Una nuova strage si è consumata a Gaza nel 145esimo giorno di guerra, ma le versioni di Hamas e di Israele divergono

UCCISI MENTRE ERANO IN ATTESA DEGLI AIUTI, STRAGE A GAZA © ANSA/AFP

La fazione islamica ha denunciato l’uccisione nel nord della Striscia di 112 palestinesi – e il ferimento di altri 760 – contro cui l’esercito israeliano avrebbe sparato mentre si trovavano “in fila per ricevere gli aiuti umanitari”. Un’accusa che l’Idf ha respinto con forza parlando di due distinti episodi, avvenuti a centinaia di metri l’uno dall’altro, nel primo dei quali “la calca provocata dalla folla ha causato la maggior parte dei morti”.

Niente accordo per oggi al Consiglio di Sicurezza Onu su una bozza di dichiarazione riguardo quanto avvenuto a Gaza. Lo fanno sapere all’ANSA fonti diplomatiche del Palazzo di Vetro a margine della riunione a porte chiuse dei Quindici. La bozza al vaglio esprimeva “profonda preoccupazione per le notizie secondo cui oltre 100 persone hanno perso la vita dopo che le forze israeliane hanno aperto il fuoco mentre la folla aspettava aiuti alimentari a sud-ovest della città di Gaza”, e sottolineava “la necessità di adottare tutte le misure necessarie per proteggere i civili e le infrastrutture civili”.

Successivamente, il presidente Joe Biden ha detto che il suo governo sta esaminando le varie versioni “contraddittorie” sulla sparatoria. A chi gli chiedeva se si aspettasse un cessate il fuoco per lunedì, Biden ha risposto: “La speranza è l’ultima morire” ma è “probabile che non ci sarà” per lunedì. Interrogato sugli spari a Gaza sulla folla, il presidente si è detto consapevole che l’incidente potrebbe avere effetti sulle trattative per il rilascio degli ostaggi e ha precisato che gli Stati Uniti stanno esaminando le “versioni contradditorie” sull’accaduto.

Il portavoce del Dipartimento di Stato, Matthew Miller. ha detto da parte sua che gli Stati Uniti chiedono “risposte” a Israele su quanto accaduto a Gaza, sottolineando che stanno cercando di ottenere informazioni e monitorano l’indagine di Israele sull’incidente. Miller ha sottolineato che il governo considera che la situazione nella Striscia è “disperata” e chiedono a Israele di “proteggere” la distribuzione di aiuti.

Interrogato sul commento del segretario alla Difesa, Lloyd Austin, secondo il quale dall’inizio della guerra sono morti 25.000 fra donne e bambini a Gaza, il portavoce ha detto che “qualsiasi sia il numero dei civili morti è troppo alto”. Miller non ha fornito nessuna altra stime di vittime civili e ha rimandato per chiarimenti al ministero della Difesa. Il Pentagono ha spiegato che il numero offerto da Austin si basava sulle stime del ministero della Sanità controllato da Hamas

Hamas ha avvertito che gli spari di oggi a Gaza potrebbero portare al fallimento dei colloqui per la tregua e per la liberazione degli ostaggi. “I negoziati condotti dalla leadership del movimento non sono un processo aperto a scapito del sangue del nostro popolo”, si legge in un comunicato del gruppo islamista, nel quale di afferma che Israele sarebbe responsabile di qualsiasi fallimento dei colloqui. Hamas ha anche precisato che il bilancio di vittime potrebbero aumentare ancora, in quanto molti corpi devono ancora essere recuperati.

Da parte sua, l’ufficio di Abu Mazen, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp)  ha definito l’episodio “uno spregevole massacro compiuto dall’esercito di occupazione israeliano, di cui ha la piena responsabilità il governo di occupazione”. Gli ha fatto eco il governo egiziano, che in una nota del ministero degli Esteri “condanna fermamente l’attacco disumano di Israele contro civili palestinesi inermi che stavano aspettando l’arrivo di camion di aiuti umanitari a nord della Striscia di Gaza, e che ha portato a un gran numero di vittime e feriti”

L’attacco, prosegue la nota, rappresenta “una palese violazione delle disposizioni del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale, oltre che un disprezzo totale del valore della persona umana”.

