Nel segno della memoria del bombardamento atomico a Hiroshima. Come essere apostoli di pace per il mondo


L’Osservatore Romano 

(Alexis Mitsuru ShirahamaVescovo di Hiroshima) Nel 2023 la diocesi di Hiroshima celebrerà il primo secolo dell’istituzione dell’omonimo vicariato apostolico. Con la sua creazione, il 4 maggio 1923, le cinque prefetture della regione centrale del Giappone (Okayama, Tottori, Hiroshima, Shimane, Yamaguchi) furono dimembrate dalla diocesi di Osaka.
Il primo ordinario fu l’arcivescovo Heinrich Doering, un gesuita tedesco, che stabilì la propria residenza di vicario apostolico a Okayama. Quando lasciò l’incarico per recarsi in India, nel 1928 gli succeddette il vescovo Johannes Ross, anche lui gesuita tedesco, che nel 1939 spostò la residenza a Hiroshima, al centro della regione. Quando nel 1940, durante la seconda guerra mondiale, monsignor Ross presentò la rinuncia al governo pastorale, fu nominato un amministratore apostolico, il gesuita giapponese Akira Ogihara. 
Il vicariato fu elevato a diocesi il 30 giugno 1959 e il 29 dicembre dello stesso anno padre Yoshimatsu Noguchi ne fu eletto primo vescovo. Ricevette l’ordinazione episcopale nel 1960. Quando nel 1985 presentò la rinuncia, il 29 marzo 1985 padre Atsumi Misue fu eletto a succedergli, ricevendo l’ordinazione episcopale il 16 giugno dello stesso anno. Allorché monsignor Misue presentò la rinuncia, il 13 maggio 2011 fu nominato terzo vescovo il reverendo Manyo Maeda, che ricevette l’ordinazione episcopale il 23 settembre dello stesso anno. Tre anni dopo monsignor Maeda fu promosso arcivescovo di Osaka, dove fece il suo ingresso il 23 settembre. Durante la vacanza della sede episcopale, padre Koezuka servì come amministratore apostolico. Il 28 giugno 2016 sono stato nominato quarto vescovo della diocesi. Ho ricevuto l’ordinazione episcopale il 19 settembre dello stesso anno. 
Il territorio diocesano ha una superficie di 31.922 chilometri quadrati, dove vivono 7.465.341 persone. I cattolici giapponesi, che qui sono 20.675 (0,28 per cento), ne fanno l’ottava diocesi per dimensioni. Ci sono anche numerosi cattolici stranieri, ad esempio filippini, vietnamiti, brasiliani e di altre nazionalità, tuttavia non si conosce il loro numero esatto. Abbiamo 64 sacerdoti (19 giapponesi e 45 stranieri), due diaconi e cinque seminaristi.
Settantacinquesimo anniversario del bombardamento atomico
Il 6 e il 9 agosto di ogni anno, la diocesi di Hiroshima promuove preghiere e iniziative, insieme alla città, per la pace nel mondo. Il prossimo anno, nel 2020, ricorrerà il 75° anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. 
L’imminente visita di Papa Francesco in Giappone precederà dunque l’anniversario. Auspico la rapida entrata in vigore del Trattato per la proibizione delle armi nucleari adottato nel 2017 dalle Nazioni Unite, che ha visto la Santa Sede tra i suoi primi promotori attivi. Noi continuiamo a pregare Dio e a fare ogni giorno quanto è possibile con tutte le persone motivate dalle stesse intenzioni. 
L’incontro per la pace del 24 novembre 
La Conferenza episcopale cattolica del Giappone (CBCJ) ha organizzato, insieme alla prefettura e al comune di Hiroshima, un «Incontro per la pace», che si svolgerà nel parco del Memoriale della pace dalle 18.40 alle 19.30 del 24 novembre. Il governatore della prefettura Hidehiko Yuzaki e il sindaco Kazumi Matsui si sono recati personalmente in Vaticano per incontrare Papa Francesco e invitarlo. L’intenzione di quell’invito era di «costruire una pace migliore nel mondo» insieme. La risposta del Pontefice è la sua visita a Hiroshima, che nel contesto dell’intero viaggio avrà come tema «Proteggere ogni vita». 
La diocesi si sta occupando dei preparativi di tale incontro su richiesta della CBCJ. Verso la metà di luglio abbiamo creato un team di sette persone per accogliere Francesco. Abbiamo tenuto riunioni settimanali con tutti i rappresentanti della prefettura, del comune, della diocesi e dell’azienda per le comunicazioni DENTSU (25-30 persone).
