Scuola e cultura: banalità meschine per ignoranza o per furbizia

Il male è banale, ma in pagina più del male lo è il malinteso: reale per ignoranza o finto per furbizia. Ieri due esempi. 1) Pioggia che dà per scontato che l’art. 33 della Costituzione “vieta” ogni tipo di contributo alle scuole paritarie non statali. Falso! Fin dagli atti della Costituente. Più banale ancora, quasi penosa quella di chi (“Corsera”, 26/7, p. 3) magari noto come campione illustre di lucidità – oggi atrofizzata – continua a chiamare «private» le scuole paritarie che per legge, e da 15 anni, sono parte del sistema pubblico di istruzione nazionale: dice di difendere la legge e usa una sentenza che la offende!
E c’è anche (“Il Fatto”, 26/7, p. 10) un genio che non solo mette tutte le scuole paritarie sul conto del Vaticano (!), ma poi argomenta sicuro: «Chiedono un corrispettivo in cambio di un servizio, dunque sono strutture d’impresa»! Testuale: se c’è un costo debbono pagare! Bella trovata! Ma allora anche i Musei, anche l’Atac e le aziende di servizio pubblico con tram e bus ove si paga il biglietto, debbono pagare per le sedi e per i depositi! Follie in balletto acrobatico. 2) Poi, c’è la banalità per furbizia nel gioco che approfitta dell’ignoranza e/o impreparazione altrui.
Ieri, per esempio, Marino Niola (“Repubblica”, p. 31: «La banalità del male è quella della mela») gioca come sempre allegro tra miti e leggende, dalla «mela» del Genesi (Adam e Eva), Iliade e Odissea (Paride, Elena e la mela), i «pomi d’oro» delle Esperidi, la Strega, Biancaneve e Guglielmo Tell fino alla «ragazza-mela» di Italo Calvino, ai Beatles, alle vicende della Apple Computers e alla McIntosh “smozzicata”, per concludere proprio con «la banalità del malum», ultimo guizzo sul doppio senso di “mela” e di “male”. Leggi e ripensi al Manzoni sul «giocator di bussolotti, che dopo essersi cacciata in bocca stoppa e stoppa e stoppa, ne cava nastro e nastro, che non finisce mai». Banale.

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