In Italia, presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha diffuso una nota in cui scrive: “Ho appreso con profondo sgomento e preoccupazione la drammatica notizia di quanto accaduto oggi a Gaza. È urgente che Israele accerti la dinamica dei fatti e le relative responsabilità. Le nuove e numerose vittime civili impongono di intensificare immediatamente gli sforzi sui negoziati in atto per creare le condizioni per un cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi”.

E il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha scritto su X che “le tragiche morti a Gaza richiedono un immediato cessate il fuoco per favorire più aiuti umanitari, la liberazione degli ostaggi e la protezione dei civili. Chiediamo con forza ad Israele di tutelare la popolazione a Gaza e di accertare, con rigore, fatti e responsabilità”.

D’altra parte, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha “condannato” la strage a Gaza aiuti, e ribadito il suo “appello per un cessate il fuoco umanitario immediato e il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric,. Guterres chiede ancora una volta “misure urgenti affinché gli aiuti umanitari possano arrivare dentro e attraverso Gaza a tutti coloro che ne hanno bisogno”. Il segretario generale è “sconvolto dal tragico bilancio umano del conflitto a Gaza”.  Il segretario Onu ha poi sottolineato che “i civili disperati di Gaza hanno bisogno di aiuto urgente, compresi quelli del nord assediato dove le Nazioni Unite non sono state in grado di fornire aiuti per più di una settimana”

Israele, ‘La folla ha saccheggiato gli aiuti, era una minaccia
Secondo il portavoce militare israeliano, i soldati hanno aperto il fuoco dopo che “durante l’ingresso dei camion degli aiuti nel nord di Gaza, residenti hanno circondato i camion”, di cui gli israeliani assicuravano il transito, e “hanno saccheggiato le forniture”.

“Nell’incidente – ha sottolineato – dozzine di persone sono state calpestate nella calca”. Fonti militari riferiscono che i soldati “hanno sparato contro chi aveva accerchiato i camion” e che la folla “si è accalcata in maniera da porre una minaccia per le truppe”.

Secondo Israele i soldati non sono responsabili della maggior parte delle vittime registrate oggi a Gaza. Lo ha detto il portavoce militare Peter Lerner, spiegando che si sono verificati due incidenti separati, centinaia di metri uno dall’altro. “Alle 4 di mattina un convoglio di 30 camion di aiuti ha superato il check-point dell’esercito nel Wadi Gaza ed in seguito è stato circondato da migliaia di persone. La folla è finita fuori controllo e decine di persone sono rimaste ferite o uccise nella calca, altre sono state travolte dai camion”. I soldati hanno aperto il fuoco solo nel secondo episodio, “sentendosi minacciati da decine di civili”

Inoltre, l’esercito israeliano ha diffuso un video di sorveglianza aerea sull’incidente. Secondo i militari israeliani “il video mostra quante persone hanno circondato i camion e, di conseguenza, dozzine sono state uccise e ferite per aver spintonato, calpestato e sono state investite dai camion”. L’esercito ha detto che continuerà l’assistenza nella trasferta degli aiuti umanitari.

Lerner ha affermato che questi incidenti si sono verificati malgrado gli sforzi intrapresi da Israele, anche nei giorni scorsi ”con centinaia di camion”, per facilitare la consegna di aiuti umanitari nel nord della Striscia di Gaza.

Il convoglio in questione era transitato dal valico israeliano di Kerem Shalom, era risalito verso nord lungo la strada costiera di Gaza e ”l’ultimo dei camion aveva superato” il posto di blocco dell’esercito (fra il settore sud e quello nord di Gaza) quando, a diverse centinaia di metri, si è creata la calca in cui numerose persone hanno perso la vita. L’ufficiale ha aggiunto che otto camion di quel convoglio sono egualmente riusciti a procedere verso nord, ”ma si sono trovati esposti al fuoco di persone di Gaza, sono stati saccheggiati e danneggiati”.

