Vaticano Papa Francesco: “La Santa Sede riconosce l’importanza dei mezzi di comunicazione”

Aci stampa

(Marco Mancini) Il vostro lavoro “si apre alle necessità di innumerevoli persone disseminate nel mondo intero. Proprio per questa ragione, il Vaticano e la Santa Sede riconoscono l’importante funzione dei mezzi di comunicazione e degli Organismi internazionali che incoraggiano la comunicazione. Il vostro lavoro quotidiano, anche se apparentemente umile, è quanto mai necessario per il buon funzionamento dello Stato della Città del Vaticano. 

MEDIA / Cei: on line il nuovo sito dell’Ufficio per le comunicazioni sociali

“Oltre il restyling c’è di più”. Così don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, presenta – nella newsletter settimanale – il nuovo sito dell’Ufficio: www.comunicazionisociali.chiesacattolica.it. “Le novità – spiega Maffeis – forse non rubano subito l’occhio. Il nuovo sito dell’Ufficio guadagna, però, enormemente in fruibilità da tutte le altre vie (smartphone e tablet), accessi sempre più frequentati dagli utenti della rete. Accanto al tweet del giorno, in homepage, fanno la loro comparsa alcune nuove rubriche; cresce lo spazio dedicato alla Messa in tv, come pure alle notizie dalle diocesi, per le quali ora potete inviarci anche foto”. Infine, “diventa ancor più semplice mettersi in contatto con noi: premessa e promessa per un’evoluzione davvero social”.

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Oggi Domenica 8 Maggio la Giornata delle comunicazioni sociali

In uno degli ultimi post sul suo profilo Facebook il vescovo Antonino Raspanti (Nino, secondo il suo account) ha scritto: «L’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale». La frase è tratta dal Messaggio di papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra oggi. Al centro il «fecondo incontro» – come lo definisce Bergoglio – fra comunicazione e misericordia. «Annunciare la misericordia sui social network può sembrare arduo», spiega il pastore che guida la diocesi di Acireale ed è presidente della Commissione episcopale Cei per la cultura e le comunicazioni sociali. «Invece – prosegue – un aiuto ci viene proprio dal Papa che offre alcune indicazioni da prendere a prestito quando abitiamo la Rete che, come giustamente sottolinea, non va considerata un’espressione tecnologica ma una piazza in cui sempre più persone si incontrano. Ecco, Francesco ci invita innanzitutto al rispetto del prossimo. Poi esorta a non seminare odio, a non condurre alla divisione, a non procurare ferite. Di fatto non possiamo riversare sul web tutta la nostra spazzatura “interiore”. Ciò lacera e innesca sterili polemiche. Serve, al contrario, favorire la riconciliazione, mitigare le avversità, creare ponti, incentivare il dialogo».

Addirittura il Pontefice suggerisce di «prendersi cura» dell’altro, anche attraverso le reti sociali. «Francesco pensa alla comunicazione come prossimità – osserva Raspanti –. Il che significa farci prossimi e stare vicino a chi ci legge o ci risponde. Come sarebbe bello che ci impegnassimo a risanare conversazioni o messaggi che sono pieni di livore o che raccontano tensioni e disagi… Certo, ci vuole un cuore nuovo che si traduce in un atteggiamento nuovo con cui stare nei social network». Tuttavia la verità non va taciuta, evidenzia Bergoglio nel Messaggio. «Fra giustizia, verità e misericordia non c’è alcuna contrapposizione. Anzi in Dio e nel volto di Gesù crocifisso sono un’unica e medesima cosa – chiarisce il vescovo –. Se guardo all’ambiente digitale, uno stile misericordioso non è sinonimo di lassismo. Ci sono momenti in cui occorre prendere posizione e dire quanto si pensa con chiarezza. È un dovere di onestà intellettuale: non si può ricorrere a tattiche o restrizioni mentali per cercare l’applauso a ogni costo sul web».

Francesco consiglia di «scegliere con cura parole e gesti». «È ciò che dovremmo fare quando parliamo o dialoghiamo in modo da non separare, mortificare, scartare ma pacificare, confortare, accompagnare – afferma il presule –. L’uso di un vocabolario di misericordia è una grande arte, un esercizio di discernimento. Direi che è un atto che, da una parte, rimanda alla creatività e, dall’altro, esige responsabilità. Il linguaggio è simile alla materia nelle mani di un artista. In questo caso l’artista è di chi fa comunicazione. Ebbene, si può scrivere o parlare in un modo o in un altro». Raspanti fa un esempio. «Nel nostro Paese ci sono argomenti che possono incendiare facilmente gli animi. Penso a quelli eticamente, politicamente o socialmente sensibili, in quest’ultimo caso il lavoro o l’immigrazione. Quando si interviene su questi temi, occorre evitare scontri di basso profilo».

