La scoperta. Contro il cancro arrivano gli “tsunami di luce”

Sfruttando onde luminose estreme, scienziati italiani sono riusciti a concentrare energia in modo preciso e non invasivo in tessuti tumorali profondi. I risultati su “Nature Communications”
Un campione tridimensionale di tumore al pancreas illuminato tramite luce laser verde

Un campione tridimensionale di tumore al pancreas illuminato tramite luce laser verde – Ufficio stampa Policlinico Gemelli

AVVENIRE.IT

Sfruttare onde luminose di estrema intensità per distruggere le cellule tumorali – anche quelle situate in tessuti profondi e difficili da raggiungere – grazie all’aumento di calore, o per attivare farmaci specifici. Oppure, ancora, innescando processi biochimici in grado di aggredire il cancro. Queste “onde” di luce erano rimaste fino ad oggi inosservate nelle strutture biologiche. Fino ad oggi, da quando, cioè, un gruppo di ricerca italiano formato da fisici e biotecnologi dell’Istituto sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc), delle università romane Sapienza e Cattolica e della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs, ha scoperto che nelle strutture cellulari tumorali si formano degli “tsunami ottici” di intensità estrema che possono essere dirottati per trasmettere luce laser concentrata. Proprio come hanno fatto gli scienziati italiani in modelli tridimensionali del tumore del pancreas, una delle neoplasie più letali.

«Ci siamo accorti che all’interno di un mare di debole luce trasmessa, c’erano dei modi ottici di intensità estrema», ha detto Davide Pierangeli (Cnr-Isc), che ha guidato il team di ricerca. L’utilizzo della luce nella lotta al cancro è uno degli approcci su cui si sta lavorando da anni. Ma la novità che arriva da Roma, pubblicata su Nature Communications, apre prospettive assolutamente inedite per la messa a punto di tecniche di fototerapia, quell’insieme di procedure biomediche d’avanguardia che utilizzano luce visibile e infrarossa per trattare il cancro o per attivare farmaci e processi biochimici. Trasformare la luce in calore localizzato sulla sede tumorale avrebbe innumerevoli vantaggi: l’efficacia sulle cellule cancerose, la preservazione di quelle sane, la non invasività, i minimi effetti collaterali, la “semplicità” della terapia.

A oggi, uno dei principali ostacoli alla messa a punto di trattamenti di questo tipo è la natura dei tessuti biologici che, dal punto di vista ottico, sono opachi e assorbono la radiazione incidente. «La biomateria vivente è un ambiente otticamente denso, agitato, assorbente e altamente dispersivo. Caratteristiche che rendono la concentrazione della luce visibile nei tessuti profondi un problema critico», hanno affermato i ricercatori. Che potrebbero ora avere scoperto il modo per aggirare questi problemi, sfruttando un fenomeno fino a oggi noto in diversi sistemi complessi – dagli oceani al plasma – ma mai in contesti biologici, grazie proprio alla canalizzazione e alla concentrazione dei cosiddetti “tsunami di luce”, e al conseguente aumento della temperatura locale. Una condizione tale, ha spiegato Massimiliano Papi (docente di Fisica applicata in Cattolica e responsabile della facility 3D bioprinting di Gemelli Science and technology park), da «indurre la morte delle cellule cancerose, con implicazioni importanti per le terapie fototermiche e il trattamento non invasivo di una specifica regione di un organo». Senza contare che questa modalità «potrebbe essere sfruttata per altre applicazioni biomediche», ha concluso Claudio Conti della Sapienza.

L’annuncio di Moderna. Vaccini anticancro, «svolta entro il 2030»

Vaccini anticancro, «svolta entro il 2030»

ANSA /ETTORE FERRARI/ARCHIVIO

«Potranno salvare milioni di vite e serviranno pure contro le malattie cardiache e autoimmuni». Ecco che cosa sono e come funzionano. Il ruolo dell’Italia nella ricerca contro i tumori

Questo decennio promette di essere decisivo nella lotta al cancro perché, «entro il 2030, saranno disponibili dei vaccini contro molti tumori». Ma anche contro «malattie cardiovascolari, autoimmuni e molto patologie rare». Ne è convinta l’azienda farmaceutica statunitense Moderna, specializzata nella produzione di vaccini a tecnologia mRna, il cui direttore medico, Paul Burton, afferma al quotidiano britannico TheGuardian che, grazie agli sforzi attuati contro il Covid, in 12-18 mesi sono stati compiuti progressi attesi in circa 15 anni. In un quinquennio, secondo Burton, l’azienda disporrà di trattamenti innovativi per «tutti i tipi di aree patologiche».