Il secondo incidente, secondo Lerner, è stato ”molto più limitato”. Dopo che il convoglio era transitato, decine di persone si sono radunate attorno alla postazione dell’esercito. ”Essendo zona di guerra, i militari hanno sparato colpi di avvertimento in aria e poi in direzione di chi rifiutava di allontanarsi”. ”L’esercito sta continuando ad investigare questi incidenti”, ha concluso l’ufficiale.

Ansa

Il parroco di Gaza: «Cessate il fuoco, subito!»

Il parroco di Gaza: «Cessate il fuoco, subito!»

ROMA-ADISTA. «Impegnatevi ovunque per un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza, perché ci sono già stati troppi morti, più di 22 mila vittime delle bombe, tra cui 8 mila bambini! Non abituiamoci a questa carneficina. Più di 56 mila feriti sono in attesa di cure. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare che il conflitto israelo-palestinese si estenda all’intera regione». E’ questo il primo messaggio che p. Gabriel Romanelli, PRETE argentino, parroco della Chiesa della Sacra Famiglia, l’unica parrocchia cattolica nella Striscia di Gaza, rivolge ai cristiani di tutto il mondo, in una lunga intervista pubblicata nel numero di Famiglia Cristiana in edicola da oggi, 18 gennaio.

Padre Romanelli attualmente si trova in Cisgiordania: lo scorso 7 ottobre, il giorno dell’attacco di Hamas, lui si trovava a Betlemme e non è più riuscito a rientrare nella Striscia, presso la sua parrocchia. «Un cessate il fuoco è ora l’unica emergenza, perché ogni minuto di guerra produce più odio, più desiderio di vendetta e nessuno può vincere in questo modo nel lungo periodo”, afferma p. Romanelli. 

Israele sotto attacco, oltre 20 le vittime e centinaia di feriti. Netanyahu: “Siamo in guerra”

Hamas annuncia: “Al via una nuova operazione militare”. Tel Aviv risponde con un primo lancio di jet sulla Striscia e richiama i riservisti. Alle 13 ore locali (12 italiane) si riunisce il Comitato di Sicurezza di Israele. Palazzo Chigi: “Il terrore non prevarrà”. La condanna dei leader europei

medioriente striscia gaza israele razzi

AGI – Sono almeno 22 le persone uccise nell’attacco sferrato da Hamas questa mattina contro Israele, e oltre 70 feriti gravi. Lo fanno sapere i servizi di emergenza citati dal Times of Israel. Il servizio di emergenza Magen David Adom ha fornito la stima, avvertendo che il tragico bilancio è destinato a salire.

Si infiamma il Medioriente. Centinaia di razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza bloccata verso Israele. Lo riferisce un giornalista AFP nel territorio palestinese, mentre le sirene che avvisavano del fuoco in arrivo suonavano in Israele. I razzi sono stati lanciati da vari siti a Gaza a partire dalle 6:30 (3:30 GMT) e hanno continuato quasi mezz’ora dopo.

Da parte loro, le forze armate israeliane hanno segnalato l’attivazione delle sirene nel sud del Paese, mentre la polizia ha invitato i cittadini a restare nei pressi dei rifugi antiaerei. Inizialmente non sono stati segnalati feriti su entrambi i lati del confine pesantemente militarizzato. Israele ha mantenuto un duro blocco contro la Striscia di Gaza da quando il gruppo militante Hamas ha preso il potere nel 2007.

E mentre dalla Striscia continuano i lanci dei razzi verso Irsraele, miliziani palestinesi armati provenienti da Gaza si sono infiltrati in territorio israeliano questa mattina nella città di Sderot, da dove sono usciti a bordo di un furgone sparando dappertutto. Un video che circola sui social media mostra uomini vestiti di nero con fasce bianche che sparano con armi a canna lunga da un furgone contro una pattuglia israeliana in mezzo alla strada.

Un numero imprecisato di “terroristi” si è infiltrato in Israele da Gaza. Lo riferisce l’esercito israeliano. “Ai residenti delle zone limitrofe della Striscia di Gaza è stato chiesto di restare a casa”, aggiunge l’esercito.

