Diaconi da tutto il mondo a Roma per il Giubileo della Misericordia

“Il diacono, immagine della misericordia per la promozione della nuova evangelizzazione” è questo il tema del Giulileo dei diaconi permanenti giunti a Roma da tutto il mondo per l’Anno Santo e nella speciale ricorrenza dei 50 anni della re-istituzione del diaconato permanente, avvenuta con il Concilio Vaticano II. Questa domenica i diaconi parteciperanno alla Messa presieduta da Papa Francesco. Il servizio di Marina Tomarro da Radio Vaticana

Secondo i dati dell’Annuario pontificio, sono circa 45mila i diaconi in tutto il mondo che operano accanto ai sacerdoti e tra la gente portando una testimonianza di fede e di carità, con una particolare cura verso le famiglie e verso quanti vivono situazioni di disagio spirituale e materiale. In Italia sono oltre 4000, la maggior parte di loro sposati e impegnati insieme alle famiglia in questa importante missione. Ascoltiamo la testimonianza di Giorgio Albani, diacono a Roma nella parrocchia dei Sacri Cuori di Gesù e Maria:

R. – Io credo che non sia un ruolo importante, ma che la cosa importante sia essere al servizio della Chiesa là dove ti chiama, là dove servi. Io, in particolar modo, mi occupo di pastorale battesimale e di pastorale familiare. Per me e per mia moglie questo è un grosso dono, perché ci dà la possibilità di sentire e di vivere concretamente il vissuto odierno, cioè come la gente vive la famiglia, le difficoltà, soprattutto anche dei valori, che sono in crisi oggi.

D. – Come nasce la tua vocazione di diacono?

R. – La mia vocazione di diacono nasce da lontano, nasce da un’esperienza di sofferenza in cui mia figlia ha vissuto un momento di malattia. Questo mi ha scosso molto. Dopo mi sono sempre interrogato su cosa desiderasse il Signore da me. Io già ero nella Chiesa, ma con quel segno di guarigione io ho avuto questa necessità di dare al Signore qualcosa. E si è aperta questa strada che non conoscevo. Non sapevo infatti cosa fosse il diaconato.

D. – Tu sei sposato, in che modo si concilia la tua vocazione di diacono con la vita familiare?

R. – La prima vocazione nell’ambito del diaconato è il matrimonio. Se mia moglie non avesse la vocazione al servizio, non sarei potuto diventare diacono. Sicuramente questo è fondamentale. Insieme a mia moglie abbiamo sempre lavorato in parrocchia, soprattutto nella pastorale familiare. Questo ci ha reso più uniti, con tutte le difficoltà che ci sono. Non nascondo, infatti, che a volte serve un equilibrio anche in questo e che conciliare la vita familiare non è facile.

D. – Renata tu sei la moglie di Giorgio. Cosa vuol dire accompagnarlo nel suo servizio?

R. – E’ una scelta di vita che nasce senza rendertene conto. Certo, il diaconato è stata una cosa inaspettata, perché anch’io come lui non sapevo in cosa consistesse. E’ stato quindi un sacrificio. Ma quello che oggi vedo è che si tratta di una scelta di vita ponderata, perché ho sperimentato tante cose dal Signore. E’ una gratuità, quindi, che ti viene dentro e tu la dai con gioia. Si fa, quindi, con sacrificio, ma sempre lieti nel Signore.

E Giorgio con il suo esempio, ha coinvolto anche suo genero Leonardo Micacci, che opera nella parrocchia romana del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Ascoltiamo la sua storia:

R. – Sono sposato con Laura, abbiamo tre figli e mi occupo principalmente di pastorale familiare. Aiuto giovani famiglie in un percorso di accompagnamento alla fede e penso che forse sia uno dei ruoli fondamentali cui oggi il Signore ci chiama come diaconi. Mi riferisco in particolare alle famiglie, quindi all’accompagnamento di un diacono che è anche sposo e può portare una testimonianza. Un altro ambiente cui il Papa ci chiama sempre ad evangelizzare è il mondo del lavoro.

D. – Questo è il Giubileo della Misericordia, quanto è importante la misericordia nel vostro servizio?

R. – Deve permeare tutto il nostro servizio: tutto, quindi, parte dalla misericordia e tutto ritorna alla misericordia. Avere questa carità che non è solo una carità operosa, ma è anche la carità dell’ascolto, dell’essere prossimo all’altro, di non allontanare nessuno, ma anzi di prestare l’orecchio per ascoltare, accogliere. E il Signore ci chiama a questo ogni giorno, ad entrare anche nelle difficoltà degli altri e ad accoglierli.

