Censure e anche vanità: acrobazie sempre contro

Il gusto del contrario ad ogni costo, più o meno innocente o colpevole di malafede. Vizio troppo diffuso. Ieri per esempio sui giornali ampia eco, pur da diversi punti di vista, delle parole del cardinale Bagnasco sul particolare momento che l’Italia intera, nel contesto di una crisi mondiale, sta vivendo, e cui si dovrebbe rispondere con “eccezionale unità”. Su tutti i giornali? No! Su “Repubblica” neppure una riga. Hanno licenziato i vaticanisti? Anche se non si trattava di Vaticano? Pare di no. Una volta si chiamava “censura” e si diceva che era segno di paura. A “Repubblica” hanno paura? Chi lo sa. Certo in riferimento a Chiesa e cattolici in genere anche quando non censurano hanno forte il gusto di dire il massimo contrario. Ecco che solo lì (29/8, pp. 1 e 37) a proposito del discorso di Benedetto XVI sul tradimento di Giuda Gustavo Zagrebelsky passando per le fantasmagoriche visioni di Borges ha voluto rievocare il fatto che per Nils Runeberg «Giuda è Cristo e Cristo è Giuda!». Singolarissimo botto da circo degli acrobati. Del resto sempre lì, e unicamente lì, leggi anche che don Primo Mazzolari parlò di «Giuda nostro fratello» «in una sera piovosa del Giovedì Santo». Invece era Venerdì, e il tempo che faceva non risulta. C’è anche – spesso fronte opposto – chi tiene sempre o quasi se non al contrario a qualcosa di unico, e così ieri per giustificare il suo rifiuto assoluto del vegetarianismo Camillo Langone sul “Foglio” (p. 2) trasferisce alla «cena di Emmaus» Gesù risorto che mangia «una porzione di pesce arrostito» davanti ai discepoli stupefatti. Invece era a Gerusalemme. Varietà: per tutti i contro-gusti…

a cura di Gianni Gennari – avvenire.it