Ucraina. Senza scuola e vita sociale. La generazione «perduta» dei figli della guerra

Le bombe hanno distrutto più di 3mila scuole ma anche le relazioni sociali fra i ragazzi. I disagi della didattica a distanza. I traumi psicologici per la difficoltà a uscire di casa
Una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv
avvenire.it

Kramatorsk. Villetta modesta. Andriy ha otto anni ed è in camera a seguire le lezioni sul cellulare. «Ormai non esce quasi più dalla stanza. Anche quelle poche volte che qualcuno viene in casa, lui rimane lì. Parla pochissimo», racconta la nonna. Cambio scena. Kharkiv. Giardino pubblico. Kateryna compirà dieci anni a giugno. La mamma sfida i missili russi e la porta fuori. «Sono preoccupata per lei – ammette -. Trascorre le giornate a casa. Studia al computer. Vede pochissimi amici, di solito in appartamento. Ma non voglio che perda il contatto con la realtà». La guerra sta minando il presente dei ragazzi dell’Ucraina. E anche il loro futuro. Un’intera generazione, quella che va dai tre ai diciotto anni, rischia di essere “perduta”. Chiusa fra le mura domestiche. E chiusa in se stessa. Prigioniera della didattica online, del blocco della vita sociale e dei traumi che un conflitto si porta dietro.

 

 

I bambini chiusi in casa a Zaporizhzhia

I bambini chiusi in casa a Zaporizhzhia – Gambassi

Le bombe che continuano ad arrivare si abbattono con tutta la loro follia sulla scuola. E, a cascata, sullo sviluppo di bambini e adolescenti. Sono 3.223 gli istituti colpiti, di cui 276 rasi al suolo, certifica il Ministero dell’istruzione. Dal Cremlino si accusa Kiev di usare le aule come quartier generale e “scudo” dei militari. «Congetture pretestuose», è la replica. Oggi appena un terzo dei plessi nel Paese accoglie le lezioni in presenza. Ma il dato è ottimistico. Si può andare in classe soltanto se lo stabile ha un rifugio anti-aereo dove occorre nascondersi in caso di allarme.

Il libro fra le macerie di una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv

Il libro fra le macerie di una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv – Gambassi

Però non basta. Come racconta la scuola “numero 1” di Irpin che è stata devastata un anno fa e poi rinnovata a tempo di record in estate: oggi gli iscritti sono 1.200; il bunker appena realizzato è in grado di ospitare non più di 500 persone. Il che significa che metà degli allievi deve rimanere in famiglia e si fanno i turni per chi può sedersi fra i banchi. Non solo. Anche le aule non sono garanzia di lezioni. Nella regione di Poltava le sirene sono suonate 801 volte nel 2022. Ogni volta che i segnali scattano, gli insegnanti sospendono tutto. Con una media di 47 allarmi al giorno, è difficile immaginare una scuola normale.

Il rifugio nella scuola 'numero 1' a Irpin

Il rifugio nella scuola “numero 1” a Irpin – Gambassi

Poi più di 665mila studenti (pari al 16% del totale) sono sfollati, insieme con 25mila insegnanti. E il 35% dei giovanissimi che vivevano nelle regioni dell’Est e del Sud, quelle intorno al fronte, è stato costretto a evacuare. Le classi virtuali sono una soluzione tampone. Soprattutto se si è sotto i bombardamenti durante i quali la connessione a Internet va e viene o l’energia elettrica non c’è. Allora si capisce perché il Servizio statale per l’istruzione sostenga che 5,3 milioni di bambini abbia difficoltà ad accedere regolarmente ai percorsi di studio. E perché il 60% dei genitori dichiari che i figli non hanno una reale continuità didattica dall’inizio dell’invasione. Di fatto almeno due anni scolastici saranno a ranghi ridotti. L’effetto viene descritto dalla metà degli insegnanti secondo cui il livello di istruzione è diminuito. Non è un caso che l’Ucraina sia già scivolata in fondo alla classifica europea dell’apprendimento.