Dai primi riscontri e da quanto filtra dagli Stati Uniti, sembra in effetti che le sperimentazioni in tal senso stiano dando i frutti sperati. Prova ne è il fatto che l’ente regolatore del farmaco degli Usa, l’Fda, ha concesso a Moderna la procedura di revisione accelerata sia per un vaccino mRna per il virus respiratorio sinciziale – contro il quale l’immunizzante sarebbe efficace all’83,7% nel prevenire almeno due sintomi, tosse e febbre, negli adulti da 60 anni in su –, sia per un vaccino oncologico, sulla base dei risultati ottenuti contro il melanoma, il più temibile tumore della pelle.

Al di là dell’annuncio di Moderna, che andrà suffragato da ulteriori e corposi dati, che saranno attentamente valutati dagli enti regolatori di tutto il mondo, sembra davvero che questi anni possano garantire una rivoluzione, in parte già in atto, contro molte malattie, cancro in testa. Immunoterapia, terapia genica e vaccini sono termini destinati a diventare familiari nel trattamento della seconda causa di morte del mondo occidentale (dopo le malattie cardiovascolari). E se, fino allo scorso decennio, le novità più significative sembravano indirizzate quasi esclusivamente ai tumori ematologici, come leucemie e linfomi (che hanno visto crollare la mortalità), oggi le cose stanno cambiando perché gli avanzamenti della ricerca investono pure i più temuti tumori solidi.

Ma vediamo come funzioneranno questi vaccini: in primo luogo, una biopsia sulle cellule tumorali identificherà le mutazioni genetiche non presenti in quelle sane. A questo punto, un algoritmo svelerà le cause responsabili della crescita del tumore e le parti suscettibili di innescare una risposta immunitaria. Verrà quindi creata una molecola di mRna con le istruzioni per produrre le proteine principali (o antigeni, esattamente come la spike del Sars-CoV-2) che causeranno una risposta immunitaria. La mRna, una volta iniettata, verrà utilizzata dall’organismo per produrre parti di proteine identiche a quelle presenti nelle cellule maligne. Incontrando queste ultime, le cellule immunitarie le distruggeranno. Questi vaccini saranno «molto efficaci, e salveranno molte centinaia di migliaia, se non milioni, di vite», dice Burton. Sarà interessante comprendere gli effetti di tale tecnologia anche contro le malattie del cuore. La stessa metodica, stando a Moderna, proteggerà, con un’unica iniezione, i pazienti vulnerabili a più infezioni respiratorie, come Covid, influenza e virus respiratorio sinciziale.

Moderna non è la sola a muoversi sulle terapie mRna. La connazionale Pfizer sta seguendo la stessa strada assieme al partner tedesco BioNTech. E nel panorama dei vaccini e delle terapie geniche, l’Italia, che non brilla per investimenti in ricerca, recita comunque un ruolo di primo piano. Nel laboratorio di Immunoregolazione “Armenise-Harvard” dell’Italian Institute for Genomic Medicine, che ha sede nell’Irccs oncologico di Candiolo (Torino), si sta sviluppando, con la biotech italo-svizzera Nouscom, un vaccino contro il cancro del colon (i test sull’uomo sono iniziati nel 2020), capace di reagire, a distanza di anni, anche ad eventuali recidive della malattia. Mentre partirà nel 2024 la sperimentazione sull’uomo del vaccino terapeutico contro il melanoma messo a punto dall’Humanitas di Rozzano (Milano), al quale seguirà a ruota quello contro il sarcoma. Infine, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha da poco annunciato i risultati della prima terapia con cellule “Car T” efficace nella cura del neuroblastoma, il tumore solido extracranico più frequente dell’età pediatrica. Un altro tassello di quella rivoluzione già in atto e destinata a sortire risultati inimmaginabili anche fino a 5-10 anni fa.

