A qualche mese dall’inizio del Sinodo, troppi fedeli non sono stati minimamente sfiorati dal Cammino sinodale, che parte così, purtroppo, già monco. Urge un rimedio

di Sergio Di Benedetto

ra che nelle varie diocesi d’Italia si vanno componendo le sintesi dell’ascolto operato sui territori, devo con un poco di malinconia e delusione ammettere che, personalmente, il Sinodo non mi ha praticamente toccato, che questo primo momento di ‘cantiere’ mi è stato, sostanzialmente, estraneo.

Credo di essere abbastanza coinvolto in ‘cose di Chiesa’, frequento regolarmente la Messa domenicale, scrivo su Vinonuovo, ogni tanto qualche comunità mi invita a tenere incontri e catechesi per giovani o adulti, mi impegno in vari modi nella pastorale della cultura, viaggio molto. Inoltre, da insegnante e ricercatore, ho abbastanza il polso delle questioni giovanili e accademiche; sono un Millennial, secondo le definizioni anagrafiche che circolano. Eppure, davvero, non c’è stato un momento fisico in cui io abbia potuto ascoltare e dialogare e dire una mia parola sulla Chiesa italiana. Sarà forse perché la mia diocesi è molto ampia e ha predisposto dei cammini che sono stati diversi a seconda dei luoghi. Sarà pigrizia mia. Sarò stato distratto. Sarà che nel mio territorio molto è ancora gestito dal clero, il quale non ha uguale convinzione sull’importanza di un iter sinodale.

Così allargo il campo alle mie relazioni più cristianamente convinte, di diocesi diverse: chiedo ad amici e parenti, fascia 20-45 anni: persone sposate con figli, sposate senza figli, non sposate, laici consacrati, tutti frequentanti parrocchie o associazioni o movimenti, lavoratori e studenti, diversi insegnanti ed educatori: nessuno ha avuto almeno un momento in cui si è messo a tema, in un incontro, il Sinodo. Nessuno che ha potuto, in qualche modo, dialogare. Uguale per qualcuno che partecipa ai consigli parrocchiali. Allora mi dico: sarà un problema generazione, per cui chiedo a chi ha più di 45 anni: anche qui, uomini e donne di varie vocazioni e varie appartenenze, ma tutti impegnati nella testimonianza di fede: praticamente nessuno è stato toccato dal Sinodo.
Chiedo a vari frequentatori o soci di Vinonuovo: la maggioranza, allo stesso modo, ha visto e sentito da ‘assai lontano’. Tralascio i giovani minori di 20 anni: nemmeno sanno cosa sia un Sinodo.

Le mie relazioni non hanno valore statistico, ma sono abbastanza certo che si tratti comunque di una minoranza della società italiana: gente che ha scelto di camminare nella fede, con perseveranza e convinzione, e che, tuttavia, non è stata sfiorata dalla prima fase del Sinodo. Nessuno ha potuto alzare la mano e dire la propria esperienza, opinione, visione. Nessuno ha condiviso fatiche; nessuno ha potuto ascoltare altri e iniziare un dialogo che possa avere il Vangelo e la vita come basi.

Sarò stato poco fortunato io e poco fortunati saranno stati i miei amici. Però, quello che temo, è che già questa prima fase sia monca. Se non riusciamo ad arrivare a chi crede e si impegna, quando mai potremo giungere ai lontani? Come scrivevo mesi fa, se non arriviamo alle parrocchie, come arriveremo oltre?
So con certezza che le situazioni sono molto dispari in Italia: alcune diocesi e diverse parrocchie hanno lavorato intensamente. La speranza è che qui si siano alzate parole rappresentative di tutti. Però davvero la macchina non gira bene se tutto è lasciato alla volontà dei singoli vescovi o sacerdoti, quando anche i laici dovrebbero avere la possibilità di prendere in mano le redini del cammino sinodale.

Ma poi, volendo fare bene e seriamente un cammino sinodale, bisognava per qualche tempo rivedere le priorità: non aggiungere una cosa in più da fare nell’ordinario, ma scegliere con coraggio cosa trascurare, cosa lasciare da parte per concentrare energie e tempo sul Sinodo, a partire dal clero. Avevamo anche l’occasione buona: la pandemia aveva obbligato a rileggere il quotidiano ecclesiale. Invece, tutto è ripreso come prima, se non più di prima: anche le attività che avevano mostrato la loro scarsa utilità o la loro mancata profezia.
Rimane il gusto amaro che nasce da una preoccupazione, ossia che siamo di fronte dell’ennesima occasione persa, delle cose fatte giusto perché devono essere fatte, e il Papa era così insistente, che come fai a dire di no al Papa dopo anni di richiami? Facciamolo, e diciamolo di averlo fatto. E poi amici come prima, sempre più stanchi, sempre più sfibrati, sempre meno comunitari, sempre più pochi e vecchi, sempre più impauriti e confusi.

Se almeno, in ogni comunità, associazione, movimento in Italia si potessero sospendere per un paio di settimane le attività non essenziali e fare un paio di incontri per mettere a fuoco il nostro essere cristiani oggi, anno 2022, pensando a quello che saremo tra vent’anni. Sarebbe un bel messaggio dal futuro nuovo presidente della CEI.