Una famiglia con i figli davanti a casa a Zaporizhzhia

Una famiglia con i figli davanti a casa a Zaporizhzhia – Gambassi

Se il Paese non è piombato in una crisi umanitaria grazie alla solidarietà mondiale, è però in mezzo a una crisi educativa di proporzioni drammatiche. E a una crisi relazionale. Il pericolo dei raid e la scuola via Web hanno recluso i ragazzi. Non c’è più la classe come “laboratorio” dell’incontro. Si cresce soli. Con fragilità psicologiche. Il 61% dei genitori pensa che i loro bambini abbiano gravi problemi di stress. E la metà ritiene che la mancanza di socialità possa comprometterne l’avvenire. La ricostruzione delle scuole è già cominciata. Ma servirà ben altro per salvare la generazione dei “figli della guerra”.

Fiera di Bologna. La guerra dei bambini raccontata ai bambini

Alla Children’s book fair sono molti i libri che, a causa di quanto accade in Ucraina, mettono a tema il rapporto fra i conflitti e la vita dei più piccoli
Un’illustrazione tratta dal volume “La mia casa” di Kateryna Tykhozora e Oleksandr Prodan

Un’illustrazione tratta dal volume “La mia casa” di Kateryna Tykhozora e Oleksandr Prodan – edito da Il Castoro

