L’eredità di Benedetto XVI

Il Centro culturale “Blaise Pascal” organizza un incontro sulla figura di Joseph Ratzinger, nato al cielo il 31 dicembre 2022.

L’evento si intitola infatti “L’eredità di Benedetto XVI. Una ricchezza per l’uomo d’oggi”

L’appuntamento è per venerdì 12 maggio alle ore 21 nell’Aula magna “Manodori” dell’Università di Reggio Emilia, in via Allegri 9.

Interverranno Massimo Borghesi, filosofo e saggista, e l’Arcivescovo Giacomo Morandi.

 

Fonte: diocesi.re.it

Benedetto, Francesco e la via aperta. Storia e Chiesa da vivere ora

La luce del Re ha vinto le tenebre – Chiesacattolica.it

Si è chiusa con Benedetto XVI un’epoca della Chiesa. La partecipazione di molti alle celebrazioni in sua memoria (più nelle diocesi che nell’affluire a Roma) ha mostrato il cordoglio per la scomparsa del Papa, seppure ritiratosi da quasi dieci anni. Una memoria e un affetto che non sono apparsi limitati, come qualcuno vorrebbe, al mondo tradizionalista.

Ricordare Benedetto non è stata una manifestazione “non simpatizzante” verso Francesco. Molta gente l’ha ricordato semplicemente come Papa. Don Mazzolari, un prete che ha avuto difficoltà con Roma, intitolava un piccolo libro, pieno di affetto: “Anch’io voglio bene al Papa”. Aggiungeva però: «Per volergli bene ho bisogno di dare un volto al pastore, un cuore alla Pietra. Così per capirlo… ».

In tempi lontani, il Papa era solo un nome, pronunciato in latino. Invece, fin dall’Ottocento e, poi, sempre più, è diventato un compagno per la Chiesa e le generazioni che si susseguono. I media lo hanno avvicinato alla gente. Ne hanno inquadrato il volto e talvolta il dolore. Il Papa è un uomo pubblico in modo differente dai politici. Gli si chiede pastoralità, paternità e vicinanza. Il senso dei fedeli spinge a cercare in lui il pastore e l’uomo. La sensibilità della gente (anche mutevole) incontra un uomo con la sua storia e il suo modo di essere. In vari Papi si è notato come cambino con l’elezione, ma evidentemente resta l’impronta di una vita.

Benedetto XVI si è mosso nella continuità con Giovanni Paolo II. Ricordiamo tutti gli applausi scroscianti ogni volta che citava «il mio amato predecessore». Lui stesso confessò: «Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II!». Era la sensazione di buona parte dei cardinali che l’avevano eletto, considerandolo il più vicino al Papa defunto. Ma quant’era diverso dal Papa messianico e carismatico! Nonostante la consuetudine di più di vent’anni e un sentire teologico prossimo. Joseph Ratzinger non avrebbe nemmeno sognato il cambiamento dell’Est. Si contentava di essere «umile lavoratore della vigna del Signore». Ha scritto nella Deus Caritas est: il cristiano «in umiltà farà quello che è possibile fare e in umiltà affiderà il resto al Signore. È Dio che governa il nostro mondo, non noi».

Chi aveva vissuto drammaticamente e accanto alle vittime la Seconda guerra mondiale, come Karol Wojtyla, sapeva che, per affrontare il male nella storia e trovare le vie del bene, bisogna esagerare. Ratzinger è stato profondo, equilibrato, serio, onesto, non carismatico. Il suo contributo è stato soprattutto una “fede pensata” con ragionevolezza, passione intellettuale, finezza. Lo si è detto giustamente in questi giorni. Wojtyla volle incarnare l’estroversione della Chiesa oltre tutti i limiti (anche del suo corpo). Ratzinger aveva la misura e la solidità dell’europeo d’Occidente.

