Libro / Gridare il Vangelo con tutta la propria vita / ANNO A

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Con il volume delle «Omelie domenicali di Fratel Arturo Paoli» anno liturgico A si conclude la raccolta dei tre anni A, B, e C. Fratel Arturo legge il Vangelo e pronuncia l’omelia secondo una modalità “profetica”, mantenendo inalterata la sua freschezza e la sua attualità nel tempo. L’Indice facilita la lettura del testo sia per seguire il tempo liturgico, che per un ausilio di riflessione e meditazione in un momento particolare della propria vita. Scorrendo i titoli delle omelie si può cogliere ciò di cui si ha più bisogno per il proprio cammino e lo si legge, lo si gusta, provando a incarnarlo concretamente nella quotidianità. “La caratteristica fondamentale delle omelie del piccolo fratello Arturo Paoli è l’afonìa, perché egli non si sostituisce mai al Parlante, non sovrasta la Parola, non presume di spiegare la Parola, ma assume le parole per «gridare il Vangelo con tutta la sua vita». Non è un intermediario, ma un testimone che non ha nulla da dare se non la sua stessa esperienza, come un cristallo purissimo che non trattiene, ma lasciandosi trafiggere, lascia passare il raggio di luce dello Spirito su chi ascolta e si predispone all’incontro. Ogni omelia non è esegesi della Parola, e meno che meno eis-egesi cioè “mettere dentro” la propria manipolazione in vista del dominio della coscienza di chi ascolta. Ogni omelia è una pennellata di colore di vita e Spirito. Ogni parola è specchio, sussurro, «voce sottile di silenzio» o «voce di tenue bisbiglìo», che Elia sperimentò al passaggio di Dio (1Re 19,12). Chi ascoltava Arturo dal vivo e chi lo legge ora da vivente, assente-presente, fa una esperienza spirituale unica: si sente interpellato, amato e accolto senza condizioni. La sua parola, serva della Parola, non è generica, ma “personale” e irrepetibile. Solo chi ascolta la può custodire con sapienza e gratitudine perché sperimenta il dono della gratuità” (dalla Prefazione di Paolo Farinella, prete).

Il Vangelo. Pentecoste, la sinfonia di linguaggi dello Spirito

Pentecoste, la sinfonia di linguaggi dello Spirito

Domenica di Pentecoste Anno A

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».Lo Spirito Santo è Dio in libertà. Rifiuto della monotonia. Scelta della sinfonia. Ultima parola, che si offre sempre come nuova, come altra: alla nave come costa, alla terra come nave; al navigante come nostalgia di casa, all’uomo di casa come nostalgia del mare. Dio in libertà. Che fa cose che non t’aspetti. Che dà a Maria un figlio “fuorilegge’”, a Elisabetta un figlio profeta. E a noi dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno per dare, a nostra volta, vita, o meglio ancora: per dare alla vita. La Parola di Dio oggi prova una sinfonia di linguaggi per tentare di dire qualcosa della vastità dello Spirito: non sono che semplici fessure, feritoie aperte sul mistero.1. La prima lettura (Atti 2,1-11) racconta di Apostoli come “ubriachi”, inebriati da qualcosa che li ha storditi di gioia, come un capogiro, una divina seduzione, violenta e felice. E la prima Chiesa, arroccata sulla difensiva, viene lanciata fuori e in avanti. La nostra Chiesa tentata, oggi come allora, di arroccarsi e chiudersi, perché in crisi di numeri, perché aumentano coloro che si dichiarano indifferenti o infastiditi, questa Chiesa, amata e infedele, può ancora attingere a quello slancio originario.2. Il salmo tra le letture (Sal 104,30) apre la seconda fessura: “Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra”. Una delle affermazioni più belle e rivoluzionarie della nostra fede è offerta dalla Prece eucaristica III, quando il presidente proclama: “Tu, che per mezzo di Cristo e per opera dello Spirito fai vivere e santifichi l’universo”. Non solo l’uomo, ma tutto ciò che esiste; non solo doni vita, ma semini santità nell’universo, santità della luce, l’umile santità del bosco, del bambino che nasce, del cuore che ama, dell’anziano che pensa. Una divina liturgia santifica l’universo.3. La terza finestra sulla Pentecoste la apre Paolo nella seconda lettura (1Cor 12,5). Lo Spirito dà a ciascuno una manifestazione particolare per il bene comune. Sposa vite diverse, consacra vocazioni differenti, benedice la genialità e l’unicità di ogni vita. Lo Spirito non vuole banali ripetitori, ma discepoli geniali, edificatori di una Chiesa che trova unità attorno alla croce, varietà e creatività attorno allo Spirito.4. Infine il Vangelo racconta la Pentecoste come un incontro leggero nella sera di Pasqua: “soffiò su di loro e disse: ricevete lo Spirito santo” (Gv 20,22). In quella stanza chiusa e dall’aria stagnante, entra il grande, ampio e profondo ossigeno del cielo. Entra il respiro di Dio che non sopporta schemi e chiusure, che viene per farci vivi, sottile e profondo come il respiro, umile e testardo come il battito del cuore. (Letture: Atti