D. – Questa domenica, l’incontro con Papa Francesco. Quanto è grande l’attesa per questo evento?

R. – Sarà, credo, un’attesa lunga, perché saremo tanti. Questo è bello, perché è una grande testimonianza per la Chiesa. Siamo una realtà concreta nella Chiesa. Perché anche il numero conta, no?

Quaresima 2016: gruppi di Vangelo nelle case, si inizia in Via Guasco

“Unità Pastorale Santi Crisanto e Daria”

Famiglia parrocchiale di S. Stefano e S. Zenone

Quaresima 2016

GRUPPI DI VANGELO nelle case

Giovedi 11 e  Giovedì 18 Febbraio 2016

alle ore 16 presso la famiglia:

– Lindner Anna Maria – Via Guasco, 33 – Tel. 0522/439989

alle ore 21 presso le famiglie:

– Zanetti Paola – via Costituzione, 1 – Tel. 340/6750734

– Ruozi Giuseppe – Via Ampere, 2 – Tel. 0522/924089

Giovedi 11 e  Mercoledì 17 Febbraio 2016

alle ore 21 presso la famiglia:

– Falbo Giuseppe – Via Emilia S. Stefano, 27

Tel. 348/0921148

Tutte le Domeniche

alle ore 17 presso la Canonica di S. Zenone

Il Web come luogo di condivisione, comunione, interazione e promozione del messaggio evangelico

Da oggi gli animatori della comunicazione e della cultura con i nuovi siti di Tv2000 e del Tg2000 hanno uno strumento in più per coinvolgere parrocchie e diocesi nella missione dei media Cei indicata dal Direttorio «Comunicazione e Missione». Dalla scorsa settimana, infatti, sono on linewww.tv2000.it e www.tg2000.it e venti siti dei programmi televisivi. Un’offerta che punta molto sui social. Le reti sociali, come ha spiegato Lorenzo Serra, direttore generale diRete Blu, «sono un luogo di contatto che aiuta a intercettare istanze, raccogliere informazioni e vagliare proposte dalle periferie e dal territorio».

Per gli utenti tutto questo si traduce nella possibilità di seguire il live streaming su pc, smartphone e tavolette digitali, ma anche di rivedere puntate, clip e approfondimenti di tutte le trasmissioni. I contenuti prodotti daTv2000 e trasmessi sul canale 28 del digitale terrestre in questo modo saranno «fruibili, disponibili e condivisibili online attraverso le reti sociali – sottolinea il direttore di rete Paolo Ruffini –. Non è un caso che ogni sito sia integrato con dei widget ai social network più diffusi. Vogliamo essere, come ci suggerisce papa Francesco, una televisione in uscita che vuole utilizzare le nuove tecnologie come strumenti per intercettare i bisogni delle persone, le loro esigenze, la loro voglia di raccontare, nella consapevolezza che oggi più che mai attraverso il mondo del web 2.0 la televisione può abbattere le distanze, farsi prossima e andare alle periferie dell’Italia e dal mondo».

Anche l’informazione di Tg2000 arricchisce l’offerta su internet di Tv2000. «Il tg – sostiene Lucio Brunelli, direttore delle testate giornalistiche – è disponibile online subito dopo la messa in onda con la possibilità di rivedere le edizioni delle 12 e delle 18.30, ma anche quella di poter ascoltare e guardare i singoli servizi del telegiornale, gli speciali su papa Francesco, gli approfondimenti del Tg2000, il Post e tutte le rubriche curate dalla redazione». Il debutto del nuovo assetto è stato salutato da un boom di utenti: sabato le 12 ore di diretta sul Papa a Napoli hanno toccato uno share del 5,49%, subito dopo Rai 1 e Canale 5, con picchi all’8% e un impatto proporzionale sui social network.

avvenire.it

Annunciare il Vangelo in qualsiasi realtà, sia fisica che digitale

papa.socialmedia.vangelo

Nel Messaggio per la 47° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Benedetto XVI esorta i cristiani a portare “la luce gentile della fede” nei moderni social network
Di Salvatore Cernuzio

CITTà DEL VATICANO, 24 Gennaio 2013 (Zenit.org) – Il Vangelo di Marco riporta il preciso compito che Gesù ha lasciato ad ogni cristiano: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). Dopo più di duemila anni di evangelizzazione in tutti gli angoli del globo, si aggiunge oggi una nuova “terra” in cui portare l’annuncio di Cristo risorto: il web.

Un mondo non reale, dove però si sviluppano ogni giorno miliardi di reti sociali che mettono in comunicazione diretta i cittadini del mondo e che danno vita ad una nuova “agorà” in cui condividere idee, informazioni, opinioni, lasciando spazio alla libera espressione di sé stessi, ma anche a nuove sfide.