Il Papa esorta anche all’«ascolto» per costruire una società che sia una «famiglia». «Nei social network crediamo di essere protagonisti. In realtà siamo ingabbiati dentro schermi e algoritmi che determinano molto del nostro dire e del nostro sapere. A ciò si aggiunge una concezione individualistica: parlo sempre di me. Il risultato è che non si riesce più ad ascoltare e quindi a conversare. Paradossalmente l’inflazione di comunicazione ci lascia più soli. È la contraddizione del nostro tempo. Sarebbe, quindi, opportuno che, invece di incentrare post e messaggi su noi stessi, incentivassimo discussioni su problemi, valori e questioni che toccano le persone». Nel Messaggio non manca un monito alla Chiesa, in particolare ai «pastori», a evitare «l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico» e la «freddezza del giudizio». «Va congiurato un atteggiamento che, abbracciando i sani principi e la corretta dottrina, li usi per imporre fardelli, come dice il Vangelo di Matteo – conclude il vescovo –. Una Chiesa “ospedale da campo” sa guarire le piaghe dell’uomo con umiltà profonda e nel segno del servizio».

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GMCS 2016 Media: Arezzo, al via l’11° Festival della comunicazione

Al via l’11° Festival della comunicazione, ospitato quest’anno dalla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. “Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo” il tema di quest’edizione, che ricalca il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (domenica 8 maggio). Fitto il calendario degli incontri, in programma dall’1 all’8 maggio, in collaborazione con la Famiglia Paolina. Tra gli eventi in programma, questa sera alle 18.30, ad Arezzo, tavola rotonda dedicata a “Linguaggi per trasmettere i valori ai più piccoli” (sala grande di Giustizia, Vescovado) con padre Alessandro Caspoli, direttore dell’Antoniano di Bologna, Mussi Bollini, direttore del centro di produzione Rai di Torino e per molti anni responsabile dei programmi Rai per i ragazzi, e Fabio Civitelli, uno dei più noti disegnatori di fumetti al mondo. Domani (domenica 1° maggio) nella basilica di san Francesco Messa in diretta televisiva su Retequattro (ore 9.55), presieduta dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della famiglia, che alle 14 (al seminario diocesano) presenta l’Esortazione apostolica di papa Francesco “Amoris Laetitia”. Nello stesso giorno a Monterchi, dalle 9 alle 15, gara estemporanea di pittura sulla misericordia e a Sansepolcro, sul tema “Comunicare con Dio”, pellegrinaggio giubilare all’Eremo di Montecasale (dalle 15). Martedì 3 maggio, alle 21, il museo diocesano di Cortona, in collaborazione con Radio Incontri, ospita la tavola rotonda “La radio: una compagnia misericordiosa” con Luca Collodi (Radio Vaticana), Luigi Cobisi (Italradio) e Fausto Casi (direttore museo della Comunicazione). Giovedì 4 maggio, alle 10 in Vescovado ad Arezzo, incontro-dibattito “C’è misericordia nei bilanci comunali?” con Francesco Marsico (Caritas nazionale), assessori comunali della diocesi, don Guliano Francioli (Caritas diocesana), suor Raffaella Spiezio (Caritas di Livorno) e il direttore de “La Nazione”, Francesco De Robertis. Alle 18, ancora in Vescovado, incontro su “Le religioni del Libro di fronte alla misericordia di Dio” con Elzir Izzedin (presidente Ucoii), Rav Joseph Levi (Rabbino Capo di Firenze), Franziska Mueller (pastora luterana) e don Alfredo Jacopozzi (direttore del Centro per il dialogo interreligioso della diocesi di Firenze). Alle 21, la chiesa della Ss. Annunziata, ad Arezzo, ospita un concerto dell’Orchestra giovanile di Arezzo. Il giorno seguente, 5 maggio, alle 10 – sempre in Vescovado ad Arezzo – il direttore di “Famiglia Cristiana”, don Antonio Sciortino, Marco Tarquinio (direttore di “Avvenire”) e Francesco Zanotti (presidente Fisc) animano l’incontro su “I media della Chiesa per la cultura della misericordia”. Sabato 7 maggio la casa circondariale di Arezzo ospita alle 10 l’incontro-dibattito “Le voci di dentro, i detenuti intervistano i giornalisti” e, alle 21, la Cattedrale accoglie fratel Enzo Bianchi, Priore di Bose, per l’incontro “Gesù racconta la misericordia di Dio”. Infine domenica 8 maggio, giornata delle comunicazioni sociali, dal santuario di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio in Cortona, la Messa in diretta su Rai1 (ore 10.55), presieduta dall’arcivescovo Riccardo Fontana.