C’è chi l’ha visto, o voluto, simbolo del tradizionalismo, del conservatorismo teologico, del rigore nel governo. Aspettative per lo più fallite. Ora, con la morte, lo si vuole – in qualche settore – come una bandiera tradizionale, capace di andare controcorrente rispetto allo spirito del mondo, ben distinta dalla Chiesa «in uscita» di Francesco. Benedetto XVI non l’avrebbe voluto. Ha amato il silenzio, che non sempre gli hanno concesso. Ora che è scomparso, non può essere un simbolo, se non costruito in maniera mitica. Non fosse che per il suo senso profondo della continuità del servizio petrino, nella diversità delle umanità e delle opzioni. Ma anche per la complessità del suo pensiero teologico.

Papa Bergoglio è stato una scelta diversa dei cardinali rispetto ai Papi europei. Ha alle spalle un vissuto ecclesiale e un pensiero legato alla Chiesa latinoamericana, pur nella continuità già espressa nella Lumen fidei, in cui Francesco scrive rispetto al predecessore: «assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi».

Oggi la continuità è resa più complessa anche dalla sfida del confronto con mondi nuovi fuori dall’Europa.

Quella odierna è una Chiesa globale in tutti i sensi, sia per dimensioni culturali e geografiche, sia per spaesamento delle persone e delle comunità. Oggi la morte di papa Benedetto non apre nella Chiesa a chi sa quali scenari conflittuali, analizzati e forse auspicati da alcuni, ma rinvia il discorso al cattolicesimo europeo in affanno, di cui il defunto è stato l’ultimo grande esponente. Francesco ha parlato della (e alla) stanchezza europea in varie occasioni. La risposta non può essere solo la laboriosità degli episcopati e dei vari soggetti ecclesiali. Occorre una visione, senza cui ci si omologa lentamente al livello rassegnato di tanta coscienza europea. E la guerra in Ucraina è una grande sfida alla coscienza cristiana: un cristianesimo europeo, che non si consegni alla nostalgia del passato, ma che non accetti nemmeno l’irrilevanza.

La via della rilevanza non è quella del potere, bensì dell’amore per un mondo che soffre, che appassisce o che è povero. E, nel 1967, il quarantenne Joseph Ratzinger scriveva: «Il concetto conciliare contrario a “conservatore” non è “progressista”, ma “missionario”».

avvenire.it

La liturgia dei funerali, Benedetto e i suoi ricordi

I preparativi del funerale di Benedetto XVI © ANSA

Nell’addio alla vita terrena Benedetto XVI porterà con sé i ‘ricordi’ del suo Pontificato, dalle monete coniate durante i suoi otto anni al soglio di Pietro ai pallii, i paramenti liturgici che hanno accompagnato la sua carriera ecclesiale.

All’interno del feretro sarà posto un cilindro metallico contenente il ‘rogito’, un testo che ripercorre le tappe principali del suo Pontificato, segnato dalle storiche dimissioni a sorpresa del 2013.
Prima della sepoltura, però, gli sarà reso l’ultimo omaggio durante i funerali che si svolgeranno in piazza San Pietro, al termine dei tre giorni di camera ardente all’interno della Basilica. Un rito che sarà presieduto da papa Francesco e che, con ogni probabilità, sarà celebrato dal decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re.
L’inedita cerimonia, la prima organizzata per un papa Emerito, seguirà una liturgia particolare, sulla quale per giorni ha lavorato il cerimoniale vaticano. L’obiettivo è stato quello di garantire tutti gli onori che si devono ad un ex Pontefice, ma con qualche accorgimento per limare i passaggi dedicati al papa regnante, come avviene tradizionalmente. E così il rito, per esempio, sarà orfano delle suppliche finali, della supplica della diocesi di Roma e delle Chiese orientali che – come ha spiegato il direttore della sala stampa della Santa Sede – “sono molto specifiche del papa ‘attivo'”.
Il feretro con la salma di Benedetto XVI lascerà la Basilica giovedì mattina alle 8.50 per raggiungere il sagrato e consentire ai fedeli di recitare il Rosario. Alle 9.30 prevista la messa, presieduta da Bergoglio che successivamente dedicherà al papa Emerito la sua omelia. Infine, al termine del rito della ‘Ultima Commendatio et Valedictio’, il feretro sarà trasportato nelle grotte vaticane. Lì sarà tumulato, durante una cerimonia privata, all’interno della nicchia che prima era appartenuta a san Giovanni XXIII e Giovanni II, le cui spoglie sono state traslate all’interno della Basilica di San Pietro in seguito alle rispettive canonizzazioni.
All’interno della bara, che sarà in cipresso, zinco e rovere, saranno deposte le monete e le medaglie coniate durante il suo Pontificato e i pallii vestiti durante la carriera ecclesiale.
All’esterno saranno infine apposti i sigilli della prefettura della Casa pontificia, quello dell’ufficio celebrazioni liturgiche e del capitolo vaticano di San Pietro. Attese in piazza San Pietro decine di migliaia di fedeli, oltre a delegazioni e rappresentanti dei governi e delle confessioni religiose di tutto il mondo.
A seguire l’evento ci saranno, infine, oltre 600 giornalisti accreditati per quella che sarà, senza dubbio, una cerimonia del tutto inedita.

