Siccardi

L’origine del Mercoledì delle ceneri è da ricercare nell’antica prassi penitenziale. Originariamente il sacramento della penitenza non era celebrato secondo le modalità attuali. Il liturgista Pelagio Visentin sottolinea che l’evoluzione della disciplina penitenziale è triplice: “da una celebrazione pubblica ad una celebrazione privata; da una riconciliazione con la Chiesa, concessa una sola volta, ad una celebrazione frequente del sacramento, intesa come aiuto-rimedio nella vita del penitente; da una espiazione, previa all’assoluzione, prolungata e rigorosa, ad una soddisfazione, successiva all’assoluzione”.

La celebrazione delle ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì santo. Nel tempo il gesto dell’imposizione delle ceneri si estende a tutti i fedeli e la riforma liturgica ha ritenuto opportuno conservare l’importanza di questo segno.

La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri.

1 – Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2 – Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11).

La semplice ma coinvolgente liturgia del mercoledì delle ceneri conserva questo duplice significato che è esplicitato nelle formule di imposizione: “Ricordati che sei polvere, e in polvere ritornerai” e “Convertitevi, e credete al Vangelo”. Adrien Nocent sottolinea che l’antica formula (Ricordati che sei polvere…) è strettamente legata al gesto di versare le ceneri, mentre la nuova formula (Convertitevi…) esprime meglio l’aspetto positivo della quaresima che con questa celebrazione ha il suo inizio. Lo stesso liturgista propone una soluzione rituale molto significativa: “Se la cosa non risultasse troppo lunga, si potrebbe unire insieme l’antica e la nuova formula che, congiuntamente, esprimerebbero certo al meglio il significato della celebrazione: “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai; dunque convertiti e credi al Vangelo”.

Il rito dell’imposizione delle ceneri, pur celebrato dopo l’omelia, sostituisce l’atto penitenziale della messa; inoltre può essere compiuto anche senza la messa attraverso questo schema celebrativo: canto di ingresso, colletta, letture proprie, omelia, imposizione delle ceneri, preghiera dei fedeli, benedizione solenne del tempo di quaresima, congedo.

Le ceneri possono essere imposte in tutte le celebrazioni eucaristiche del mercoledì ma sarà opportuno indicare una celebrazione comunitaria “privilegiata” nella quale sia posta ancor più in evidenza la dimensione ecclesiale del cammino di conversione che si sta iniziando.


Autore:
Enrico Beraudo – in santiebeati.it

“Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro”

…in attesa della pubblicazione del Sussidio di Quaresima 2016

Nella tua misericordia, a tutti sei venuto incontro è il titolo del prossimo Sussidio liturgico-pastorale del Tempo di Quaresima-Triduo 2016. E già ci orienta alla celebrazione del XXVI Congresso Eucaristico nazionale che si terrà a Genova dal 15 al 18 settembre prossimo sul tema l’Eucaristia sorgente della missione: “Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro”.
Questa espressione, tratta dalla Preghiera eucaristica IV, esprime l’ampiezza della misericordia divina e la sua azione preveniente, che precede ogni altra iniziativa umana. Celebrare la Quaresima, tempo di conversione, significa accogliere prima di tutto in noi la forza della misericordia divina; mentre celebrare la Pasqua significa rendersi disponibili a prolungare nel tempo l’azione del Risorto che ci manda come suoi discepoli.
Il Sussidio, prossimo alla pubblicazione, offre:

– Commento biblico-liturgico (una proposta di riflessione biblica, a partire dalle letture domenicali)
– Indicazioni celebrative (per ogni domenica e festività si danno alcune sobrie e puntuali indicazioni celebrative)
– Proposta liturgico-musicale (adeguata proposta di animazione liturgico-musicale)
– Percorso di formazione catechetica (schede di catechesi)
– Sezione patrimonio artistico (con relativi commenti teologici)

Ufficio Liturgico Nazinale

Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2016: «La fede diventi opera concreta»

Il tempo di Quaresima sia un tempo di conversione. Un tempo favorevole per “uscire dalla propria alienazione spirituale” e, attraverso le opere di misericordia corporali e spirituali, comprendere di essere tutti, perfino i superbi, i potenti e i ricchi di cui parla il Magnificat, “immeritatamente amati dal Crocifisso, morto e risorto anche per loro”.

