Siamo tutti lì dietro a Giuseppe, siamo invitati da Georges de La Tour a entrare nella grotta più celebrata della storia. Luminista caravaggesco, de La Tour indugia in una narrazione più chiara, dove la luce è meno violenta e il fondo meno oscuro. Non ci permette di vedere null’altro che la gente assiepata attorno alla culla di un Bambino. Non si vede il cielo stellato che canta la gloria nel Nascituro, non le greggi e i pastori che ricevono l’annuncio, nulla di tutto questo.
Il trafficato inverno della Betlemme di Cesare Augusto al tempo del Censimento è lontano, ci sembra di udirne a tratti il suono ovattato mentre qui, in questa spelonca nuda, della quale neppure conosciamo i confini, è il silenzio. Quanto abbiamo bisogno di un silenzio contemplativo che ci aiuti a rischiarare le idee. Quanto vociare, quanta babele di lingue, di cose dette e ridette, di notizie amplificate, di atrocità reclamizzate quasi fossero un prodotto di consumo. Come ci fa bene questa natività di de La Tour.
Il titolo è importante: Adorazione dei Pastori. Adorazione: ad os, portare la mano alla bocca e baciare. La bocca tace e si apre a quello stupore magnificamente cantato dalle Antifone “O” sette giorni prima di Natale. È lo stupore che conosce.
Questo pastore, proprio perché nascosto, dà profondità alla scena, la luce gli bagna appena il volto rivelando la gioia profonda che, ormai, lo abita. Vediamo in lui tutti i sognatori della storia, quelli che confidano nel loro flauto, nella loro capacità di immaginare un mondo nuovo e di comunicarlo. Ci sono necessari, eppure qui sono richiamati, come questo pastore, a una concretezza unica: il sogno è un bambino, una promessa di vita. Un futuro che ci veda spettatori (perché il centro è il bimbo) e protagonisti insieme.
L’altro pastore invece è diverso: serio, pensoso, regge il bastone con vigore e s’indovina ancora l’energia con la quale guida il gregge. L’ha lasciato là fuori e s’è portato appresso solo l’ultimo nato, e vive un conflitto tra le preoccupazioni del gregge, sperduto sopra i monti, e la luce di questo Bambino. Quanti volti così nella notte di Natale? Gente più avvezza al lavoro, che alle cose di Dio. Eppure in questo giovane uomo s’individua un passaggio, un cambiamento: cosa sarebbe la sua guida, la sua perspicacia senza il Pastore d’Israele, quello vero, quello che gli sta davanti inerme, ancora infante ma già carico di un’autorità che fa zittire?
Nulla è lasciato al caso, non è una am ha arez, una del popolo della terra ma, potremmo dire, “veste firmato”, è una donna battagliera. È davvero ladomina della sua casa. Ora tutta la sua sicurezza s’infrange di fronte allo stupore di un fatto inusitato: un bambino nato senza sangue, né doglie, né lacrime. Tutto ciò è incomprensibile. Si scorgono, in questa donna, i cercatori di verità, quelli che forse non credono in Dio, mentre credono molto in loro stessi, eppure di fronte al soprannaturale si lasciano provocare, com-muovere.
È proprio all’abito della Vergine che George de La Tour affida la sua risposta. Nell’Adorazione dei Pastori sull’abito della Madre si proiettano ombre. L’ombra delle mani della Vergine disegna ali come di colomba: è il segno dello Spirito di cui è ricolma. Qui è scritto il mistero del suo parto indolore. Un’altra ombra, più piccola, si trova all’altezza del ginocchio (simbolo di adorazione), la provoca l’agnellino che, avvicinandosi al divino Infante, si mette a brucare. Sì, è l’ombra di un germoglio. Ecco l’identità di Colui che adoriamo: il Germoglio giusto, atteso da Israele. Ora sappiamo qual è la rivelazione che riempie la grotta: tutti vedono, tutti sono entrati dietro a una fiaccola. Ma la luce vera non è questa. Giuseppe si fa schermo con la mano perché quella fiaccola non colpisca il nostro sguardo: la luce del dipinto viene da lui, da questo Germoglio di novità e di vita. Attorno al bimbo ruotano i volti e i simboli del dipinto. E proprio come nella tela de Il Nuovo Nato, Cristo è bambino, eppure già dormiente nel sonno della morte; è neonato, eppure già avvolto nelle bende e in un sudario, umile promessa di risurrezione.