Il Pontefice ha auspicato anche la presenza di rappresentanti delle diverse religioni (comprese alcune Chiese cristiane diverse da quella cattolica) in Giappone e di vittime della bomba atomica. Abbiamo invitato all’incontro venti esponenti delle diverse religioni e ventidue rappresentanti delle vittime della bomba atomica. Naturalmente parteciperanno anche il governatore della prefettura e il sindaco della città in quanto rappresentanti e co-patrocinatori con la Chiesa cattolica in Giappone. Saranno presenti, inoltre, duemila persone scelte. 
Da Giovanni Paolo II a Papa Francesco
Dopo la visita di Giovanni Paolo II, la Chiesa cattolica del Giappone ha istituito l’evento «Dieci giorni per la pace», che si svolge ogni anno dal 6 al 15 agosto, per pregare, lavorare e inviare un messaggio di pace mondiale. Tale evento è uno dei frutti dell’appello lanciato da Papa Wojtyła durante la sua visita il 25 febbraio 1981. Il motto della diocesi di Hiroshima è: «Siamo apostoli di pace!». Noi rifiutiamo l’uso delle armi nucleari facendo appello alla coscienza umana di ogni persona. Tutti gli anni la Chiesa cattolica organizza diverse attività per la pace nel mondo, per esempio incontri di preghiera, conferenze e simposi, campagne, raccolte di fondi, marce e via dicendo. Queste attività si tengono ogni 6 agosto, giorno in cui si commemora il bombardamento atomico, e anche nel mese di febbraio, in occasione del memoriale dell’appello per la pace di Giovanni Paolo II. Attraverso il suo impegno, la diocesi cattolica di Hiroshima spera di contribuire all’educazione alla pace tra la sua gente, specialmente tra i giovani che si riuniscono nel Parco della pace e nella Memorial Cathedral for World Peace, la cattedrale cattolica. 
Speriamo che Papa Francesco possa indicare ulteriori iniziative per costruire una pace migliore per il mondo. Per noi sarà molto importante essere “apostoli di pace” nello spirito del Pontefice dopo la sua visita in Giappone. 
Spero che la Chiesa cattolica e gli esponenti delle altre religioni agiscano da coscienza umana della società nel compiere azioni concrete in risposta ai problemi ambientali e nucleari del mondo attuale, facendo appello ai valori sacri dell’esistenza umana e di tutta la vita creata da Dio. 
Spero che la Chiesa cattolica e gli esponenti religiosi inizino a lavorare insieme, specialmente sui problemi ambientali del mondo attuale, grazie anche all’impatto dell’enciclica di Papa Francesco Laudato si’. Noi dobbiamo fare appello alla coscienza e al coraggio delle persone per lavorare insieme al fine di contrastare l’attuale crisi ambientale. 
I nostri valori cattolici ci aiuteranno a formulare un approccio ai vari problemi del mondo attuale per costruire la pace, utilizzando la via della non violenza e la via della cooperazione con Dio e con tutte le persone. Gli uomini religiosi non usano il metodo della violenza, ma insistono sull’importanza del dialogo e della mutua cooperazione. 
Usare la via della non violenza
Vorrei proporre un esempio di come la via della non violenza è stata percorsa nella storia della Chiesa cattolica in Giappone, che ha avuto inizio grazie al ministero di san Francesco Saverio nel 1549. La Chiesa ha vissuto un tempo di agonia e persecuzione. Durante tale periodo, il governo del Giappone ha promulgato e attuato un ordine di espulsione per tutti i sacerdoti e missionari, diversi editti anti-cristiani e anche la politica dell’isolamento nazionale. 
I cristiani, però, si sono nascosti, hanno battezzato i propri figli e trasmesso loro la fede. Alla fine del periodo Edo, il 17 marzo 1865, cristiani di Urakami incontrarono padre Petitjean, un sacerdote cattolico della Società per le Missioni Esteri di Parigi, che lavorava nella Chiesa di Oura a Nagasaki, e dichiararono di avere la sua stessa fede. Questo portò alla “scoperta dei cristiani”, che Papa Pio IX definì «un miracolo dell’Oriente». 