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Dopo che la sua casa è stata distrutta da una bomba, un bambino è in fuga con la sua famiglia, verso un altrove sconosciuto. E la domanda è: dove vai e che cosa puoi chiamare ancora casa, se improvvisamente l’hai perduta? Un rifugio, una stazione dove devi lasciare i bagagli e salutare il papà che resta a fare la guerra, la casa di un parente che ti ospita o il ciglio della strada dove qualcuno ti offre un tè caldo? Kateryna Tykhozora e Oleksandr Prodan, entrambi ucraini sfollati dal loro Paese, quelle scene le hanno vissute in prima persona e viste con i loro occhi. E a quelle domande, che contengono l’esperienza straziante di sradicamento di tutti i bambini coinvolti nelle guerre, hanno dato voce in un libro illustrato, La mia casa (Il Castoro) che mentre cerca di dare un senso a ciò che un senso non ha, offre un orizzonte possibile di salvezza, almeno emotiva. Nessuno può distruggere il ricordo di quel che la casa è stata e di chi in quella casa ci ha amato. La memoria è un tetto che protegge e scalda il cuore, la luce che tiene lontano il buio, le radici che legano al proprio Paese e guideranno il ritorno. Raccontare ancora la guerra dunque. E non solo quella in Ucraina, perché tutte le guerre si somigliano, tutte distruggono Paesi, dividono famiglie, seminano paura e mettono in fuga le persone. Non parlarne ai bambini e ai ragazzi è impossibile. Lo dimostrano, oltre che le proposte di un anno con la guerra alle porte dell’Europa, le novità di autori ed editori presenti a Bologna da domani al 9 marzo per la sessantesima edizione di “Bologna Children’s Book Fair”. Impossibile per la letteratura non inoltrarsi in ciò che la cronaca rimanda, non farsi racconto e storie di chi prima aveva una vita normale ed è incappato in quanto di peggio possa succedere a chiunque. Impossibile persino per la poesia: con i versi di Valerio Magrelli e le illustrazioni di Alessandro Sanna, La guerra, la pace (Rizzoli) racconta gli stessi quadri di vita quotidiana – l’estate, la spiaggia, la campagna, un giorno di nebbia e uno di pioggia…– semplicemente mettendoli a confronto in due tempi diversi. Un tempo di pace che rende gioioso ogni giorno e ogni luogo. E un tempo di guerra che rende ogni cosa insopportabile. Sono bambini e bambine messi alla prova da dolori e disastri che nessuno dovrebbe affrontare, in bilico nella propria identità ma capaci di resistere con coraggio i protagonisti dei romanzi che hanno la guerra sullo sfondo. Dalla Siria prende le mosse l’odissea di Sami in fuga dalla guerra (Mondadori), un tredicenne figlio di professionisti benestanti a Damasco, la cui vita scorre in assoluta tranquillità fino a quando la guerra civile non irrompe in città e la famiglia decide di lasciare il Paese. E lo fa affrontando un viaggio oneroso e pericoloso verso l’Inghilterra, affidandosi a trafficanti di persone, rischiando la vita, sopportando le discriminazioni e le umiliazioni di chi bussa da profugo a un altro Paese avendo perso tutto. Incontrando un’umanità talvolta pessima altre volte speciale nell’accoglienza, capace di trasformare in speranza di vita nuova la nostalgia e la rabbia per ciò che si è lasciato. Anche Lia Levi esplora i moti del cuore di una bambina ucraina messa in salvo dai genitori quando sul Paese cominciano a piovere bombe. Ma Iryna, La bambina da oltre confine (Il Battello a Vapore), mandata in Italia e accolta dalla famiglia presso cui la nonna Kateryna lavora da tempo, non si rassegna alla lontananza. Troppo forte la nostalgia. Per Iryna ci vogliono tempo, parole giuste, un amico e magari anche un cane, il suo cane, per capire che nessuna distanza può allentare i legami autentici con il proprio mondo. È una storia vera autobiografica, dura e toccante quella raccontata nel graphic novel Come stelle nel cielo (Il Castoro), ispirata alla vita di Omar Mohamed, cresciuto con il fratellino disabile Hassan in Kenya a Dadaab, in un campo profughi per i somali in fuga dalla guerra civile. Una vita dura di fame e stenti ma anche di scuola e forza di volontà che dopo anni lo porterà negli Stati Uniti, in Pennsylvania, dove ha fondato la ong Refugees Strong che aiuta ragazze e ragazzi nei campi profughi a studiare. Orecchio acerbo pubblica un lavoro degli anni ’50 che conserva una sua fresca attualità, Per caso, lo sguardo di due artisti, il testo di Natalie d’Arbeloff e i disegni di Gian Berto Vanni, sulle guerre che attraversano l’umanità da millenni: la scoperta primordiale, casuale di un bastone con il potere di uccidere che si cerca di nascondere ma casualmente riaffiora per essere inconsapevolmente usato. Finché una bambina riesce a invertire la rotta, piantando quel legno e ottenendo ancora per caso da un’arma un albero fiorito. Una speranza che a giudicare dall’attualità casualmente è continuamente tradita. Perché Il nemico, mandato a uccidere, come rac-conta questo albo di Terre Di mezzo, inferocito dalla propaganda, dai manuali e dai generaloni, a ben guardarlo è solo uno come noi, che sta nell’altra trincea ma avrebbe una gran voglia di tornarsene a casa. In questo anno infine si è fatto strada anche un altro modo di guidare i ragazzi alla comprensione dell’attualità, forse meno praticato in passato. Quello affidato alla voce degli inviati nei territori di guerra, alle loro ricostruzioni e testimonianze dirette fatte di luoghi e persone, vite vere di superstiti, di uomini, donne e bambini trasformati in profughi, sfollati, rifugiati e combattenti. Lo fanno Francesca Mannocchi, autrice di numerosi reportage per tante testate, con Lo sguardo oltre il confine (De Agostini), Stefania Battistini, inviata del Tg1, con Una guerra ingiusta. Racconti e immagini dall’Ucraina sotto le bombe (Piemme) e Domenico Quirico, reporter di guerra per tanti anni per La Stampa con Quando il cielo non fa più paura. Le storie della guerra per raccontare la pace (Mondadori) un racconto attraverso dieci parole chiave dell’insensatezza di tutti i conflitti e della pietà che tutti dovremmo conservare per restare umani.

Mosca ammassa aerei al confine. Timori per nuove offensive

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AGI – Le forze russe avanzano su diversi fronti nel Donbass, ma non conquisteranno facilmente la città di Bakhmut, come ha riconosciuto oggi il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin. Nel frattempo starebbero comunque ammassando aerei da guerra al confine con l’Ucraina per un attacco a sostegno dell’offensiva terrestre in stallo, secondo fonti di intelligence occidentali citate dal Financial Times.