avvenire.it

Ricerca italiana. Funzionano le “cellule killer” che bucano le difese del cancro

Il San Raffaele di Milano: possiamo utilizzare quelle di un qualsiasi donatore per trattare qualunque paziente. Aperta la strada per una piattaforma universale nell’immunoterapia cellulare dei tumori
Funzionano le “cellule killer” che bucano le difese del cancro

C’è una nuova, potente, e sempre più raffinata arma nell’arsenale contro il cancro. Il nome è tutto un programma, cellule “Natural killer T” (Nkt): si tratta di una popolazione di linfociti, un particolare tipo di globuli bianchi, rivelatisi efficaci, in modelli preclinici, come «piattaforma cellulare universale da armare contro i tumori». In sostanza, i ricercatori del laboratorio di Immunologia sperimentale dell’Ospedale San Raffaele di Milano, che hanno appena pubblicato i risultati dello studio sulla rivista Science Immunology, sono riusciti a centrare due obiettivi. Da un lato, le Nkt scatenano la reazione immunitaria contro la malattia colpendo il cancro nella sua corazza, cioè quel microambiente tumorale che inibiva i tentativi del nostro organismo di opporsi ai tumori. Dall’altro lato, grazie a sofisticate tecniche di ingegneria genetica, questi linfociti colpiscono selettivamente le cellule tumorali in modo sempre più efficace.

Il metodo messo a punto dai ricercatori milanesi, guidati da Paolo Dellabona e Giulia Casorati – gli stessi che negli anni ’90 contribuirono alla scoperta delle cellule Nkt – dà risposte importanti sia nei tumori del sangue sia in quelli solidi. Ciò che rende universali le funzioni di queste cellule, spiegano gli scienziati del San Raffaele, è il fatto che «il loro recettore per l’antigene (Tcr) e la molecola “Cd1d” sono identiche in tutti gli individui». Tradotto: «Grazie a queste caratteristiche – dicono Dellabona e Casorati – le cellule Nkt prelevate da un qualsiasi donatore possono essere utilizzate per trattare qualunque paziente e questo fa sì che esse rappresentino una piattaforma cellulare applicabile in modo universale nell’immunoterapia cellulare del cancro».

Gli speciali linfociti sono dunque capaci di infiltrarsi nel microambiente tumorale e di eliminare alcune cellule del sangue, chiamate macrofagi, responsabili dell’immunosoppressione e quindi alleate del cancro. «Il meccanismo d’azione delle Nkt – evidenzia l’ospedale – è considerato di particolare interesse per la cura del cancro, poiché l’immunosoppressione che si genera a livello del microambiente tumorale è uno dei principali ostacoli all’efficacia delle terapie antitumorali». Questa azione, unita alla nuova capacità di uccidere in modo selettivo le cellule neoplastiche, ha portato al «controllo particolarmente efficace della progressione neoplastica in modelli sperimentali».

Una volta prelevate da un donatore e trasferite, osserva Gloria Delfanti, prima autrice dello studio che è stato oggetto del suo dottorato di ricerca all’Università Vita-Salute San Raffaele, «queste cellule hanno la caratteristica di non aggredire i tessuti normali del ricevente, a differenza degli altri linfociti T. È un enorme vantaggio perché permetterebbe di ottenere da pochi donatori sani una banca di cellule Nkt che, una volta espanse e modificate geneticamente in laboratorio con recettori antitumorali, possono essere successivamente trasferite ad ogni paziente il cui tumore esprima il determinato antigene bersaglio».

Lo studio, sostenuto dalla Fondazione Airc, è servito anche a dimostrare, in modelli sperimentali, la possibilità di combinare la terapia cellulare con l’utilizzo di nano-tecnologie che stimolano le Nkt per contrastare meglio i tumori più aggressivi e metastatici. Risultati «estremamente incoraggianti» su questo fronte arrivano anche dagli Usa soprattutto nella cura sperimentale di tumori solidi pediatrici e di linfomi dell’adulto. Il prossimo passo, concludono i ricercatori, sarà «l’applicazione clinica».