Su questi temi si è incentrato il messaggio di Benedetto XVI per la 47° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2013 dal titolo Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione. Questi spazi – scrive il Papa – “quando sono valorizzati bene e con equilibrio, contribuiscono a favorire forme di dialogo e di dibattito”, e se realizzati con “rispetto, attenzione per la privacy, responsabilità e dedizione alla verità”, possono “promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana”.

La potenzialità dei social network è enorme. Di conseguenza, le persone che vi partecipano “devono sforzarsi di essere autentiche”, considerando che – sottolinea il Santo Padre – in essi “sono coinvolte nel costruire relazioni e trovare amicizia, nel cercare risposte alle loro domande, nel divertirsi, ma anche nell’essere stimolati intellettualmente e nel condividere competenze e conoscenze”.

“Le reti sociali sono alimentate da aspirazioni radicate nel cuore dell’uomo”, afferma il Pontefice, ma, proprio per la cultura e i cambiamenti nelle forme di comunicazione che implicano, producono “sfide impegnative” soprattutto per coloro che “vogliono parlare di verità e di valori”.

Spesso, infatti, come in ogni mezzo di comunicazione sociale, si antepone la popolarità di un contenuto alla sua “importanza e validità”. Scrive il Papa: “A volte, la voce discreta della ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente”.

Per questo – aggiunge – i social media necessitano “di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo”. Anche perché, “dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre”.

L’altra sfida dei network sociali è, dunque, di essere “inclusivi”. Solo allora, rimarca il Santo Padre, “beneficeranno della piena partecipazione dei credenti che desiderano condividere il Messaggio di Gesù e i valori della dignità umana, che il suo insegnamento promuove”.

I credenti, infatti, avvertono sempre più che “se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale”, potrebbe essere “assente” nella vita di tutte quelle persone per cui la rete “è parte della realtà quotidiana”, specialmente i giovani.

Secondo Benedetto XVI, quindi, l’intervento dei cristiani nel web è di primaria importanza. Essi sono chiamati a portare nei social network la “luce gentile della fede”, come diceva il Beato John Henry Newman.

Pertanto, si rende necessaria “la capacità di utilizzare i nuovi linguaggi”, non tanto “per essere al passo coi tempi”, piuttosto “per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti”.

Nelle reti sociali, evidenzia il Papa, sono spesso presenti domande sui temi che più toccano l’animo umano: l’amore, la verità, il significato della vita. Domande che non sono altro che “dubbi” di persone in cerca di una risposta, una conferma, che tutto questo abbia un senso. E la risposta c’è afferma Benedetto XVI, “si trova nella persona di Gesù Cristo”: la risposta più “radicale” alle questioni umane.

Perciò “è naturale che chi ha la fede desideri, con rispetto e sensibilità, condividerla con coloro che incontra nell’ambiente digitale”. Tuttavia, ammonisce il Santo Padre, bisogna aver presente che qualora “la nostra condivisione del Vangelo è capace di dare buoni frutti”, è sempre “grazie alla forza propria della Parola di Dio di toccare i cuori”, che va al di là di ogni nostro sforzo.

“La fiducia nella potenza dell’azione di Dio deve superare sempre ogni sicurezza posta sull’utilizzo dei mezzi umani”, ribadisce il Papa. E “anche nell’ambiente digitale – aggiunge – dove è facile che si levino voci dai toni troppo accesi e conflittuali, e dove a volte il sensazionalismo rischia di prevalere, siamo chiamati a un attento discernimento”.

Secondo il Pontefice, inoltre, “i social network, oltre che strumento di evangelizzazione, possono essere fattore di sviluppo umano”. Basti pensare al fatto che “in alcuni contesti geografici e culturali dove i cristiani si sentono isolati, le reti sociali possono rafforzare il senso della loro effettiva unità con la comunità universale dei credenti”.

O anche alla capacità degli ambienti digitali di offrire all’uomo moderno “occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio”, tanto che – informa il Papa – “molte persone stanno scoprendo, grazie a un contatto avvenuto inizialmente on line, l’importanza dell’incontro diretto, di esperienze di comunità o anche di pellegrinaggio, elementi sempre importanti nel cammino di fede”.

Le ultime righe del Messaggio si rivolgono ai fedeli, che Benedetto XVI esorta affinché non ci sia mai “mancanza di coerenza o di unità nell’espressione della fede e nella testimonianza del Vangelo”, in qualsiasi realtà siano essi chiamati a vivere, sia fisica, che digitale.