Benedetto XVI L’INTERVISTA INEDITA DEL 1988 Quando paragonò il Concilio a un’esplosione «Ecco come ha cambiato il volto della Chiesa»

Benedetto XVI: "Vi racconto il mio Concilio" - La Stampa

Pubblichiamo un ampio stralcio dell’intervista, inedita in Italia, che l’allora cardinale Joseph Ratzinger prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede concesse nel 1988 a Manfred Schell per il quotidiano tedesco Die Welt. Il testo completo comparirà nel nuovo volume dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger curata dalla Libreria Editrice Vaticana.

Signor cardinale, quanto accade intorno all’arcivescovo Lefebvre è una questione significativa anche per lo spazio di lingua tedesca. Come giudica la pretesa formulata di volere salvaguardare il complessivo e intatto deposito della fede?

Sino ad oggi ogni Concilio ha suscitato reazioni avverse, perché ogni Concilio pone degli accenti diversi e gli uomini se ne sentono coinvolti, si oppongono a essi. In questo senso, da un punto di vista storico, la nascita di questa opposizione rappresenta un processo assolutamente normale. A riguardo bisogna considerare che lo spettro dell’opposizione formatasi a partire dalla tradizione è abbastanza ampio e complesso. Si va dai gruppi quasi settari ad altri gruppi fortemente fanatici che contestano al papa la sua legittimità sino a credenti che vivono fedelmente all’interno della Chiesa pur provando un certo disagio.

In questo quadro qual è il peso di Lefebvre?

Senza dubbio Lefebvre ha costituito l’organizzazione maggiormente solida dal punto di vista giuridico e teologico che ha sempre custodito la propria sobrietà, non ha cioè nulla a che fare con le apparizioni o altre forme simili di devozione particolare. Si è invece sempre attenuto alla teologia preconciliare, acquisendo così una consistenza che ha un grande peso giuridico e fattuale su cinque continenti.

Lefebvre è l’interlocutore più serio. La pretesa che solo lì la fede sia preservata nella sua interezza corrisponde a quello che quel gruppo pensa di se stesso. La Chiesa con il suo magistero non può accettare un’esclusività di questo tipo. Sempre la Chiesa nel suo insieme, con il papa e i vescovi, deve essere il luogo della vita credente e nel suo insieme impegnarsi a custodire e mantenere viva e attuale la fede sia nella sua originalità quanto nella sua pienezza. Penso che debba soprattutto essere raggiunta un’intesa sul fatto che può aversi fede intera solo nell’unità con la Chiesa.

Lei è fiducioso che si possa arrivare a un’intesa con Lefebvre?

Non bisogna mai rinunciare alla speranza.