Avvenire

Uso prolungato cellulari non aumenta il rischio cancro

(di Manuela Correra) (ANSA) – ROMA, 7 AGO – Nuova assoluzione per i telefoni cellulari e rischio cancro, dopo vari studi che affermavano il contrario: l’uso prolungato dei telefoni cellulari, su un arco di 10 anni, “non è associato all’incremento del rischio di tumori maligni (glioma) o benigni (meningioma, neuroma acustico, tumori delle ghiandole salivari)”. E’ questa la conclusione del nuovo Rapporto Istisan ‘Esposizione a radiofrequenze e tumori’ curato da Istituto superiore di sanità (Iss), Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea. I dati attuali, tuttavia, rileva lo studio, “non consentono valutazioni accurate del rischio dei tumori intracranici e mancano dati sugli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato durante l’infanzia”.

In base alle evidenze epidemiologiche attuali, spiegano i ricercatori, “l’uso del cellulare non risulta associato all’incidenza di neoplasie nelle aree più esposte alle Radiofrequenze durante le chiamate vocali. La meta-analisi dei numerosi studi pubblicati nel periodo 1999-2017 non rileva, infatti, incrementi dei rischi”.

Anche rispetto alla valutazione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Onu nel 2011 – che ha classificato le Radiofrequenze nel gruppo 2B (“possibili cancerogeni”) – le stime di rischio considerate in questa meta-analisi, si precisa nel Rapporto, “sono più numerose e più precise”. Gli esperti affermano inoltre nel Rapporto che “i notevoli eccessi di rischio osservati in alcuni studi non sono coerenti con l’andamento temporale dei tassi d’incidenza dei tumori cerebrali che, a quasi 30 anni dall’introduzione dei cellulari, non hanno risentito del rapido e notevole aumento della prevalenza di esposizione”. Attualmente “sono in corso ulteriori studi – precisano i ricercatori – orientati a chiarire le residue incertezze riguardo ai tumori a più lenta crescita e all’uso del cellulare iniziato durante l’infanzia”.

Nel rapporto si evidenzia inoltre che “l’ipotesi di un’associazione tra Radiofrequenze emesse da antenne radiotelevisive e incidenza di leucemia infantile, suggerita da alcune analisi di correlazione geografica, non appare confermata dagli studi epidemiologici con dati individuali e stime di esposizione”.

Il Rapporto non convince però l’associazione a tutela dei consumatori Codacons: lo studio, afferma il presidente Carlo Rienzi, “è clamorosamente smentito da tutte le ricerche e dai dati elaborati dai più prestigiosi istituti internazionali, e si scontra addirittura con le leggi italiane e con le sentenza dei tribunali che obbligano lo Stato ad informare i cittadini circa i rischi per la salute legati all’uso del cellulare. Sembra sia partita la campagna a favore della tecnologia 5G avviata dalle multinazionali delle tlc che forse hanno trovato nell’Iss un valido alleato”. Dallo Iarc all’Oms, “la posizione dell’Iss è isolata. Chiediamo quindi un intervento del Ministro della salute Giulia Grillo – conclude Rienzi – affinché verifichi eventuali legami tra la ricerca dell’Istituto e la campagna pro 5G avviata in Italia”.

Giornata contro il cancro. Corretto stile di vita previene un tumore su tre

Fondamentale anche la diagnosi precoce. Il dott. Roberto Gasparri, dell’Istituto europeo oncologico di Milano, guida un gruppo di ricerca che ha messo a punto una nuova tecnica per la diagnosi non invasiva del tumore ai polmoni.

Marco Guerra – Città del Vaticano                                  

Non fumare, mangiare bene, fare attività fisica. Sono queste le regole per uno stile di vita sano. Un tumore su tre potrebbe essere evitato seguendo queste semplici prescrizioni. Altrettanto importante è un regolare controllo del proprio stato di salute: un cancro su tre potrebbe essere curato se tutti aderissero ai programmi di screening per la diagnosi precoce.

