Benedetto XVI isolato nel monastero con padre Georg e quattro «memores». Da mesi non parla più

I misteri e i veleni sul dualismo con Bergoglio: nonostante la lealtà e il rispetto reciproco tra predecessore e successore, la sua longevità ha nutrito per quasi un decennio la leggenda destabilizzante dei «due Papi»

 Benedetto XVI isolato nel monastero con padre Georg e quattro «memores». Da mesi non parla più

Sembra una notizia che filtra da un altro mondo, sideralmente remoto da quello reale. E in qualche modo lo è. Forse perché quel Monastero nascosto nei giardini vaticani, dove Benedetto XVI si è ritirato da quasi dieci anni, è ad appena tre minuti di auto da Porta Sant’Anna, quella da cui si entra in Vaticano per andare alla farmacia, allo Ior, all’Archivio segreto; ma arrivarci significa compiere un viaggio mentale che fa perdere la nozione dello spazio e del tempo, tra viali deserti, altari, fontane, cactus enormi e improbabili, che spuntano tra le garitte di gendarmi vaticani in allerta davanti a qualunque viso sconosciuto. Le condizioni del papa emerito Benedetto si sono aggravate, Francesco ha chiesto di pregare per lui, e lo è anche andato a trovare: sono queste le notizie convulse di ieri.

Ma Joseph Ratzinger è ancora, disperatamente, vivo. Anche se con i suoi quasi 96 anni potrebbe spegnersi da un momento all’altro. Anche se pensava di morire sei mesi dopo la rinuncia del febbraio del 2013, e il fatto di essere sopravvissuto così a lungo ha alimentato il mistero sulle vere ragioni delle sue «dimissioni» epocali. Nonostante la lealtà e il rispetto reciproco tra predecessore e successore, la sua longevità ha nutrito per quasi un decennio la leggenda destabilizzante dei «due Papi»: benché Benedetto abbia fatto di tutto per ridimensionarla e smentirla. D’altronde, Ratzinger è stato «emerito» più a lungo che «regnante»: eletto nel 2005, ha lasciato nel 2013. Otto anni contro quasi dieci. Ad ogni occasione ha cercato di ribadire che «il Papa è uno solo». Ma i tradizionalisti che pure lo hanno sempre considerato una propria icona non si sono rassegnati.

Si è dato corpo al fantasma, se non alla realtà di «due Chiese». Benedetto è stato strumentalizzato di volta in volta da anti bergogliani e bergogliani, per motivi opposti. E non è stato mai chiaro fino in fondo quanto il pontificato emerito abbia influenzato e condizionato quello del papa argentino; e quanto il Monastero Mater Ecclesiae, la «Madre della Chiesa», abbia segnato alcune mosse di Bergoglio e della sua corte di Casa Santa Marta, l’hotel dentro le mura vaticane dove vive dal giorno dell’elezione. Una tesi sostiene che finché le riforme di Francesco sono andate avanti spedite, la sintonia con Benedetto è stata totale. Ma quando si è capito che arrancavano, che apparivano troppo visionarie, è cresciuta la tentazione di vedere nella filiera dei nostalgici di Ratzinger i frenatori, e nel Monastero una sorta di contropotere allo stato latente.

Negli ultimi anni si è assistito a uno scontro neanche troppo larvato tra le frange più estreme dei «tifosi» dell’uno e dell’altro. Contro, va sottolineato, la volontà di Francesco e Benedetto. È un conflitto che negli ultimi mesi si è in qualche maniera quietato, o almeno diplomatizzato. Forse perché la voce del papa emerito si è affievolita fino a spegnersi: da alcuni mesi non riesce più a articolare le parole. O magari perché il rischio di una rottura troppo vistosa nella Chiesa cattolica ha suggerito una tregua di fatto tra fazioni. Ma difficilmente la dicotomia verrà archiviata o si spegnerà quando Benedetto morirà. Anzi, per paradosso potrebbe ravvivarsi, sommandosi alle voci di dimissioni dello stesso Francesco, che emergono a intermittenza per bocca dello stesso papa argentino.

Da mesi, ormai, la domanda che si insinua nelle file vaticane non è se ma quando e come Francesco potrebbe rinunciare, una volta scomparso il papa emerito: perché due papi dimissionari sarebbero troppo, e una delle ragioni che finora hanno impedito una nuova scelta traumatica risiede proprio nel fatto che c’è ancora «l’uomo del Monastero». In questi anni è stata una figura ingombrante non solo per le sue rare prese di posizione ma per i suoi silenzi. In fondo, il solo fatto di esistere rappresentava una sorta di assenza-presenza che il mondo ecclesiastico ha sentito molto più dell’opinione pubblica. «Il Monastero» è diventato un modo per definire uno stile di papato complementare o perfino, nell’uso strumentale che ne hanno fatto gli avversari, alternativo a quello bergogliano: con Benedetto dedito a una vita monastica, assistito e protetto dalla sua «famiglia pontificia» composta dall’arcivescovo e prefetto Georg Gaenswein e dalle quattro «memores», le donne consacrate di Comunione e liberazione che hanno vissuto con loro in quell’edificio.

Non è chiaro se l’allarme che ieri mattina si è propagato dal suo eremo giù nei palazzi vaticani, e poi in tutta Italia, rimbalzando nel mondo, sia solo l’eco ricorrente di altri annunci funesti, smentiti dall’attaccamento alla vita di Joseph Ratzinger. Oppure se sia il presagio che l’esistenza di questo pontefice e fine teologo è davvero agli sgoccioli; che il suo «pellegrinaggio verso Casa», come scrisse in una lettera al Corriere nel febbraio del 2018, sta veramente arrivando al punto di non ritorno. Le voci che arrivano dal Vaticano sono contrastanti, ma le parole pronunciate ieri in udienza da Jorge Mario Bergoglio hanno conferito drammaticità alle voci sullo stato di salute di Benedetto. D’altronde, il silenzio intorno e dentro il Monastero è diventato pesante da mesi, ormai.

Si sapeva da tempo che Benedetto non riusciva più a parlare, a dispetto di una stupefacente lucidità. Le visite si erano diradate, come i suoi articoli di teologia. Si è creata una barriera invisibile di riserbo e di laconicità, aggiuntasi a quella che già circondava la costruzione di mattoni chiari protetta da un cancello di ferro elettrico schermato, e affiancata da un piccolo orto. Foto col contagocce, seduto in poltrona nel salotto al primo piano: l’ultima il 1° dicembre scorso. Frammenti di notizie arrivate da visitatori obbligati alla riservatezza. E una coltre di mistero così fitta che non si capiva dove finisse la volontà di isolare il papa emerito nel suo mondo rarefatto, e cominciasse la sua volontà di autoisolarsi. Di certo, senza di lui il Monastero diventerà altro. Eppure, si è impresso nella memoria collettiva come il luogo-simbolo di una delle stagioni più sconcertanti e insieme intriganti di una Chiesa in bilico: messa alla prova non dai suoi nemici ma dai suoi papi.

di Massimo Franco in https://www.corriere.it/cronache/22_dicembre_28/benedetto-xvi-isolato-monastero-padre-georg-quattro-memores-mesi-non-parla-piu-6ac67f20-86f0-11ed-95ee-af8dc55ce986.shtml