2,1-11; Salmo 104; Prima Lettera ai Corinzi 12,3b-7.12-13; Giovanni 20,19-23)© riproduzione riservata

di Ermes Ronchi, avvenire.it

Dio regala vita infinita a chi produce amore. Commento al Vangelo. Domenica di Pasqua Anno A

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Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. (…) L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto (…)».All’alba, alle prime luci, quasi clandestinamente, due donne si recano alla tomba nel giardino. Vuote le mani, vengono solo per
visitare la tomba: guardare, osservare, sostare, ricordare. Sono le stesse donne che venerdì hanno abitato, senza arretrare di un centimetro, il perimetro attorno alla croce. Un angelo scese dal cielo, si avvicinò,
rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Non apre il sepolcro perché Gesù esca, è già uscito, ma per mostrarlo alle donne: il sepolcro è vuoto, il Nazareno è già altrove. Come, non è detto. Il mistero di Dio resta intatto. Donne, angelo, guardie, il brivido della terra, cielo, pietra, alba: tutti sono convocati perché Gesù Cristo cattura dentro il suo risorgere tutto l’universo; è energia che si dirama per tutte le vene del mondo, una forza che ha imbevuto di sé tutta la trama del creato. «E non riposerà più, fino a che non avrà raggiunto l’ultimo ramo della creazione e rovesciata la pietra dell’ultima tomba» (M.Luzi). Le donne hanno il cuore grande abbastanza per parlare con gli angeli:
“So che cercate Gesù, non è qui!”. Voi cercatrici, mendicanti dell’amato, continuate, ma con occhi nuovi.
Che bello questo: non è qui!
Cristo c’è, esiste, vive, ma non qui. Non è rinchiuso in nessun luogo. Va cercato altrove, diversamente, via dal territorio delle tombe, è in giro per le strade, un Dio da cogliere nella vita. Dappertutto, ma non qui, fra le cose morte.
Bisogna cercare più a fondo: non c’è luogo che lo contenga, non chiesa, non parole o liturgie. Lui è oltre, sempre oltre è il suo infinito cammino.Non è qui, vi precede, è davanti ad aprire la nostra immensa migrazione verso la vita. È davanti, a ricevere in faccia il vento, il sole, il futuro, la violenza. Andate, vi precede. Un Dio migratore, abbiamo, che ama gli spazi aperti, che apre cammini, attraversa pietre e spalanca tombe. Pasqua vuol dire ‘passare’. Non è festa per stanziali, ma per migratori, per chi inventa sentieri che facciano scollinare verso più giustizia, più pace, più armonia con il creato, verso terra nuova e cieli nuovi.Vi precede in Galilea. Là lo vedrete. Ucciso a Gerusalemme, risorto a Gerusalemme, ma l’incontro avverrà ai margini, lontano dal centro dei poteri omicidi, in Galilea dove tutto ha avuto inizio con tre anni di strade, lago, pani e pesci, olivi, le lezioni sulla felicità, intese amicali. Devono
rileggere tutta la vita di Gesù per capire la sua risurrezione. Devono ripercorrere la sua vita dall’inizio, allora capiranno che Dio l’ha
risuscitato perché una vita così non può finire. Che gesti e parole così meritano di non morire, hanno dentro la vita indistruttibile che Dio regala a chi produce amore.

Letture: Atti degli apostoli 10,34a.37-43; Salmo 117; Colossesi 3, 1-4; Matteo 28, 1-8 (Vangelo della Veglia pasquale nella notte santa)

La resurrezione di Lazzaro. Il commento di monsignor Giacomo Morandi


Nella quinta domenica di Quaresima il Vangelo ci presenta l’episodio della resurrezione di Lazzaro. La rabbia e la delusione delle sorelle di Lazzaro davanti al fratello morto diventano una professione di fede nel dialogo con Gesù. Davanti alla morte di Lazzaro il Signore anticipa la prospettiva della vita eterna e la domanda che rivolge a Marta rimbalza fino a noi: “Credi tu questo?”.

Vangelo 25 Marzo 2023 Annunciazione del Signore

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore.

