ETICA Separazioni e divorzi: il “pelo nell’uovo” pasquale?

di SERGIO VENTURA
Nella toccante Via Crucis del 15 aprile sembra essere mancata la presenza di alcune famiglie che sono cattoliche anche se “irregolari” o in “situazioni complesse”
ono passate quasi due settimane dalla toccante Via Crucis di Roma presieduta da Papa Francesco e dedicata alle croci e alle gioie delle famiglie.

L’attenzione, prima e dopo, è stata attirata inevitabilmente – e giustamente – dalla presenza di Irina e Albina (XIII stazione): simbolo profetico dell’unione sotto la croce delle famiglie ucraine e russe. Anche se le polemiche sollevate intorno alla loro presenza hanno condotto, per prudenza, a non leggerne la splendida meditazione, lasciando spazio ad un silenzio comunque assordante.

Ciò detto, non si può nascondere che in tutte le altre stazioni la sensibilità umana dei coordinatori (i coniugi Gigi De Palo – presidente del Forum associazioni familiari – e Anna Chiara Gambini) ha permesso di dare voce – e perciò consolazione – ad importanti esperienze che segnano la vita delle nostre famiglie. Sia dal lato dei figli: quelli numerosi (IV), i diversamente abili (V), gli adottati (IX), i figli morti (XII); sia dal lato degli sposi: novelli (I), senza figli (III), malati (VII) o deceduti (X). Esperienze certo dolorose e piene di scoramento, ma anche grondanti coraggio e voglia di riscatto – come risulta dalle meditazioni corrispondenti.

Mentre procedeva la Via Crucis, però, mi sono anche chiesto – all’inizio sottovoce e poi con più forza – se in questa consolante rappresentazione del dolore familiare in cammino verso la redenzione, e quindi verso la gioia, non mancasse un’altra importante e diffusa esperienza degli sposi cattolici (e dei loro eventuali figli): quella di essere congiunti cattolici separati o divorziati (se non risposati) – situazione a cui Amoris laetitia collega i processi di nullità matrimoniale (§244).

Ho verificato sinceramente se non stessi cercando il classico “pelo nell’uovo” all’interno di una Via Crucis per il resto profonda e commovente. E ho cercato di pensare se vi fossero altre situazioni familiari altrettanto importanti ma tralasciate. Mi è sembrato di poter riconoscere, altrettanto sinceramente, che in entrambi i casi la mia risposta dovesse essere più o meno negativa. Più o meno perché effettivamente, nel secondo caso, c’è almeno un’altra situazione che, alla luce del magistero di Amoris laetitia, si poteva cercare di far emergere.

Non tanto la questione delle famiglie LGBT che, ad oggi, non sono considerate tali dal magistero della Chiesa cattolica (§251), oppure di quelle con figli/e LGBT (§250) perché sarebbe stato notevole il rischio di associarli/e ad anacronistiche valutazioni negative. E, in fondo, neanche quella delle famiglie povere, dato che le difficoltà socio-economiche e giuridiche con cui combattono le famiglie sono presenti sottotraccia in molte delle quattordici stazioni. L’altra questione che poteva meglio emergere è quella che Amoris laetitia fa rientrare nella definizione «situazioni complesse», riferendosi ai coniugi non credenti o credenti in altre religioni/confessioni (§247-248) e ai matrimoni civili o alle convivenze (§292-295).

Ammettiamo – senza concederlo – che la prima delle «situazioni complesse» sia numericamente poco rappresentativa (o non più “sentita” come un tempo) e che la seconda non costituisca ancora una fattispecie cattolica. In ogni caso, penso si possa e si debba dire che almeno quella delle famiglie con sposi cattolici separati o divorziati (se non risposati) sia stata nella Via Crucis un’assenza che si è fatta sentire.

Anche perché almeno il rilievo pastorale della questione – se non anche un certo consenso ecclesiale su di essa – è ormai indubbio. Basterebbe ricordare tutto lo sforzo compiuto dal doppio Sinodo sulla famiglia, confluito poi nell’esortazione Amoris laetitia (AL), per occuparsi – o meglio, per ricominciare ad occuparsi – delle cosiddette «situazioni imperfette» (§78-79) o «dette “irregolari”» (§297, 301) che caratterizzano le famiglie cattoliche del nostro tempo. Oppure, basterebbe pensare a quanto si è esposto dal punto di vista ecclesiale lo stesso Papa Francesco a proposito dell’accompagnamento, del discernimento e dell’integrazione ecclesiale delle coppie dopo una rottura, una separazione o un divorzio (§ 238, 242-243, 246, 291, 296-300), alla luce della dottrina misericorde sui «condizionamenti» e sulle «circostanze attenuanti» (§301-305, 308).

In definitiva, mi sembra che soprattutto nell’anno “Famiglia Amoris Laetitia” (19 marzo 2021 – 26 giugno 2022), inaugurato nel giorno della celebrazione dei cinque anni dalla pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia, il tema in questione dovesse trovare eco nella Via Crucis “del” Papa: esattamente come altri temi cari a Francesco hanno trovato spazio in essa – pensiamo alla famiglia dei migranti (XIV) o a quella dei nonni (VIII).

Sarebbe bastato unificare nella stessa stazione le famiglie in missione (II) e quelle che gestiscono una casa famiglia (VI), magari sotto l’espressione di famiglia in uscita. Tutto ciò senza toccare un altro esempio – quello delle famiglie con figlio consacrato (XI) – la cui rappresentatività poteva essere altrettanto messa in discussione, eventualmente proprio a favore delle suddette «situazioni complesse», per testimoniare quanto la Chiesa abbia a cuore le fattispecie familiari non (ancora o più) cattoliche.

Alcune domande, allora, sorgono spontanee da una sincera ed urgente preoccupazione pastorale – senza alcuna polemica o “dietrologia” su presunte “ideologie” di perfezione presenti, secondo Papa Francesco, anche nella comunità ecclesiale. Perché il tema non ha trovato spazio nella Via Crucis “del” Papa? Nessuno ci ha pensato? Qualcuno ci ha pensato, ma lo si è ritenuto sacrificabile rispetto ad altri temi ritenuti più importanti? Oppure si è valutato non opportuno (o addirittura sbagliato) dedicargli una stazione a sé stante?

L’importanza della risposta a queste domande diventa evidente se pensiamo che tra un paio di mesi si terrà a Roma il X Incontro Mondiale delle Famiglie e, forse, qualche integrazione nel senso di quanto evidenziato potrebbe essere auspicabile se, in questo tempo di sinodalità, vogliamo camminare insieme (o almeno non dare l’impressione di non volerci neanche provare) con le famiglie cattoliche che si trovano in «situazioni complesse», «imperfette» o «dette “irregolari”».