IL TESTO INTEGRALE DEL MESSAGGIO

È questo, in estrema sintesi, il cuore del Messaggio del Papa per la Quaresima, reso noto oggi in una conferenza nella Sala stampa della Santa Sede, con il titolo “Misericordia io voglio e non sacrifici” (mt 9. 13). Le opere di misericordia nel cammino giubilare”. Il Papa ricorda che nel tempo della Quaresima invierà nelle diocesi i Missionari della Misericordia “perché siano per tutti un segno concreto della vicinanza e del perodno di Dio”.

CHI SONO I MISSIONARI DELLA MISERICORDIA (I.Solaini)

La misericordia di Dio trasforma il cuore dell’uomo, scrive il Papa, “gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia”.

L’ACCECAMENTO E IL DELIRIO DI ONNIPOTENZA
Le opera di misericordia degli uomini verso il prossimo sono per così dire il “frutto” che l’amore misericordioso di Dio fa germogliare. Il più povero verso cui chinarsi si rivela – scrive il Papa – colui che non accetta di riconoscersi tale. Crede di essere ricco, ma è il più povero dei poveri perché è schiavo del peccato, “che lo spinge a utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante”. Un “accecamento menzognero” che non gli fa vedere il povero Lazzaro che mendica davanti a casa sua. Un accecamento, ancora, che si accompagna a un delirio di onnipotenza, che può assumere forme sociali e politiche. E qui il Papa fa nomi e conognomi: “le ideologie del pensiero unico e della tecnoscienza, che pretendono di rendere Dio irrilevante e di ridurre l’uomo a massa da strumentalizzare”.

LA MISERICORDIA DI DIO CI MOTIVA ALL’AMORE DEL PROSSIMO
Ma Lazzaro è la possibilità di conversione che Dio ci offre. L’ascolto della Parola e le opere di misericordie possono portarci fuori dalla nostra “alienazione spirituale”.

Con le opere di misericordia corporali possiamo toccare “la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati”, con quelle spirituali – consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare – tocchiamo “più direttamente il nostro essere peccatori”.

Attraverso entrambe le opere corporali e quelle spirituali i peccatori possono ricevere in dono la consapevolezza di essere essi stessi poveri mendicanti.

Attraverso questa strada anche i “superbi”, i “potenti” e i “ricchi” di cui parla il Magnificat hanno la possibilità di accorgersi di essere “immeritatamente amati dal Crocifisso”.” Solo in questo amore c’è la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l’uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere”.

Il rischio è restare sordi al povero che bussa, condannandosi “a sprofondare in quell’eterno abisso di solitudine che è l’inferno”. Non perdiamo questo tempo di Quaresima favorevole alla conversione!”, è la conclusione del Papa.

 

In Quaresima lasciamo agire lo Spirito Santo

Padre Raniero Cantalamessa

La conversione che ci chiede Gesù non è un “tornare indietro”, ma piuttosto “fare un salto in avanti”. È quanto affermato dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nella prima predica di Quaresima nella Cappella “Redemptoris Mater” in Vaticano. Padre Cantalamessa ha dedicato la meditazione all’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, invitando tutti a vivere la Quaresima come un periodo in cui possiamo riempire di Spirito Santo la nostra anima.

Ciascun battezzato “è un soggetto attivo di evangelizzazione”. Padre Raniero Cantalamessa ha preso spunto da un passo dell’Evangelii Gaudium per soffermarsi sul tema della gioia evangelica che riempie il cuore e la vita.