La notizia non è stata tuttavia confermata dal segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, nella conferenza stampa a conclusione della riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. “Attualmente non li vediamo ancora, ma sappiamo che la Russia ha un numero considerevole di aerei nella sua disponibilità. Per questo enfatizziamo il fatto che dobbiamo fare tutto il possibile perché l’Ucraina abbia le capacità di difesa aerea”, ha detto Austin.
Nel suo aggiornamento quotidiano sul conflitto, l’intelligence britannica ha spiegato che i russi stanno facendo progressi, ma non sono decisivi a causa della insufficiente “potenza di combattimento offensivo” su ogni asse. “Negli ultimi tre giorni, le forze del Gruppo Wagner hanno quasi certamente compiuto ulteriori piccoli guadagni intorno alla periferia settentrionale della città contesa di Bakhmut”, in particolare nel villaggio di Krasna Hora. Tuttavia, hanno osservato gli analisti britannici, “la difesa ucraina organizzata continua nella zona”.
“Bakhmut non verrà presa domani, perché c’é una forte resistenza e il tritacarne funziona”, ha detto su Telegram Yevgeniy Prigozhin, capo della Wagner, la famosa organizzazione militare russa privata. “Non ci saranno festeggiamenti a breve”, ha aggiunto Prigozhin.
Ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha affermato che “stiamo già assistendo alla nuova offensiva” russa con “Mosca che sta mandando migliaia e migliaia di soldati, accettando tante perdite, perché Putin cerca di rimpiazzare ciò che manca nella qualità con la quantità”.

Sanremo. Tananai, un Tango di guerra per cantare la pace

Tananai, un Tango di guerra per cantare la pace

Nel video del brano di Tananai i filmati scambiati da una coppia ucraina, con una figlia, separata dal conflitto. E la canzone decolla sui social «Lancio un messaggio di umanità e di amore»

«Amore tra le palazzine a fuoco / la tua voce riconosco / noi non siamo come loro» canta Tananai mentre le bombe colpiscono i palazzi in Ucraina e si vede un uomo al fronte che carica un mitra, «è quello che sono, e non volevo esserlo». Lascia a bocca aperta il video di Tango, il brano che il cantante 27enne, vero nome Alberto Cotta Ramusino, ha portato in gara al Festival di Sanremo e che alla luce di queste immagini rivela tutto un altro significato, commuovendo davvero. E punta dritto al podio nella finalissima di stasera l’outsider che non ti aspettavi, arrivato ultimo l’anno scorso al Festival con la giocosa Sesso occasionale per poi diventare invece presto una star delle classifiche (lo vedremo da maggio in tour nei palazzetti). Dall’anno scorso ha messo la testa a posto, ha preso lezioni di canto e ha deciso di affrontare questo mestiere in modo più professionale, come dimostra questo brano che vede tra gli autori, oltre a Tananai, Paolo Antonacci e Davide Simonetta. Diretto da Olmo Parenti per la produzione di A Thing By, il video racconta la storia a distanza di Olga e Maxim, due ragazzi di 35 anni provenienti da Smolino, una cittadina in Ucraina nella provincia di Kirovohrag, che insieme hanno una figlia di 14 anni, Liza. Ed è già diventato virale sui social. Immagini girate dai protagonisti stessi con il loro cellulare e inviate l’uno all’altra raccontano nel video la nuova realtà della coppia e della famiglia separata dalla guerra. Prima dell’inizio del conflitto, Olga faceva la segretaria in una clinica, Maxim è un militare e combatte al fronte fin dal febbraio 2022. Olga e la figlia Liza sono scappate in Italia il 28 marzo 2022, circa un mese dopo l’inizio dell’invasione russa.

Scusi Alberto, come mai sino ad ora non aveva mai rivelato il contenuto reale del suo brano?
Non volevo banalizzare o strumentalizzare la loro storia. Volevo che arrivasse prima la canzone sul palco, ma ora ci tengo a raccontare questa storia e al messaggio. Era difficile veicolarlo nel modo corretto senza avere visto prima il video che è uscito due giorni fa.