Subito dopo, però, ci fu una nuova persecuzione, definita «il quarto e ultimo giro di vite su Urakami». Succedendo al governo Edo, nel 1868 fu istituito il governo Meiji, che formò una nuova nazione, conferendo l’autorità spirituale alla religione nazionale, incentrata sull’imperatore, ovvero lo shintoismo. Mantenne gli editti anticristiani e procedette alla cattura di più di 3.500 cristiani, tutti abitanti dei villaggi di Urakami a Nagasaki, per disperderli in 22 località di 20 distretti del Giappone occidentale (dal 1868 al 1869). Lo scopo era di costringere quei cristiani a convertirsi allo shintoismo.
Durante l’esilio furono inviate alcune lettere dal vescovo Bernard-Thadée Petitjean (1829-1884) e da Papa Pio IX per incoraggiare i cristiani di Urakami. C’era un gruppo di 125 cristiani esiliati nel distretto di Tsuwano, nella prefettura di Shimane della diocesi di Hiroshima. In 37 offrirono il sacrificio supremo della vita per la loro fede.
La persecuzione dei cristiani da parte del governo giapponese Meiji fu criticata da altri Paesi e il governo ricevette ripetute proteste dai diplomatici. Alla fine si convinse e, nel 1873, tolse tutti gli editti che bandivano il cristianesimo e permise ai cristiani Urakami esiliati di ritornare a casa. 
Nel 1889 fu promulgata la Costituzione dell’Impero del Giappone, che concedeva la «libertà di religione» in forma «condizionata». Le sofferenze dei cristiani all’inizio del periodo Meiji portarono nella società giapponese lo spirito della «dignità umana» e della «libertà di religione». Poi, nel 1947, con la promulgazione della Costituzione del Giappone dopo la seconda guerra mondiale, venne garantita la libertà i religione «incondizionata». 
Adesso la Chiesa cattolica giapponese ricorda numerosi martiri come santi e beati: tra questi, i 26 santi giapponesi, san Tommaso Nishi e 15 martiri, 205 beati martiri del Giappone, il beato Pietro Kibe e 187 martiri e il beato Giusto Takayama Ukon. Questi martiri, tutti appartenenti al periodo dal 1597 fino all’inizio del periodo Edo, hanno dato «luce e coraggio» alla Chiesa cattolica attuale in Giappone. 
I cristiani giapponesi hanno praticato la loro fede “in clandestinità” per circa 250 anni dall’inizio del periodo Edo, amministrando il battesimo ai propri figli senza sacerdoti e missionari. La loro professione di fede a padre Petitjean, giunto in Giappone alla fine del periodo Edo, portò al miracolo della scoperta dei cristiani in clandestinità (17 marzo 1865). Inoltre essi hanno offerto la vita nella tempesta della persecuzione che si è ripetuta di nuovo all’inizio del periodo Meiji (1868). È una storia molto diversa da qualunque altra nella Chiesa. Ha dato alla comunità ecclesiale motivi importanti per commemorare e celebrare ufficialmente questi cristiani. 
In assenza di sacerdoti e missionari, i cattolici giapponesi hanno trasmesso fedelmente il loro credo religioso, malgrado il rischio di tortura e di morte nel caso fossero stati scoperti. Le famiglie cattoliche che oggi hanno difficoltà a trasmettere la fede ai propri figli possono trarre un prezioso esempio da questi cristiani nella clandestinità.
Anche tra coloro che hanno rinunciato alla fede in conseguenza delle torture subite durante l’esilio ce ne sono stati alcuni che hanno continuato ad aiutare i loro amici, dando loro cibo e incoraggiandoli di nascosto. I membri della comunità cristiana in esilio li hanno perdonati e accettati senza esclusione.
«Proteggere ogni vita»
Coloro che hanno sacrificato la vita nel crudele esilio dovuto al quarto e ultimo giro di vite sul villaggio di Urakami, a Nagasaki, hanno avuto una forte influenza nel far comprendere l’importanza della «dignità umana» e della «libertà di religione» nella società giapponese dell’epoca. Ora offrono speranza a persone in regioni e Paesi che soffrono come loro nella società moderna attuale.
Il tema del viaggio apostolico in Giappone è «Proteggere ogni vita». Speriamo che la società giapponese continui a proteggere la «dignità umana» e la «libertà di religione». Questi due diritti sono fondamenta essenziali della vita umana. 
Spero inoltre che la visita di Papa Francesco ci mostri anche l’importanza della vita spirituale, di come vivere con Dio nella società moderna attuale del Giappone.
L’Osservatore Romano, 19-20 novembre 2019