Recovery: arrivano cure a casa e ospedali Hi-Tech

Una casa che diventa ‘digitale’, con ausilii ad hoc ed anche grazie ai sistemi di Intelligenza artificiale, per garantire l’assistenza necessaria alle persone con malattie croniche, ma anche delle ‘Case della comunità’ organizzate dai medici di famiglia che diventino un locale punto di riferimento per i cittadini. Uno degli obiettivi cui punta il ministero della Salute attraverso i fondi del Recovery Fund è proprio questo: rafforzare l’assistenza sul territorio, a vantaggio del cittadino ed anche per decongestionare gli ospedali.

Sono venti i progetti del ministero della Salute che saranno finanziati attraverso le risorse del Recovery Fund, per un totale di 64,19 miliardi di euro. Tanti gli ambiti di intervento, si va dagli ospedali alla salute mentale e al fascicolo sanitario elettronico, ma il potenziamento dell’assistenza territoriale appare cruciale. Ciò anche sulla scorta dell’esperienza del periodo critico della pandemia da Covid, da febbraio ad aprile, quando appunto l’assistenza sul territorio ha evidenziato criticità portando anche ad un sovraccarico delle strutture ospedaliere. Da qui il ‘cambio di rotta’, come indica ad esempio il progetto ‘Casa “digitale” come primo luogo di cura’, finanziato con 2,5 mld in 5 anni. Il progetto, si spiega, “contribuisce alla realizzazione di interventi per la riorganizzazione e la gestione dei servizi di cure domiciliari integrate attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali ed, in particolare, delle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale (IA) e dall’evoluzione della rete (networking) che consente l’acquisizione di dati da sensori in maniera capillare, la telepresenza di presidi medici virtuali e la movimentazione di dati tra registri remoti”. L’assistenza domiciliare integrata, in particolare, è una modalità assistenziale sanitaria che viene operata direttamente al domicilio del paziente (consentendo quindi un modello di cura alternativo al ricovero ospedaliero), concordata tra ASL, paziente, familiari e medico di medicina generale, per un periodo di tempo prestabilito. E’ “integrata” perché è prevista un’organizzazione coordinata tra le diverse figure professionali coinvolte – medici, infermieri, operatori sanitari, assistenti sociali – che curano i rapporti con gli specialisti per quanto riguarda gli esami e le necessarie consulenze mediche e con gli operatori per la fornitura degli ausili necessari per l’assistenza al domicilio. Cure a casa, ma anche punti di riferimento sul territorio in cui si abita, come appunto le ‘Case di comunità’ con i medici di famiglia. A questo secondo progetto sono destinati 5 mld in 5 anni: si tratta di strutture intese come “punto di riferimento certo e di prossimità per i cittadini, alle quali ci si può rivolgere in ogni momento per trovare una risposta concreta ai primi bisogni di salute e di assistenza continuativa alla cronicità. Un punto di accoglienza e orientamento ai servizi sanitari per tutti i cittadini”. Cure sul territorio significa , inoltre, puntare sulle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) per anziani, rendendole “luoghi tecnologici, sostenibili e accoglienti”, un obiettivo cui il ministero destina 1,5 mld in 5 anni.

Il ruolo degli ospedali, tuttavia, resta ovviamente primario. Al loro ammodernamento il ministero destina infatti 34,4 mld in 6 anni con il progetto ‘Verso un nuovo ospedale sicuro, tecnologico, digitale e sostenibile’. Gli obiettivi riguardano “il miglioramento del patrimonio edilizio attraverso la costruzione/riqualificazione di ospedali anche attraverso l’adeguamento sismico e antincendio, nonchè mediante interventi coerenti con i protocolli di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica”. Si punta anche all’ammodernamento complessivo del parco tecnologico ospedaliero, sia in termini di attrezzature di alta tecnologia che di infrastrutture digitali. (ANSA).