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Direttorio comunicazioni sociali «Era ipertecnologica, scommessa sull’umano»

Monsignor Domenico Pompili

Il ruolo dell’umanista cattolico consiste nel coltivare una riverenza non ordinaria verso il passato e la tradizione mentre esplora ogni sviluppo a lui contemporaneo cercando le cose dell’uomo, che il passato non ha ancora rivelato” (M. McLuhan, La luce e il mezzo, p. 168). Questa citazione di un McLuhan meno noto mi pare estremamente appropriata per introdurre una riflessione tesa a rilanciare e attualizzare il Direttorio sulle Comunicazioni Sociali, a dieci anni dalla sua pubblicazione.

Un testo dove le comunicazioni sociali sono un crocevia di cambiamento e dove si auspica per i cattolici un passaggio ‘Da spettatori a protagonisti della nuova cultura mediale’ come titola uno dei paragrafi iniziali. In realtà, molte trasformazioni sono avvenute dal 2004 e nuovi modi di essere protagonisti sono oggi possibili e diffusi. Per certi versi, dunque, il Direttorio parla di un contesto ormai in parte superato, per la velocità dei mutamenti tecnologici e culturali di questi dieci anni. Ma, per altri versi, è ancora estremamente attuale e molte delle indicazioni metodologiche in esso contenute, proprio alla luce del nuovo contesto, possono essere ulteriormente riprese e sviluppate. È forse venuto il momento di una integrazione che aggiorni questo strumento, per renderlo operativamente ancora più utile oggi.

Esplorare gli sviluppi della contemporaneità significa, prima di tutto, prendere atto che il contesto della comunicazione è profondamente cambiato tra il 2004 e oggi.

La digitalizzazione dei media, sempre più convergenti tra loro, perennemente attivi e sempre più pervasivi e integrati nei nostri ambienti quotidiani, rende oggi forse superata l’idea, presente nel Direttorio, di ‘cultura mediatica’ o di ‘comunicazioni sociali che plasmano una nuova cultura’ (cap, I) o di ‘societa mediatica’ (cap. IV). Non perché i media non siano importanti: al contrario, perché sono diventati una componente imprescindibile del nostro ambiente, indipendentemente dal fatto che li usiamo o no. Società mediatica è quasi una tautologia. I media sono ormai parte costitutiva dell’ambiente, non sono isolabili come variabile a se stante. Anzi ogni tentativo di enuclearli come variabile autonoma non fa che fa favorire interpretazioni deterministiche del loro funzionamento, sia nella variante euforica (ci rendono socievoli e liberi) sia in quella disforica (ci rendono soli e manipolabili). Sarebbe come voler immaginare una società senza strade, o senza elettricità. Ne esistono, ma non è così quella in cui viviamo. Dove ci sono luoghi che siano ‘immuni’ dai media, a cominciare da quel ‘medium senza contenuto’ che – secondo McLuhan – è la luce elettrica, che così radicalmente ci ha consentito di prescindere dai ritmi naturali del giorno e della notte? Un contesto, quello di oggi, dove i dispositivi non si attivano solo quando li facciamo funzionare, ma interagiscono tra loro in un sistema sempre più integrato: è il cosiddettointernet of things, dove tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo e ‘dialogare’ tra loro grazie al collegamento alla Rete. Sempre meno strumenti e sempre più ambiente.

Se questo è il dato di partenza, a noi decidere se adattarci semplicemente a questo ambiente, o abitarlo e renderlo abitabile, dandogli una forma dove la nostra umanità possa esprimersi e fiorire. È questa direzione dell’abitare, formulata già a partire dal convegno Testimoni Digitali del 2010 (22-24 aprile) e ora divenuta espressione di uso comune, che si sta cercando sempre più di esplorare e sviluppare in tutte le sue implicazioni.

