Blog di notizie varie (a cura redazione Chiesa S. Stefano – Reggio Emilia)
Ti voglio bene, tu sei importante per me, conto su di te: amicizia, affetto, considerazione, attenzione, cura, sono desideri imperiosi che ci accomunano e di cui il cuore ha sete innata. Tutti abbiamo bisogno di amare e di essere amati. Nell’esperienza di ciascuno, la condivisione del bene dimezza il dispiacere e amplifica la gioia. Il comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato ci chiama proprio a questo: all’amore per gli altri, e autenticamente per noi stessi, come strada per rendere la nostra vita piena, ricca, soddisfacente. L’amore è il dono più grande che abbiamo ricevuto, e il più grande che possiamo fare. Avvicina, rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. Non è una fantasia zuccherosa, una telenovela sempre col sottofondo di violini, ma un’esperienza estremamente concreta, a volte rischiosa. Un cammino esigente, che tuttavia conduce a una meta certa: quella di una vita realizzata. L’amore è la porta della gioia e la cura delle solitudini e delle ansie che l’esperienza di ogni giorno può riservare. “Ti voglio bene” è il manifesto di Papa Francesco su quello che è, in tutte le sue declinazioni, il tema cruciale della nostra esistenza e del suo magistero: l’amore. In queste pagine le sue parole – e anche quelle dei libri e dei film da lui più amati – esplorano ogni aspetto e tracciano un percorso per i nostri cuori, gettando infiniti e contagiosi semi di realizzazione di sé, di giustizia, di felicità. Con i brani più amati di García Márquez, Dante Alighieri, Dostoevskij, Ungaretti, Balzac, Tolkien, Merini, Romero, Pasternak, San Francesco, Manzoni, Kierkegaard, Novalis, Borges e molti altri. Pubblicato in collaborazione con Libreria Editrice Vaticana, “Ti voglio bene” è il manifesto per una gioia condivisa.
sanpaolostore.it
Sarà un evento dal sapore conciliare. Parola di intenditore. Monsignor Roberto Repole, arcivescovo di Torino, è uno dei cinque delegati al Sinodo che si svolge a Roma, tra il 4 e il 29 ottobre, eletti dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) insieme con monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, e monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara.
Raffinato teologo, abituato a calibrare bene parole e pause, quando (ancora a metà settembre) gli si domanda quanto sia corretto dire che il Sinodo si avvicini a un Concilio risponde tranchant: «Per certi aspetti è vero. Il Sinodo è infatti figlio del Vaticano II. Il 14 settembre 1965 Paolo VI annunciò l’ormai prossima nascita del Sinodo dei vescovi. L’indomani mattina, il 15 settembre 1965, all’inizio della 128ª Congregazione generale, monsignor Pericle Felici, Segretario generale del Concilio comunicò che era stato promulgato il motu proprio Apostolica sollicitudo, con il quale il Sinodo veniva ufficialmente istituito. Si volle creare insomma un organismo che aiutasse il Papa nel governo della Chiesa e tenesse in qualche modo viva l’esperienza collegiale maturata nel corso del Vaticano II». Attenzione, però, ammonisce monsignor Roberto Repole: «Sinodo e Concilio rimangono in ogni caso realtà diverse tra loro».
Qualche dettaglio in più? «Il secondo è più lungo e, senza nulla togliere alla legittimazione del Sinodo, più rappresentativo. Tra l’11 ottobre 1962 e l’8 dicembre 1965, i padri conciliari che parteciparono almeno a un periodo dei lavori furono 3.058. A dar vita al Sinodo, discutendo di un tema e solo di quello, sono delegazioni necessariamente più ristrette. Contando tutti coloro che a vario titolo arriveranno a Roma per la XVI assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, si arriva a 464 membri. Di questi, quanti, come me, risultano eletti dalle Conferenze episcopali nazionali e approvati dal Papa sono 169 in tutto: 44 dall’Africa, 47 dalle Americhe, 25 dall’Asia, 48 dall’Europa e 5 dall’Oceania. Si tratta in altre parole di assemblee differenti per natura, composizione e scopi». Circa gli esiti l’arcivescovo di Torino invita a leggere e rileggere il tema: Per una Chiesa sinodale, comunione, partecipazione e missione. «Rifletteremo su come concepiamo le comunità dei credenti e su come viviamo la fede, oggi. La comunione è minacciata da crescenti dosi di individualismo e di narcisismo. Troppo “io”, poco “noi”; è così dentro e fuori le parrocchie. La partecipazione va allargata: più laici e più donne, si ripete giustamente. La missione va rimessa a fuoco. Dobbiamo riscoprire una verità tanto semplice quanto antica: tutti i battezzati, e non solo preti, frati, suore o vescovi, sono chiamati ad annunciare la Salvezza. Spesso, invece, sono proprio i luoghi normalmente abitati da cristiani laici quelli in cui il Vangelo è più taciuto»
Non si tratta solo di sperimentare linguaggi nuovi. «Dobbiamo domandarci come ripensare la Chiesa dentro una cultura, la nostra, segnata dal nichilismo, dalla secolarizzazione (che comporta anche l’economicismo imperante che trasforma tutto e tutti in funzioni, in strumenti), dalla digitalizzazione che può portare alla de-realizzazione delle persone, nonché da uno strutturale pluralismo religioso». «Bisogna riprendere confidenza con ciò che è essenziale», conclude monsignor Roberto Repole, «cioè la consapevolezza che non siamo figli del caos e che il nulla non è il nostro destino, che non esistono luoghi o situazioni disabitati dalla Grazia, che siamo chiamati ad attingere a una bellezza plurale, in cui la varietà di lingue, culture, storie e fedi è ricchezza, non ostacolo. La Chiesa corrisponde al dono ricevuto dal Signore non solo ringraziandolo e vivendo la fraternità al suo interno, ma rendendo disponibile quel dono a tutti con l’annuncio, la testimonianza, la cura di coloro che nella storia non sono ospitati, ma emarginati. Ecco, il Sinodo che immagino io è ben descritto da un vecchio titolo dell’Osservatore Romano: un tempo di speranza per chi non ha tempo per Dio».
Famiglia Cristiana
L’iniziativa conferma il ruolo del dicastero per la Cultura e l’Educazione come promotore delle relazioni tra la Santa Sede e il mondo della cultura, «privilegiando il dialogo come strumento indispensabile di vero incontro, di reciproca interazione e di arricchimento, affinché i cultori delle arti, della letteratura e della Cultura, in ogni sua forma, si sentano riconosciuti dalla Chiesa come persone al servizio di una sincera ricerca del vero, del bene e del bello».
Il prefetto del dicastero, cardinale José Tolentino de Mendonça, afferma che «abbiamo bisogno di rilanciare l’esperienza della Chiesa come amica degli artisti, interessati alle domande che la contemporaneità ci pone (tanto quelle attuali, pressanti di drammaticità, come quelle così visionarie che indicano nuovi futuri possibili) e disponibili a sviluppare un dialogo più ricco e una crescita della comprensione reciproca». L’evento è organizzato in collaborazione con il Governatorato vaticano, i Musei Vaticani e il dicastero per la Comunicazione.
avvenire.it
Tema Seamless Keith, sviluppato da Altervista
Apri un sito e guadagna con Altervista - Disclaimer - Segnala abuso - Privacy Policy - Personalizza tracciamento pubblicitario