Questi dati sono stati diffusi in occasione della Giornata mondiale contro il cancro, che si celebra ogni anno il 4 febbraio e che nel 2018 è accompagnata dallo slogan “We can. I can”: noi possiamo, io posso. Insomma ognuno può fare la sua parte per sconfiggere i tumori e questo suona come un appello alla responsabilità personale e all’assunzione di corretti stili di vita.

Tumori in aumento ma cala mortalità

Intanto in Italia nel 2017 si è registrano un aumento dei casi di tumore diagnosticati, con 369.000 nuovi casi rispetto ai 365 mila del 2016. Secondo l’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro, le previsioni per i prossimi anni indicano che nel 2030 il cancro sarà la principale causa di morte nel mondo. Tuttavia a fronte di questi dati – sottolinea ancora l’Airc – ci sono i progressi della ricerca che, negli ultimi 2 decenni, hanno contribuito a far diminuire costantemente la mortalità.

Le nuove tecniche di diagnosi del tumore al polmone

Sull’importanza della diagnosi si sofferma il dr. Roberto Gasparri, vice-direttore di chirurgia toracica all’Istituto Europeo Oncologico di Milano (Ieo) e coordinatore di una gruppo di ricerca sulla diagnosi precoce del tumore al polmone. Ai nostri microfoni il dott. Gasparri ha evidenziato i passi in avanti fatti nella diagnosi non invasiva dei tumori al colon, alla prostata e alla mammella. Sono stati conseguiti risultati che hanno consentito di abbattere il tasso di mortalità di queste neoplasie.

da Radio Vaticana

Polmone, test sangue per diagnosi cancro

Un semplice prelievo di sangue “è in grado di individuare il tumore del polmone fino a due anni prima della diagnosi ottenuta con TAC spirale, indagine radiologica ad oggi suggerita per la sua diagnosi precoce”. A dirlo sono gli esperti dell’Istituto nazionale tumori di Milano, che hanno condotto uno studio appena pubblicato sul Journal of Clinical Oncology. Il test, continuano gli esperti, “ha dimostrato un’alta sensibilità e la capacità di individuare il tumore al polmone fino a due anni prima” rispetto all’esame standard.

I risultati sono stati da poco presentati a San Diego, alla conferenza dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro (AACR) e dell’Associazione Internazionale per lo Studio del Tumore al Polmone (IALSC). Ora Gensignia Ltd, società londinese privata per lo sviluppo di test diagnostici molecolari, vuole lanciare il test negli Stati Uniti entro il 2014.

Lo studio ha analizzato 939 forti fumatori, misurando un parametro chiamato “microRNA circolanti nel sangue”. I forti fumatori non presentavano la malattia (870 individui) oppure avevano già un tumore al polmone (69 individui). “Il test ha dimostrato una sensibilità dell’87% nell’identificare il tumore al polmone. Inoltre, l’alta specificità del test ha ridotto dell’80% il numero dei falsi positivi individuati dalla TAC spirale che aveva identificato noduli sospetti in forti fumatori non malati di cancro polmonare”.

Questa riduzione, commenta Ugo Pastorino, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgica Toracica, è rilevante da un punto di vista clinico per diminuire il numero dei pazienti risultati positivi all’indagine radiologica ma non malati di cancro polmonare. Questo porterebbe alla riduzione dei conseguenti costi e rischi associati con le ripetute indagini radiologiche o con l’uso di altre metodologie diagnostiche invasive per il paziente”.

“Abbiamo messo a punto – conclude Gabriella Sozzi, direttore dell’Unità di Genetica Tumorale dell’Istituto – un test diagnostico molecolare a bassa invasività per il paziente che valuta i livelli di 24 microRNA circolanti nel sangue dei fumatori e che indica la presenza del cancro polmonare. Complessivamente, i risultati del nostro studio supportano l’uso del test molecolare come strumento per migliorare l’identificazione precoce del tumore al polmone”.

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