Incontrare personalmente Gesù 
Lo scopo ultimo dell’evangelizzazione, ha affermato, “non è la trasmissione di una dottrina ma l’incontro con una persona, Gesù Cristo”.
“La possibilità di un tale incontro a tu per tu dipende dal fatto che Gesù risorto è vivo e desidera camminare affianco di ogni credente così realmente come camminava affianco dei due discepoli di Emmaus lungo il viaggio, anzi, di più, come era con i due discepoli quando tornavano a Gerusalemme dopo che avevano ricevuto il pane spezzato da Gesù, perché adesso era dentro di loro, non era affianco”.

Per Francesco, ha proseguito, questo non vuol dire che l’incontro personale “sostituisce quello ecclesiale”, ma solo che quest’ultimo deve essere anche “un incontro libero, voluto, spontaneo, non puramente nominale, giuridico o abitudinario”. Il frate cappuccino ha così evidenziato che questo è ancor più vero oggi nel momento in cui “l’esaltazione della libertà individuale e dell’autodeterminazione” hanno mutato “profondamente la situazione della fede nella società”.

I movimenti al servizio della nuova evangelizzazione
Di qui l’urgenza di una nuova evangelizzazione che crei per gli “uomini d’oggi delle occasioni che permettano loro” di prendere una decisione “personale libera e matura”. Al riguardo, ha detto, dopo il Concilio Vaticano II hanno avuto un grande ruolo gli “innumerevoli movimenti ecclesiali” e le “aggregazioni laicali”
“Il contributo comune di tutte queste realtà vastissime, sia pe consistenza numerica che per indole, costituisce un elemento comune: sono l’occasione per molti laici adulti di prendere coscienza del proprio battesimo e di decidere liberamente della loro appartenenza, quindi diventare soggetti attivi della Chiesa, non più solo passivi”.

Ma perché, si chiede ancora padre Cantalamessa, “il Vangelo riempie di gioia il cuore e la vita del credente?”. La risposta è proprio nell’incontro “personale con Gesù”, nel “rapporto intimo, da persona a persona” con Lui.

Convertirsi è andare avanti, non tornare indietro
Prima di Gesù, ha così affermato, “convertirsi significava sempre ‘tornare indietro’”, ma con il Signore cambia tutta la realtà, la conversione “assume un significato nuovo, finora sconosciuto”
“Convertirsi non significa più tornare indietro all’alleanza violata: significa fare un balzo in avanti ed entrare nel Regno che è apparso gratuitamente per decisione di Dio in mezzo agli uomini. Quindi convertitevi e credete sono la stessa cosa: convertitevi, cioè credete”.

Ecco, ha soggiunto, perché il Vangelo è Buona Notizia: perché “ci parla di un Dio che, per pura grazia, ci è venuto incontro in suo Figlio Gesù”. Quindi, ha messo in guardia dal fermarsi alla croce convincendosi “che il Vangelo è sinonimo di sofferenza e di rinnegamento di sé, e non di gioia”. In realtà, ha detto, il Calvario è la “penultima tappa, mai l’ultima”: dopo la croce c’è la Risurrezione, “la gioia senza fine”.

Fede e opere in “Evangelii Gaudium”
Il predicatore della Casa Pontificia ha dunque evidenziato che il Vangelo non si può ridurre alla sola dimensione della fede, trascurando le opere. Altrimenti, come scrive l’Apostolo Giacomo, la fede è “morta”. E qui ha richiamato l’Evangelii Gaudium che, ha detto, fa una sintesi proprio tra fede e opere
“L’Esortazione Apostolica di Papa Francesco riflette questa sintesi tra fede e opere, perché dopo aver iniziato con questa prospettiva radiosa dell’incontro con Cristo, che già ti mette nella salvezza, elenca nel corpo della lettera tutti i ‘No’ che il Vangelo dice contro l’egoismo, l’ingiustizia, l’idolatria del denaro e i ‘Si’ che il Vangelo ci fa dire, ci sprona a dire al servizio degli altri, all’impegno sociale, ai poveri. È la dimostrazione che l’incontro personale con Gesù non ti lascia indifferente nel quietismo, ma ti spinge, diventa un dinamismo che porta sia all’evangelizzazione che alla santificazione personale”.