L’Arcivescovo Giacomo Morandi commenta le letture e il Vangelo della quarta domenica di Quaresima (19 marzo 2023)

L’incontro tra Gesù e il cieco nato mette in luce due diversi atteggiamenti nei confronti della fede. Il non vedente si mostra docile e accoglie le indicazioni del Signore. I farisei ostentano presunzione e si chiudono all’amore di Dio. L’itinerario del cieco nato è un cammino battesimale: non solo vede con gli occhi, ma riconosce il Signore come Messia. L’Arcivescovo Giacomo Morandi commenta le letture e il Vangelo della quarta domenica di Quaresima (19 marzo 2023).
E tu, sei pronto ad accogliere il Signore?

Suore e preti a scuola di social: all’università pontificia arriva il “Corso per influencer”

Suore e preti a scuola di social: all'università pontificia arriva il "Corso per influencer"

Il verbo di Dio senza i giusti “Tag”, non arriva ai più giovani – questo è certo – come, forse, senza conoscere i social il Latino da solo, non basta per far capire il Vangelo a chi passa il suo tempo su Tik Tok, Youtube o Facebook ed allora ecco un “corso” specifico diretto al personale ecclesiastico, per imparare come funziona il mondo del web e le sue diramazioni, mettendo in cattedra uno dei massimi esperti in comunicazione e “social media reputation”, Giò Talente: è la Lectio Magistralis che si farà all’Università Pontificia Urbaniana.
Rai News

III Domenica di Quaresima Anno A Commento al Vangelo

Domenica 12 marzo - Terza di Quaresima | Commento al Vangelo

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar (…) qui c’era un pozzo di Giacobbe (…). Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». (…)

Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I giudei infatti non hanno rapporti con i samaritani (…).

Dammi da bere. Dio ha sete, ma non di acqua, bensì della nostra sete di lui, ha desiderio che abbiamo desiderio di lui. Lo Sposo ha sete di essere amato.

La donna non comprende, e obietta: giudei e samaritani sono nemici, perché dovrei darti acqua? E Gesù replica, una risposta piena di immaginazione e di forza: se tu conoscessi il dono di Dio.

Parola chiave della storia sacra: Dio non chiede, dona; non pretende, offre. Il maestro del cuore mostra che c’è un metodo, uno soltanto per raggiungere il santuario profondo di una persona. Non è il rimprovero o la critica, non il verdetto o il codice, ma far gustare qualcosa di più, un di più di bellezza, di vita, di gioia, un’acqua migliore. E aggiunge: ti darò un’acqua che diventa in te sorgente che zampilla vita.

Gesù il poeta di Nazaret usa qui il linguaggio bello delle metafore che sanno parlare all’esperienza di tutti: acqua, viva, sorgente. Lo sai, donna della brocca, la sorgente è più dell’acqua per la tua sete, è senza misura, senza calcolo, senza sforzo, senza fine, fiorisce nella gratuità e nell’eccedenza, dilaga oltre te e non fa distinzioni, scorre verso ogni bocca assetata.

Cos’è quella sorgente, chi è, se non Dio stesso? Lo immaginava così Carlo Molari: «Dio è una sorgente di vita a lui puoi sempre attingere, disponibile ad ogni momento, che non viene mai meno, che non inganna, che come il respiro non puoi trattenere per te solo. Ma non chiuderti, o la sua acqua passerà oltre te…».

Se tu conoscessi il dono di Dio… Dio non può dare nulla di meno di se stesso (M.

Eckart), il dono di Dio è Dio stesso che si dona. Ti darò un’acqua che diventa sorgente, vuol dire metterò Dio dentro di te, fresco e vivo, limpidezza e fecondità delle vite, farò nascere in te il canto di una sorgente eterna.

Il dono è il fulcro della storia tra i due, al muretto del pozzo: non una brocca più grande, non un pozzo più profondo, ma molto di più: lei, che con tanti amori era rimasta nel deserto dell’amore, ricondotta alla sua sorgente, al pozzo vivo. Vai a chiamare tuo marito, l’uomo che ami. Gesù va diritto al centro, ma non punta il dito sui cinque matrimoni spezzati, non pretende che ora si regolarizzi, prima del dono.

Il Maestro con suprema delicatezza non rovista nel passato, fra i cocci di una vita, ma cerca il bene, il frammento d’oro, e lo mette in luce per due volte: hai detto bene, hai detto il vero. La samaritana è donna verace. Quel Dio in cui sono tutte le nostre sorgenti non cerca eroi ma uomini veri.

Mi chiedi dove adorare Dio, su quale monte? Ma sei tu il monte! Tu il tempio. Là dove sei vero, ogni volta che lo sei, il Padre è con te, sorgente che non si spegne mai.

( Letture: Esodo 17, 3-7; Salmo 94; Romani 5, 1-2.5-8; Giovanni 4,5-42).

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