Come è venuto a conoscenza della storia di Olga e Maxim?
Ero impegnato nella scrittura di Tango quando mi è stata raccontata dal mio amico Olmo, il regista del video, la storia di Olga e Maxim e sono stato subito travolto da emozioni forti e contrastanti. Mi sono reso conto che il brano su un amore a distanza parla anche di loro e ho continuato a scriverlo pensando alla loro storia. Olmo poi si è fatto dare da loro i video girati coi telefonini, da quando erano felici ai video toccanti che si scambiano oggi dal fronte.

Lei ha avuto occasione di conoscere Olga e parlarle?
Purtroppo no. Olga e sua figlia quando sono arrivate in Italia hanno passato qualche giorno nelle strutture statali di prima accoglienza ma dopo poco hanno dovuto cercarsi una stanza dove stare, trovando ospitalità nella casa di un signore italiano nel quartiere Isola di Milano. Lei ora è dovuta tornare in Ucraina perché non ce la faceva a restare. Ma lei e suo marito sono ancora divisi perché lui è al fronte.

Quale messaggio vuole fare passare attraverso questo brano e video?
L’obiettivo della mia musica è sempre stato quello di arrivare a più persone possibili e mi sembrava giusto, visto il tema della canzone, dare voce e immagini alla testimonianza di questi due ragazzi ucraini, rappresentando una delle tipologie di relazione a distanza, quella a cui non penseremmo mai: la separazione forzata a causa di una guerra. È passato un anno dall’inizio di questo conflitto e forse ci siamo dimenticati che non si tratta solo di strategia e politica ma di quotidianità che si sfaldano e si riadattano per non far svanire ogni traccia di umanità, di amore.

Un messaggio di pace inaspettato all’Ariston, soprattutto da un cantante noto per la sua immagine allegra e scanzonata.
A Sanremo ho portato un altro lato di me e questo momento lo sto vivendo molto fieramente: sono sicuro che sto facendo una cosa bella che può veicolare un messaggio di pace e umanità. E’ chiaro che pochi possono cambiare la situazione, ma questo video nel suo piccolo forse può aiutare a cambiare qualcosa. A ricordarci quanto siamo fortunati, ad essere grati di quello che abbiamo. Quando sei grato e soddisfatto sei portato più a fare del bene che del male.

Questo brano sarebbe perfetto per gareggiare ad Eurovision, che si terrà dal 9 all’11 maggio a Liverpool invece che in Ucraina. Le piacerebbe cantarlo là?
Innanzitutto in gara a Sanremo, che dà l’accesso a Eurovision, ci sono degli artisti tostissimi… Io porto sul palco che reputo migliore quello che desidero esprimere in quel momento. L’anno scorso ho portato al Festival l’allegria, quest’anno un messaggio di pace. Certo, andare a Eurovision sarebbe bellissimo soprattutto perché il mio sogno sarebbe portare il video di Tango a più persone nel mondo.

Questa sera, poco prima della proclamazione del vincitore, Amadeus leggerà una lettera del presidente ucraino Zelensky, dopoché vi erano state alcune polemiche sull’opportunità di trasmettere un videomessaggio al Festival. Che ne pensa?
Vorrei specificare che il mio messaggio è apolitico, è un puro parlare della storia di due ragazzi, delle avversità che affrontano e di quanto le guerre siano una schifezza. Non ho una idea sulla questione, so solo che io ho fatto il mio.

Anche questo brano fa parte della sua maturazione umana e artistica?
Nell’ultimo anno ho vissuto esperienze incredibili, ho fatto tanti concerti e conosciuto professionisti del settore. E ho capito che mi piace parlare di tutto quello che sento vicino a me oltre, parlando con più persone, aprendomi di più al mondo. E poi resta sempre anche la mia parte allegra. Nel tour vorrei venisse più gente possibile a cantare Tango e anche le altre canzoni, quelle che fanno ballare e divertire. Sarà una festa, una celebrazione pura della musica.
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