A Quaresima, riempiamo di Spirito Santo la nostra anima
Padre Cantalamessa ha concluso la sua predica sottolineando che la “gioia promessa dal Vangelo è frutto dello Spirito, e non si mantiene se non grazie a un continuo contatto con Lui”. Un contatto che possiamo ancor più sperimentare e approfondire nel tempo di Quaresima
“E questo tempo di Quaresima, venerabili padri, fratelli e sorelle, è il tempo più adatto per ‘l’ispirazione’, per fare dei forti, grossi respiri di Spirito Santo attraverso quel poco che possiamo fare, in modo che poi dopo, quando andiamo verso gli altri – senza che ce ne accorgiamo – forse, il nostro respiro, il nostro alito profuma un po’ di Gesù. Buona Quaresima a tutti”.

(Servizio di Alessandro Gisotti, Radio Vaticana)

avvenire.it

cresima

Messaggio del Parroco don Fabrizio Crotti per la Quaresima 2015

Crotti don Fabrizio_15  parroccato

Il tempo è, per noi, costituito dalle stagioni, dal levar e dal calar del sole, ed ai vari ritmi di riposo e lavoro: è attraverso tali elementi che noi distinguiamo il tempo, almeno quello fisico.

Esiste anche un tempo dello spirito, pure ritmato da tempi liturgici, le stagioni dello spirito che, diversamente da quelle temporali, possono essere seguite o non.

Così dopo il tempo del Natale, viene il tempo del carnevale (inizialmente del tutto ‘laico’) festeggiato dal cristiano come prolungamento della gioia del Natale che ci ha portato una speranzosa e gioiosa visione di vita.

Segue successivamente un tempo di quaresima, generalmente visto come tempo della tristezza, della penitenza e perciò spesso accettato non di buon grado, e talora, ignorato.

In realtà la quaresima è un tempo di grazia, di revisione della nostra vita, di ‘fidanzamento’ con il Signore. Non è a caso che uno dei temi maggiori della riflessione quaresimale sia il “deserto” luogo nel quale Dio ha condotto Israele per renderlo ‘adulto’…per prepararlo ad essere ‘popolo’ e non più servitore… Nel deserto Dio parla al cuore dei suoi profeti, parla a Giovanni il precursore, e parla a Gesù suo amore incarnato per noi.

È nel deserto che Gesù, nello Spirito e nella preghiera, accoglie la volontà del Padre che lo vuole Agnello sacrificato per la salvezza dell’umanità.

È a partire dalla esperienza nel deserto che inizia in Gesù il nuovo popolo di Israele e la comunione rinnovata tra cielo e terra, pace tra regno animale e regno celeste.(v. lett, 1 dom).

Nella morte di Gesù si attuerà questa pace-comunione, la vittoria sul male e sulla morte.

Perché allora continua ad esistere il male, il peccato, le lotte fratricide ecc.?

Ciò che Gesù ci ha offerto, il bene, la pace, la vittoria sul male è un dono non un obbligo. La libertà con la quale Dio ci creato, presuppone che vi sia anche il rifiuto, ciò che spesso purtroppo accade.

L’uomo non è obbligato a compiere il bene, ma gliene è data facoltà se accoglie il dono di Cristo.

Se non lo accoglie è come qualsiasi dono che noi facciamo: una opportunità che è data ma che è reale allorquando se ne fa uso.

La quaresima rappresenta allora un tempo attraverso il quale riflettiamo seriamente sulla nostra vita, le nostre scelte, l’aver accettato in toto o in parte quel magnifico dono che ci è dato dal Cristo: l’opportunità di vivere al di fuori del peccato, di far parte del popolo dei salvati già ora, e dei risorti in futuro.

Non perdiamo dunque questa nuova e meravigliosa opportunità; riprendiamo, se mai fosse stato interrotto, il nostro fidanzamento col Signore perché la sua Pasqua diventi la nostra Pasqua; la sua morte la nostra morte al male; la sua Pace di Risorto sia la nostra pace!