Nuovo rapporto tra catechesi e annuncio

di Rino Fisichella

Benedetto XVI nell’omelia per l’inizio del recente Sinodo ha affermato che la nuova evangelizzazione deve entrare nella pastorale ordinaria in modo da ravvivare in ogni battezzato la consapevolezza di essere portatore del Vangelo. Perché questo avvenga, è necessaria una formazione seria e sistematica che sappia coniugare fede e vita quotidiana. Solo in questa unità, infatti, diventa possibile dare ragione della fede e dei suoi contenuti. A conclusione del Sinodo, con la lungimiranza che lo caratterizza, Benedetto XVI ha annunciato il passaggio di competenze sulla catechesi dalla Congregazione del Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione.
Il Motu proprio che oggi viene presentato, Fides per doctrinam, chiarifica le motivazioni di questa scelta e ne giustifica il passaggio.

(©L’Osservatore Romano 26 gennaio 2013)

Essere cristiani per tutta la Chiesa

Non c’è occasione migliore dell’Anno della fede per sottrarre all’oblio donne e uomini di fede del passato, oggi avvolti da una patina devozionistica, così da restituire loro la visibilità che meritano. Appartiene a pieno a questa schiera la francese Pauline Marie Jaricot, di cui è in corso il processo di beatificazione. Non fatevi ingannare dal look: altro che signorina della Lione-bene del primo Ottocento.

La Jaricot è stata figura poliedrica, attiva in vari ambiti, anche se ha legato indissolubilmente il suo nome alla fondazione della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede, un organismo sorto nel 1822 (e tuttora attivo) per sostenere economicamente l’impegno missionario della Chiesa universale, nell’ottica della corresponsabilità di tutti i fedeli all’urgenza dell’evangelizzazione ‘ad gentes’. Nei giorni scorsi si sono chiuse le celebrazioni per il 150° anniversario della morte il 50° anniversario del decreto sull’eroicità delle virtù.
  Ebbene: a un secolo e mezzo di distanza, la statura spirituale della Jaricot, prima ancora della sua capacità organizzativa, appare in tutta la sua grandezza, come una statua la cui imponenza meglio si ammira man mano che da essa ci si allontana. Lo conferma il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, card. Fernando Filoni: «Se san Francesco Saverio fu il missionario entusiasta dell’evangelizzazione, la Jaricot fu colei che vide nel sostegno dell’evangelizzazione un dovere fondamentale del Popolo di Dio, che chiamò alla partecipazione spirituale e materiale». Dichiarazione impegnativa, che rende giustizia a un personaggio per molti aspetti unico: donna, laica, figlia di un imprenditore, Pauline è stata – per usare un’espressione di Madeleine Delbrel – una «missionaria senza battello».
Pur non avendo lasciato fisicamente l’Europa, la Jaricot rappresenta una figura-chiave sia del protagonismo laicale in seno alla Chiesa, che troverà compimento nel Vaticano II, sia dello straordinario movimento missionario che nel corso dell’Ottocento si sviluppò nel vecchio continente.
Affascinata dal Vangelo, la giovane Pauline fa voto di castità e adotta uno stile di povertà. Saputo che i preti delle Missioni estere di Parigi si trovano serie difficoltà economiche, escogita un metodo per raccogliere elemosine a loro favore. E lo motiva così: «Noi siamo cristiani non per questo o quel missionario, ma per tutta la Chiesa in tutto il mondo. Raduniamo nelle mani del Papa, a dieci a dieci, a cento a cento, le nostre piccole quote costanti, come chicchi di grano che egli può impastare e trasformare in pane per le missioni».
Con largo anticipo rispetto all’impegno della Chiesa, e in un’ottica ‘globale’ di missione, Pauline Jaricot si mostra, inoltre, molto attenta al mondo del lavoro. Progetta la «Banca del cielo», una società che – secondo le sue intenzioni – avrebbe dovuto beneficiare gli operai stessi. Ingannata da alcuni soci, vede l’iniziativa andare incontro al fallimento. Ma si accolla il rimborso totale dei capitali investiti. Finirà abbandonata da tutti, iscritta sulla lista dei poveri della città di Lione: tra i pochi a confortarla, il santo curato d’Ars. «L’eroicità delle virtù della Jaricot non consiste in una miracolistica serie di eventi, ma in quella feconda fedeltà a Cristo cui consacrò se stessa, sia nei momenti belli, sia in quelli difficili e tormentati», ha ricordato Filoni. Una santa del quotidiano, per dirla in altri termini. Una donna dal cuore grande, per molti aspetti in anticipo sui tempi.