In questo mutato contesto, assume una nuova centralità la relazione, che è l’elemento veramente qualificante il passaggio da un ambiente web 1.0 a uno 2.0. La rivoluzione dei media personali, degli smartphone che consentono di emanciparsi dal personal computer e poter essere sempre connessi, in mobilità, ha reso possibile una nuova centralità dell’interazione. Rispetto alla fase precedente, dell’accessibilità a ogni tipo di contenuto, ora – come sostengono autori come Manuel Castells e Henry Jenkins, è il pubblico stesso a diventare il contenuto. Oggi il web, con l’enorme diffusione dei social media (ancora totalmente assenti nel 2004) è il regno della conversazione e della condivisione. Diventano sempre più importanti le storie individuali, le esperienze, l’implicazione, il coinvolgimento. Che li si chiami grassroots media, citizen media, media partecipativi, essi sono sempre facilitatori di uno scambio continuo tra chi produce un messaggio e chi lo riceve e rielabora. Come scrive Pierre Lévy, le comunità oggi sono sempre più cementate dalla mutua produzione di conoscenza e dal suo reciproco scambio. In altre parole, si è passati dal computer come medium interattivo al web come spazio partecipativo.

Sono proprio questa partecipazione, il coinvolgimento, la centralità della relazione e della condivisione (tra le persone) che tessono un continuo legame tra territori materiali e digitali (tra i mondi), rendendo la contrapposizione online/offline non solo poco vicina alle pratiche e ai vissuti, soprattutto dei giovani, ma origine di un dualismo che ostacola comprensione e azione responsabile nel nuovo ambiente ‘misto’. Il problema non è dover scegliere tra vita on-line o vita off-line, come fossero antagoniste; la vita è una, e siamo sempre noi a navigare tra i diversi ambienti: on-life.

Un aspetto del Direttorio più che mai attuale e meritevole ulteriore sviluppo è proprio la centralità del ‘fattore umano’ rispetto alla dimensione tecnologica e l’idea di ‘responsabilità diffusa e condivisa’ (anche dagli utenti); o, detto con un linguaggio diverso, dei media come sistemi multi-agente, in cui a ciascuno è chiesto di fare la sua parte. Questo passaggio ė fondamentale, perché solo a partire da una prospettiva antropologica si possono scongiurare dualismi e determinismi, discernere le insidie del nuovo ambiente e valorizzare le nuove opportunità a favore dell’umano.

Il passaggio decisivo da una prospettiva orientata all’umano ma focalizzata sui media a una pienamente centrata sull’umano, e sui media solo in seconda battuta è tracciabile, a posteriori, leggendo in successione i titoli degli ultimi due messaggi per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (l’ultima di Benedetto XVI e la prima di Francesco), che sono sempre le ‘bussole’ che orientano il cammino dei nostri uffici e dei nostri media: dalle ‘reti sociali’ del 47esimo alla ‘cultura dell’incontro’ del 48esimo. I media hanno senso e segno positivo laddove contribuiscono, si pongono al servizio di questa cultura. Essi sono quella strada da Gerusalemme a Gerico, quei grandi connettori e moltiplicatori di mobilità che oggi costituiscono il nostro ambiente. Di per sé ci offrono più possibilità di muoverci e di incontrare i lontani: ma non è la strada che ha impedito al sacerdote e al levita di fermarsi, né costretto il samaritano a interrompere il suo cammino. È la responsabilità che ci prendiamo: se esistere per noi stessi o fare spazio all’altro, prendendocene cura.

Questa postura esistenziale, che i media in sé né abilitano né disabilitano, offre poi uno sguardo di libertà su tutto questo mondo ipermediale che altrimenti tenderebbe a sedurci e a risucchiarci nelle sue logiche: come il Samaritano che, in quanto straniero, è più libero dalle categorizzazioni e dalle convenzioni sociali, e sa cogliere l’unità della famiglia umana al di là delle differenze apparenti. Abbatte i muri che ci dividono, invece che darli per scontati.

Il fattore umano si esprime dunque nell’essere-in-relazione: non una relazione qualunque, ma una relazione di ascolto e sollecitudine premurosa, come l’icona del comunicatore scelta da Papa Francesco ci suggerisce.

Paradossalmente, l’era ipertecnologica è l’era della scommessa sull’umano: o abitiamo questo tempo e questi nuovi spazi con attenzione e premura per l’umano, o saremo assorbiti da un modello tecnico che ci sfuggirà di mano, perché va molto più veloce della nostra capacità di elaborarne i significati. Una terza via non c’è.

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