Con schiettezza e sincerità Buona Pasqua a tutti: pace e gioia particolarmente a chi è più tribolato interiormente!

don Fabrizio

Vescovo Mons. Camisasca invita i giovani in Cattedrale

“Desidero rivolgere un invito ai giovani e a tutti quanti vorranno vivere con me quattro momenti durante la Quaresima: 27 febbraio, 6, 13 e 20 marzo, in Cattedrale, nella nostra Cattedrale, alle 20.45. Quattro momenti per camminare assieme verso la Pasqua.

Il primo sarà dedicato a san Pietro e al suo tradimento: è possibile risorgere dopo i tradimenti?

Il secondo sarà dedicato al cireneo: è possibile portare i pesi nostri e i pesi degli altri?

Il terzo alla Maddalena: Gesù amava la Maddalena ed era amato da lei: quali sono i passi dell’amore?

E poi il quarto momento, il centurione e i due ladroni: Come possiamo rinascere dopo la morte? A cosa siamo destinati?

Ecco, quattro momenti per camminare assieme verso la Pasqua”.

Con queste parole – in un videomessaggio registrato dall’Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali- monsignor Massimo Camisasca invita i giovani a partecipare in Cattedrale ad un nuovo ciclo di catechesi, riunite sotto il titolo “Li amò sino alla fine”.

Il primo appuntamento, venerdì 27 febbraio alle 20.45, è sul tema “La conversione dell’amore”(Simon Pietro e Gesù); seguono il 6 marzo “Protagonisti della salvezza del mondo” (Il cireneo), il 13 marzo “La scoperta dell’amore vero” (Maria Maddalena) e il 20 marzo “Un amore che non ha confini” (Il centurione e i due ladroni).

La struttura della serata sarà quella già collaudata nelle passate edizioni. Il Vescovo e altri sacerdoti saranno disponibili per le confessioni a partire dalle 20. Poi un canto introdurrà le parole di monsignor Camisasca, che dopo la sua catechesi accoglierà le domande di alcuni partecipanti, per concludere intorno alle 22.

laliberta.info

Mercoledì delle Ceneri 18 Febbraio 2015

Colore liturgico: Viola 

Il mercoledì delle Ceneri, la cui liturgia è marcata storicamente dall’inizio della penitenza pubblica, che aveva luogo in questo giorno, e dall’intensificazione dell’istruzione dei catecumeni, che dovevano essere battezzati durante la Veglia pasquale, apre ora il tempo salutare della Quaresima.
Lo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore, che proclamano i testi della Sacra Scrittura, si esprime simbolicamente nel rito della cenere sparsa sulle nostre teste, al quale noi ci sottomettiamo umilmente in risposta alla parola di Dio. Al di là del senso che queste usanze hanno avuto nella storia delle religioni, il cristiano le adotta in continuità con le pratiche espiatorie dell’Antico Testamento, come un “simbolo austero” del nostro cammino spirituale, lungo tutta la Quaresima, e per riconoscere che il nostro corpo, formato dalla polvere, ritornerà tale, come un sacrificio reso al Dio della vita in unione con la morte del suo Figlio Unigenito. È per questo che il mercoledì delle Ceneri, così come il resto della Quaresima, non ha senso di per sé, ma ci riporta all’evento della Risurrezione di Gesù, che noi celebriamo rinnovati interiormente e con la ferma speranza che i nostri corpi saranno trasformati come il suo.
Il rinnovamento pasquale è proclamato per tutta l’umanità dai credenti in Gesù Cristo, che, seguendo l’esempio del divino Maestro, praticano il digiuno dai beni e dalle seduzioni del mondo, che il Maligno ci presenta per farci cadere in tentazione. La riduzione del nutrimento del corpo è un segno eloquente della disponibilità del cristiano all’azione dello Spirito Santo e della nostra solidarietà con coloro che aspettano nella povertà la celebrazione dell’eterno e definitivo banchetto pasquale. Così dunque la rinuncia ad altri piaceri e soddisfazioni legittime completerà il quadro richiesto per il digiuno, trasformando questo periodo di grazia in un annuncio profetico di un nuovo mondo, riconciliato con il Signore.
 

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