Appena trentacinquenne lei è stato, insieme a Küng e al molto più anziano Rahner, perito conciliare di personalità del calibro del cardinale Frings. Rahner è morto. Küng è considerato il figliol prodigo della Chiesa. Lei è a capo della Congregazione per la Dottrina della fede. Il Concilio Vaticano II e le sue conseguenze è ancora il suo tema. Il Concilio ha mutato il volto della Chiesa? Un pezzo di identità cattolica è andato perduto?

Il volto della Chiesa è certamente munon tato, basti pensare all’ampiezza della riforma liturgica. Si è avuta una serie di rilevanti cambiamenti, simile a una catena di esplosioni. La grande controversia riguarda proprio la questione se questa trasformazione abbia intaccato anche l’identità. Ora l’identità non è statica, ogni generazione deve riconquistarla, e questo vale soprattutto per i tempi di crisi. Se si pensa all’illuminismo europeo o anche alla Rivoluzione industriale del XIX secolo si vede come anche la Chiesa dovette sempre di nuovo ricercare la propria identità attraverso profondi processi di rinnovamento. Dopo la Seconda guerra mondiale abbiamo sperimentato una trasformazione del mondo che è più radicale dei rivolgimenti di allora e che ha persino assunto la forma di una rivoluzione culturale. Con nuovi mezzi di comunicazione di massa, nuovi mezzi di trasporto e nuove innovazioni tecnologiche il sostrato spirituale delle società si è notevolmente trasformato. È del tutto evidente che in questo processo di fermentazione la Chiesa stessa dovette manifestarsi affermarsi in modo nuovo.

È una trasformazione che fu resa più difficile dal fatto che da un lato gli antichi fattori identitari sembravano vacillare, ma d’altro era percepibile un dinamismo dell’affermazione della propria identità che scaturiva dal di dentro. Questa lotta per l’identità è conclusa, ma è in pieno svolgimento.

Lei stesso ha affrontato molte cose con occhio critico. Una volta ha paragonato il post-Concilio a un cantiere. La Chiesa ha forse smarrito il piano di costruzione?

No, non direi. Si tratta semplicemente di usare più comunione e ridurre l’individualismo e l’egoismo di gruppo. In un tempo in cui la “capacità di fare” è parte integrante del principale modello di comportamento c’è anche la tentazione di dire: bene, rimbocchiamoci le maniche e facciamo la Chiesa. La Chiesa però non dev’essere fatta, ma vissuta.

La critica per cui il Vaticano II si sia svolto in modo troppo unilaterale è evidente. Ma l’accusa di unilateralismo è interpretata diversamente a seconda che provenga da teologi conservatori o progressisti e alla fine c’è la comune richiesta di un nuovo concilio di cui la Chiesa avrebbe bisogno. Ha bisogno di un nuovo Concilio?

La questione di un nuovo concilio non è attuale. E già solo per il fatto che dobbiamo ancora lavorare su quello che ci ha dato l’ultimo concilio. Un concilio rappresenta una grande sfida per la Chiesa. Molto è messo in movimento e messo in crisi. A volte un organismo necessita un’operazione ma poi ha bisogno del tempo per rigenerarsi e delle normali cure. Chiesa e concilio sono in un rapporto simile.

Peraltro, disponiamo della forma del Sinodo dei vescovi che in un modo meno esigente aiuta a realizzare una forma di vita comunionale nella Chiesa ed una comprensione condivisa sul cammino successivo in essa. È questa la strada giusta: integrare l’eredità del Vaticano II nella storia complessiva. Non abbiamo bisogno di sempre nuovi programmi, ma soprattutto anche serenità interiore.

Cosa, dalla sua prospettiva, bisognerebbe conservare del Concilio, cosa rivedere e cosa maggiormente accentuare?

