Foglietto Letture e Salmo 1 Gennaio Maria Santissima Madre di Dio

Grado della Celebrazione: SOLENNITA’

Colore liturgico: Bianco
MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
S0101 ;

Il brano del vangelo ci narra un episodio della vita di una famiglia ebrea, ma l’ambientazione è inusuale per una nascita. Si tratta di una famiglia emarginata socialmente. Eppure il bambino è Dio e la giovane donna l’ha concepito e partorito nella verginità. Alcuni pastori si affrettano, in risposta a un messaggio dal cielo, per riconoscerlo e glorificarlo a loro modo.
Vi è difficile considerarlo vostro Dio?
Volgete il pensiero per un attimo al fascino persistente esercitato da sua madre su uomini e donne di ogni ambiente e classe, su persone che hanno conosciuto successi o fallimenti di ogni tipo, su uomini di genio, su emarginati, su soldati angosciati e destinati a morire sul campo di battaglia, su persone che passano attraverso dure prove spirituali.
Il genio artistico si è spesso consacrato alla sua lode: pensate alla “Pietà” di Michelangelo, al gran numero di Madonne medievali e rinascimentali, alle vetrate incantevoli della cattedrale di Chartres e alla più bella di tutte le icone: la Madonna di Vladimir, che aspetta con pazienza, nel Museo Tretiakov di Mosca, giorni migliori.
Perché la Madonna ispira tanta umanità?
Forse perché è, come dicono gli ortodossi, un’icona (= immagine) di Dio?
Forse perché Dio parla per suo tramite anche se Maria resta sempre una sua creatura, sia pure una creatura unica grazie ai doni ricevuti dal Padre?
Tutto ciò è stato oggetto di discussioni, spesso accese, quando spiriti grandi cercarono di esprimere in termini umani il mistero di Dio fatto uomo.
Maria fu definita madre di Dio, “theotokos”, e ciò contribuì a calmare dispute intellettuali. Questo appellativo è particolarmente caro ai cristiani dell’Est, ai nostri fratelli del mondo ortodosso, ed è profondamente radicato nella loro teologia, ripetuto spesso nelle loro belle liturgie, specialmente nella liturgia bizantina, che è stata considerata la “più perfetta” proprio per via delle sue preghiere ufficiali dedicate al culto di Maria.
Cominciamo l’anno nel segno di questo grande mistero.
Cerchiamo allora di approfondire la nostra devozione a Maria, Madre di Dio e nostra, eliminandone, però, ogni traccia di sentimentalismo spicciolo.
Tentiamo di convincere i giovani che si tratta qui di un idealismo rispondente, certo, alle aspirazioni più profonde dello spirito umano, ma che richiede impegno e molto coraggio.

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GIORNATA MONDIALE PACE L’unico cammino Il 31 dicembre a Lecce la 45ª marcia nazionale promossa dalla Cei e da altre realtà ecclesiali

MarciaPace

La nonviolenza attiva come strada per la pace. È, alla vigilia della 45ª marcia della pace (Lecce, 31 dicembre), l’indicazione di mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente di Pax Christi Italia. È tratta dal magistero di Giovanni XXIII, il Papa del Concilio e dell’enciclica “Pacem in terris”, e dall’esempio di don Tonino Bello. Proprio sulla figura di don Tonino mons. Bettazzi interverrà, il 31 dicembre a Lecce, per “annunciare il Vangelo della pace”, in occasione della 45ª marcia nazionale per la pace, promossa da Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro (clicca qui), Pax Christi, Caritas, Azione Cattolica e arcidiocesi di Lecce. A pochi giorni dalla marcia Francesco Rossi, per il Sir, lo ha incontrato.

Alla marcia porterà una testimonianza su don Tonino Bello. Qual era il suo messaggio per la pace?
“Ricordo la marcia di Pax Christi fatta a Sarajevo, durante la guerra in Jugoslavia, voluta da don Tonino. Andammo lì innanzitutto per dire a quelle popolazioni martoriate che c’era qualcuno che pensava a loro, poi per richiamare la responsabilità dell’Italia e dell’Europa; in terzo luogo per riaffermare che anche in una siffatta situazione l’unico cammino vero per la giustizia e la pace era quello della nonviolenza attiva. Ecco, questo era il messaggio centrale per il vescovo di Molfetta, già presente nella ‘Pacem in terris’ di Giovanni XXIII. Ritenere che la guerra porti alla giustizia, secondo l’enciclica, è fuori dalla ragione; in più il cristiano deve sentire la nonviolenza contro qualunque forma di guerra come una conseguenza della propria adesione al Vangelo e impegnarsi in tal senso. Tonino Bello ha accolto questo messaggio fino alla morte: raccogliendo l’impegno di Giovanni Paolo II contro la prima guerra del Golfo si è attirato critiche forti, tanto da causargli un’ulcera allo stomaco dalla quale è poi venuto il tumore. È stato quindi un vero martire della nonviolenza”.

Cosa significa nonviolenza attiva?
“Organizzare quanto si può per raggiungere una soluzione pacifica, trovando tutti i mezzi possibili senza aspettare che arrivi il momento in cui solo le armi siano in grado d’intervenire, com’è invece recentemente avvenuto per la Libia. Tanto più che la guerra non fa prevalere chi ha più ragione, ma chi ha più forza…”.

Questi ultimi giorni dell’anno sono accompagnati dalla preoccupazione internazionale per la Siria…
“Bisogna moltiplicare le pressioni esterne, su un piano economico e civile, in modo che nel Paese cessino le violenze senza giungere a un intervento armato della comunità internazionale”.

Accanto alle guerre combattute, ci sono altre “guerre” contro la vita. Benedetto XVI, nel messaggio per Giornata mondiale della pace del prossimo 1° gennaio, pone come condizione essenziale il “rispetto per la vita umana” dal concepimento al suo fine naturale. Come portare quest’impegno per la pace nella quotidianità?
“È giusto impegnarsi strenuamente per difendere la vita quando comincia e quando finisce, ma ricordiamoci che la difesa del concepimento e della fine naturale della vita è più forte ed efficace se accompagnata da una difesa della vita in tutto il suo svilupparsi”.

Vengono in mente, a questo proposito, gli appelli per un lavoro dignitoso, contro lo sfruttamento, come pure per il rispetto dei tempi dell’uomo, che prevedono lavoro ma anche festa. È, alla fine, anche questo un impegno per la pace?
“Certo, i giovani altrimenti che prospettiva hanno? Anche questa è difesa della vita, quando si dà ai giovani la possibilità di sperare, di avere condizioni di sicurezza sufficienti per costruire una famiglia…”.

E la Chiesa come può farsi prossima concretamente a queste situazioni?
“Dovrebbe essere la Chiesa dei poveri in tutte le sue dimensioni. La nuova evangelizzazione è tanto più efficace se viene fatta da una Chiesa che mostra come tra i suoi ideali non trovino spazio alcuno il denaro e il potere”.

A 50 anni dal Concilio qual è il messaggio che si sente di riprendere, sull’impegno per la pace, da quell’assise?
“Il principio che il Vaticano II riprende dalla ‘Pacem in terris’ è che la pace non è soltanto il tacere delle armi o l’equilibrio del terrore, ma frutto della giustizia e dell’amore. Alimentare una sincera ricerca della giustizia in tutte le sue forme significa andare contro il grande discrimine tra i pochi che si arricchiscono sempre di più e la maggioranza che impoverisce. Questa è la giustizia all’interno delle nazioni e nel mondo, che può preparare davvero una pace concreta”.

sir