 

Gerolamo Fazzini – avvenire.it

Nella nuova evangelizzazione, la fede si testimonia con la carità

Intervista al cardinale Maradiaga, presidente della Caritas Internazionale

Di H. Sergio Mora

ROMA, 28 Dicembre 2012 (Zenit.org) – Sotto Natale l’aiuto ai più deboli risplende in modo speciale. C’è chi lo fa tutto l’anno e non soltanto nelle emergenze o in date particolari. In prima linea c’è la Caritas.

A tal proposito ZENIT ha intervistato il presidente della Caritas Internazionale, il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, che ha spiegato come nella nuova evangelizzazione, la diaconia della fede passa attraverso la diaconia della carità. E quanto sia importante motivare i fedeli perché nelle loro parrocchie si organizzino attività di pastorale sociale. Grazie al principio di sussidiarietà si possono mettere in moto molte risorse.

Qual è il lavoro della Caritas, in particolare a Natale e durante le emergenze?

Card. Maradiaga: Molte volte la Caritas viene identificata solo con le emergenze e queste, in realtà, sono solo una parte del suo lavoro; la parte più importante è motivare i fedeli affinché nelle loro parrocchie si organizzino attività di pastorale sociale.

Cosa è necessario a tale scopo?

Card. Maradiaga: La Caritas ha una rete praticamente capillare che funziona quando le parrocchie sono organizzate. Quando vi sono Caritas parrocchiali, vi saranno la Caritas diocesana e la Caritas nazionale ed essendo una federazione, attualmente sono 165 i paesi che fanno parte della rete della Caritas. Solamente in Spagna, ad esempio, vi sono 62mila volontari, seimila parrocchie organizzate e, grazie a ciò, è possibile distribuire un milione di pasti ogni giorno.

Quindi il principio di sussidiarietà è fondamentale nel vostro lavoro…

Card. Maradiaga: È per questo che funziona e senza troppe risorse. Ad esempio, sempre in Spagna, nelle seimila parrocchie di cui parlavo ci sono quattromila persone che sono stipendiate. Il resto è volontariato.

E in America Latina il volontariato funziona?

Card. Maradiaga: In America Latina il volontariato non era molto diffuso ma si è fatto strada a piccoli passi e, oggi come oggi, in alcuni paesi esso rappresenta una grande consolazione.

Può essere un modo per dare testimonianza?

Card. Maradiaga: Senza dubbio alcuno e soprattutto ora che parliamo di nuova evangelizzazione, perché siamo sicuri che la diaconia della fede passa attraverso la diaconia della carità.

E il Santo Padre lo ha spiegato chiaramente nel discorso tenuto lo scorso 3 dicembre alla plenaria del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace: “Da una nuova evangelizzazione del sociale – ha detto il Papa – possono derivare un nuovo umanesimo e un rinnovato impegno culturale e progettuale. Essa aiuta a detronizzare gli idoli moderni, a sostituire l’individualismo, il consumismo materialista e la tecnocrazia, con la cultura della fraternità e della gratuità, dell’amore solidale”.

Per evangelizzare bisogna prima convertirsi

di Julián Carrón

Cari amici, come sapete, il tema del Sinodo era “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Il punto di partenza era stata la constatazione, oggi palese a tutti, che la fede non è più un presupposto ovvio. Questa situazione non riguarda soltanto la fede come esperienza personale, ma ha delle conseguenze anche sulla vita delle nazioni, per cui terre feconde possono diventare deserto inospitale. Di questa “desertificazione” vediamo già non pochi segni: l’emergenza educativa, la crisi economica, la confusione politica, la mancanza di fiducia, la violenza nei rapporti, l’esasperazione della vita sociale. In questo contesto, è commovente vedere che una istituzione come la Chiesa, con duemila anni di storia alle spalle, sia ancora libera di mettersi in discussione. Tanto è vero che uno dei richiami più spesso ascoltati nell’aula sinodale è stato quello relativo all’urgenza della conversione. Tutti eravamo consapevoli che per far rifiorire il deserto non basta cambiare strategie e neppure una messa a punto dei piani pastorali. Occorre una vera e propria conversione personale ed ecclesiale. C’era la consapevolezza che senza conversione non ci può essere nuova evangelizzazione. Fin dal primo giorno del Sinodo il Papa ha posto la domanda fondamentale: “Dio ha parlato, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato, ma come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza?” (8 ottobre 2012). Sentendo la chiamata alla conversione che veniva dall’aula sinodale, non ho potuto evitare di ricordare il richiamo che ci fece don Giussani tanti anni fa a Viterbo, invitandoci a “recuperare la verità della nostra vocazione e del nostro impegno”.

(©L’Osservatore Romano 7 novembre 2012)