Innanzitutto, molto semplicemente è valido tutto quello che dicono i testi vincolanti del Concilio, e che alla lunga ancora non è stato valorizzato del tutto. Se poi nel concreto dovessi evidenziare alcuni aspetti concreti, sottolineerei innanzitutto il rilievo nuovo dato alla Bibbia e alla comune eredità dei Padri; poi la visione dell’uomo personalistica, e inoltre le affermazioni sulla natura della Chiesa; metterei poi in rilievo l’accento posto sull’ecumenismo e infine sull’intuizione fondamentale del rinnovamento liturgico. Per quel che riguarda quest’ultimo punto, bisogna tuttavia dire anche questo: nel concreto la riforma della liturgia non sempre si è realizzata in modo tale che fosse realmente utile alle persone. Giungo così alla seconda parte della Sua domanda. Insieme al grande “sì” riguardo a quello che il Concilio stesso ha voluto, bisognerà comunque riflettere con nuova serietà sugli arbitri compiuti. Al nostro “sì” al mondo dobbiamo aggiungere che il mondo ha bisogno di autocritica, di obiezione critica, che la solidarietà abbia un fondamento critico. Il potenziale critico di cui dispone il cristiano rispetto ai processi deve pienamente operare.

(Traduzione di Pierluca Azzaro)

© LIBRERIA EDITRICE VATICANA

L’addio a Benedetto «Rimanete saldi nella fede»

da avvenire.it

È l’invito che Benedetto XVI rivolge a tutti i fedeli a conclusione del suo testamento spirituale redatto in data 29 agosto 2006 Il ringraziamento a Dio per i genitori, la sorella e il fratello. «A quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo perdono»

Pubblichiamo il testo integrale del testamento redatto da Benedetto XVI il 29 agosto 2006 e diffuso all’indomani della sua morte sabato 31 dicembre 2022.

Il mio testamento spirituale

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.

Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.

A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.

Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.

29 agosto 2006

Benedictus PP XVI

© LIBRERIA EDITRICE VATICANA

 

Dalla Lev l’Opera Omnia di Ratzinger in italiano raccolta in sedici volumi

Opera omnia di Joseph Ratzinger : Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Müller,  Gerhard Ludwig, Cappelletti, Lorenzo, Azzaro, Pierluca: Amazon.it: Libri

Libreria Editrice Vaticana sta realizzando la pubblicazione in lingua italiana dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI. Sono previsti 16 volumi, 6 sono già stati pubblicati per un totale di 8 tomi. L’edizione italiana dell’Opera Omnia è curata da Pierluca Azzaro e Lorenzo Cappelletti. I volumi già usciti sono i seguenti: L’idea di rivelazione e la teologia della storia di Bonaventura, Gesù di Nazaret (2 tomi: La figura e il messaggio e Scritti di cristologia), L’insegnamento del Concilio Vaticano II (2 tomi), Chiesa: segno tra i popoli. Scritti di ecclesiologia e di ecumenismo, Teologia della liturgia, Annunciatori della Parola e servitori della vostra gioia. I testi sono disponibili nelle migliori librerie fisiche e online.

In primavera uscirà un nuovo volume, dedicato a tutte le interviste rilasciate da Joseph Ratzinger sia prima che dopo la sua elezione al soglio pontificio. Questa che pubblichiamo, inedita in italiano, è una parte di un’intervista all’allora cardinale Joseph Ratzinger, al tempo prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, rilasciata al periodico tedesco Die Welt nel 1988.

È in azione la macchina organizzativa per i funerali di Benedetto XVI

Le ultime parole di Benedetto XVI: "Signore, ti amo" - la Repubblica Due le delegazioni ufficiali: quella tedesca (presumibilmente con il presidente federale Frank-Walter Steinmeier) e quella italiana con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Anche altri capi di Stato o sovrani potrebbero decidere di essere presenti, ma secondo il protocollo vaticano saranno presenze a titolo personale e non delegazioni ufficiali.

Tra coloro che hanno annunciato la presenza il presidente della Repubblica polacco Andrzej Duda, come annunciato ieri dal viceministro degli esteri polacco Marcin Przydacz, la regina Sofia, madre del re di Spagna, e il presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa.

Avvenire